Firme taroccate su 'statini' e 'verbali': prassi consolidata nell’ateneo, e per questo il falso è punibile...

Respinta la tesi difensiva della studentessa ‘beccata’ a falsificare le firme dei docenti. Non si può parlare di bluff immediatamente percepibile, anche tenendo presente la prassi consolidata all’interno dell’ateneo. Condanna confermata.

Bluff sfacciato, troppo sfacciato per essere ritenuto credibile Ma questa obiezione non regge confermata la condanna per la studentessa universitaria, ‘beccata’ a falsificare la firma dei docenti su verbali e ‘statini’ delle commissioni di esami. Ciò anche tenendo presente che quel ‘trucco’ è prassi all’ateneo. Cass., sent. n. 634/2014, Quinta Sezione Penale, depositata oggi Pessime abitudini Nessun dubbio è stato espresso, per la verità, dai giudici di merito condanna consequenziale per la studentessa universitaria, accusata di falsità materiale . ‘Corpo del reato’ la contraffazione data dalla apposizione della falsa firma dei docenti sui verbali e sugli ‘statini’ delle commissioni di esami presso la Facoltà di Medicina di un ateneo meridionale. Secondo la studentessa, però, non si è tenuta in considerazione la inidoneità del falso , che avrebbe dovuto condurre alla ‘certificazione’ della non punibilità . Ma la visione difensiva proposta, e centrata sulla tesi della immediata percepibilità della falsificazione, a cagione delle modalità di consegna degli ‘statini’ e dei verbali degli esami , viene respinta dai giudici del ‘Palazzaccio’. Ciò per una semplice ragione è acclarata la non immediata percepibilità della falsificazione che, posta in essere dalla ragazza, corrispondeva alla comune prassi esistente presso l’Università . Di conseguenza, è corretta la condanna sancita in Corte d’Appello, proprio perché ci si trova di fronte a una falsificazione che richiede una certa attenzione per il riconoscimento e che, quindi, non era rilevabile prima facie .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 ottobre 2013 – 10 gennaio 2014, n. 634 Presidente Fumo – Relatore Sabeone Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Palermo, con la sentenza del 10 ottobre 2012 ha parzialmente confermato, rimodulando soltanto la pena a cagione della concessione delle attenuanti generiche prevalenti, la sentenza del Tribunale di Palermo del 20 novembre 2009, con la quale G.C. era stata condannata per falsità materiale commessa da privato articolo 482 in relazione all'articolo 476, secondo comma cod.pen. . Il fatto era costituito dalla contraffazione, data dalla apposizione della falsa firma dei docenti, sui verbali e sugli statini delle commissioni di esami presso la Facoltà di Medicina dell'Università degli Studi di Palermo. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputata, personalmente, lamentando una violazione di legge e una motivazione illogica in merito alla mancata affermazione della inidoneità del falso e quindi della non punibilità ai sensi dell'articolo 49 cod.pen., nonché la sussistenza del reato nella forma del tentativo e infine la sua prescrizione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. La difesa sostiene, anche nel presente giudizio di legittimità, la immediata percepibilità dell'incontroversa falsificazione a cagione delle modalità di consegna degli statini e dei verbali degli esami. Trattasi di doglianza non ammissibile avanti questa Corte sia perchè superata dall'accertamento in fatto operato dai Giudici del merito circa la non immediata percepibilità di quanto posto in essere dall'imputata, che corrispondeva alla comune prassi esistente presso l'Università v. pagina 5 dell'impugnata decisione . Sia perchè il suddetto accertamento in fatto è assistito da congrua e logica motivazione che lo rende incensurabile avanti questa Corte. Giova, poi, ricordare come il falso c.d. grossolano non punibile sia soltanto quello facilmente riconoscibile ictu oculi, anche da persone del tutto sprovvedute, mentre non è tale quello che richieda una certa attenzione per il riconoscimento della falsificazione v. da ultimo Cass. Sez. V 13 luglio 2011 n. 38349 sicché, avendo la Corte di merito considerato che la falsità in oggetto non fosse rilevabile prima facie, ne deriva che l'impugnata sentenza si sottrae a censura anche sotto tale aspetto. Il reato si è, come già affermato nei precedenti gradi, consumato in quanto il falso materiale commesso dal privato in atti pubblici si perfeziona con la semplice alterazione del vero e cioè con la falsa apposizione delle firme. 3. L'inammissibilità del ricorso impedisce, ancora, l'accertamento della prescrizione del reato e determina, per concludere, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.