Per l’applicazione dei lavori di pubblica utilità basta la non opposizione dell’imputato

Ai fini della sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilità, non è richiesta alcuna istanza dell’imputato, essendo sufficiente, ex art. 186, comma 9- bis C.d.S., la sua non opposizione.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 45919, depositata il 15 novembre 2013. Il caso. Una pattuglia di Carabinieri, impegnata in un posto di blocco, aveva notato un’autovettura imboccare improvvisamente una strada secondaria. Insospettiti da tale manovra, i Carabinieri si erano messi all’inseguimento dell’automobile fino a che il conducente non si era fermato in prossimità della propria abitazione. Gli operanti, notando che lo stesso versava in stato di ebbrezza, avevano eseguito il c.d. test precursore, e il test dell’etilometro che, alla prima prova, aveva evidenziato un tasso alcoolemico pari a 1,49 g/l. Durante l’attesa per effettuare la seconda prova, l’uomo si era allontanato verso la propria abitazione sostenendo di aver bisogno di andare in bagno. I Carabinieri non lo avevano trattenuto, ma gli avevano fatto presente che, se non si fosse sottoposto al secondo test, essi avrebbero proceduto al sequestro dell’autovettura. Passati dieci minuti e non vedendolo tornare, i Carabinieri avevano suonato e bussato alla porta, senza ricevere risposta. Alla luce di ciò, l’uomo, in sede di merito, era stato condannato per guida in stato di ebbrezza e per essersi rifiutato di sottoporsi all’accertamento da parte degli organi di Polizia. Contro tale statuizione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione. Il giudice – attesa la sopravvenuta entrata in vigore del comma 9- bis , art. 186 C.d.S., il quale prevede una causa di estinzione del reato -, a suo dire, non avrebbe verificato la disponibilità dell’imputato a svolgere il lavoro di pubblica utilità in luogo della pena. Infatti, il comma 9- bis dell’articolo in questione prevede la possibilità che la pena detentiva e pecuniaria possa essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell'imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all'art. 54 d.lgs. n. 274/2000. Per la Suprema Corte il ricorso è meritevole di accoglimento. Applicazione del lavoro di pubblica utilità. Innanzitutto, Piazza Cavour ha affermato che l’applicazione del lavoro di pubblica utilità si risolve in una disposizione a favore per il reo, che, quindi, deve trovare applicazione anche a fatti commessi sotto il vigore della precedente disciplina laddove non definiti con sentenza irrevocabile. Inoltre, gli Ermellini hanno rilevato che, ai fini della sostituzione della pena, non è richiesta alcuna istanza dell’imputato, essendo sufficiente, ex art. 186, comma 9- bis C.d.S., la sua non opposizione ne deriva che ove l’imputato abbia manifestato la non opposizione, la legge non gli impone alcun obbligo determinativo delle modalità di esecuzione del trattamento sanzionatorio sostitutivo della pena irrogata, obbligo che ricade, invece sul giudice che si determini a disporre il predetto beneficio . Pertanto, il Collegio ha annullato con rinvio la sentenza impugnata in ordine al reato di cui all’art. 186, comma 7, C.d.S. rifiuto dell’accertamento , limitatamente all’omessa valutazione dell’istanza di applicazione di lavoro di pubblica utilità in sostituzione della pena.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 3 aprile - 15 novembre 2013, n. 45919 Presidente D’Isa – Relatore Savino Ritenuto in fatto Il Sig. J H. , nato il omissis , veniva tratto a giudizio per rispondere dei reati contravvenzionali di cui agli artt. 81 c.p. e 186, comma 1 e 2 lett. B e comma 7 D.lgs. 285/1992 e successive modifiche, per avere, in data ., con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, guidato il veicolo targato CE083FC, in stato di ebbrezza 1.46 g/l in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche, e per essersi rifiutato di sottoporsi all'accertamento da parte degli organi di Polizia previsto dal comma quarto del Codice della Strada. Fatto accertato a omissis . Verso le 3 25 del . una pattuglia dei Carabinieri, mentre era impegnata in un posto di controllo il località omissis , notava l'autovettura di proprietà dell'imputato e dal medesimo condotta imboccare improvvisamente una strada secondaria. I Carabinieri, insospettiti da tale manovra, si mettevano all'inseguimento dell'automobile, intimandone l'arresto a mezzo del lampeggiante e dei segnali di direzione, senza tuttavia suscitare alcuna reazione. Le forze dell'ordine, allora, seguivano l'imputato fino a che egli non si fermava in prossimità della propria abitazione. Gli operanti gli intimavano allora l'esibizione della patente e della carta di circolazione e notavano che lo stesso versava in stato di ebbrezza poiché aveva gli occhi lucidi ed arrossati, barcollava lievemente ed emanava alito vinoso o alcolico. Il primo test eseguito dai carabinieri con l'apparecchiatura di cui al comma 3 dell'art. 186 c.d.s. c.d. test precursore dava esito positivo. L'imputato veniva quindi sottoposto al test dell'etilometro, che, alla prima prova, effettuata alle ore 3 49, evidenziava un tasso alcolemico pari a 1,49 g/l gli operanti lo invitavano così ad attendere pochi minuti per poter effettuare la seconda prova. Durante l'attesa, però, l'imputato si allontanava verso la propria abitazione sostenendo di aver bisogno di andare in bagno. I Carabinieri non lo trattenevano ma gli facevano presente che se non si fosse sottoposto al secondo test avrebbero proceduto al sequestro dell'autovettura, mentre quest'ultima non sarebbe stata sequestrata se avesse accettato di sottoporsi alla prova anche in caso di esito positivo il primo test, infatti, aveva dato un risultato inferiore alla soglia di 1,50 g/l. Gli inquirenti, aspettavano dieci minuti e, non vedendolo tornare, suonavano e bussavano alla porta chiamandolo ripetutamente senza ricevere risposta alcuna. Il Tribunale di Bolzano, sezione distaccata di Bressanone, con sentenza n. 217 del 2009, emessa in data 27.11.2009, dopo aver derubricato/riqualificato il primo reato contestato, dichiarava H.J. colpevole dei reati previsti e puniti dall'art. 186, commi 1 e 2 lett. A e comma 7 D.lgs. 1992/285, condannandolo alla pena di mesi 2 e giorni 5 di arresto ed Euro 1.200,00 di ammenda, nonché al pagamento delle spese processuali, sostituendo la pena detentiva con Euro 2.740,00 di ammenda. Il Tribunale disponeva altresì la sospensione della validità della patente di guida per la durata complessiva di mesi 11 e la confisca dell'autovettura sequestrata. La difesa dell'imputato interponeva appello avverso la sentenza di primo grado, la quale veniva integralmente confermata dalla Corte di Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, con sentenza emessa in data 16.5.2011. L'imputato, a mezzo del proprio difensore, proponeva allora ricorso per Cassazione deducendo i seguenti motivi di impugnazione. 1 Carenza di motivazione ex art. 606 lett. e c.p.p. in relazione al reato di cui all'art. 186, comma 7, c.d.s Lamenta la difesa dell'imputato che il giudice di seconde cure non ha adeguatamente motivato in ordine all'elemento soggettivo della richiamata fattispecie incriminatrice, non tenendo in considerazione che lo stesso, una volta eseguita la prima prova all'etilometro, si è allontanato dal luogo solo per espletare i propri bisogni fisiologici e poi si è addormentato in bagno a causa della tarda ora e della ingente escursione termica tra l'esterno e l'interno. 2 Violazione di legge ex art. 606 lett. B c.p.p. in relazione all'art. 186, comma 7, c.d.s La difesa del ricorrente sostiene infatti che i giudici di merito abbiano errato nel ritenere integrata detta fattispecie incriminatrice, non considerando il fatto che l'imputato si era comunque sottoposto alla prima prova. 3 Violazione di legge ex art. 606 lett. B c.p.p. in relazione all'art. 186, comma 9bis, c.d.s Inoltre il difensore adduce che il Collegio, attesa la sopravvenuta entrata in vigore del comma 9 bis dell'art. 186 C.d.s. che prevede una causa di estinzione del reato, non ha verificato la disponibilità dell'imputato a svolgere il lavoro di pubblica utilità in luogo della pena. Ritenuto in diritto - Il primo motivo di ricorso deve essere rigettato perché infondato. A tal proposito, difatti, questa Corte ritiene che la motivazione fornita dai giudici di merito in ordine all'elemento psicologico richiesto per la configurabilità del reato di cui all'art. 186, comma 7, c.p.p. sia del tutto adeguata e priva di vizi. Con particolare riguardo alla censura mossa dalla difesa secondo cui la Corte d'Appello bolzanina si limitava ad affermare la correttezza della decisione del giudice di prime cure in relazione alla volontaria sottrazione dell'imputato all'alcoltest, senza pertanto fornire alcuna motivazione in merito, questa Corte rimarca, anche in questa sede guanto a più riprese ribadito, ovvero che, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. - Anche il secondo motivo di ricorso non appare meritevole di accoglimento in quanto privo di fondamento. La Corte rileva infatti che i giudici di merito hanno correttamente ritenuto integrata la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 186, comma 7, c.d.s. ancorché l'imputato si fosse comunque sottoposto alla prima prova all'etilometro. Infatti, l'art. 379 del regolamento di esecuzione del Codice della Strada è chiaro nello statuire che la concentrazione alcolemica dovrà risultare da almeno due determinazioni concordanti effettuate ad un intervallo di tempo di 5 minuti . Dunque, ai fini del perfezionamento della figura criminosa in esame, ciò che conta è che il soggetto si rifiuti di completare l’ iter previsto dalla normativa, che, come detto, consta di due prove effettuate a breve distanza l'una dall'altra. - Il terzo motivo di ricorso appare invece meritevole di accoglimento. Questa Corte ritiene a tal riguardo corretto affermare che l'applicazione del lavoro di pubblica utilità si risolve in una disposizione di favore per il reo, che, quindi, deve trovare applicazione, ai sensi dell'art. 2, comma 4, c.p., anche a fatti commessi sotto il vigore della precedente disciplina laddove non definiti con sentenza irrevocabile. Ciò perché l'apprezzamento del carattere complessivamente più favorevole va sviluppato considerando la disciplina normativa nel suo complesso ed in ragione degli effetti che ne possono derivare per il reo. Occorre rilevare altresì che, ai fini della sostituzione della pena, non è richiesta alcuna istanza dell'imputato, essendo sufficiente, ex art. 186, comma 9 bis, C.d.s., la sua non opposizione ne deriva che ove l'imputato abbia manifestato la non opposizione, la legge non gli impone alcun obbligo determinativo delle modalità di esecuzione del trattamento sanzionatorio sostitutivo della pena irrogata, obbligo che ricade, invece, sul giudice che si determini a disporre il predetto beneficio Cass. 17.1.2012, Ghibaudo, RV 252170 Cass. 2.2.2012, Ambrosi, RV 251956 . - Infine, questa Corte rileva che la sopravvenuta depenalizzazione, limitatamente all'ipotesi prevista dall'art. 186, comma 2 lett. A, C.d.s., del reato di guida sotto l'influenza dell'alcool ad opera della legge n. 120 del 2010, rilevata nel giudizio di legittimità impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, ma non la trasmissione degli atti all'autorità amministrativa, in virtù del principio di legalità-irretroattività operante anche per gli illeciti amministrativi, non rinvenendosi nella citata legge una previsione in senso contrario che induca a far ritenere una deroga a tale principio. Tutto ciò premesso, la Corte. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’impugnata sentenza limitatamente al reato di cui all'art. 186, comma 2 lett. A C d s perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato. Annulla con rinvio in ordine al reato di cui all'art. 186, comma 7, C.d.s. limitatamente al omessa valutazione dell'istanza di applicazione di lavoro di pubblica utilità in sostituzione della pena. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Trento.