Schiamazzi notturni: bisogna valutare la potenziale idoneità a recare disturbo

Il reato di disturbo del riposo delle persone si configura quando la condotta antigiuridica sia idonea ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, ossia quando sia potenzialmente capace di disturbare un numero indefinito di soggetti. Non è difatti necessario accertare l’effettivo disturbo.

E’ stato così chiarito dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 25732, depositata il 16 giugno 2014. Il caso. Il giudice di primo grado condannava due ragazzi, ritenendoli colpevoli del reato di cui all’articolo 659 c.p. disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone , per aver con schiamazzi ed urla, nella notte, disturbato il riposo delle persone. Inoltre condannava uno dei due anche al reato di cui all’articolo 544 c.p. maltrattamento di animali , per aver colpito un cane randagio con delle pietre. Il giudice di secondo grado assolveva l’imputato per il reato di maltrattamento di animali perché il fatto non sussiste, ritenendo probabile che il lancio delle pietre fosse stato determinato dal tentativo di difendersi dall’aggressione del cane randagio. Gli imputati ricorrevano per cassazione, lamentando il vizio di motivazione rispetto al reato di disturbo della quiete pubblica, poiché tale reato richiede l’accertamento in concreto dell’avvenuto disturbo. La condotta sanzionabile, infatti, deve incidere sulla tranquillità pubblica. Inoltre, lamentavano la manifesta illogicità della motivazione, poiché era stato escluso il reato di maltrattamento di animali, avendo ritenuto che gli imputati avessero agito per difendersi dall’aggressione del cane, senza considerare che ciò non poteva avvenire in silenzio. Il disturbo della quiete pubblica deve essere valutato in concreto. La Cassazione ritiene fondati i motivi, in particolare ricorda che, circa l’elemento oggettivo del reato ex articolo 659 c.p., al fine dell’integrazione del suddetto reato, è sufficiente l’idoneità della condotta ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato, non occorrendo l’effettivo disturbo alle stesse. Difatti, i rumori devono avere una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di soggetti, anche se poi concretamente è solo una a lamentarsene. Nella specie, quindi, la sentenza impugnata non ha adeguatamente motivato né l’accertamento in concreto dell’avvenuto disturbo né la sua idoneità ad arrecare disturbo ad una massa di persone. La stessa Corte ricorda, poi, che in riferimento all’elemento soggettivo del reato in esame, la motivazione del Giudice di appello non solo è carente, ma anche contraddittoria. Questa presenta illogicità manifesta, poiché ha omesso di spiegare le ragioni per le quali il comportamento aggressivo del grosso cane randagio ed il tentativo di difendersi dalla sua aggressione giustificavano il lancio di pietre all’animale, mentre non potevano giustificare le urla nei confronti dello stesso nel tentativo di impaurirlo ed allontanarlo. La Corte annulla perciò la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 3 – 16 giugno 2014, numero 25732 Presidente Squassoni – Relatore Franco Svolgimento del processo Con sentenza 4.7.2012 il giudice del tribunale di Agrigento dichiarò L.S.M. e A.D. colpevoli del reato di cui all'articolo 659 cod. penumero capo A , per avere con schiamazzi ed urla in tempo di notte disturbato il riposo delle persone, condannandoli ad Euro 200 di ammenda e il solo A. colpevole anche del reato di cui all'articolo 544 cod. penumero capo B per avere maltrattato un cane randagio di colore nero colpendolo con delle pietre, condannandolo anche ad Euro 3.000 di multa. La corte d'appello di Palermo, con la sentenza in epigrafe assolse l'A. da reato di cui al capo B perché il fatto non sussiste, ritenendo probabile che il lancio della pietra fosse stato determinato dal tentativo di difendersi dalla aggressione di un cane randagio. Gli imputati, a mezzo dell'avv. Antonino Brucato, propongono ricorso per cassazione deducendo 1 violazione di legge e vizio di motivazione per la mera adesione al contenuto della sentenza di primo grado e mancanza di motivazione sulla contestazioni della difesa in ordine al reato di cui al capo A . Osserva che il reato di cui all'articolo 659, comma 1, cod. penumero richiede l'accertamento in concreto dell'avvenuto disturbo. La condotta sanzionabile deve incidere sulla tranquillità pubblica. I rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone. 2 vizio di motivazione e travisamento del fatto sugli elementi probatori a carico dei ricorrenti. 3 manifesta illogicità della motivazione laddove è stato escluso il reato di cui all'articolo 554 cod. penumero perché si è ritenuto che gli imputati avevano agito per difendersi dall'aggressione del cane randagio, senza considerare che ciò non poteva avvenire in silenzio ma che occorreva impaurire la bestia. Motivi della decisione Il ricorso è fondato. Innanzitutto, invero, la sentenza impugnata appare viziata da carenza di motivazione perché non sono stati esaminate e valutate tutte le eccezioni specificamente proposte con l'atto di appello relativamente alla contravvenzione di cui all'articolo 659 cod. penumero . Circa l'elemento oggettivo, giustamente i ricorrenti ricordano che, secondo un orientamento giurisprudenziale, “L'articolo 659 cod. penumero prevede due distinte ipotesi di reato quello contenuto nel primo comma ha ad oggetto il disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone e richiede l'accertamento in concreto dell'avvenuto disturbo mentre quello previsto nel secondo comma riguardante l'esercizio di professione o mestiere rumoroso, prescinde dalla verificazione del disturbo “ Sez. I, 12.6.2012, numero 39852, Minetti, m. 253475 conf. Sez. I, 28.9.1994, numero 532 del 1995, Amato, m. 200022 . Secondo un diverso orientamento, peraltro, “Per l'integrazione del reato previsto dall'articolo 659 cod. penumero è sufficiente l'idoneità della condotta ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, non occorrendo l'effettivo disturbo alle stesse” Sez. I, 24.1.2012, numero 7748, Giacomasso, m. 252075 Sez. I, 13.12.2007, numero 246 del 2008, Guzzi, m. 238814 Sez. I, 8.10.2004, numero 40393, Squizzato, m. 230643 , “sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare” Sez. I, 29.11.2011, numero 47298, Iori, m. 251406 . Nella specie la sentenza impugnata non ha adeguatamente motivato né sull'accertamento in concreto dell'avvenuto disturbo, e nemmeno sulla idoneità in concreto della condotta ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, ed in particolare sul fatto che l'evento di disturbo aveva una tale diffusività da essere potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone. Sotto questo profilo, in particolare, la corte d'appello non ha risposto ai motivi relativi alla rumorosità della macchina ed all'eccezione secondo cui questa era spenta e parcheggiata ed era stata messa in moto solo quando i due giovani cercarono di fuggire dal cane bastardo. Per quanto riguarda l'elemento soggettivo del reato, poi, la motivazione solo e carente, ma anche contraddittoria e manifestamente illogica nell’attribuire ai due imputati un comportamento imprudente ed evitabile e quindi colposo. La corte d'appello ha infatti ritenuto che non poteva ritenersi integrato il reato di maltrattamento di animali di cui al capo A avendo accertato che il comportamento dell'A. , che aveva scagliato una pietra all'indirizzo del grosso cane randagio, era stato determinato dal tentativo di difendersi dall’aggressione dell'animale, come confermato dalle concordi dichiarazioni di tutti i testi presenti sul posto, che avevano visto il cane aggirarsi nei luoghi con comportamenti aggressivi. Ciò posto, la sentenza impugnata ha totalmente omesso di spiegare le ragioni per le quali il comportamento aggressivo del grosso cane randagio ed il tentativo di difendersi dalla sua aggressione giustificavano il lancio di pietre verso l'animale, mentre non potevano giustificare le urla nei confronti dello stesso nel tentativo di impaurirlo ed allontanarlo. La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata relativamente al residuo reato di cui al capo A per vizio di motivazione, con rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Palermo per nuovo esame. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Palermo.