Di diritto o di fatto, per l’amministratore la responsabilità è sempre la stessa

L’amministratore di fatto assume tutti gli obblighi propri dell’amministratore di diritto, compresi quelli tributari, rispetto al cui adempimento incombono anche sul primo soggetto i doveri di controllo, dalla cui violazione deriva una responsabilità penale, ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p. Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo .

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 19546, depositata il 12 maggio 2014. Il caso. La Corte d’appello di Genova confermava la condanna per i reati, ex artt. 10- bis omesso versamento di ritenute certificate e 10- ter omesso versamento di IVA d.lgs. n. 74/2000 reati tributari , oltre che per quello di bancarotta fraudolenta, ai sensi degli artt. 216 e 223 l. fall., nei confronti di un imputato, in qualità di amministratore di fatto, in concorso con l’amministratore unico della stessa società. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando, per il reato di bancarotta fraudolenta, la presenza di amministratori di diritto i quali non figuravano come meri prestanome , che avrebbe dovuto, quindi, escludere la sua penale responsabilità. Inoltre, riguardo ai reati tributari, veniva contestata la parificazione della posizione dell’amministratore di fatto a quella dell’amministratore di diritto, in mancanza di prova della consapevolezza dell’imputato in ordine all’inadempimento degli obblighi fiscali da parte di quest’ultimo. Concorrenti. Analizzando la domanda, la Corte ricordava che, in caso di bancarotta fraudolente, è irrilevante la presenza di amministratori di diritto, in quanto l’amministratore di fatto può, senza dubbio, concorrere con essi. Stessi obblighi. Allo stesso modo, anche per i reati tributari, l’amministratore di fatto assume tutti gli obblighi propri dell’amministratore di diritto, compresi quelli tributari, rispetto al cui adempimento incombono anche sul primo soggetto i doveri di controllo, dalla cui violazione deriva una responsabilità penale, ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p. Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo . Per questi motivi, la Corte di Cassazione respingeva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 27 marzo – 12 maggio 2014, n. 19546 Presidente Lombardi – Relatore Zaza Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Genova del 14/07/2011, veniva confermata l'affermazione di responsabilità di D.M.S. per il reato continuato di cui agli artt. 216 e 223 r. d. 16 marzo 1942, n. 267, 10-bis e 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, commesso quale amministratore di fatto della Professional Service s.r.l., dichiarata fallita in il omissis , in concorso con l'amministratore unico C.G.E.A. , 1.1. appropriandosi della somma di Euro 42.210 capo A2 1.2. tenendo le scritture contabili in modo da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della fallita, in particolare indicandovi per l'anno 2008 la riduzione di un credito nei confronti della Professional Clean s.r.l., detenuta al 98% ed amministrata fino al marzo del 2004 dal padre D.M.A. , per effetto di un inesistente pagamento per cassa di Euro. 143.648, diminuendo l'apparente consistenza del conto cassa con giroconti verso il conto crediti diversi”, registrando in quest'ultimo importi non corrispondenti a crediti effettivi fino ad un valore complessivo del conto pari ad Euro. 547.000 e stipulando il 15/12/2004 un contratto di subappalto con la Professional Clean, nel quale erano simulatamente previsti a favore della Professional Service corrispettivi corrispondenti ai valori di mercato capo A3 1.3. cagionando il fallimento della Professional Service con l'emissione di fatture per importi inferiori a quelli previsti dal citato contratto con la Professional Clean e tali da coprire unicamente le retribuzioni dei dipendenti, e la conseguente dissipazione delle risorse della fallita in favore della Professional Clean capo Al 1.4. omettendo di versare nel termine previsto ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituti di imposta per Euro. 79.613 nell'anno 2005 capo B 1.5. omettendo di versare nel termine previsto l'imposta sul valore aggiunto di Euro. 149.332 dovuta per l'anno 2005 capo C . 2. La sentenza di primo grado veniva riformata con la declaratoria di estinzione per prescrizione del contestato reato di omesso versamento di ritenute previdenziali, e la conseguente rideterminazione della pena in anni tre, mesi cinque e giorni dieci di reclusione, confermandosi la condanna dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile Fallimento Professional Service. 3. L'imputato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati. 3.1. Sulla ritenuta posizione di amministratore di fatto dell'imputato, il ricorrente deduce violazione di legge rispetto allo svolgimento da parte del D.M. , sia nella Professional Clean che nella fallita Professional Service, di mere funzioni di direttore tecnico addetto al coordinamento ed al controllo del personale, mentre quelle amministrative e gestionali erano esercitate nella prima società dalla madre dell'imputato e socia di maggioranza D.B.L. , e nella seconda dal C.G. . Lamenta altresì mancanza di motivazione, nel mero richiamo alla sentenza di primo grado, rispetto agli ulteriori elementi indicati dalla difesa come contrastanti con l'esercizio da parte dell'imputato di funzioni amministrative, quali il riferirsi i dipendenti allo stesso esclusivamente nella sua posizione di direttore tecnico, la percezione di uno stipendio fisso mensile, la mancanza di delega ad operare sui conti correnti bancari della società e la presenza di amministratori di diritto che non figuravano come meri prestanome. Deduce infine contraddittorietà delle conclusioni dei giudici di merito, per le quali la Professional Service sarebbe stata creata strumentalmente dalla Professional Clean per eludere la normativa sulle contribuzioni previdenziali stornando sulla prima i costi del personale, con i rilievi dell'Agenzia delle Entrate sull'autonomia della fallita rispetto alla Professional Clean, l'essersi quest'ultima accollata i debiti previdenziali della Professional Service e i rapporti di lavoro dei dipendenti della stessa dopo il fallimento, l'intervallo temporale di cinque mesi intercorso dalla costituzione della Professional Service alla stipula del contratto di subappalto e la presenza di clienti rispettivamente propri delle due società. 3.2. Sulla sussistenza dei reati di bancarotta, il ricorrente deduce contraddittorietà della motivazione con gli elementi indicati al punto precedente in ordine al ritenuto progetto di creazione della Professional Service come società di comodo. 3.3. Sull'affermazione di responsabilità per i reati tributari, il ricorrente deduce violazione di legge nella parificazione a questi fini della posizione dell'amministratore di fatto a quella dell'amministratore di diritto, in mancanza di prova della consapevolezza dell'imputato in ordine all'inadempimento degli obblighi fiscali da parte di quest'ultimo. Considerato in diritto 1. I motivi proposti sulla ritenuta posizione di amministratore di fatto dell'imputato sono infondati. Nessuna violazione di legge è in primo luogo ravvisabile per il fatto che all'imputato fosse attribuita, nell'ambito della fallita, la formale veste di direttore tecnico, nel momento in cui la motivazione della sentenza impugnata veniva articolata nel senso del sovrapporsi, a tale posizione per l'appunto formale, di quella sostanziale di amministratore di fatto. Determinante a questo proposito, nel percorso argomentativo della Corte territoriale, era la ricostruzione dei rapporti fra la fallita Professional Service e la Professional Clean per la quale la prima, legata fin dall'origine alla Professional Clean in quanto costituita dal C.G. e dal figlio, precedentemente dipendenti di quest'ultima, assumeva la maggior parte del personale della Professional Clean e, dopo aver stipulato con la stessa un contratto di subappalto che prevedeva l'esecuzione dei lavori dei quali la Professional Clean si fosse aggiudicata l'appalto, riceveva di fatto per detti lavori un corrispettivo appena sufficiente al pagamento delle retribuzioni dei dipendenti, con esclusione dei relativi oneri accessori. Coerentemente i giudici di merito concludevano che la Professional Clean fosse stata costituita al solo scopo di stornare sulla stessa i costi del personale, ad esclusivo vantaggio della Professional Clean. Né è ravvisabile la dedotta contraddittorietà, rispetto a tali conclusioni, delle circostanze relative al tempo intercorso fra la costituzione della Professional Service e la stipula del contratto di subappalto ed alla presenza di clienti propri delle due società, non incompatibili con il progetto descritto, e dell'accollo dei debiti previdenziali e dei rapporti di lavoro della fallita da parte della Professional Clean, intervenuto solo dopo il fallimento. Altrettanto logica è l'ulteriore conclusione per la quale l'imputato, presente nella struttura della Professional Service e figlio di coloro che assumevano in successione la carica di amministratore unico della Professional Clean, fosse coinvolto nelle finalità che avevano portato alla costituzione della fallita e quindi nella gestione amministrativa della stessa. Ma a ciò la Corte territoriale aggiungeva riferimenti ad elementi testimoniali specifici in tal senso, quali in particolare le dichiarazioni della dipendente della Professional Clean M.M. , la quale riferiva che l'amministratore di diritto C.G. eseguiva solo lavori materiali e che per qualsiasi problema si rivolgeva all'imputato della dipendente della fallita D.L.L. , che attribuiva la sua assunzione all'imputato ed affermava di aver parlato con lo stesso per qualsiasi necessità e del professionista incaricato di seguire la contabilità della fallita, M.R. , il quale confermava che l'imputato si presentava con il C.G. per la costituzione della società e di seguito era comunque la persona alla quale egli faceva riferimento. A fronte di queste considerazioni, risultano generici i rilievi del ricorrente, per i quali i testi si sarebbero rivolti all'imputato nelle sue funzioni di direttore tecnico addetto unicamente al controllo del personale, dalle quali esulano comportamenti quali la decisione sulle assunzioni e i rapporti con altre società e con il professionista incaricato. Sono poi infondate le doglianze di mancanza di motivazione su elementi asseritamente contrastanti con la posizione di amministratore di fatto, come la percezione di uno stipendio o la mancanza di delega ad operare sui conti correnti bancari che nella sentenza impugnata venivano invece valutati e ritenuti correttamente irrilevanti rispetto ad una posizione di amministratore di fatto che in quanto tale prescinde da dati formali. Ed altrettanto irrilevante è la presenza in entrambe le società interessate di amministratori di diritto, con i quali l'amministratore di fatto può senz'altro concorrere Sez. 5, n. 8695 del 18/02/2002, Coiante, Rv. 220930 Sez. 5, n. 853 del 12/12/2005 12/01/2006 , Procacci, Rv. 233758 Sez. 5, n. 11938 del 09/02/2010, Mortillaro, Rv. 246897 . 2. Le considerazioni che precedono evidenziano altresì l'infondatezza del motivo proposto sulla sussistenza dei reati di bancarotta. Le censure del ricorrente sul punto si fondano invero sugli elementi asseritamente contrastanti con il progetto di creazione della Professional Service quale società di comodo, finalizzato ad avvantaggiare indebitamente la Professional Clean, dei quali si è evidenziata viceversa la compatibilità con tale progetto. 3. Il motivo proposto sull'affermazione di responsabilità dell'imputato per i reati tributari è infondato. Insussistente è invero la dedotta violazione di legge nella parificazione, anche per i reati in esame, della posizione dell'amministratore di fatto a quella dell'amministratore di diritto laddove nella sentenza impugnata si osservava correttamente come il primo assuma tutti gli obblighi propri del secondo Sez. 5, n. 7203 dell'11/01.2008, Salamida, Rv.239040 Sez. 5, n. 15065 del 02/03/2011, Guadagnoli, Rv. 250094 Sez. 5, n. 39593 del 20/05/2011, Assello, Rv. 250844 , ivi compresi quelli tributari, rispetto al cui adempimento incombono anche sull'amministratore di fatto i doveri di controllo dalla cui violazione deriva responsabilità ai sensi dell'art. 40, comma secondo, cod. pen. Sez. 3, n. 23425 del 28/04/2011, Ceravolo, Rv. 250962 . Non senza considerare che la motivazione sulla consapevolezza di tali violazioni da parte dell'imputato era implicita nelle considerazioni precedentemente riportate in ordine alle finalità di vantaggio per la Professional Clean, alla cui compagine gestionale il D.M. era legato da rapporti anche strettamente parentali, per le quali la Professional Clean era stata costituita, a cui le infrazioni tributarie erano evidentemente inerenti. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.