Alcooltest positivo: la prova contraria è l’unica possibilità di salvezza

In caso di guida in stato di ebbrezza, se l’alcooltest risulta positivo, costituisce onere della difesa dell’imputato fornire una prova contraria a detto accertamento.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 13998 del 25 marzo 2015. Il caso. La Corte d’Appello di Trento dichiarava un uomo colpevole del reato di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186, comma 1, lettera c , c.d.s. L’imputato ricorre per cassazione, contestando il ritenuto perfetto funzionamento dell’apparecchio. Prova contraria unica via di scampo. Il ricorso è infondato la Corte di Cassazione ha più volte affermato che in caso di guida in stato di ebbrezza, se l’alcooltest risulta positivo, costituisce onere della difesa dell’imputato fornire una prova contraria a detto accertamento, quale la sussistenza di vizi dello strumento usato o l’utilizzo di una metodologia errata nell’esecuzione dell’aspirazione. Nel caso di specie, l’affidabilità dell’esame effettuato era documentata dall’esito positivo dell’autodiagnosi e dalle attestazioni relative alle procedure di rilevamento . Basta il solo accertamento mediante etilometro. Anche perché, ai fini della prova dello stato di ebbrezza, non è necessario confermare l’accertamento effettuato tramite etilometro con dati sintomatici riguardanti il comportamento del soggetto interessato. Orari corretti. In riferimento alla lamentata discrepanza degli orari indicati negli stampati e nelle successive correzioni a mano, la Corte di merito ha adeguatamente motivato richiamando la testimonianza di uno degli operatori che aveva parlato di un malfunzionamento dell’apparecchio, il quale aveva reso necessario correggere direttamente a mano i referti. Il ricorso va, quindi, respinto.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 4 dicembre 2013 – 25 marzo 2014, n. 13998 Presidente Romis – Relatore Ciampi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 22 febbraio 2013 la Corte d'appello di Trento in riforma della sentenza del Tribunale di Trento, sezione distaccata di Cles appellata dal Procuratore Generale dichiarava S.A. colpevole del reato di guida in stato di ebbrezza di cui all'art. 186 comma 1 lett. c C.d.S. e lo condannava alla pena di giustizia. 2. Avverso tale decisione ricorre a mezzo del proprio difensore il S. lamentando la violazione dell'art. 606 comma 1 lett. e c.p.p. per mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine al ritenuto perfetto funzionamento dell'apparecchio, evidenziando in particolare la discrepanza degli orari indicati negli stampati e nelle successive correzioni a mano. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. Ed invero la determinazione assunta dalla corte territoriale in punto di apprezzamento del quadro probatorio è conforme all'orientamento consolidato di questa Corte secondo il quale, in tema di guida in stato di ebbrezza, allorquando l'alcooltest risulti positivo, costituisce onere della difesa dell'imputato fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l'utilizzo di una errata metodologia nell'esecuzione dell'aspirazione v. da ultimo, Sezione 4, 4 ottobre 2011, n. 42084, Salamone, Rv. 251117 . In coerenza a tale principio la impugnata sentenza ha logicamente e correttamente evidenziando che l'accertamento tramite alcooltest e la sua affidabilità erano documentate dall'esito positivo dell'autodiagnosi e dee attestazioni relative alle procedure di rilevamento, laddove negli scontrini si legge autotest corretto e zero test corretto . Tale conclusione è correttamente fondata sul principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità secondo il quale, ai fini della prova della sussistenza dello stato di ebbrezza, non è necessario che l'accertamento strumentale effettuato mediante l'etilometro trovi conferma anche in dati sintomatici riguardanti il comportamento del soggetto interessato v. tra le altre, Sez. 4, 4 dicembre 2009, n. 48026, P.G. in proc. Falaguerra . Peraltro la corte territoriale ha adeguatamente motivato anche in ordine alla questione della discrepanza degli orari, richiamando sul punto la testimonianza di uno degli operatori il quale ha puntualizzato che l'apparecchiatura recava in partenza dei dati non corretti sulle scansioni temporali perché egli stesso non era stato in grado di effettuare l'aggiornamento dell'orologio interno, si che, proprio per questo, i dati furono poi rettificati con correzioni materiali operate direttamente sui referti. 4. Il ricorso va pertanto rigettato. Ne consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.