Il difensore è poco attento, nessuna restituzione in termini per l’imputato

Prevale l’opinione rigorista dell’art. 175 c.p.p., l’inadempimento del difensore non costituisce caso fortuito” e non salva l’imputato, responsabile in eligendo ed in vigilando della scelta del professionista cui affidarsi.

Il fatto. Al difensore – presente alla lettura della sentenza di condanna dell’imputato in aula – sfugge la decorrenza del termine per appellare, per l’insorgenza di gravissimi motivi di salute. Chiede di seguito la rimessione nel termine ex art. 175 c.p.p. La Corte d’appello nega l’integrazione del caso fortuito richiesto dalla norma. Rigetta altresì la medesima richiesta avanzata dall’imputato, libero assente alla lettura in udienza del dispositivo, motivata dall’appurato inadempimento del difensore al rispetto del perentorio termine di legge, e del cui grave impedimento di salute l’imputato non era mai stato informato. La Cassazione, seconda sezione penale, n. 15215/2014, dep. il 3 aprile, limita il campo di operatività dell’art. 175 cit. e del caso fortuito ivi previsto, escludendo la rilevanza processuale della mancata informazione del difensore all’imputato sui destini processuali che lo riguardano, quando questi non vigila sufficientemente sulla corretta osservanza del mandato da parte del difensore eletto. All’imputato il dovere della scelta di un difensore capace e diligente che lo informi di ogni accadimento processuale. Se il difensore non avverte l’imputato del grave impedimento di salute, il quale determina specifiche conseguenze processuali ad esempio, precludendo all’impugnazione del provvedimento, anche nel caso di sentenza contumaciale -, nulla salva l’imputato, avrebbe dovuto vigilare sul corretto adempimento del mandato difensivo e, più a monte, avrebbe dovuto scegliere un legale più idoneo per l’esecuzione dell’incarico. La mancata informazione del difensore non costituisce caso fortuito. Di fatto, il caso è fortuito” – ed accede al riconoscimento della rimessione ex art. 175, primo comma, c.p.p. quando imprevedibile ed imponderabile, non copre eventuali poco felici scelte dell’imputato su chi incaricare per la cura dei propri destini processuali. E’ inoltre fortuito” quando inevitabile, non altrimenti superabile da una coscienziosa vigilanza degli accadimenti processuali. Non costituisce caso fortuito” la falsa rappresentazione della realtà, fondata sulla mal riposta fiducia dell’imputato sul difensore eletto. Un’apertura si indaghi il grado di diligenza dell’imputato. La Cassazione non definisce una responsabilità lato sensu processuale di tipo oggettivo a carico dell’imputato, la scelta di un poco diligente difensore non chiude ogni accesso al riconoscimento della rimessione in termini ex art. 175 cit. Ben può l’imputato aver adoperato ogni cautela per sollecitare il difensore allo svolgimento dell’incarico e questi potrebbe aver comunque mancato al corretto adempimento del mandato. Nell’unico precedente utile, la Cassazione ha ritenuto integrato il caso fortuito, rimettendo nei termini per impugnare, quando l’imputato era già sottoposto a misura carceraria, aveva invocato fra le mura circondariali l’intervento formale del difensore per la proposizione di un atto di impugnazione e questi, colpevolmente, non si era adoperato. Non salva l’imputato l’alta complessità tecnica di scadenze e discipline. Tuttavia, nel caso appena menzionato, mai avrebbe potuto l’imputato opporre personalmente impugnazione avverso la sentenza di condanna, ogni atto di sollecitazione all’attività del difensore aveva esaurito quanto richiedibile dall’ordinamento. Nessuna mancanza di diligenza era dunque opponibile all’imputato e la rimessione in termini fu di fatto concessa. Invece, in ogni altro caso, anche quando il quadro normativo è fosco ed impedisce all’imputato la consapevole cognizione di quanto accade nel processo, l’imputato è sempre responsabile della scelta del difensore, le cui negligenze mai potranno consentire la rimessione nei termini di una già decorsa scadenza.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 dicembre – 3 aprile 2014, n. 15215 Presidente Gallo – Relatore Cervadoro Osserva in fatto P.M. , in data 8.1.2013, riceveva dal proprio difensore di fiducia di allora avv. Vitantonio Conteduca una raccomandata nella quale il difensore lo informava di non aver potuto depositare l'appello contro la sentenza 211/11 del Tribunale di Taranto, che peraltro non gli era stata mai notificata, poiché all'epoca si trovava in gravissime condizioni di salute, di aver fatto istanza di remissione in termini per proporre appello e che l'istanza medesima gli era stata però rigettata. In data 10.1.2013, anche il P. chiedeva la restituzione in termini per la proposizione dell'appello avverso la sentenza del Tribunale di Taranto con cui lo stesso era stato condannato alla pena di mesi sette di reclusione ed Euro 350,00 di multa per un duplice episodio di truffa e falso in scrittura privata ex artt. 640 e 485 c.p La Corte d'Appello di Lecce, Sezione di Taranto, con ordinanza del 24.1.2013, dichiarava inammissibile l'istanza richiamando le argomentazioni già svolte con ordinanza del 3.5.2012 non impugnata , integralmente riportata, in ordine all'impossibilità di riconoscere nella malattia dell'avv. Conteduca la sussistenza del caso fortuito richiesto dalla legge, e rilevando poi l'evidente negligenza del P. . Aggiungeva poi la Corte che era del tutto inverosimile che il P. fosse venuto a conoscenza di tutte le vicende rappresentate solo in data 8.1.2013, e che l'avv. Conteduca era a conoscenza del provvedimento di rigetto dell'istanza da lui proposta ben prima del 22.11.2012, allorché era stata reiterata la notifica del provvedimento di rigetto dell'istanza nei suoi confronti. Avverso tale provvedimento, ricorre per Cassazione il difensore di P.M. , deducendo l'erronea applicazione degli artt. 175 c.p.p. e 6 CEDU ai sensi dell'art. 606 co. 1 lett. b e c c.p.p L'istanza di restituzione in termini avanzata dal P. è stata erroneamente dichiarata inammissibile. La Corte di appello è incorsa in una evidente confusione tra il ruolo del difensore e quello della parte è poi assolutamente opinabile ritenere che il P. non sia stato diligente e non si sia informato - per sua colpa - del processo. Conclude pertanto per l'annullamento del provvedimento. Motivi della decisione 1. La Corte d'Appello di Lecce, dopo aver evidenziato che alla lettura della sentenza era presente il difensore avv. Conteduca, e che l'imputato, libero assente, era perfettamente a conoscenza del processo a suo carico, sicché il suo comportamento andava ritenuto negligente, incombendo su di lui l'onere di vigilare sull'esatta osservanza dell'incarico difensivo, ha dichiarato l'istanza inammissibile ribadendo quanto già affermato nella precedente ordinanza circa l'impossibilità di riconoscere nella malattia dell'avv. Conteduca la sussistenza del caso fortuito. 2. A sostegno dell'impugnazione è stato addotto un unico motivo con il quale si deduce la nullità dell'ordinanza impugnata sul rilievo che essa non ha considerato che l'imputato prima dell'8.1.2013 non era stato edotto dell'omissione del difensore, causata da grave malattia, e che tale circostanza integra l'ipotesi di caso fortuito . Il motivo è manifestamente infondato, ed il ricorso va dichiarato inammissibile. 3. Secondo l'indirizzo interpretativo assolutamente prevalente affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio ritiene di aderire condividendo le argomentazioni addotte a sostegno, il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell'incarico di partecipare al processo e di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo a realizzare l'ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittimano la restituzione in termini né, in caso di sentenza contumaciale, quella dell'assenza di colpa dell'imputato nel non avere avuto effettiva conoscenza del provvedimento ai fini della tempestiva impugnazione poiché incombe all'imputato l'onere di scegliere un difensore professionalmente valido e di vigilare sull'esatta osservanza dell'incarico conferito in tal senso, v. Cass. Sez. IV, n. 20655/2012 Rv. 254072 Sez. II, n. 18886/2012 Rv.252812 Sez. I, n. 1801/2012 Rv. 254211 Sez.V, sent. n. 43277/2011 Rv.251695 Sez. II, n. 49179/2003 Rv. 227696 Sez. II, n. 12922/2007 Rv. 236389 Sez. II, n. 48243/2003 Rv. 227085 Sez. I, n. 25905/2001 Rv. 219106. Nell'unico precedente di senso contrario v. Cass. Sez. VI, n. 35149/2009 Rv. 244871 , citato anche nel provvedimento impugnato, questa Corte ha annullato con rinvio il provvedimento impugnato al fine di accertare la sussistenza o meno del caso fortuito , in un caso invero singolare - e ben diverso da quello in esame - in cui l'imputato aveva reiteratamente presentato una dichiarazione di appello all'ufficio matricola della casa circondariale ove si trovava ristretto, riservando i motivi al difensore di fiducia che l'aveva assistito in primo grado, motivi però non presentati dal difensore che aveva - secondo l'imputato ricorrente - erroneamente ritenuto che non fossero ancora decorsi i termini di impugnazione . 4. L'art. 175, comma primo, c.p.p. stabilisce che il pubblico ministero, le parti private e i difensori sono restituiti nel termine per proporre impugnazione stabilito a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o forza maggiore, e che tale previsione ha una sua autonomia rispetto a quella contenuta nel comma successivo, e subordina la restituzione nel termine alla prova dell'impedimento dovuto a caso fortuito o forza maggiore. Secondo l'insegnamento di questa Corte v. Cass. Sez. Un. 11 aprile 2006, n. 14991 , costituisce causa di forza maggiore quel fatto umano o naturale al quale non può opporsi una diversa determinazione volitiva e che, perciò, è irresistibile, mentre il caso fortuito è un dato della realtà imprevedibile e che soverchia ogni possibilità di resistenza e di contrasto connotazione comune ad entrambi è la inevitabilità del fatto, mentre ciò che caratterizza il caso fortuito è la sua imprevedibilità, e nota distintiva della forza maggiore è l'elemento della irresistibilità. 5. Tanto premesso, rileva il Collegio che l'interpretazione letterale dell'art. 175, comma 1, cod. proc. pen. evidenzia la necessità di tenere distinte la posizione dell'imputato da quella del suo difensore e, quindi, di attribuire rilievo all'assenza di diligenza non solo del legale, ma anche del suo assistito, sul quale grava non solo l'onere di effettuare, compatibilmente con le contingenze e le scansioni temporali del procedimento, una scelta ragionata del difensore, ma anche di controllare l'esatto adempimento del mandato difensivo e di adottare tutte le cautele imposte dalla normale diligenza per vigilare sull'esatta osservanza, da parte del legale, dell'incarico a lui conferito. La nomina di un difensore di fiducia non può, infatti, giustificare - in ogni caso - la mancata attivazione dell'imputato in vista della diretta acquisizione di notizie sullo stato del procedimento, essendo connaturato al particolare rapporto fiduciario che lo lega al professionista il diritto-dovere dell'assistito di rappresentare carenze nell'effettivo esercizio del diritto di difesa, di chiedere chiarimenti sullo svolgimento della procedura e sulla strategia difensiva. La stessa giurisprudenza Cedu, in ordine all'effettività o meno dell'espletamento dei diritti di difesa, allorché le carenze difensive siano manifeste, considera ineffettiva la difesa solo dopo avere giudicato il processo nel suo complesso, e non con riferimento ad un singolo atto. A ciò aggiungasi, infine, che il principio costituzionale di ragionevole durata del processo impone un onere di diligenza delle parti, onere gravante sia sul difensore, che deve essere tecnicamente preparato, che sull'imputato, il quale non può nominare un legale e disinteressarsi del processo, ma è chiamato, pur dopo il conferimento del mandato fiduciario, a vigilare sull'operato del professionista soprattutto nei momenti più significativi come quello dell'impugnazione. Ne consegue che il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell'incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, consiste in una falsa rappresentazione della realtà, invero vincibile mediante la normale diligenza ed attenzione, e quindi, come ritenuto dalla giurisprudenza assolutamente prevalente sopra citata, non è idoneo ad integrare le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore che si concretano invece in forze impeditive, non altrimenti vincibili e che escludono ogni possibilità di resistenza e di contrasto. Né può essere escluso, in via presuntiva, la sussistenza di un onere dell'assistito di vigilare sull'esatta osservanza dell'incarico conferito, nelle ipotesi in cui il controllo sull'adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo. Non essendo stata fornita alcuna prova parte dell'imputato di non aver potuto osservare il termine previsto per proporre impugnazione per caso fortuito, o forza maggiore, correttamente l'istanza è stata dichiarata inammissibile. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.