Il giudice deve sempre verificare l’effettiva natura del rapporto intercorrente tra il datore del beneficio ed il pubblico ufficiale

La Corte di Cassazione ha avuto modo di approfondire i rapporti sussistenti tra le diverse disposizioni penali derivanti dalla riforma operata dalla l. n. 190/2012, ponendo mano ad un quesito fondamentale.

Più precisamente la Suprema Corte, con la sentenza n. 26500/14 depositata il 19 giugno, ha evidenziato come lo spacchettamento” dell’originaria figura criminosa di cui all’art. 317 c.p., che puniva nello stesso modo la concussione per costrizione e per induzione, impone al giudice la verifica dell’effettivo rapporto intercorrente tra pubblico ufficiale e il soggetto che dà o promette denaro od altre utilità. Accordo corruttivo? Date le modifiche legislative accennate, infatti, è necessario che verificare non solamente se vi è stata induzione o costrizione per l’ottenimento di benefici da parte del pubblico ufficiale, ma anche appurare se quelle dazioni, non [siano] la manifestazione di un accordo corruttivo, raggiunto dalle parti in una posizione di sostanziale parità . E ciò in quanto, alla luce della disciplina attuale, alla dazione di denaro o altra utilità, sganciata dal rapporto sinallagmativo con il compimento di uno o più specifici atti contrari ai doveri dell’ufficio, è stata data una autonoma rilevanza, sintomatica di quella che in passato era stata definita come una sorta di messa a libro paga” del pubblico funzionario . Per comprendere l’importanza di tale impostazione conviene analizzare, seppur brevemente, il caso de quo . La fattispecie. Nei fatti è accaduto che a seguito di una condanna d’appello, con la quale si era ribaltata l’assoluzione del Gup emessa dopo un giudizio abbreviato, l’imputato avesse lamentato, tra l’altro, la violazione di legge non avendo il giudice correttamente qualificato la fattispecie, dovendosi il tutto ricomprendere nel diverso delitto di corruzione e non anche nella nuova e più favorevole” fattispecie di cui all’art. 319 quater c.p. introdotto dalla Legge n. 190/2012, posto che la ritenuta induzione originariamente non punibile nei riguardi del privato era in realtà una corruzione. L’interesse ad impugnare, nel caso in questione, è stato motivato con riferimento all’applicabilità dell’art. 192, comma 3, c.p.p. nei confronti del soggetto indotto” se, infatti, vi fosse corruzione, allora il privato sarebbe a sua volta penalmente punibile, di modo che le sue dichiarazione, per valere contra reum , dovrebbero avere dei riscontri esterni, mancando i quali il giudice dovrebbe pronunciare l’assoluzione. La Suprema Corte ha condiviso le lagnanze della difesa, proprio in ragione del quadro normativo attuale di riferimento e del fatto che sulla concreta configurazione dei rapporti intercorrenti tra il pubblico ufficiale ed il privato taceva del tutto. Da qui la cassazione della decisione nella parte de qua mancando una parte essenziale della motivazione, essendosi la Corte d’appello limitata a qualificare acriticamente ex art. 319 quater c.p. la condotta di induzione contestata nel capo di imputazione. Conclusioni. Formalmente la decisione in commento appare ineccepibile, anche perché si è fatto riferimento alla recente sentenza delle Sezioni unite sentenza n. 12228/2013 che ha chiarito come il nuovo” reato di concussione di cui all’art. 317 c.p. è designato dall’abuso costrittivo del pubblico ufficiale attuato mediante violenza o minaccia di un danno contra ius, da cui deriva una grave limitazione della libertà di autodeterminazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, è posto di fronte all’alternativa secca di subire il male prospettato o di evitarlo con la dazione o la promessa dell’indebito mentre il nuovo” reato di cui all’art. 319 quater c.p. è caratterizzato dall’abuso induttivo del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, vale a dire da una condotta di persuasione, di suggestione, di pressione morale, con più tenue valore condizionante la libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta di prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale . Ciò che in sostanza appare evidente, nel leggere la sentenza in questione, è il fatto che una volta sganciata la concussione per induzione dalla concussione per costrizione, la punibilità del privato è sempre possibile e se così è non si può prescindere dall’analizzare il suo comportamento, in quanto rilevante ai fini di un corretto inquadramento delle diverse responsabilità. Cosa e come il nuovo giudice d’appello giudicherà è difficile da dire, poiché il materiale probatorio utilizzabile è cristallizzato, essendosi proceduto con rito abbreviato. Certamente, tra le righe della sentenza in commento, si erge l’esigenza anche di indagare” contro il privato così da escludere o sostenere la sua partecipazione alla corruzione. Gli esiti del processo non sono mai certi, ma questo caso appare davvero emblematico. Un privato lamenta di essere stato indotto a dare utilità indebite al pubblico ufficiale questi in un primo tempo viene assolto e poi condannato per induzione indebita ex art. 319 quater c.p. stando così le cose lo stesso chiede l’annullamento della sentenza, sostenendo di essere stato corrotto e non anche autore di una concussione per induzione la Suprema corte ritiene fondato il gravame e chiede al giudice del merito di approfondire la posizione del privato, che a questo punto da vittima” diviene – forse – egli stesso carnefice”. Iura habent sua sidera si dice e si ripete spesso e qualcuno ricorda che solo chi è senza peccato può scagliare la prima pietra. Ma anche il più innocente può cambiare colore se a contatto con cose non pure o immacolate. In materia di delitti contro la pubblica amministrazione, data la natura complessa e frastagliata della pubblica amministrazione inefficiente, si sa come si inizia, ma non dove e se si finisce. Chissà allora se, al di là dei diversi distinguo sulle proprietà di questo o quel nuovo” reato, la riforma del 2012 porterà davvero ad una maggiore trasparenza o ad una più subdola ambivalenza. Chissà se, per far tutto ciò, vi sarà bisogno di una nuova” legge o, più semplicemente, di nuovi cittadini. Chissà

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 maggio – 19 giugno 2014, n. 26500 Presidente Milo – Relatore Aprile Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Ancona riformava la pronuncia assolutoria di primo grado del 12/11/2009 del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Urbino e condannava alla pena di giustizia B.F. in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv. e 317 cod. pen., per avere, fino all'agosto del 2007, quale maresciallo dei carabinieri e comandante del nucleo radiomobile della compagnia di Urbino, competente per il controllo del territorio compreso nell'ambito dell'ufficio, in varie circostanze ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, abusando della qualifica e dei poteri connessi, indotto L.M. , titolare di un'impresa di autotrasporti di , comune compreso nella competenza territoriale di cui sopra, a consegnargli indebitamente vari oggetti di valore, tra cui in telefono cellulare satellitare Nokia del valore di circa 900 Euro, un navigatore satellitare Blaupunkt del valore di circa 1.000 Euro, e tre biciclette marca Lee Cougan, due delle quali aveva rivenduto ricavandone circa 2.000 Euro in contanti capo a dell'imputazione ed in relazione al reato di cui agli artt. 56, 346, commi 1 e 2, 61 n. 9 cod. pen., per avere, dal luglio al dicembre 2007, nella medesima qualità, millantando credito verso gli ispettori del lavoro della direzione provinciale di Pesaro che avevano effettuato una ispezione presso l'azienda del L. , ed affermando ripetutamente che la richiesta era motivata dal fatto di dover remunerare i pubblici ufficiali per un asserito esito meno sfavorevole del controllo, compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a farsi consegnare tre apparecchi televisivi al plasma di ultima generazione, dei quali due sarebbero stati destinati agli ispettori a titolo di remunerazione per il favore ed il terzo a esso B. per l'intermediazione, non riuscendo nell'intento criminoso per cause indipendenti dalla sua volontà in quanto il L. , versando in quel periodo in condizioni economiche non favorevoli, si rifiutava di aderire alle pressanti richieste con l'aggravante di aver commesso il fatto violando i doveri inerenti alla sua pubblica funzione capo b dell'imputazione . Rilevava la Corte di appello come le emergenze processuali acquisite durante le indagini, utilizzabili in ragione dell'instaurato giudizio abbreviato, in specie costituite dalle dichiarazioni rese dal L. e da altre persone informate dei fatti, avessero dimostrato la colpevolezza dell'imputato in ordine ai fatti di reato ascrittigli e come la condotta contestata al capo a dovesse esse re riqualificata ai sensi del nuovo art. 319-quater cod. pen., come introdotto dalla legge n. 190 del 2012. 2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il B. , con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Michele Ambrosini, il quale ha dedotto i seguenti tre motivi. 2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 81 cpv. e 317 cod. pen., per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto di applicare la disciplina della continuazione con riferimento agli episodi contestati al capo a , e per avere ritenuto che quelle condotte integrassero gli estremi di una induzione indebita, benché fosse stato accertato che il L. sulla cui volontà il B. non aveva influito si era determinato spontaneamente ad effettuare quelle regalie, che l'imputato non aveva prospettato al privato alcun danno e che era stato il L. a rivolgersi al B. per risolvere il problema che il primo aveva avuto con l'ispettorato del lavoro. 2.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 317 e 319 cod. pen., 521 cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale escluso che la condotta del B. potesse qualificarsi come corruzione, nel qual caso le dichiarazioni del L. si sarebbero dovute valutare ai sensi dell'art. 192, comma 3, cod. proc. pen., e sarebbero risultate inidonee a fondare la condanna per assenza di riscontri, non potendo utilizzare come tali la deposizione de relato del D. , in quanto riferibile a notizie ricevute dallo stesso L. , né altri dati inidonei a dimostrare l'esistenza del pactum sceleris . 2.3. Violazione di legge, in relazione all'art. 346 cod. pen., in quanto le carte del processo non avevano affatto provato che l'imputato fosse intervenuto per esercitare alcuna forma di pressione sugli ispettori, essendo stato dimostrato solo che il B. avesse dato la disponibilità per operare una intermediazione lecita, il che escluderebbe la possibilità di configurare il delitto di millantato credito. 3. Ritiene la Corte che il ricorso sia fondato, sia pure nei limiti di seguito precisati. 3.1. Il primo motivo del ricorso è manifestamente infondato. In primo luogo va osservato come la Corte distrettuale abbia fatto corretta applicazione della disciplina del reato continuato con riferimento agli episodi contestati al capo a , che, aventi ad oggetto plurime condotte di induzione dirette ad ottenere la consegna, in tempi diversi, di distinti beni di valore - una prima volta il telefono satellitare, la seconda il navigatore satellitare e la terza le tre biciclette - avevano integrato tre distinte ipotesi di reato, per le quali, in una visione in favor rei, era stata riconosciuta l'esistenza di un vincolo per essere state quelle iniziative poste in essere in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. D'altra parte, appare frutto di un fraintendimento l'aver posto le dazioni di quei beni in collegamento con la richiesta di aiuto che il L. aveva rivolto al B. in ragione dell'accertamento che alcuni ispettori del lavoro avevano fatto nella sua azienda, in quanto è sufficientemente chiaro, leggendo la motivazione della sentenza gravata, come le consegne del telefono, del navigatore e delle tre biciclette erano avvenute prima che il L. ricevesse la visita degli ispettori del lavoro e indipendentemente da tale iniziativa amministrativa, cronologicamente successiva, con riferimento alla quale è stata contestata la diversa ipotesi di reato del capo b . Le ulteriori doglianze concernenti, invece, l'asserita mancata prospettazione di alcun danno da parte del pubblico ufficiale e la prospettata assenza di influenza sulla formazione di volontà del privato, risultando elementi fattuali strettamente connessi alla questione della qualificazione giuridica dei fatti, vanno esaminate unitamente al secondo motivo del ricorso nel punto che segue. 3.2. Il secondo motivo del ricorso appare fondato, in quanto la difesa dell'imputato ha correttamente posto il problema della possibile diversa qualificazione giuridica dei fatti in termini di corruzione anziché di induzione indebita, questione che è stata posta sì per la prima volta con il ricorso per cassazione, ma che può essere senz'altro esaminata in questa sede, tenuto conto che la sentenza di secondo grado ha riformato quella assolutoria di primo grado in accoglimento di un appello che era stato avanzato dal solo P.M In tale ottica, va rilevato come la Corte di merito si sia sì posta la tematica della più corretta veste” giuridica da dare ai fatti contestati nel capo a dell'imputazione in conseguenza dell'entrata in vigore delle norme contenute nella legge n. 190 del 2012, di modifica della disciplina codicistica di taluni reati contro la pubblica amministrazione, ma ha dato una risposta incompleta e inadeguata. Al riguardo va rammentato che il legislatore della Novella non ha solamente rimodellato” la figura criminosa della concussione, di cui all'art. 317 cod. pen., introducendo la nuova fattispecie della induzione indebita a dare o promettere utilità con l'art. 319-quater cod. pen., ma ha anche ridisegnato” la disciplina degli artt. 318 e 319 cod. pen. con riferimento ai reati di corruzione. Sotto un primo punto di vista, la legge n. 190 del 2012 ha sostituito l'art. 317 cod. pen., con la previsione di una diversa fattispecie di concussione , ed ha introdotto l'art. 319-quater cod. pen., riguardante l'innovativa figura criminosa della induzione indebita a dare o promettere utilità , sostanzialmente intermedia tra quella residua della condotta concussiva sopraffattrice e quella dell'accordo corruttivo, integrante uno dei reati previsti dall'art. 318 o dall'art. 319 cod. pen Pure allo scopo di uniformare la normativa interna ai principi della Convenzione contro la corruzione di Merida del 2003, approvata in ambito ONU, e della Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo del 1999, approvata in ambito di Consiglio d'Europa - trattati ratificati in Italia rispettivamente con le leggi n. 116 del 2009 e n. 110 del 2012 - il legislatore nazionale, come si è accennato, ha spacchettato l'originaria ipotesi delittuosa della concussione, che, nel testo previgente dell'art. 317 cod. pen., parificava le condotte di costrizione e di induzione, creando due nuove fattispecie di reato. La prima fattispecie, che resta disciplinata dall'art. 317 cod. pen., prevede la punizione del pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità conserva, dunque, i precedenti caratteri ed elementi costitutivi della fattispecie della concussione per costrizione, limitandosi ad incrementare il limite edittale minimo della pena detentiva portata da quattro a sei anni di reclusione e lasciando come soggetto attivo il solo pubblico ufficiale, con esclusione, dunque, della figura di incaricato di pubblico servizio scelta, quest'ultima, foriera di probabili incertezze applicative, il cui effetto è ragionevole immaginare sarà quello di far rientrare, in presenza di tutti i presupposti di legge, le condotte costrittive ascrivibili all'incaricato di pubblico servizio nell'alveo operativo del reato di estorsione, eventualmente aggravato dall'aver commesso il fatto con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti ad un pubblico servizio, ai sensi dell'art. 61 comma 1 n. 9 cod. pen. . La seconda fattispecie di reato, scorporata dal previgente art. 317 cod. pen. ed ora regolata dall'art. 319-quater cod. pen., recante in rubrica la nuova denominazione di induzione indebita a dare o promettere utilità, è configurabile, salvo che il fatto non costituisca più grave reato , laddove il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità delitto, dunque, che può essere commesso dall'incaricato di pubblico servizio oltre che dal pubblico ufficiale, sanzionato con la più mite pena della reclusione da tre ad otto anni, e che ha una struttura, con riferimento alla condotta del pubblico agente comma 1 , nella quale sono significativamente riproposti gli stessi elementi qualificanti la vecchia” figura della concussione per induzione. Rappresenta, invece, dato di assoluta novità la previsione, nel comma 2 dello stesso art. 319-quater, della punizione anche dell'indotto, cioè del soggetto che da o promette denaro o altra utilità , il quale, da persona offesa nell'originaria ipotesi di concussione per induzione di cui al previgente art. 317 cod. pen., diventa coautore nella nuova figura dell'induzione indebita. D'altro canto, la legge in questione ha sostituito il vecchio” art. 318 cod. pen., eliminando la figura della corruzione c.d. impropria , con un nuovo art. 318 recante la rubrica Corruzione per l'esercizio della funzione , nella quale, eliminata la distinzione tra corruzione antecedente e susseguente, sono stati fatti rientrare i casi di asservimento della funzione pubblica” che, sotto la vigenza della precedente disciplina, la giurisprudenza di questa Corte aveva reputato di qualificare come casi di corruzione c.d. propria di cui all'art. 319 cod. pen Tale ultimo articolo è stato, poi, modificato con un sensibile innalzamento dei limiti edittali minimi. Ora, alla luce di tali modifiche legislative sarebbe stato necessario per la Corte di appello di Ancona non solamente verificare se le dazioni di quel telefonino, di quel navigatore e di quelle tre biciclette fossero state il frutto di una forma di mera induzione o di una più pregante forma di costrizione operata sul privato dal pubblico agente - verifica, invero, compiuta in maniera approssimativa e con una acritica valutazione delle dichiarazioni rese dal L. , senza cioè controllare quale fosse stata la reale ragione della ripetuta consegna di quei doni” al pubblico ufficiale - ma anche appurare se quelle dazioni, anziché essere l'espressione di una forma di sottomissione psicologica del privato, non fossero state, invece, la manifestazione di un accordo corruttivo, raggiunto dalle parti in una posizione di sostanziale parità come, peraltro, si evincerebbe dalla motivazione della sentenza di primo grado, dove si legge che il L. aveva escluso di aver subito alcun tipo di pressione o di minaccia - v. pag. 3 sent. primo grado . E ciò vale tanto più oggi che, come si è visto, alla dazione di denaro o altra utilità, sganciata dal rapporto sinallagmatico con il compimento di uno o più specifici atti contrari ai doveri dell'ufficio, è stata data una autonoma rilevanza, sintomatica di quella che in passato era stata definita come una sorta di messa a libro paga del pubblico funzionario. Su tutto ciò la motivazione della sentenza gravata tace, senza nulla spiegare in ordine alla effettiva natura del rapporto tra il L. ed il B. che, in passato, aveva visto il primo pure finanziare, a mo' di sponsor, su sollecitazione del secondo, l'acquisto di un completo di magliette e di borsoni in favore di una squadra di calcio. Il provvedimento gravato deve essere, dunque, annullato limitatamente al reato di cui al capo a dell'imputazione, in maniera tale che il giudice di rinvio possa colmare quella evidente lacuna motivazionale ciò considerando anche quanto puntualizzato dalla Sezioni Unite di questa Corte, le quali, oltre a ribadire quale sia le necessaria linea di confine” tra le intese corruttive e le iniziative induttive del pubblico ufficiale, hanno chiarito che il nuovo” reato di concussione di cui all'art. 317 cod. pen. è designato dall'abuso costrittivo del pubblico ufficiale attuato mediante violenza o minaccia di un danno contra ius , da cui deriva una grave limitazione della libertà di autodeterminazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, è posto di fronte all'alternativa secca di subire il male prospettato o di evitarlo con la dazione o la promessa dell'indebito mentre il nuovo” reato di cui all'art. 319-quater cod. pen. è caratterizzato dall'abuso induttivo del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, vale a dire da una condotta di persuasione, di suggestione, di pressione morale, con più tenue valore condizionante la libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta di prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale Sez. U, n. 12228/14 del 24/10/2013, Maldera e altri . 3.3. Il terzo motivo del ricorso è infondato. Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio per il quale la configurabilità del reato di millantato credito è esclusa in presenza dell'effettivo svolgimento di un'attività di mediazione, sempre che si tratti di mediazione professionalmente lecita, riconosciuta da specifiche disposizioni di legge, svolta al di fuori di aderenze personali extraprofessionali, e, comunque, non finalizzata al conseguimento di obiettivi che non possono essere raggiunti nel rispetto della legge in questo senso Sez. 6, n. 4915 del 02/04/1997, Moschetti F, Rv. 208140 . Alla stregua di regula iuris appare del tutto infondata la doglianza difensiva per la quale la Corte di appello di Ancona non avrebbe verificato se la mediazione promessa dal B. al L. , per cui il primo aveva chiesto tre televisori per remunerare la propria attività e quella dei pubblici funzionari, fosse lecita o meno, in quanto è di tutta evidenza come giammai l'odierno imputato avrebbe potuto adottare quella iniziativa, tanto più se apertamente finalizzata, secondo l'attendibile versione offerta dal L. , ad acquisire la benevolenza degli ispettori del lavoro, che avevano eseguito un controllo nell'azienda del privato, allo scopo di ottenere un esito meno sfavorevole del controllo. Le restanti censure mosse - peraltro in termini molto generici - alla sentenza con questo terzo motivo del ricorso sono chiaramente censure di fatto, in quanto dirette esclusivamente ad una non consentita diversa lettura delle emergenze processuali acquisite, valutate dai Giudici di secondo grado con una motivazione logicamente adeguata e priva di lacune o di manifesti vizi argomentativi. Né coglie nel segno l'ultimo vizio della sentenza denunciato dall'imputato, il quale ha sostenuto che né la Corte di appello, e neppure il Giudice di prime cure, avevano chiarito se l'imputato fosse intervenuto per esercitare una qualche forma di pressione su quegli ispettori. Si tratta di circostanza irrilevante, tenuto conto che il reato di millantato credito è stato contestato, nella fattispecie, nella forma del tentativo, e che con il ricorso non è stata messa in discussione la idoneità della condotta del B. a realizzare il proposito criminoso, e neppure prospettata la configurabilità di una diversa iniziativa truffaldina restando fermo che il reato di millantato credito si differenzia da quello di truffa sia perché oggetto della tutela penale è il prestigio della pubblica amministrazione, sia perché la condotta non si concreta in artifici e raggiri, ma - come nel caso di specie è accaduto - nella vanteria di potersi ingerire nella attività pubblica per inquinarne il regolare svolgimento, attraverso il mercimonio dell'esercizio dei poteri dei pubblici funzionari a tale attività preposti Sez. 6, n. 35340 del 23/04/2008, Zocco, Rv. 241246 . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo a e rinvia, per nuovo giudizio su tale capo, alla Corte di appello di Perugia. Rigetta nel resto il ricorso.