La tabaccheria che riscuote tasse automobilistiche esercita un’attività di natura pubblica

Al fine della configurazione del peculato continuato, si considerano soggetti esercenti attività di natura pubblica i titolari delle tabaccherie che riscuotono le tasse automobilistiche

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 24372, depositata il 10 giugno 2014. Il caso. La Corte di Appello di Sassari, confermando la decisione del Tribunale di primo grado, condannava il titolare di un esercizio di tabacchi incaricato della riscossione delle tasse automobilistiche, per il delitto di peculato continuato avente ad oggetto somme destinate alle predette tasse. Avverso tale sentenza, proponeva ricorso per cassazione l’imputato, lamentando l’erronea qualificazione di natura pubblica della propria attività. In particolare, la difesa affermava che, in materia di tasse automobilistiche, la natura pubblica non può essere attribuita al concessionario, quanto all’incaricato, anche perché sono proprie di questo le attività di prelievo, accertamento e riscossione, e non del concessionario, che, perciò, svolge attività di natura privatistica. Il titolare della tabaccheria svolge un pubblico servizio. La Suprema Corte valutava infondato il ricorso, poiché, al fine di individuare se l’attività svolta da un soggetto possa essere qualificata come pubblica, ai sensi degli artt. 357 e 358 c.p., ha rilievo esclusivo la natura delle funzioni esercitate, che devono essere inquadrate tra quelle della P.A La Corte ricordava il proprio orientamento, secondo il quale i titolari di tabaccherie delegati alla riscossione delle tasse automobilistiche vanno considerati incaricati di pubblico servizio, dal momento che essi subentrano nella posizione della P.A. e svolgono mansioni che ineriscono al corretto e puntuale svolgimento della riscossione medesima Cass. n. 28974/2013 . La Cassazione confermava, quindi, la decisione del giudice di secondo grado, che aveva rigettato la prospettazione difensiva circa la qualità privatistica rivestita dall’imputato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 maggio – 10 giugno 2014, n. 24372 Presidente Agrò – Relatore Capozzi Considerato in fatto e ritenuto in diritto 1. Con sentenza del 12.7.2012 la Corte di appello di Sassari - a seguito di gravame interposto dall'imputato C.A. avverso la sentenza emessa il 23.6.2009 dal Tribunale di Nuoro - ha confermato detta sentenza con la quale il predetto imputato, titolare di un esercizio di tabacchi incaricato della riscossione delle tasse automobilistiche, è stato riconosciuto colpevole del delitto di peculato continuato avente ad oggetto somme destinate alle predette tasse e condannato a pena di giustizia. 2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato a mezzo dei difensore deducendo 2.1. violazione ai sensi dell'arto 606 lett. d c.p.p. e vizio di motivazione in relazione alla mancata riapertura del dibattimento per la verifica probatoria richiesta dalla difesa relativamente ai riversamenti delle somme presso il centro unico di tracciabilità di Torino non risultando esaustiva la motivazione resa dalla Corte sul diniego e non attenendo il criterio di decisività richiamato dalla Corte al tipo di prova richiesta. 2.2. violazione degli artt. 314, 323, 323 comma 2, 646, 61 n. 9 , 357, 358 c.p. in quanto in materia di tasse automobilistiche la natura pubblica non può essere attribuita al concessionario, quanto, invece, all'incaricato posto che le relative attività di prelievo, accertamento e riscossione sono proprie dell'incaricato e non del concessionario che, pertanto, svolgerebbe attività di natura privatistica. Argomento che risulterebbe rafforzato dalla procedura di escussione delle garanzie in caso di mancato versamento nei termini. 3. Il ricorso è infondato. 4. Il primo motivo è inammissibile per genericità riproponendo una questione senza tenere conto - sulla base dell'esaustivo accertamento condotto in sede di primo giudizio - del rilievo della Corte territoriale secondo il quale l'imputato era consapevole del fatto che all'epoca non era stato inserito alcun sistema informatico di tracciabilità delle somme dovute e riversate all'Erario. 5. Il secondo motivo è infondato. 6. Osserva la Corte Collegio che al fine di individuare se l'attività svolta da un soggetto possa essere qualificata come pubblica, ai sensi e per gli effetti di cui agli art. 357 e 358 c.p., ha rilievo esclusivo la natura delle funzioni esercitate, che devono essere inquadrabili tra quelle della p.a Nell'ambito dei soggetti che svolgono pubbliche funzioni, la qualifica di pubblico ufficiale è poi riservata a coloro che formano o concorrano a formare la volontà della p.a. o che svolgono tale attività per mezzo di poteri autoritativi o certificativi, mentre quella di incaricato di pubblico servizio è assegnata dalla legge in via residuale a coloro che non svolgono pubbliche funzioni ma che non curino neppure mansioni di ordine o non prestino opera semplicemente materiale. Sez. 6, 21/02/2003, n. 11417 . 6.1. Nell'ambito di tale orientamento si è affermato che i titolari di tabaccheria delegati alla riscossione delle tasse automobilistiche vanno considerati incaricati di pubblico servizio poiché essi, per le incombenze loro affidate, subentrano nella posizione della p.a. e svolgono mansioni che ineriscono al corretto e puntuale svolgimento della riscossione medesima. Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile il delitto di peculato nei confronti del tabaccaio che si era appropriato dei soldi riscossi Sez. 6, Sentenza n. 28974 del 11/06/2013 Rv. 255630 Imputato Palumbo conf. Sez. 2, Sentenza n. 17109 del 22/03/2011 Rv. 250315 Imputato P.G. in proc. Venturi . 6.2. Cosicchè correttamente la Corte territoriale ha rigettato la prospettazione difensiva circa la qualità privatistica rivestita dall'imputato pur dovendosi precisare in questa sede che, nella specie, si tratta di incaricato di pubblico servizio, qualifica soggettiva presupposta dalla contestata ipotesi di peculato. 7. Alla rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.