Violenza su minori: l’amore non è una scusante

L’esistenza di una relazione sentimentale è del tutto irrilevante laddove si tratti di reati sessuali, specialmente se questi hanno per vittime dei minori. Inoltre, ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale, ex art. 609 bis c.p., non è necessaria una violenza che ponga il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre una resistenza, essendo sufficiente che l’azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 20503, depositata il 19 maggio 2014. Il caso. Il tribunale di Roma, in sede di riesame, confermava l’ordinanza del gip, che aveva disposto gli arresti domiciliari nei confronti di un uomo, accusato dei reati di cui agli artt. 600- bis , comma 1 Prostituzione minorile e 609- bis Violenza sessuale c.p., nei confronti di un ragazzo minorenne. L’indagato ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di non aver tenuto conto dell’esistenza di una relazione sentimentale tra lui e la persona offesa, che avrebbe, quindi, escluso l’elemento soggettivo del reato. Per quanto riguarda la violenza sessuale, l’accusa sosteneva che fosse consistita in un’azione repentina avvenuta in macchina, ma il tribunale non avrebbe spiegato la dinamica del fatto, da inquadrare, invece, proprio nella relazione sentimentale tra i due. Inoltre, lamentava l’inesistenza delle esigenze cautelari, costituite dal pericolo di reiterazione del reato, e la mancata autorizzazione al lavoro, in quanto i giudici di merito non avrebbero considerato che la moglie era a suo completo carico e che era stato sospeso dal lavoro proprio in conseguenza degli arresti domiciliari. Inutile il riferimento alla relazione. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che l’esistenza di una relazione sentimentale è del tutto irrilevante laddove si tratti di reati sessuali, specialmente se questi hanno per vittime dei minori. Azione nella violenza sessuale. Riguardo alla violenza sessuale, i giudici di legittimità ritenevano che il tribunale avesse ricostruito nei dettagli la vicenda, seguendo, inoltre, il principio secondo cui, ai fini della configurabilità del reato ex art. 609 bis c.p., non è necessaria una violenza che ponga il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre una resistenza, essendo sufficiente che l’azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo. Autorizzazione al lavoro. La Cassazione ricordava, poi, che la concessione dell’autorizzazione di recarsi al lavoro non è un diritto del detenuto sottoposto ai domiciliari e che l’art. 284, comma 3, c.p.p., che stabilisce i presupposti autorizzativi in termini di indispensabilità e di assolutezza, impone al giudice una valutazione rigorosa in ordine alla compatibilità dell’attività lavorativa con le esigenze cautelari poste alla base della misura domiciliare. Nel caso di specie, non venivano documentate tali condizioni, in quanto era emerso soltanto che l’indagato era stato sospeso dall’attività lavorativa, ma la moglie avrebbe potuto provvedere lavorando al sostentamento del nucleo familiare. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 febbraio – 20 maggio, n. 20503 Presidente Mannino – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 26 settembre 2013, il Tribunale di Roma, in sede di riesame, ha confermato l'ordinanza del Gip dello stesso Tribunale del 16 agosto 2013, con la quale erano stati applicati all'indagato gli arresti domiciliari in relazione ai reati di cui agli artt. 600 bis, primo comma, 609 bis, 609 septies, quarto comma, n. 1 , commessi in diversi momenti tra l'agosto 2011 e il marzo 2012 nei confronti di un ragazzo minorenne, nato il 24 ottobre 1995. 2. - Avverso l'ordinanza l'indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 2.1. - Con un primo motivo di doglianza, si rilevano la violazione delle disposizioni incriminatrice e la mancanza, contraddittorietà, e manifesta illogicità della motivazione perché i fatti non sarebbero riconducibili alle fattispecie incriminatrici. In particolare, si sarebbe desunta la conoscenza da parte dell'indagato della minore età della persona offesa semplicemente dai luoghi frequentati da quest'ultima e dai suoi interessi e, più in generale, dal suo stile di vita chiaramente adolescenziale, senza ulteriori chiarimenti tali luoghi e tale stile di vita. Per la difesa sarebbe, inoltre, insufficiente la motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui si afferma la sussistenza dei dolo eventuale quanto alla consapevolezza della minore età della persona offesa. Né tali lacune motivazionali potrebbero ritenersi colmate sulla base della circostanza che l'indagato sapeva che la persona offesa frequentava il terzo anno di scuola media superiore, perché - precisa la difesa - gli allievi dei quarto e del quinto anno della scuola media superiore sono comunque già maggiorenni e perché il materiale per la scuola con lui comprato consisteva solo in materiale di cancelleria e non in libri di testo da cui avrebbe potuto essere desunto l'anno frequentato dalla persona offesa. 2.2. - Anche il secondo motivo di doglianza è riferito alla violazione della disposizione incriminatrice, e alla mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione, sotto il diverso profilo della ritenuta irrilevanza dell'esistenza fra l'indagato e la persona offesa di un vero e proprio legame sentimentale. Tale legame avrebbe dovuto essere preso in considerazione quanto meno ai fini dell'elemento soggettivo, mancando qualsivoglia giustificazione tesa ad escludere che l'indagato, avulso da contesti criminali e privo di precedenti penali, fosse convinto di avere una relazione sentimentale con la persona offesa e di non commettere, dunque, alcun reato. Quanto, in particolare, alla violenza sessuale, nel capo d'imputazione provvisoria si sostiene che questa sarebbe consistita in un'azione repentina avvenuta in macchina. Il Tribunale non spiegherebbe, però, la dinamica del fatto, che andava invece inquadrato proprio nella relazione sentimentale fra i due. Né si sarebbe tenuto conto del fatto che la persona offesa aveva telefonato più volte di sua iniziativa all'imputato, come risulterebbe dai tabulati telefonici. 2.3. - Con un terzo motivo di doglianza, si denunciano, in sostanza, la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione quanto alle esigenze cautelari, costituite dal pericolo di reiterazione del reato. Il Tribunale non spiegherebbe, infatti, quali sono gli elementi concreti e specifici da cui desumere che l'indagato, se lasciato in libertà, reitererebbe una condotta che non aveva mai posto in essere prima, e, a maggior ragione, dopo avere patito diversi mesi di arresti domiciliari, dovendosi considerare altresì - secondo la difesa - che i fatti erano avvenuti nell'ambito di una relazione sentimentale. La motivazione sarebbe poi illogica quanto alla concedibilità dell'autorizzazione al lavoro, perché non si sarebbe considerato che la moglie dell'indagato è a suo completo carico egli è stato sospeso dal lavoro e dallo stipendio proprio in conseguenza degli arresti domiciliari i coniugi hanno scarse disponibilità economiche. Considerato in diritto 3. - Il ricorso è infondato. 3.1. - Il primo motivo di doglianza - relativo alla motivazione dell'ordinanza impugnata circa la conoscenza da parte dell'indagato della minore età della persona offesa - è infondato. Tale motivazione risulta, infatti, pienamente sufficiente e logicamente coerente, perché prende le mosse da dati che sono stati correttamente ritenuti, nel loro insieme sintomatici di una piena consapevolezza della minore età della vittima. Tali dati sono rappresentati dallo stile di vita, dagli interessi, dai luoghi frequentati dalla vittima stessa, tra i quali vi è indubbiamente la scuola media superiore, di cui la vittima frequentava il terzo anno con l'ulteriore considerazione che il terzo anno della scuola media superiore non è di regola frequentato - come osservato dal Tribunale e sostanzialmente ammesso dallo stesso ricorrente - da alunni maggiorenni, ma da alunni al più diciassettenni. Contrariamente a quanto asserito dalla difesa, tali riferimenti non sono generici, perché, quando il Tribunale richiama stile di vita, interessi, luoghi frequentati, intende richiamare - come già evidenziato - la frequentazione del terzo anno di scuola media superiore, il fatto che l'indagato e la persona offesa erano andati insieme ad acquistare materiale scolastico e, infine, il fatto che l'indagato si recava a prendere la persona offesa all'uscita della scuola. 3.2. - Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso, sostanzialmente riferito alla motivazione dell'ordinanza impugnata sull'elemento soggettivo dei reati contestati e alla mancata considerazione dell'esistenza di una vera e propria relazione sentimentale fra l'imputato e la persona offesa. Con motivazione pienamente sufficiente e logicamente coerente, il Tribunale evidenzia, infatti, che l'esistenza di una relazione sentimentale è del tutto irrilevante laddove si tratti di reati sessuali, specialmente se questi hanno per vittime dei minori. Con riferimento, poi, alla violenza sessuale, sulla quale si concentrano maggiormente le censure difensive, il Tribunale rileva che l'azione repentina consistente nel costringere la persona offesa a subire un rapporto sessuale orale in macchina - di cui al capo d'imputazione provvisorio - era stata descritta in modo analitico e plausibile dalla stessa persona offesa, e riporta i passaggi salienti delle sommarie informazioni da questa rese in relazione alla dinamica di svolgimento del fatto pag. 5 dell'ordinanza . Correttamente lo stesso Tribunale richiama, sul punto, l'univoca giurisprudenza di questa Corte secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 609 bis cod. pen., non è necessaria una violenza che ponga il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre una resistenza, essendo sufficiente che l'azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo ex plurimis sez. 3, 27 gennaio 2004, n. 6945, rv. 228493 sez. 3, 15 giugno 2010, n. 27273, rv. 247932 sez. 3, 26 settembre 2013 n. 42871, rv. 256915 . 3.3. - Quanto alle esigenze cautelari - oggetto del terzo motivo di ricorso - il Tribunale le individua sulla base di un iter logico corretto e coerente, perché valorizza l'elemento della gravità e pluralità delle condotte contestate, ritenendolo idoneo a superare il fatto che l'indagato sia incensurato e non sia inserito in ambienti criminali. Quanto, infine, alla mancata concessione dell'autorizzazione a recarsi al lavoro, il Tribunale applica i principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui a la concessione di una tale autorizzazione non è un diritto del detenuto sottoposto gli arresti domiciliari sez. 6, 21 maggio 2010, n. 20550, rv. 247100 b il riferimento alla necessità di provvedere alle indispensabili esigenze di vita o alla la condizione di assoluta indigenza di cui all'art. 284, comma 3, cod. proc. pen. deve intendersi nel senso che la nozione di bisogni primari da soddisfare comprende, anche, per l'evolversi delle condizioni sociali, le spese per l'educazione, quelle per la comunicazione e per il mantenimento in salute ex multis, sez. 4, 29 gennaio 2007, n. 10980, rv. 236194 sez. 3, 15 luglio 2010, n. 34235, rv. 248228 . c il tenore letterale dell'art. 284, comma 3, che fa riferimento ai presupposti autorizzativi in termini di indispensabilità e di assolutezza, impone al giudice una valutazione rigorosa in ordine alla compatibilità dell'attività lavorativa con le esigenze cautelari poste alla base della misura domiciliare ex multis, sez. 6, 25 febbraio 2008, n. 12337, rv. 239316 sez. 3, 15 luglio 2010, n. 34235, rv. 248228 . Il Tribunale, dopo aver correttamente richiamato tali principi giurisprudenziali, evidenzia che nel caso di specie non risultano dimostrate né documentate le condizioni di cui all'art. 284, comma 3, perché emerge semplicemente che l'indagato è stato sospeso dall'attività lavorativa e che questo ha comunque una moglie che ben potrebbe provvedere lavorando al sostentamento del nucleo familiare circostanza, quest'ultima, sulla quale anche con il ricorso per cassazione la difesa si è limitata a generiche contestazioni. 4. - Il ricorso deve essere dunque rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.