Bar rumoroso: l’illecito amministrativo è servito

Con l’emanazione della legge quadro, la condotta di superamento dei limiti di accettabilità delle emissioni sonore, proveniente dall’esercizio di mestieri rumorosi, è stata depenalizzata.

A ribadirlo sono stati i giudici della Corte di Cassazione con la sentenza n. 25601 depositata l’11 giugno 2013. La fattispecie. Bar sotto casa rumoroso, troppo rumoroso, almeno secondo gli abitanti della zona. I due proprietari dell’esercizio, pertanto, venivano condannati alla pena di 100 euro di ammenda ciascuno, per aver disturbato la quiete pubblica, il sonno e il riposo delle persone art. 659 c.p. in conseguenza dell’inquinamento acustico derivante dal superamento dei limiti stabiliti d.p.c.m. 14 novembre 1997 . La questione, esaminata anche dai giudici di Cassazione, verte sul mancato raggiungimento della prova della colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio. Nessun rilievo penale, ma mero illecito amministrativo. A tal proposito, la S.C., ribadendo un consolidato principio di legittimità Cass., n. 48309/2012 , ha affermato che l’inquinamento acustico conseguente l’esercizio di mestieri rumorosi , che si concretizza nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati, integra l’illecito previsto dalla legge quadro sull’inquinamento acustico art. 10, comma 2, legge n. 447/1995 e non la contravvenzione di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone art. 659, comma 2, c.p. . Contemperamento tra esigenze della quiete pubblica con quelle della produzione. Infatti, precisano gli Ermellini, con l’emanazione della legge quadro in questione, la condotta di superamento dei limiti di accettabilità delle emissioni sonore stabiliti a norma della stessa legge integra gli estremi di un illecito amministrativo . Di conseguenza, visto che la condotta relativa, proveniente dall’esercizio di mestieri rumorosi, è stata depenalizzata, la sentenza impugnata viene annullata senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 19 aprile – 11 giugno 2013, n. 25601 Presidente Chieffi – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 31/1/2012, il Tribunale di Milano dichiarava R A. e I C. colpevoli del reato di cui all'art. 659 cod. pen. e condannava ciascuno degli imputati alla pena di Euro 100 di ammenda. I due imputati erano soci amministratori e legali rappresentanti di un bar sito in ., il cui esercizio, secondo l'imputazione contestata, disturbava la quiete pubblica, il sonno e il riposo delle persone in conseguenza dell'inquinamento acustico derivante dal superamento dei limiti stabiliti dal DPCM 14/11/1997. L'istruttoria dibattimentale aveva dimostrato il superamento dei limiti di rumorosità il rumore era stato misurato dall'abitazione di tale B. , che si era lamentato, sia con l'imputata C. che con il Comune di ., del disturbo causato dal pubblico esercizio. Il Giudice aveva ritenuto correttamente eseguite le misurazioni, ritenendo che gli accertamenti dell'ARPA costituivano accertamento in concreto dell'intervenuta offesa del bene tutelato. 2. Proponevano appello R A. e I C. , deducendo l'erronea valutazione del livello di inquinamento acustico il Giudice si era limitato a sottrarre il valore della rumorosità misurata quando il locale era in esercizio da quello rilevato ad esercizio chiuso, ottenendo una differenza di 3,5 decibel, superiore al limite di 3 decibel stabilito per i centri urbani. Si trattava di un'unica misurazione al limite , che non permetteva la condanna degli imputati. Gli imputati ribadivano la mancanza di prova della colpevolezza contestavano la regolarità dell'accertamento dell'ARPA, eseguito una sola volta e solo nell'abitazione del denunciante ribadivano che la misurazione aveva portato ad un dato che era al limite della punibilità la misurazione era stata eseguita da un solo operatore e non era stato rilevato contestualmente il rumore residuo non vi era prova che il livello rilevato nella prima misurazione fosse causato unicamente dalla musica del locale, né che la seconda misurazione fosse avvenuta in condizioni meteorologiche identiche a quelle della prima il limite non era stato superato, in quanto, in quella zona, il limite era di 50 decibel il Giudice aveva utilizzato le dichiarazioni rese dal denunciante a colui che effettuava le misurazioni per TARPA, senza disporre l'audizione del teste stesso. Gli appellanti concludevano sostenendo che la prova della loro colpevolezza, al di là di ogni ragionevole dubbio, non era stata raggiunta. Considerato in diritto La sentenza deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Questa Corte ha ripetutamente affermato che l'inquinamento acustico conseguente all'esercizio di mestieri rumorosi, che si concretizza nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia, integra l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995 n. 447 legge quadro sull'inquinamento acustico e non la contravvenzione di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone art. 659, comma secondo, cod. pen. . Sez. 1, n. 48309 del 13/11/2012 - dep. 13/12/2012, Carrozzo e altro, Rv. 254088 in effetti, dalla comparazione tra l'art. 659, commi 1 e 2, cod. pen. si desume che costituisce oggetto della disposizione di cui al secondo comma ogni ipotesi di esercizio di un mestiere naturalmente rumoroso, norma attenuata rispetto a quella di cui al primo comma, per il ritenuto necessario contemperamento tra le esigenze della quiete pubblica con quelle della produzione esigenze di contemperamento che sono altresì all'origine della disciplina dettata in materia di contenimento dei rumori fastidiosi, da quella relativa alle emissioni o immissioni sonore a quelle relative alle cautele da adottare in sede costruttiva o successivamente per contenere la rumorosità di determinati impianti produttivi. Con l'emanazione della legge quadro sull'inquinamento acustico legge 26 ottobre 1995, n. 447 la condotta proveniente non solo da una fonte produttiva di superamento dei limiti di accettabilità delle emissioni sonore stabiliti a norma della legge medesima integra gli estremi di un illecito amministrativo, per cui la condotta relativa, proveniente dall'esercizio di mestieri rumorosi, è stata depenalizzata. Ne consegue che la rilevanza penale della condotta prevista dell'art. 659, comma 2, cod. pen. non è stata del tutto eliminata, ma resta circoscritta alla violazione delle prescrizioni attinenti il problema della rumorosità diverse da quelle concernenti i limiti delle emissioni o immissioni sonore Sez. 1, n. 44167 del 27/10/2009 - dep. 18/11/2009, Fiumara, Rv. 245563 Sez. 1, n. 23866 del 09/06/2009 - dep. 10/06/2009, P.M. in proc. Valvassore e altro, Rv. 243807 . Il caso di specie è, appunto, quello di un'attività rumorosa che - secondo la valutazione del Giudice di merito e prescindendo dalle contestazioni mosse dai ricorrenti - superava i limiti di rumorosità stabiliti dal D.P.C.M. 14/11/1997 condotta, quindi, non avente più rilevanza penale. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.