È irrilevante l’epoca di acquisto dell’immobile

In caso di confisca per equivalente, ex art. 2641, comma 2, c.c., non essendo richiesto alcun rapporto pertinenziale con il reato, è irrilevante l’epoca di acquisto dell’immobile sequestrato né le modalità di acquisto con mutuo bancario, al cui ammortamento si sarebbe provveduto con proventi di attività lecita.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 28336, depositata il 28 giugno 2013. Il ricorso in questione ha ad oggetto il rigetto dell’appello avverso l’ordinanza, a sua volta reiettiva, dell’istanza di dissequestro di un immobile di proprietà del ricorrente, concesso in locazione a una società, e oggetto di decreto di sequestro preventivo ai fini della confisca per equivalente, emesso dal G.i.p. in relazione al reato societario di infedeltà patrimoniale. Sequestrato immobile acquistato 38 anni prima. Il ricorrente ha lamentato l’illegittimità del sequestro, perché avente ad oggetto un bene immobile acquistato 38 anni prima della consumazione dei fatti oggetto di imputazione, come tale privo di qualsiasi nesso di causalità con i reati contestati, evidenziando che a norma dell’art 2641 c.c. il sequestro preventivo può avere ad oggetto solamente beni pertinenti il reato e che tale caratteristica, a suo dire, è da escludere con riferimento all’immobile in questione. Inoltre, con una seconda censura, ha rilevato che la richiesta di percepire direttamente i canoni di locazione dell’immobile sequestrato - formulata in appello subordinatamente alla richiesta di dissequestro - non contrasta con la misura adottata né con la disposta amministrazione giudiziaria, la quale deve tendere alla migliore conservazione del bene e non già ad un suo sfruttamento di carattere economico. Irrilevanza della pertinenza con il reato. La Suprema Corte ha ritenuto infondato il primo motivo, perché nel caso in esame, il sequestro preventivo è stato disposto a norma dell’art. 2641, comma 2, c.c. e dunque può avere ad oggetto una somma di denaro o beni di valore equivalente , in quanto tali privi di vincolo di pertinenzialità con il reato. Gli Ermellini, quindi, hanno ritenuto corretta l’affermazione del giudice a quo in ordine alla sufficienza del requisito del fumus commissi delicti , trattandosi di misura cautelare funzionale a confisca per equivalente, rispetto alla quale la sola condizione richiesta è che la misura riguardi beni o altre utilità di cui il reo abbia la disponibilità, anche per interposta persona fisica giuridica, per un valore corrispondente al prodotto, profitto o prezzo del reato. Secondo Piazza Cavour, proprio perché ha ad oggetto l’equivalente del profitto del reato, il sequestro, a differenza del sequestro preventivo di cui all’art. 321 c.p.p., comma 2, può avere ad oggetto anche cose che, oltre a non avere alcun rapporto con la pericolosità individuale del soggetto, non hanno neanche un collegamento diretto con il singolo reato. Ambito di discrezionalità del giudice. Il S.C. ha ritenuto infondato anche il secondo motivo di ricorso, con il quale si contestano i poteri dell’amministratore giudiziario. I giudici di legittimità hanno affermato che l’esecuzione del sequestro implica necessariamente anche l’adozione di tutti quei provvedimenti funzionali a porre in essere e a rendere operativo il vincolo cautelare, tra cui la nomina del custode giudiziario. Di conseguenza, alla nomina segue il conferimento di compiti di gestione, che di solito sono di mera conservazione, ma possono essere, come nel caso in esame, di amministrazione. Pertanto, l’attribuzione al custode dei pertinenti poteri o la nomina di un amministratore giudiziario rientrano quindi certamente nella sfera della mera discrezionalità del giudice.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 maggio – 28 giugno 2013, n. 28336 Presidente Bevere – Relatore Lignola Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 14.11.2012 il Tribunale per il riesame di Roma rigettava l'appello proposto dalla difesa di S.I. avverso l'ordinanza dell'11 giugno 2012, reiettiva dell'istanza di dissequestro di un immobile di proprietà del ricorrente, concesso in locazione alla Genesys s.r.l. ed oggetto di decreto di sequestro preventivo ai fini della confisca per equivalente, emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Roma il 7 febbraio 2012, in relazione ai reati di cui all'articolo 2634, comma 1, e 2638 commi 1 e 2 c.c Premetteva il Tribunale che, con l'atto di appello, la difesa lamentava l'illegittimità del sequestro, perché avente ad oggetto un bene immobile acquistato 38 anni prima della consumazione dei fatti oggetto di imputazione, come tale privo di qualsiasi nesso di causalità con i reati contestati. Inoltre la decisione del G.I.P. era censurata anche con riferimento al rigetto dell'istanza di autorizzazione a percepire direttamente il canone di locazione dell'immobile, formulata in via subordinata, disconoscendo la sussistenza in capo all'amministratore giudiziario del diritto di incamerare i proventi derivanti dall'affitto dell'immobile si evidenziava, in proposito, che gli oneri legati alla proprietà dell'immobile ricadono sempre sul ricorrente e che l'obbligo imposto al conduttore di corrispondere il canone di locazione all'amministratore giudiziario, anziché al ricorrente, causava un pregiudizio all'immagine del medesimo, eliminabile mediante l'autorizzazione richiesta. Il Tribunale di Roma rigettava l'appello, osservando, quanto al primo motivo, che nelle ipotesi in cui la misura cautelare reale sia funzionale alla confisca per equivalente non è richiesto alcun rapporto pertinenziale tra reato e beni assoggettati al vincolo cautelare, per cui risulta irrilevante la data di acquisto di un Immobile sequestrato Sez. 5, n. 13277 del 24/01/2011, Farioli, Rv. 249839 quanto al secondo motivo, rilevava che in base all'articolo 104 bis disp. att. c.p.p., qualora il sequestro preventivo abbia ad oggetto aziende, società o beni di cui sia necessario assicurare l'amministrazione, l'autorità giudiziaria nomina un amministratore, il quale ha gli stessi poteri del proprietario, comprensivi del diritto di riscuotere i frutti, destinati a subire la sorte del bene principale fino alla concorrenza della soglia del profitto confiscabile. Con l'odierno ricorso vengono dedotti quattro motivi di impugnazione a inosservanza erronea applicazione la legge penale, con riferimento all'articolo 2641 c.c Il ricorrente ricorda di aver acquistato l'immobile nel dicembre 1974 e di averlo locato alla Genesys s.r.l. allo scopo di percepire una somma per pagare a sua volta il canone di locazione di altro immobile, adibito ad uso di studio ribadisce che a norma dell'articolo 2641 c.c. il sequestro preventivo può avere ad oggetto solamente beni pertinenti il reato e che tale caratteristica è sicuramente da escludere con riferimento all'immobile b inosservanza o erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'articolo 104 bis disp. att. c.p.p., perché la richiesta di percepire direttamente i canoni di locazione, formulata originariamente in subordine alla richiesta di dissequestro, non contrasta con la misura adottata né con la disposta amministrazione giudiziaria, che tende alla migliore conservazione del bene e non già ad un suo sfruttamento di carattere economico c inosservanza o erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'articolo 321 c.p.p., perché la misura cautelare reale richiedeva la libera disponibilità del bene da parte dell'indagato, che nel caso concreto doveva essere esclusa, perché egli non ne aveva né il possesso, né la detenzione qualificata, per averla trasferita alla società locataria, e perché il bene era conferito in un fondo patrimoniale costituito con il coniuge, a norma dell'articolo 167 e ss. c.c. d inosservanza o erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'articolo 369 c.p.p., perché il sequestro preventivo è stato eseguito prima della notifica dell'informazione di garanzia, con conseguente nullità per violazione del diritto di difesa dell'imputato, a norma dell'articolo 178, comma 1, lettera C, c.p.p., nullità assoluta ed insanabile e dunque rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, a prescindere dalla mancata deduzione da parte della difesa. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto da S.I. va rigettato. 1. Il primo motivo è infondato, perché il sequestro preventivo è stato disposto a norma dell'articolo 2641, comma 2, c.c. e dunque può avere ad oggetto una somma di denaro o beni di valore equivalente , in quanto tali privi di vincolo di pertinenzialità con il reato. È dunque corretta l'affermazione del giudice a quo in ordine alla sufficienza del requisito del fumus commissi delicti , trattandosi di misura cautelare funzionale a confisca per equivalente, rispetto alla quale la sola condizione richiesta è che la misura riguardi beni od altre utilità, di cui il reo abbia la disponibilità, anche per interposta persona fisica o giuridica, per un valore corrispondente al prodotto, profitto o prezzo del reato. Non essendo richiesto alcun rapporto pertinenziale con il reato, è irrilevante l'epoca di acquisto dell'immobile sequestrato né le modalità di acquisto con mutuo bancario, al cui ammortamento si sarebbe provveduto con proventi di attività lecita Sez. 5, n. 13277 del 24/01/2011, Farioli, Rv. 249839 . Invero, proprio perché ha ad oggetto l'equivalente del profitto del reato, il sequestro, a differenza del sequestro preventivo di cui dell'art. 321 c.p.p., comma 2, può avere ad oggetto anche cose che, oltre a non avere alcun rapporto con la pericolosità individuale del soggetto, non hanno neanche un collegamento diretto con il singolo reato. Nel decreto di sequestro per equivalente non vi è neppure l'onere di indicare specificamente i beni da sequestrare, bensì soltanto quello di indicare la somma sino a concorrenza della quale il sequestro deve essere eseguito. Nel caso i beni sequestrati eccedano il valore per il quale il sequestro è stato eseguito, il soggetto interessato può sempre contestare la non corrispondenza fra il valore dei beni sequestrati e la somma rispetto alla quale è stato disposto il sequestro per equivalente Sez. 2, n. 6459 del 16/12/2010, Morello, Rv. 249403 . 2. Anche il secondo motivo di ricorso, con il quale si contestano i poteri dell'amministratore giudiziario, essendo sufficiente un semplice custode, è infondato. L'esecuzione del sequestro, al di là del dato testuale, che allude ad attività di mera attuazione, implica necessariamente anche l'adozione di tutti quei provvedimenti funzionali a porre in essere e a rendere operativo il vincolo cautelare, tra cui la nomina del custode giudiziario, tra l'altro espressamente prevista dall'art. 259 c.p.p., applicabile al sequestro preventivo in ragione del rinvio contenuto nell'art. 104 d.a Alla nomina consegue, come indicato dall'art. 259 c.p.p., comma 2, il conferimento di compiti di gestione, che di solito sono di mera conservazione, ma possono essere, come nel caso in esame, di amministrazione, alla stregua dell'art. 259 c.p.p. l'attribuzione al custode dei pertinenti poteri o la nomina di un amministratore giudiziario rientrano quindi certamente nella sfera della mera discrezionalità del giudice Sez. 5, n. 30596 del 17/04/2009 - dep. 23/07/2009, Cecchi Gori, Rv. 244478 . 3. Il terzo motivo va dichiarato inammissibile, perché in contrasto con l'orientamento costante di questa Corte Sez. 3, n. 21920 del 16/05/2012, Hajmohamed, Rv, 252773 secondo cui la denuncia di violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello costituisce causa di inammissibilità originaria dell'impugnazione. Il parametro dei poteri di cognizione del giudice di legittimità è delineato dall'art. 609, primo comma cod. proc. pen., il quale ribadisce in forma esplicita un principio già enuclearle dal sistema, e cioè la commisurazione della cognizione di detto giudice ai motivi di ricorso proposti. Detti motivi -contrassegnati dall'inderogabile indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni atto d'impugnazione artt. 581, 1 co., lett. e e 591, 1 co., lett. c cod. proc. pen. - sono funzionali alla delimitazione dell'oggetto della decisione impugnata ed all'indicazione delle relative questioni, con modalità specifiche al ricorso per cassazione. La disposizione In esame deve infatti essere letta in correlazione con quella dell'art. 606, comma 3, nella parte in cui prevede la non deducibilità in cassazione delle questioni non prospettate nei motivi di appello. Il combinato disposto delle due norme impedisce la proponibilità in cassazione di qualsiasi questione non prospettata in appello, e, come rileva la più recente dottrina, costituisce un rimedio contro il rischio concreto di un annullamento, in sede di cassazione, del provvedimento impugnato, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello in questo caso, Infatti è facilmente diagnosticabile In anticipo un inevitabile difetto di motivazione della relativa sentenza con riguardo al punto dedotto con il ricorso, proprio perché mai investito della verifica giurisdizionale. In ogni caso il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, può avere ad oggetto anche beni inclusi nel fondo patrimoniale familiare, in quanto appartenenti al soggetto che ve li ha conferiti Sez. 3, n. 40364 del 19/09/2012, Chiodini, Rv. 253681 i beni costituenti il fondo patrimoniale rimangono infatti nella disponibilità del proprietario o dei rispettivi proprietari, ma hanno solo un vincolo di destinazione. Da ciò consegue che i beni immobili conferiti dal ricorrente non possono che appartenere a lui e pertanto resta soddisfatto il criterio dell'appartenenza della cosa al reo, che ne giustifica la confisca e il preventivo sequestro. 4. Inammissibile è infine anche il quarto motivo. In primo luogo anche questa violazione di legge non è stata dedotta con i motivi di appello. Inoltre occorre ribadire che il sequestro preventivo di beni di cui è consentita la confisca non deve essere preceduto, a pena di nullità, dalla informazione sul diritto di difesa prevista dall'art. 369 bis c.p.p., in quanto si tratta di atto a sorpresa Sez. 2, Sentenza n. 13678 del 17/03/2009, Zaccaria, Rv. 244253 ciò risponde alla stessa logica delle misure cautelari reali, la cui esecuzione, proprio perché destinata ad impedire pericula di dispersione dei beni da apprendere, sarebbe esposta al rischio di vanificazione, se preceduta dai relativi avvisi. Anche laddove si ritenesse necessaria la formalità di cui all'art. 369 bis c.p.p., comunque, si avrebbe ugualmente un caso di inammissibilità dell'impugnazione. L'omissione dell'informazione di garanzia prima dell'adozione del decreto di sequestro, ovvero la mancata indicazione degli elementi di essa nello stesso decreto in caso di contestualità, in tanto comporta la nullità del provvedimento per violazione dell'art. 178 c.p.p., lett. c , in quanto dette omissioni impediscano l'intervento del difensore di fiducia o di ufficio alle operazioni di esecuzione del sequestro nullità che si verifica anche quando il provvedimento rechi tutti gli elementi richiesti dall'art. 369 codice di rito qualificazione giuridica, data e luogo del fatto , ad eccezione dell'invito all'indagato ad esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia, giacché la relativa omissione determina la violazione del diritto di difesa per la mancata possibilità di partecipazione, conseguente a tale omissione, del difensore alle suddette operazioni Sez. 2, n. 5752 del 28/10/1997, Cesetti, Rv. 209927 . Vale a dire che l'esecuzione del decreto di sequestro che non sia stata preceduta dalla rituale informazione di garanzia, deve comunque avvenire in condizioni tali da assicurare all'indagato la presenza e l'assistenza del difensore. Tanto ciò è vero - prosegue la sentenza appena citata - che, la mancanza dell'invito di cui all'art. 369 c.p.p. diviene irrilevante ai fini della validità dell'atto, qualora il PM, ovvero l'ufficiale di pg, abbiano chiesto all'indagato presente, in adempimento dell'obbligo imposto dall'art. 365 c.p.p., se è assistito da un difensore di fiducia, ovvero, in mancanza, ne abbiano designato uno d'ufficio e ciò in quanto non potrebbe parlarsi di intempestività dell'interpello rispetto all'avviso di cui all'art. 369 c.p.p., considerato che l'interessato viene a conoscenza del decreto di sequestro e della eventuale informazione di garanzia , quale tipico atto a sorpresa, solo al momento della sua esecuzione. La necessaria incorporazione della informazione di garanzia nel decreto di sequestro, insomma, svolge la funzione di consentire al destinatario dell'atto di esercitare, tramite la eventuale presenza del difensore, il suo diritto di difesa. Nel caso in esame, il ricorrente non specifica se tale esercizio sia stato reso in effetti Impossibile, ovvero se, comunque, il difensore dello S. sia stato comunque notiziato, ovvero sia, di fatto, intervenuto. 4. Il rigetto del ricorso, che pianamente consegue a quanto fin qui osservato, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.