Falsifica il certificato medico: è falso in atto pubblico

Il certificato medico rientra nella categoria degli atti pubblici aventi fede privilegiata poichè si sostanzia nell'attestazione diretta, da parte del medico, dello stato di salute del paziente, con rilevanza giuridica esterna in ordine a situazioni giuridiche soggettive a carattere pubblicistico. Ne deriva che in caso di contraffazione l'autore dovrà rispondere del più grave reato di falsità in atto pubblico anziché di quello meno grave di falsità in certificati.

Lo ha stabilito la Quinta sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32446, depositata il 25 luglio 2013. La contraffazione del certificato medico. Nel caso di specie un collaboratore di giustizia ha cercato invano di aggirare l'obbligo su di lui incombente di presentarsi alla polizia giudiziaria, tramite un falso certificato medico attestante lo stato di malattia del medesimo. Più precisamente, l'uomo ha formato da zero il certificato, falsificando il timbro dell'ospedale, apponendovi la diagnosi sindrome influenzale con cefalea e febbre , quale titolo giustificativo dell'impossibilità di presentarsi innanzi alle autorità per i rituali controlli. Ne è disceso un procedimento penale per il reato di falso materiale in atto pubblico commesso dal privato artt. 476 e 482 c.p. , in esito al quale l'imputato è stato condannato con sentenza del Tribunale, successivamente confermata, in sede di gravame, dalla Corte d'appello. Per entrambi i giudici di merito, infatti, ricorrevano tutti gli elementi costitutivi del reato contestato, senza che potesse trovare accoglimento la diversa qualificazione del fatto avanzata dalla difesa, sub specie della meno grave ipotesi delittuosa della falsità materiale commessa dal privato in certificati o autorizzazioni amministrative, ex art. 477 c.p La qualificazione giuridica della fattispecie. Sull'esatto inquadramento della condotta criminosa è stata chiamata a pronunciarsi anche la Corte di Cassazione. Innanzi agli ermellini si è, infatti, discusso, dell'esattezza della tesi svolta dalla Corte territoriale secondo cui la falsificazione di un certificato medico rientrerebbe non già nell'ipotesi del falso in certificati quanto in quella del falso in atto pubblico. Nel confermare la scelta dei giudici di secondo grado, quelli di legittimità hanno chiarito l'equivoco scaturente dalla stessa dizione certificato medico”, che, in effetti, farebbe propendere per l'inquadramento dell'ipotesi delittuosa entro i canoni dell'art. 477 c.p. come peraltro prospettato dalla difesa. Falso in atto pubblico. Consapevole del fatto che la rubrica di quest'ultima norma fa espresso riferimento ai certificati” emessi dall'amministrazione, la Suprema Corte ha avuto cura di spiegare come la natura certificativa debba, in realtà, riferirsi ai soli documenti a carattere derivato o secondario, e cioè quelli che contengono mere dichiarazioni di scienza relativi ad atti o fatti cui il pubblico ufficiale viene a conoscenza non già direttamente, bensì per il tramite di altri documenti. In questo caso, invero, il pubblico ufficiale si limiterebbe a porre in essere una semplice attestazione di verità o di scienza priva di contenuto negoziale . Altro accade per gli atti pubblici qui il pubblico ufficiale attesta la veridicità di atti o fatti avvenuti in sua presenza, rectius da lui direttamente percepiti, e da cui, peraltro, derivano effetti costitutivi, traslativi, dispositivi, modificativi o estintivi in relazione a posizioni giuridiche soggettive aventi rilevanza pubblicistica. Sul crinale di siffatte premesse, appare evidente - ha concluso il Consesso - come il certificato medico, obbligatoriamente preceduto da una visita del sanitario, debba ricondursi alla categoria degli atti pubblici di fede privilegiata la diagnosi in esso indicata ha, infatti, rilievo giuridico esterno e rappresenta il risultato di una apprensione diretta, da parte del medico, che attesta lo stato di salute del paziente.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 marzo - 25 luglio 2013, n. 32446 Presidente Oldi – Relatore Lapalorcia Ritenuto in fatto 1. M M. è stato ritenuto responsabile, con sentenza del Tribunale di Palermo del 29-9-2009, confermata dalla corte d'appello territoriale in data 13-7-2012, del reato ex artt. 476 e 482 cod. pen. per aver formato un falso certificato medico apparentemente rilasciato da un medico in servizio presso l'ospedale Civico di ., attestante che alla data del OMISSIS egli era affetto da sindrome influenzale con cefalea e febbre. Certificato da lui esibito il giorno seguente per giustificare il fatto di non aver ottemperato alla misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla PG. 2. Tramite il difensore avv. M. Genovese, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo preliminarmente due questioni in rito. 3. La prima nullità della notifica della citazione per il giudizio di appello che avrebbe dovuto essere effettuata al domicilio ex lege, presso il Servizio Centrale di Protezione, essendo il M. un collaboratore di giustizia. 4. La seconda nullità della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari e della citazione per il giudizio di primo grado, effettuata, in violazione dell'art. 156 cod. proc. pen., senza l'osservanza delle modalità previste per l'imputato detenuto, ma al domicilio eletto e, poi, stante l'esito negativo, al difensore. 5. Con il terzo motivo si deduceva violazione degli artt. 476 e 482 cod. pen. in quanto la condotta integrava il reato di cui all'art. 477 stesso codice trattandosi di falsificazione di certificato medico. Considerato in diritto 1. Il ricorso è nel complesso da disattendere. 2. Non sussiste nullità della notifica della citazione per il giudizio di appello per mancata effettuazione della stessa, essendo il M. un collaboratore di giustizia, presso il Servizio Centrale di Protezione. Al riguardo la corte territoriale ha già puntualmente e correttamente osservato che il prevenuto, detenuto per altra causa, aveva rinunciato a comparire segno evidente che la notifica aveva raggiunto il suo scopo, con conseguente sanatoria di eventuali irregolarità e comunque difetto di interesse a farle valere. 3. Del pari priva di significativa consistenza è la questione di nullità della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari e della citazione per il giudizio di primo grado. Mentre, quanto a quest'ultima, è doveroso il rilievo che M. era comunque comparso al processo essendo stato tradotto, con conseguenti sanatoria di eventuale nullità ed insussistenza di violazione del diritto di difesa, quanto alla prima i giudici di merito hanno osservato, a contrastare analoga censura già proposta, che non era risultato lo stato di detenzione, donde la ritualità della notifica dapprima tentata al domicilio eletto e, dato l'esito negativo, eseguita di poi al difensore. Assunto pienamente in linea con consolidato indirizzo di questa corte a tenore del quale la detenzione per altra causa, sopravvenuta alla dichiarazione o all'elezione di domicilio, non impone di eseguire le successive notificazioni presso il luogo di detenzione ove l'autorità giudiziaria non sia stata portata a conoscenza di tale stato Cass. 31490/2012, 32588/2010 . 4. La doglianza di merito prospettata con il terzo motivo, inerente alla qualificazione giuridica del fatto – che, secondo il ricorrente, integrerebbe falsità materiale in certificato anziché in atto pubblico -, è infondata. 5. Essa investe l'individuazione della natura del falso certificato medico formato dall'imputato per giustificare la propria mancata presentazione alla PG in adempimento delle prescrizioni inerenti alla relativa misura cautelare. Si tratta di certificato apparentemente emesso da un medico in servizio presso l'ospedale Civico di XXXXXXX con impronta del timbro del nosocomio contraffatta, attestante che alla data del OMISSIS M. era affetto da sindrome influenzale con cefalea e febbre. 6. Ciò premesso, la tesi del ricorrente sconta l'errore di ritenere che tale tipo di atto, comunemente denominato certificato, rientri nella casistica degli atti previsti dall'art. 477 cod. pen., trascurando che la natura certificativa, che giustifica il più mite trattamento sanzionatorio, è propria, secondo consolidato indirizzo di legittimità, dei documenti a carattere derivato o secondario, che contengono cioè dichiarazioni di scienza, vale a dire attestazione di fatti, ovvero di dati, noti al pubblico ufficiale per la loro provenienza da altri documenti ufficiali Cass. 31533/2004 . Il certificato amministrativo, previsto degli artt. 477 e 480 cod. pen. è dunque caratterizzato, secondo tale indirizzo, dalla mera attestazione di verità o di scienza priva di contenuto negoziale e svincolata dal compimento di attività direttamente effettuate o percepite dal pubblico ufficiale, relativa a fatti di cui è stata già altrimenti accertata l'esistenza Cass. 3161/1984 . 7. Ineccepibilmente, dunque, i giudici di merito hanno nella specie ritenuto corretta la qualificazione del fatto ex artt. 476-482 cod. pen. uniformandosi all'altro, del pari consolidato, orientamento di questa corte che ravvisa invece i reati previsti negli artt. 476 e 479 cod. pen. in caso di falsità di atti caratterizzati dalla produttività di effetti costitutivi, traslativi, dispositivi, modificativi o estintivi rispetto a situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica, nonché, in via congiuntiva o anche solo alternativa, dalla documentazione di una attività compiuta dal pubblico ufficiale che lo redige e di fatti avvenuti alla sua presenza o da lui percepiti Cass. 3161/1984 . 8. Poiché il certificato medico interamente formato dal prevenuto reca la falsa attestazione diagnostica di una situazione asseritamente caduta nella sfera conoscitiva del suo autore, esso, per quanto sopra, è stato correttamente ritenuto rientrante nella categoria degli atti pubblici di fede privilegiata assumendo la diagnosi ivi formulata rilievo giuridico anche esterno alla mera indicazione sanitaria Cass. 12401/2010, 7921/2007 . 9. Né conduce a diverse conclusioni l'indirizzo giurisprudenziale evocato dal ricorrente Cass. 33648/2005 relativo a caso solo apparentemente omogeneo al presente, nel quale era invece contestato ab origine il reato di cui all'art. 477 cod. pen. e la pronuncia di questa corte era intesa a contestare la tesi difensiva per la quale avrebbe integrato scrittura privata il certificato apparentemente rilasciato da un medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale, contenente false attestazioni sullo stato di salute di un imputato al fine di ottenere il rinvio di un processo. 10. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.