Immobile fatiscente, minacce del fratello: meglio il carcere che i domiciliari. Ma il giudice non la pensa così

Integra il reato di evasione qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la sua durata, la distanza dello spostamento ovvero i motivi che inducono il soggetto a eludere la vigilanza dello stato custodiale.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione n. 22109 del 29 maggio 2014. Il fatto. La Corte d’Appello di Milano riconosceva a un uomo la diminuente di cui all’art. 385, ult. comma, c.p. e la prevalenza delle attenuanti sulla contestata recidiva, rideterminando la pena inflitta al predetto imputato responsabile di evasione. L’imputato ricorre per cassazione, sostenendo la mancanza di dolo, essendosi allontanato dall’abitazione per recarsi dai Carabinieri e non essendo stati valorizzati i motivi lo avevano indotto a commettere il fatto minacce subite ad opera del fratello convivente e condizioni fatiscenti dell’immobile in cui era ristretto in esecuzione della misura cautelare . Se manca l’autorizzazione è evasione. Il ricorso è manifestamente infondato integra il reato di evasione qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la sua durata, la distanza dello spostamento ovvero i motivi che inducono il soggetto a eludere la vigilanza dello stato custodiale. Ciò vale anche nel caso in cui ci si allontani per recarsi dai Carabinieri per chiedere di essere ricondotto in carcere. Non c’è stato di necessità. Né può ravvisarsi, nella specie, la causa di giustificazione dello stato di necessità per asserito deterioramento dei rapporti con i congiunti conviventi, dal momento che in detta situazione non è apprezzabile il pericolo di un danno alla persona, il quale, tra l’altro, sarebbe comunque evitabile semplicemente facendo richiesta di un mutamento del domicilio di restrizione. Il ricorso, pertanto, va rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI penale, sentenza 13 – 20 maggio 2014, n. 22019 Presidente Di Virginio – Relatore Capozzi Considerato in fatto e ritenuto in diritto 1. Con sentenza del 29.5.2013 la Corte di appello di Milano, a seguito di gravame interposto dall'imputato C.V. avverso la sentenza emessa il 30.5.2012 dal Tribunale di Milano, in parziale riforma di detta sentenza, riconosciuta la diminuente di cui all'art. 385 u.c. c.p. e la prevalenza delle attenuanti sulla contestata recidiva, ha rideterminato la pena inflitta al predetto imputato riconosciuto responsabile del delitto di evasione. 2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato a mezzo del difensore deducendo che nella specie difettasse il dolo del reato e quindi coscienza dell'antigiuridicità, essendosi l'imputato allontanato dall'abitazione per recarsi dai carabinieri e, quindi, costituirsi in carcere. Erroneamente non sarebbero state concesse le circostanze attenuanti generiche nel massimi consentito sulla sola base dei precedenti penali, senza valorizzare i motivi che hanno indotto l'imputato a commettere il fatto. 3. Il ricorso è manifestamente infondato. 4. Integra il reato di evasione qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la sua durata, la distanza dello spostamento, ovvero i motivi che inducono il soggetto ad eludere la vigilanza sullo stato custodiale Sez. 6, Sentenza n. 11679 del 21/03/2012 Rv. 252192 P.G. in proc. Fedele ancora, integra il reato di evasione la condotta di volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare e di presentazione presso la stazione dei Carabinieri ancorché per chiedere di essere ricondotto in carcere. Nel caso di specie l'imputato aveva giustificato il proprio comportamento in ragione delle minacce subite ad opera del fratello convivente e delle condizioni fatiscenti dell'immobile in cui era ristretto in esecuzione della misura cautelare Sez. 6, Sentenza n. 26163 del 09/06/2009 Rv. 244469 Imputato Olianas . Infine, in tema di reato di evasione, non può ravvisarsi, in caso di allontanamento dall'abitazione in cui il soggetto è in stato di restrizione domiciliare, la causa di giustificazione dello stato di necessità per asserito deterioramento dei rapporti con i congiunti conviventi, dal momento che in detta situazione non è apprezzabile il pericolo di un danno alla persona. La Corte ha altresì chiarito che il preteso danno alla persona sarebbe comunque evitabile semplicemente facendo richiesta di un mutamento del domicilio di restrizione . Sez. 6, Sentenza n. 29679 del 13/03/2008 Rv. 240642 Imputato De Maria . 5. Cosicchè del tutto corretta risulta l'affermazione di responsabilità dell'imputato con il rigetto della prospettata assenza di dolo da parte dell'imputato che, allontanatosi alle ore 11,00 del 4.6.2007 arbitrariamente dalla comunità terapeutica ove era stato ristretto agli arresti domiciliari, si presentava alle successive ore 12,00 presso i CC adducendo di essersi allontanato a seguito di una lite con il direttore della predetta Comunità, chiedendo di essere tradotto in carcere. 6. Quanto alla censura in ordine alla quantificazione delle concesse attenuanti generiche, si tratta di una inammissibile e generica critica all'esercizio dei poteri discrezionali del giudice di merito, nella specie esercitati senza vizi logici e giuridici. 7. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in euro 500,00 in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della cassa delle ammende.