Pensa di agire legittimamente, ma si sbaglia: l’errore è giustificato?

L’errore sulla legittimità della propria condotta scusa se è incolpevole e originato da fattori esterni laddove l’agente ponga in essere un’attività considerata vietata nella piena consapevolezza della legittimità della propria condotta. Consapevolezza, ovviamente, ricavabile da un complesso coordinato di dati processuali. In tal caso, la soluzione da adottare è l’esclusione del reato per mancanza dell’elemento soggettivo determinato da ignoranza incolpevole della legge penale.

Con la sentenza n. 41773 del 10 ottobre 2013, la Corte di Cassazione ha avuto modo di esplicitare ancora una volta quando l’ ignorantia legis possa giustificare l’assoluzione dell’imputato. Le peculiarità del caso non derivano, tuttavia, dal fatto che il principio in questione è stato applicato ad un reato contravvenzionale, ma dalla considerazione che esso è stato esplicitato con riferimento ad una condotta pacificamente” illecita. Per comprende appieno, dunque, l’annullamento senza rinvio di cui si tratta conviene considerare seppur brevemente i termini del ricorso. Il caso . La difesa ha lamentato che la dichiarazione di colpevolezza di primo grado per il reato di cui all’art. 4, Legge n. 401/1989 esercizio abusivo dell’attività di giuoco e scommessa fosse inaccettabile, in quanto asseriva che l’imputato, avendo autonoma licenza di internet point e per la gestione di slot-machine nel proprio locale, fosse stato al più un mero promoter di scommesse gestite legittimamente on line da altra azienda debitamente autorizzata allo scopo. In altri termini, si è contestato che il semplice fatto che, a mezzo dei computer posti nel locale, i clienti si potevano collegare al sito di altra società per giocare on line potesse costituire violazione della normativa in questione. La Cassazione, tuttavia, ha respinto ogni lagnanza sul punto, argomentato, sulla scorta della più recente giurisprudenza, che il soggetto che, pur non gestendo direttamente l’attività di scommesse, svolga una attività collaborativa, per esempio fornendo indicazioni sulle quote o sui moduli necessari per trasmettere le scommesse on line ovvero favorisca in qualunque modo, anche attraverso la fornitura di linee telematiche ovvero altre modalità, sia la attività di accettazione che la attività di raccolta delle scommesse , risponde del reato di cui all’art. 4 della Legge n. 401/1989 così punto 2 del Considerato in diritto . Tale assunto giuridico, come pure la Cassazione ha riconosciuto, è stato frutto di una evoluzione, poiché in un primo tempo si era affermato che non integra il reato di attività organizzata per la accettazione e la raccolta, per via telematica, di scommesse, senza l'autorizzazione ministeriale di cui all'art. 88 del t.u.p.s., previsto dall'art. 4 Legge n. 401 del 1989, la condotta del titolare di esercizio commerciale che si limiti, tramite postazione internet, a fornire il supporto tecnico per l'inoltro dei dati dallo scommettitore al concessionario, in tal modo rimanendo estraneo al rapporto di scommessa Cass. Pen. n. 26912/2009 . Ciò peraltro era stato fatto in pieno sviluppo con un precedente intervento delle Sezioni unite che avevano chiarito che il reato di cui all'art. 4, comma 4 bis, l. 401/89 svolgimento di attività organizzata per la accettazione e raccolta anche per via telefonica e telematica di scommesse o per favorire tali condotte è integrato dallo svolgimento di qualsiasi attività, comunque organizzata, attraverso la quale si eserciti, in assenza di concessione, autorizzazione o licenza ai sensi dell'art. 88 r.d. 773/31 t.u. delle leggi di pubblica sicurezza , una funzione intermediatrice in favore di un gestore di scommesse, a nulla rilevando l'esistenza di un'abilitazione in capo al gestore stesso e non risultando detta normativa incompatibile con le libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi all'interno dell'Unione europea, atteso che la normativa nazionale persegue finalità di controllo per motivi di ordine pubblico idonee a giustificare, ai sensi dell'art. 46 del trattato Ue, le restrizioni nazionali ai principi comunitari Cass. Pen. n. 23271/2004 . Quando l’ignorantia legis può giustificare l’assoluzione dell’imputato? Nel caso si specie, tuttavia, non si è trattato di un semplice revirement , poiché l’accoglimento della tesi restrittiva da parte della Suprema Corte è stata fondata su dati normativi sopravvenuti e certamente incontestabili. E’ accaduto infatti che sulle modalità di raccolta e di gioco online delle scommesse sia intervenuta di recente una normativa contenente anche interpretazioni autentiche art. 2 commi 2bis, 2ter e quater D.L. n. 40/2010 più stringente rispetto al passato, normativa che ha imposto che il gioco con vincita in danaro può essere raccolto solo da soggetti che siano titolari di una valida concessione da rilasciarsi dal Ministero e soltanto nelle apposite sedi a ciò deputate, con esclusione quindi di sedi diverse, e sempre che il tutto avvenga nel rispetto della disciplina contenuta nella concessione. Stando così le cose ed il quadro normativo esistente al momento dei fatti, la Cassazione non ha potuto che concludere per la configurabilità astratta della condotta di favoreggiamento contestata all’accusato, poiché l’attività di messa a disposizione di apparecchiature o di strumenti tecnici, dallo stesso posta in essere senza apposita licenza, non poteva che essere indebitamente compiuta senza che il tutto fosse stato previamente debitamente autorizzato. Se non che proprio per la novità ed oggettiva complessità della legislazione applicabile ratione temporis , la Cassazione, senza ritenere necessario il rinvio ad altro organo di merito per un nuovo giudizio, ha concluso che nel caso di specie si rientrasse nell’art. 5 c.p. e che dunque vi fosse un caso di non punibilità per legittima ignoranza della legge. Da qui, appunto, l’annullamento senza rinvio già riferito. Concludendo . Vista nel suo complesso la sentenza in questione è condivisibile. In effetti, allorché il quadro normativo cambia repentinamente e per via della decretazione d’urgenza, non si può non convenire sul fatto che la conoscenza della nuova legge sia nei fatti impossibile, specie se si considera illecito ciò che fino al giorno prima era ammesso e concesso e sostanzialmente convalidato dalla giurisprudenza di legittimità. E’ però il caso di osservare che nella specie la Cassazione ben avrebbe potuto e dovuto rinviare il giudizio, dal momento che ha cassato la sentenza per carenza di motivazione. Se non che nella specie si è assunto, seppur implicitamente, che un nuovo giudizio sarebbe stato inutile poiché non avrebbe potuto portare a diverse valutazioni. Il che dimostra ancor di più la complessità della vicenda e sostanzialmente la difficoltà di poter giustificare una pronuncia di colpevolezza nell’ipotesi de quo . Dopo tutto anche la Cassazione, innanzi all’evidenza, non può ammettere, essendo organo supremo della giurisdizione ordinaria, che il processo penale continui ulteriormente per affermare ovvie innocenze.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 aprile - 10 ottobre 2013, n. 41773 Presidente Squassoni – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza del 28 ottobre 2011, il Tribunale di Trento dichiarava J.D. , imputato del reato di cui all'art. 4 della L. 401/89, colpevole del detto reato, condannandolo alla pena di Euro 220,00 di ammenda. 1.2 Per l'annullamento della sentenza propone ricorso l'imputato a mezzo del proprio difensore fiduciario deducendo, con un primo, articolato motivo a inosservanza ed erronea applicazione della legge penale art. 4 della L. 401/89 in correlazione con l'art. 88 T.U.L.P.S. b erronea e falsa applicazione del D.M. 156/01 e dell'art. 24 commi 11 e 26 della L. 88/09 e erronea e falsa applicazione dell'art. 2 commi 2 bis e 2 ter del D.L. 25.3.2010 n. 40 come convertito nella L. 73/10 ed, infine, della direttiva n. 34/98 d violazione dell'art. 27 Cost. e carenza e contraddittorietà della motivazione nonché sua manifesta illogicità. Con un secondo motivo la difesa denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 4 della Costituzione in relazione agli artt. 3, 4 e 25 del D. L.vo 259/03 c.d. Codice delle Comunicazioni . 1.3 Il difensore, dopo aver sommariamente ricostruito i tratti salienti della vicenda, ricordando che lo J. era titolare di licenza di P.S., per l'esercizio di un internet point e di altra licenza ex art. 88 T.U.L.P.S. per la gestione di sistemi di gioco Video Lottery Terminal con installazione nel proprio locale di apparecchiature elettroniche automatiche per giochi slot-machine , evidenziava che aveva stipulato con la società REPLATZ , con sede legale nel Comune di XXXX, un contratto commerciale per la promozione di giochi pubblici a distanza, spiegandone il meccanismo di funzionamento. Tanto precisato, il ricorrente evidenzia che mentre l'organizzazione delle scommesse era di competenza esclusiva della società di scommesse la REPLATZ , egli svolgeva un mero ruolo di promoter. Censura, quindi, come erronea la decisione del Tribunale di considerare il ricorrente privo della apposita concessione per l'esercizio di scommesse on line che in realtà era di esclusiva spettanza della società di scommesse, come in effetti avvenuto. Censura, sotto altro profilo, la decisione impugnata, rilevando che l'avere consentito che le attrezzature tecniche in dotazione al locale potessero connettersi automaticamente al sito della società di scommesse non integra - come invece sostenuto dal Tribunale - il reato di cui all'art. 4 della L. 401/89, dal momento che nessuna attività di intermediazione era stata svolta e che, in ogni caso, non aveva alcuna rilevanza penale il mancato possesso della licenza ex art. 88 T.U.L.P.S. per lo svolgimento di tale attività. A conforto della propria tesi indica una serie di riferimenti normativi non tenuti in debito conto, e/o erroneamente interpretati dal Tribunale, citando anche giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, a sostegno della propria tesi. Inoltre rileva che in quanto non notificate alla Commissione Europea, le norme incriminatrici interne avrebbero dovuto essere disapplicate dal giudice nazionale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini e limiti che seguono. 1.1 In sintesi e con ciò anticipando il nucleo centrale della motivazione, nel caso in esame difetta l'elemento soggettivo - sia pure sotto il profilo della semplice colpa, versandosi in tema di contravvenzione - in capo al soggetto agente. 1.2 È pacifico, per averlo, oltretutto, riconosciuto lo stesso Tribunale, che lo J. era titolare, oltre che di Internet Point, anche di licenza di P.S. ex art. 88 T.U.L.P.S. per la gestione della videolottery. È innegabile, però, che tale attività - circoscritta nell'oggetto e di limitata estensione quanto al tipo di giochi - non era idonea a consentire allo J. lo svolgimento di attività di intermediazione per l'esercizio di scommesse on line attraverso la società di scommesse REPLATZ s.r.l. della quale esso J. era un terminale in forza del contratto commerciale stipulato con tale società. 1.3 Da quanto esposto nel ricorso, ed enunciato nella sentenza impugnata, è altrettanto incontestato che nel centro Internet Point gestito dall'imputato per come dalla stessa difesa ammesso si trovavano attrezzature PC e linee telematiche che lo J. forniva ai clienti per consentire loro di effettuare eventuali giocate on line pag. 18 del ricorso . Così come è incontestato che lo J. fosse sprovvisto di licenza di P.S. e di concessione ministeriale per effettuare tale tipo di giocate. 2. La giurisprudenza di questa Sezione, dopo aver inizialmente sostenuto la tesi della non configurabilità del reato laddove il titolare di un centro di postazione internet si limiti a fornire il solo supporto tecnico per l'inoltro dei dati dallo scommettitore al concessionario, affermando che con tale condotta il gestore del centro rimane estraneo al rapporto di scommessa così Sez. 3^ 5.5.2009 n. 26912, Gigante, Rv. 244240 idem 10.11.2009 n. 49932, De Micheli, Rv. 247511 ha, di recente, modificato tale orientamento, affermando il diverso principio secondo il quale il soggetto che, pur non gestendo direttamente l'attività di scommesse, svolga una attività collaborativa, per esempio, fornendo indicazioni sulle quote o sui moduli necessari per trasmettere le scommesse on line in termini Sez. 3A 8.4.2010 n. 20375, Indennitate, Rv. 247542 ovvero favorisca in qualunque modo, anche attraverso la fornitura di linee telematiche ovvero attraverso altre modalità, sia la attività di accettazione che la attività di raccolta delle scommesse in termini Sez. 3^ 20.6.2012 n. 35470, Giordano, Rv. 253388 idem 6.10.2011 n. 42077, P.M. in procomma Barretta, Rv. 251311 , risponde del reato di cui all'art. 4 della L. 401/89. 3. Si è, in particolare, precisato che colui il quale è preposto alla raccolta delle scommesse per terzi anche per via telematica e risulti sprovvisto della licenza di P.S. ex art. 88 T.U.L.P.S., opera di fatto da intermediario, perché mette a disposizione il proprio conto scommesse mediante accesso ad internet, così incorrendo nella violazione dell'art. 4 della L. 401/89. 3.1 Tale norma recita infatti che Le sanzioni di cui al presente articolo sono applicate a chiunque, privo di concessione, autorizzazione o licenza ai sensi dell'articolo 88 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, svolga in Italia qualsiasi attività organizzata al fine di accettare o raccogliere o comunque favorire l'accettazione o in qualsiasi modo la raccolta, anche per via telefonica o telematica, di scommesse di qualsiasi genere da chiunque accettati in Italia o all'estero ”. 3.2 Il tenore della norma e la sua ampiezza di contenuti fa sì che l'espressione favorire contenuta nella seconda parte dell'articolo in esame debba interpretarsi in senso estensivo globale, come attività anche di messa a disposizione a terzi scommettitori di strutture o apparecchiature o strumenti di supporto tecnico. Viene così superato quell'orientamento che escludeva il reato laddove il gestore, disinteressandosi del gioco praticato dal singolo scommettitore si fosse limitato a fornire attrezzature tecnico-informatiche. 3.3 La ragione di tale revirement la si rinviene nella lettura coordinata dell'art. 4 citato con i decreti ministeriali e le relative direttive emanate in materia. 4. Invero, come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, il D.M. Ministero Economia e Finanze n. 156 del 15 febbraio 2001, avente per oggetto la raccolta telefonica o telematica della giocate relative a scommesse, giochi e concorsi pronostici, richiede l'esistenza di un rapporto diretto tra il concessionario e lo scommettitore. Ancora, il decreto direttoriale dell'AAMS del 31 maggio 2002 disciplinante l'accettazione telefonica e telematica delle scommesse sportive , nel momento in cui prevede che il cliente possa attivare un conto scommesse personale presso il concessionario, richiede che tale conto sia da questi utilizzato a titolo personale e non diventi, invece, oggetto di transazioni da parte di soggetti diversi. Ne discende che laddove l'attività del gestore del centro inetrnet assuma la forma descritta, in assenza o della concessione, o dell'autorizzazione o della licenza di PS, si verserà nella ipotesi contravvenzionale delineata dall'art. 4 della L. n. 401/89 del 1989, art. 4, anche quando l'agente si sia limitato ad operare mediante comunicazioni telematiche, avendo egli ottenuto per l'uso di tali mezzi l'apposita autorizzazione prescritta dal comma 4 ter della norma citata nel rispetto del D.Lgs. n. 259 del 2003, artt. 3, 4 e 25 codice delle comunicazioni Sez. 3^ 10.11.2009 n. 5914, Olivieri, Rv. 246002 . 5. Va, quindi, disattesa - in quanto infondata e non in linea con l'orientamento di questa Corte - la tesi difensiva secondo la quale lo J. , in quanto mero terminale della società di scommesse, non svolgeva alcuna attività di intermediazione, necessaria, invece, laddove il soggetto terminale corrispondente con la società di scommesse metta a disposizione dei vari giocatori-scommettitori le strutture in dotazione al proprio locale. È corretta, in questo senso, la motivazione del primo giudice secondo la quale, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 2 del D.L. 40/10 convertito nella legge 73/10, il gioco con vincita in denaro può essere raccolto solo da soggetti che siano titolari di una valida concessione da rilasciarsi da parte del competente Ministero Economia e Finanze - AAMS e soltanto nelle apposte sedi a ciò deputate, con esclusione di sedi diverse e sempre nel rispetto delle modalità previste dalla convenzione per la concessione. Così come è corretta, sulla base dei riferimenti normativi menzionati dal Tribunale a pag. 3 della sentenza impugnata artt. Art. 2 comma 2 bis, art. 2 ter e art. 2 quater del menzionato D.L. 40/10, la motivazione del Tribunale in virtù della quale per le licenze di P.S. rilasciate in epoca antecedente alla normativa de qua , questa in tanto poteva valere in quanto seguita o integrata dal rilascio della concessione ministeriale e che non era possibile operare in sedi distaccate del concessionario difettando poi, in concreto sia la concessione che l'autorizzazione di Polizia seppure rilasciata per attività diversa . 6. Peraltro nella ricostruzione in fatto operata dal Tribunale si afferma circostanza non negata dalla difesa del ricorrente che nel locale adibito ad Internet Point erano installate apparecchiature PC destinate alla gestione delle scommesse on line da parte dei singoli giocatori. 7. Corrette, ancora, le argomentazioni svolte dal Tribunale in merito alla ratio della modifica normativa che, rispetto al quadro normativo preesistente costituito dall'art. 11 quinquesdecies, comma 11 del D. L. 203/05 , rappresenta un irrigidimento del sistema di gestione delle scommesse a distanza per ragioni di politica criminale desumibili anche dai lavori parlamentari oltre che dal dato normativo testuale. 8. Anche il denunciato contrasto della normativa interna con quella comunitaria per via della mancata notifica alla Commissione Europea, con conseguente necessità per il giudice interno di disapplicare la normativa nazionale, è mal posta e, di conseguenza, non condivisibile. 9. La difesa ha insistito sull'asserito contrasto tra la legge penale italiana e la normativa comunitaria, con riguardo alle disposizioni del trattato CE relative alla libera circolazione dei servizi nell'ambito dell'Unione Europea. 9.1 A ben vedere la questione avrebbe avuto una sua specifica ragion d'essere se prospettata con riguardo a società priva di concessione perché non messa nelle condizioni di partecipare alla gara, e non di certo laddove la società esercente le scommesse sia munita di concessione come nella fattispecie in esame . 9.2 Ne consegue che, essendo diversa la fattispecie sottoposta all'esame di questa Corte, il denunciato contrasto con la normativa comunitaria va riguardato, nel presente giudizio, in una prospettiva più limitata, ossia all'interno di un regime concessorio già instaurato. 9.3 Valgono per brevità i richiami alla giurisprudenza sia comunitaria che interna contenuti nella sentenza di questa Sezione 10.11.2009 n. 5914, Olivieri, Rv. 246002, sinteticamente ricordandosi a che in linea di principio non contrasta con la libertà di stabilimento una normativa interna che conformi l'attività di raccolta della scommesse secondo una disciplina di controllo regime concessorio o autorizzatorio - vds. Corte giustizia CE, 21 ottobre 1999, comma 67/98, Zenatti b che l'art. 49 CE non è di ostacolo alla esistenza di una norma di uno Stato membro che vieti ad operatori stabiliti in altri Stati membri in cui forniscono legittimamente servizi analoghi, di offrire giochi d'azzardo tramite Internet sul territorio del detto Stato membro c che occorre verificare come la disciplina nazionale si atteggi in concreto e se esistano eventuali ostacoli normativi che si frappongano all'esercizio della libertà di stabilimento in correlazione con la riconosciuta legittimità per lo Stato membro di prevedere regole di controllo a fine di protezione sociale - vds. Corte giustizia CE, 6 novembre 2003, comma 243/01, Gambelli che ha affermato il principio del bilanciamento tra la libertà di esercizio ed il dovere di controllo da parte dello Stato al fine di garantire la sicurezza sociale . 10. Da qui l'affermazione - contenuta nella menzionata sentenza 5914/09 - secondo la quale nel caso in cui sia previsto come accade per l'ordinamento interno italiano come illecito penalmente rilevante l'esercizio di un'attività organizzata di raccolta di scommesse in assenza di concessione o di autorizzazione di polizia richieste dalla normativa nazionale, occorre che il giudice nazionale verifichi se chi tale attività abbia svolto non abbia potuto ottenere le dette concessioni o autorizzazioni a causa del rifiuto di tale Stato membro, in violazione del diritto comunitario, di concederle loro . E la giurisprudenza di legittimità si è sostanzialmente allineata alla giurisprudenza comunitaria per tutte SS.UU. 31 marzo 2004 n. 23271, Corsi, Rv. 227726 , avendo affermato che i principi di libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi non sono incompatibili, in via di principio, con disposizioni nazionali che perseguano la finalità di canalizzare la domanda e offerta del gioco in circuiti controllabili, con il conseguente obiettivo di prevenire la possibile degenerazione criminale degli stessi. 11. Anche la questione di costituzionalità posta dalla difesa con il secondo motivo è manifestamente infondata, essendo già stata dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale con sentenza 284/07 che ha sottolineato il carattere pregiudiziale ed assorbente della questione comunitaria, affermando che spetta al giudice comune accertare se le disposizioni del diritto interno, rilevanti nella specie, confliggano con le evocate norme del diritto comunitario provviste di effetto diretto e trame le conseguenze dovute così Sez. 3A 5914/09 cit. . 12. È del pari infondato, per le ragioni dianzi esposte, il denunciato vizio di erronea applicazione della legge con riferimento agli artt. 3, 4 e 25 del D.Lgs. n. 259/03 codice delle comunicazioni che sanciscono la libertà dei servizi di comunicazione elettronica. 13. Tuttavia nel caso in esame la sentenza presenta un chiaro vizio motivazionale integrato da manifesta illogicità, laddove non ha considerato adeguatamente il profilo soggettivo del reato. 13.1 Vero è che nel caso in esame si versa in una ipotesi contravvenzionale per la quale basta la sola colpa ma laddove l'agente ponga in essere una attività considerata vietata nella piena consapevolezza della legittimità della propria condotta, consapevolezza, ovviamente, ricavabile da un complesso coordinato di dai processuali, la soluzione da adottare è l’esclusione del reato per mancanza dell’elemento soggettivo determinato da ignoranza incolpevole della legge penale. 13.2 È indubitabile che a tal fine no basta il dubbio sulla legittimità della propria condotta determinato da oscillazione giurisprudenziale ovvero della mera ignorantia legis ma quando la buona fede dell’agente sia originata da uno o più fattori positivi esterni che abbiano indotto il soggetto in errore incolpevole, può ben ravvisarsi l’assenza dell’elemento soggettivo anche nei termini contravvenzionali in termini Sez. 3^ 6.11.2007 n. 172, Picconi, Rv. 238600 idem 4.11.2009 . 49910, Cangialosi e altri, Rv. 245863 . 14. L’accoglimento – sotto tale profilo – del ricorso assorbe ogni altra doglianza. Va, conseguentemente, annullata senza rinvio al sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.