Documenti falsi, carte di identità e libretti intestati ad altri: senza dubbio giustificano ipotesi criminose specifiche

È legittimo il sequestro di documenti falsi, di carte di identità intestate ad altri che depongano per la commissione di condotte truffaldine e di falso in scrittura privata, anche ove non sia stata presentata la querela in relazione agli ipotizzabili reati di truffa e di falso in scrittura privata, atteso peraltro che, nel procedimento di riesame di un provvedimento de quo , non è ammissibile l’esame della questione di improcedibilità per mancanza di querela.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 30675, depositata il 16 luglio 2013. Il caso. Un indagato per il delitto di truffa ha presentato ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza che – in sede di riesame del decreto di convalida del sequestro probatorio – confermava la misura cautelare reale. Il Tribunale aveva ribadito, ai fini della prova delle condotte di truffa, falso e ricettazione come ipotizzate, la necessità del vincolo probatorio del borsello contenente un libretto postale, documenti di identità intestati a terzi, fotocopie di referti medici, distinte di prelevamenti firmate in bianco, nonché – rinvenuti in casa – denaro e altri documenti di identità intestati sempre a terzi. Il ricorrente ha lamentato illegittimità per non essersi posto il giudice del riesame il problema, in relazione ai reati ipotizzati, della sussistenza della condizione di procedibilità, nella specie la querela in relazione al delitto di truffa. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso. Infatti, gli Ermellini hanno premesso che in sede di riesame del sequestro probatorio, il Tribunale, al fine di controllare la conformità della contestazione allo schema legale tipico, deve prendere in considerazione tutte le indicazioni fattuali contenute nell’atto complessivamente inteso. Nel caso di specie, per Piazza Cavour, l’indicazione degli oggetti sequestrati evidenzia senza possibile dubbio la giustificazione della postulazione di ipotesi criminose ben specifiche il possesso di carte d’identità intestate ad altri, di libretti postali non propri, di distinte di versamento firmate in bianco depone per facta concludentia , per l’ipotizzabilità di condotte truffaldine, di falso e di ricettazione. Gli oggetti oltre modo significativi sequestrati vanno valutati al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica. I giudici di legittimità, inoltre, hanno ribadito che in sede di riesame del sequestro probatorio il giudice deve stabilire l’astratta configurabilità del reato ipotizzato alla giurisdizione compete il potere-dovere di espletare il controllo di legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni di fatto offerte dal P.M. L’accertamento della sussistenza del fumus commissi delict i va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati. Pertanto, il Tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l’integralità dei presupposti che legittimano la misura adottata. Il S.C. ha chiarito che la misura in questione, essendo un mezzo di ricerca della prova, non presuppone un accertamento dell’esistenza del reato, bensì la semplice indicazione di un reato astrattamente configurabile, oltre la rilevanza probatoria dell’oggetto che si intende acquisire in relazione al reato ipotizzato. Ne consegue che, nel caso di specie, è legittimo il sequestro dei documenti, anche se non sia stata presentata querela in relazione agli ipotizzabili reati di falso in scrittura privata e truffa, considerato che non è ammissibile l’esame della questione di improcedibilità per mancanza di querela, attenendo detta questione al merito dell’imputazione.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 26 giugno - 16 luglio 2013, n. 30675 Presidente Fiandanese – Relatore Iannelli Osserva 1- D.R.M., indagato per il delitto di truffa ed altro, ricorre per cassazione avverso l’ordinanza datata 10/19.10.2012 del tribunale di Napoli che, in sede di riesame del decreto di convalida del sequestro probatorio emesso dal P.M. presso il tribunale di Nola in data 1.10.2012, confermava la misura cautelare reale, ribadendo, ai fini della prova delle condotte di truffa, falso e ricettazione come ipotizzate, la necessità del vincolo probatorio del borsello contenente un libretto postale, documenti di identità intestati a terzi, fotocopie di referti medici, distinte di prelevamenti firmate in bianco, nonché, rinvenuti in casa, denaro ed altri documenti di identità intestati sempre a terzi. Molteplici, seppur condensate graficamente nel contesto di un unico motivo di ricorso, le doglianze del prevenuto illegittimità della finalità dalla misura cautelare di ricerca della provenienza delle cose sequestrate, illegittimità per non aver formulato in concreto la fattispecie contestata, non potendosi la stessa ridursi alla mera indicazione degli articoli di legge violati, ancora illegittimità per non essersi posto il giudice del riesame il problema, in relazione ai reati ipotizzati, della sussistenza della condizione di procedibilità, nella specie la querela in relazione al delitto di truffa, di continuo illegittimità per ingiustificate valutazione sulla utilizzabilità e credibilità di prove labiali acquisite, illegittimità infine per essersi serviti del sequestro ai soli fini esplorativi. Il ricorso è manifestamente fondato. Deve premettersi che in sede di riesame del sequestro probatorio, il tribunale, al fine di controllare la conformità della contestazione allo schema legale tipico, deve prendere in considerazione tutte le indicazioni fattuali contenute nell'atto complessivamente inteso, senza che abbiamo alcun autonomo rilievo giuridico le diverse parti in cui esso è graficamente composto. Nel caso di specie l’indicazione degli oggetti sequestrati evidenzia senza possibile dubbio la giustificazione della postulazione di ipotesi criminose ben specifiche il possesso di carte di identità intestate ad altri, di libretti postali non propri, di distinte di versamento firmate in bianco depone per facta concludentia , per l’ipotizzabilità di condotte truffaldine, di falso e di ricettazione. Alle altre censure può replicarsi ribadendo che in sede di riesame del sequestro probatorio il giudice deve stabilire l’astratta configurabilità del reato ipotizzato. Tale astrattezza, però, non limita i poteri del giudice nel senso che questi deve esclusivamente prendere atto della tesi accusatoria senza svolgere alcun'altra attività, ma determina soltanto l'impossibilità di esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza. Alla giurisdizione compete, perciò, il potere-dovere di espletare il controllo di legalità, sia pure nell'ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico ministero. L'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati - nella specie gli oggetti oltre modo significativi sequestrati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto, il tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l'integralità dei presupposti che legittimano la misura adottata. La quale misura, nel caso di specie, essendo un mezzo di ricerca della prova, non presuppone un accertamento dell'esistenza del reato, bensì la semplice indicazione di un reato astrattamente configurabile, oltre la rilevanza probatoria del'oggetto che si intende acquisire in relazione al reato ipotizzato ne consegue che è legittimo il sequestro di documenti falsi, di carte di identità intestate ad altri, che depongano per la commissione di condotte truffaldine e di falso in scrittura privata, anche ove non sia stata presentata la querela in relazione agli ipotizzabili reati di truffa e di falso in scrittura privata, atteso peraltro che, nel procedimento di riesame di un provvedimento de quo, non è ammissibile l'esame della questione di improcedibilità per mancanza di querela, attenendo detta questione al merito dell'imputazione. La parte privata che ha proposto il ricorso deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.