Anche la sovrafatturazione ricade nella dichiarazione fraudolenta

Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti sussiste sia nell’ipotesi di inesistenza oggettiva dell’operazione, sia in quella di inesistenza relativa, sia, infine, nell’ipotesi di sovrafatturazione qualitativa”, in quanto oggetto della repressione penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale.

A ribadirlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 28352, depositata l’1 luglio 2013. Indicazione in fattura di un importo maggiorato ma effettivamente corrisposto dall’utilizzatore. Il Tribunale ha assolto il rappresentante di una società dal reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000 per avere indicato elementi passivi nel modello unico avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti. In sede di merito, è stato considerato accertato – con riferimento alla fattura, relativa a un trasporto di rifiuti, emessa da una società di servizi per l’ecologia – che il costo inerente il trasporto in realtà contabilizzato e parzialmente non effettuato era stato effettivamente sostenuto dalla società e che l’appartenenza – all’epoca dei fatti - a un unico gruppo sia della società emittente sia della società utilizzatrice della fattura aveva comportato, in una prospettiva di bilancio consolidato, che la società rappresentata dall’imputato aveva pagato sì minori imposte, ma correlativamente, quella collegata aveva versato una maggiore imposta corrispondente a una percentuale della somma relativa al trasporto non effettuato. Pertanto, per il Tribunale non è risultata integrata la fattispecie criminosa addebitata. Contro tale decisione il procuratore della Repubblica ha presentato ricorso immediato, lamentando violazione dell’articolo in questione e ricordando che oggetto della sanzione sarebbe ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale, tenuto conto del coefficiente di insidiosità che si connette all’utilizzazione della falsa fattura. Ipotesi di fatture per operazioni inesistenti. La Suprema Corte ha ritenuto fondata la censura, ribadendo che il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti sussiste nell’ipotesi di inesistenza oggettiva dell’operazione ovvero quando la stessa non sia mai stata posta in essere nella realtà , sia nell’ipotesi di inesistenza relativa ovvero quando l’operazione vi sia stata, ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura sia, infine, nell’ipotesi di sovrafatturazione qualitativa” ovvero quando la fattura attesti la cessione di beni e/o servizi aventi un prezzo maggiore di quelli forniti .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 maggio - 1 luglio 2013, n. 28352 Presidente Fiale – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 13/03/2012 il Tribunale di Orvieto ha assolto C.G. dal reato di cui all'articolo 2 del d. lgs. n. 74 del 2000 per avere indicato elementi passivi nel modello unico 2004 avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti. Ha osservato il Tribunale che sulla base della documentazione acquisita era stato accertato che, con riferimento alla fattura n. 1632 del 31 dicembre 2003 emessa dalla Inter Park servizi per l'ecologia nei confronti della Sao S.p.A., rappresentata dall'imputato, con riferimento ad un trasporto di rifiuti intervenuto in data omissis , il quantitativo di rifiuti oggetto di trasporto, indicato in chilogrammi 4,122.003, era risultato in realtà corrispondere a chilogrammi 31.340 come da formulario si era poi accertato che il costo inerente il trasporto in realtà contabilizzato e parzialmente non effettuato era stato effettivamente sostenuto dalla società Sao come emerso dai relativi mandati di pagamento infine, l'appartenenza all'epoca dei fatti ad un unico gruppo sia della società emittente sia della società utillzzatrice della fattura aveva comportato, in una prospettiva di bilancio consolidato, che la società Sao aveva pagato sì minori imposte per Euro 84.000 ma, correlativamente, la collegata Interpark aveva versato una maggiore imposta corrispondente al 34% della somma relativa al trasporto non effettuato. Ciò posto, ed escluso che si versasse in ipotesi di errore materiale la corrispondenza del quantitativo indicato con la data del 4.12.2003 poteva essere stata artatamente preordinata a fornire una giustificazione della falsa indicazione , ha osservato il Tribunale che, come da giurisprudenza di legittimità, non integra la fattispecie criminosa di cui all'articolo 2 contestato la condotta di indicazione in fattura di un importo maggiorato ma effettivamente corrisposto dall'utilizzatore, potendo eventualmente ravvisarsi nei confronti dell'utilizzatore le diverse ipotesi di reato di dichiarazione fraudolenta mediante artifici o di dichiarazione infedele, ipotesi queste, tuttavia, nella specie non configurabili per mancata restituzione alla S.a.o. della somma medesima. 2. Ha proposto ricorso immediato per cassazione il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Orvieto che, con un unico motivo, lamenta la violazione degli artt. 1 e 2 del d. lgs. n. 74 del 2000 deduce, rammentando indirizzo giurisprudenziale di legittimità, che il reato contestato sussiste, come riconosciuto dal costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, in ipotesi sia di inesistenza oggettiva assoluta dell'operazione sia di inesistenza oggettiva relativa, ovvero quando l'operazione vi sia stata ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura infatti, oggetto della sanzione sarebbe ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale, tenuto conto del coefficiente di insidiosità che si connette all'utilizzazione della falsa fattura. 3. Ha presentato memoria il difensore del ricorrente che, sottolineando che il corrispettivo indicato in fattura è stato effettivamente pagato da Sao a Interprak e che lo stesso non è mai stato restituito sicché non vi sarebbero comunque i reati ex artt. 3 e 4 del D. Lgs. n. 74 del 2000 , deduce che, anche a voler ritenere che l'utilizzo di fatture per operazioni parzialmente esistenti concretizzi la condotta dell'avvalersi di cui all'articolo 2, ciò ancora non basterebbe per il completamento della fattispecie richiedente il quid pluris consistente nell'indicazione in dichiarazione di elementi passivi fittizi, dovendo rientrare in essi i soli costì non realmente sostenuti del resto, nessun danno potrebbe essere arrecato al bene protetto quando il costo indicato in fattura sia stato effettivamente sostenuto, quand'anche promanante da un'operazione parzialmente inesistente. Deduce che, in ogni caso, è intervenuta la prescrizione decorrente dal 29 ottobre 2004 quale data di presentazione della dichiarazione. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato. Questa Corte ha costantemente affermato, sulla scia di un orientamento formatosi già prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 74 del 2000 Sez. 3, n. 1969 del 21/01/1997, Basile, Rv. 206945 , che il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti sussiste sia nell'ipotesi di inesistenza oggettiva dell'operazione ovvero quando la stessa non sia mai stata posta in essere nella realtà , sia nell'ipotesi di inesistenza relativa ovvero quando l'operazione vi sia stata, ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura sia, infine, nell'ipotesi di sovrafatturazione qualitativa ovvero quando la fattura attesti la cessione di beni e/o servizi aventi un prezzo maggiore di quelli forniti , in quanto oggetto della repressione penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale. Tale orientamento è stato reiterato anche con riferimento alla nuova figura, dell'articolo 2 del d. lgs. n. 74 del 2000 Sez. 3, n. 1996 del 25/10/2007, Figura, Rv. 238547 si è invero rilevato che ai sensi dell'articolo 1 lett. a , nella nozione di fatture per operazioni inesistenti devono ricondursi le fatture emesse a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte , ovvero indicanti i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale , ovvero riferenti l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi sicché, in particolare per quanto qui rilevante, anche la sovrafatturazione, ovvero l'indicazione di un importo superiore a quello effettivamente corrisposto, è tale da ricadere nello spettro dell'ori. 1 e, conseguentemente in quello dell'articolo 2. Né è esatto quanto sostenuto dalla sentenza impugnata circa il fatto che un tale assunto sarebbe stato contrastato da una pronuncia di diverso tenore e, in particolare, dalla sentenza della Sez. 3, n. 45056 del 07/10/2010, Semeraro, Rv. 248766, ove, invece, nella motivazione, si enuncia chiaramente, ancora una volta, che l'articolo 1 definisce fattura per operazioni inesistenti anche quella emessa a fronte di operazioni che indicano corrispettivi o imposta sul valore aggiunto in misura superiore al reale e si ribadisce che in tema di reati tributari, il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, articolo 2 sussiste sia nell'ipotesi di inesistenza oggettiva dell'operazione ovvero quando la stessa non sia stata mai posta in essere nella realtà , sia nell'ipotesi di inesistenza relativa ovvero quando l'operazione vi è stata, ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura , sia, infine, nell'ipotesi di sovrafatturazione qualitativa ovvero quando la fattura attesti la cessione di beni e/o servizi aventi un prezzo maggiore di quelli forniti , in quanto oggetto della repressione penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale . Tale pronuncia, poi, non ha, a ben vedere, neppure affermato che l'intervenuto effettivo pagamento del sovrappiù che, nella specie, tra l'altro, non è chiaro se intervenuto prima o dopo la presentazione della dichiarazione escluderebbe in radice il reato. Ne consegue come la violazione del principio più volte espresso da questa Corte dovrebbe, già di per sé, tenuto conto anche della necessità, come appena detto, di verificare l'anteriorità o meno del pagamento rispetto alla presentazione della dichiarazione, condurre ad annullare senza rinvio la sentenza impugnata con trasmissione degli atti alla Corte d'Appello di Perugia per nuovo giudizio tuttavia questa Corte deve prendere atto, ex articolo 609, comma 2, c.p.p., della ormai maturata prescrizione del reato essendo il relativo termine maturato, a decorrere dal 2/11/2004 quale data ultima di presentazione della dichiarazione dei redditi per l'anno 2003, in data 02/05/2012. Ciò comporta l'annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza per intervenuta estinzione del reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.