Per il sequestro per equivalente non occorre il periculum in mora

Data la finalità ablativa-sanzionatoria il sequestro per equivalente non richiede specifiche esigenze cautelari, essendo sufficiente soltanto il fumus criminis e la corrispondenza tra il valore dei beni oggetto del sequestro e il profitto o il prezzo dell’ipotizzato reato tributario.

E’ quanto affermato dalla Terza sezione Penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 19034, depositata il 2 maggio 2013. Il caso. Avverso il provvedimento del Tribunale del Riesame di Tempio Pausania, che aveva confermato il decreto di sequestro per equivalente del G.I.P. del Tribunale del medesimo Circondario, propongono ricorso per cassazione, con ampi e articolati motivi, i difensori degli indagati deducendo sia la insussistenza del fumus commissi dei reati di emissione e di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti relative a contratti di sponsorizzazioni, che dei presupposti normativi che consento la applicazione del sequestro per equivalente. Deducono le difese che l’evidenziazione di prelievi dai conti correnti da un lato e contestuali versamenti dall’altro non sia di per sé prova sufficiente della insussistenza delle operazioni al fine della applicazione del sequestro per equivalente. Sequestro per equivalente e periculum in mora . Con specifico motivo lamentano, altresì, i ricorrenti che non sussisterebbero i presupposti per l’applicazione del sequestro per equivalente in quanto non vi sarebbe alcun periculum in mora , peraltro neppure evidenziato nella motivazione del provvedimento del Tribunale del Riesame. Secondo i ricorrenti infatti il sequestro per equivalente, in quanto forma di sequestro, è ontologicamente una misura cautelare volta a garantire ed assicurare la corretta e puntuale esecuzione della confisca per equivalente. Secondo tale argomento il sequestro per equivalente avrebbe natura di sequestro conservativo in quanto finalizzato a preservare quei beni, che dovranno essere oggetto di confisca in caso di condanna. Vera tale premessa, prosegue la difesa, ne consegue la ineluttabile conseguenza che la applicazione del sequestro per equivalente sia consentita solo laddove si ravvisi una esigenza cautelare e cioè il pericolo della dispersione dei beni da confiscare. L’adozione del sequestro per equivalente richiederebbe pertanto, vera l’argomentazione della difesa, la specifica individuazione nel provvedimento applicativo della sussistenza del periculum in mora . La natura del sequestro per equivalente . L’argomento utilizzato dai ricorrenti è sicuramente suggestivo, in quanto l’adozione di un provvedimento di sequestro, e dunque di una misura cautelare reale presuppone di regola, per la natura stessa della misura, la sussistenza del periculum in mora . E’ proprio su tale punto, tuttavia, che dissente la Suprema Corte, evidenziando come secondo giurisprudenza orami consolidata da oltre 8 anni la natura del sequestro per equivalente non sia quello di aver natura conservativa ai fini della confisca, bensì sia una misura cautelare con finalità ablativa – sanzionatoria. Alla luce di tale osservazione la Suprema Corte conclude che per l’adozione del sequestro per equivalente non occorre alcuna esigenza cautelare e dunque alcun accertamento della sussistenza del periculum in mora, essendo per contro sufficiente da parte del giudice, che lo applica, la sussistenza del fumus commissi delicti, la disponibilità dei beni in capo all’indagato e la corrispondenza del valore dei beni oggetto del provvedimento cautelare al prodotto o al profitto del reato, non altrimenti confiscabile. La Suprema Corte e l’eterogenesi dei fini. La Suprema Corte a supporto della propria statuizione richiama diversi precedenti risalenti sin al 2006, dalla lettura attenta dei quali si evince, tuttavia, l’incongruenza in cui incorre la Corte nel caso in esame. In tutte le richiamate pronunce la Suprema Corte si era soffermata sulla natura della confisca per equivalente, chiarendo come al di là della formale denominazione di misura di sicurezza , la confisca per equivalente non presuppone alcuna pericolosità delle res, che colpisce avendo una natura sostanzialmente ablativo – sanzionatoria, ma questa si noti bene è la natura della confisca per equivalente e non del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente. Il sequestro, per sua ontologica natura, è misura cautelare, cioè prodromica e finalizzata alla corretta e puntuale esecuzione della successiva misura della confisca la cui natura sanzionatoria afflittiva non pare, invero, potersi evocare in dubbio. Altrettanto però non pare potersi dubitare che il sequestro presupponga necessariamente quale cautela la sussistenza di una esigenza cautelare, che altra non può essere se non il pericolo nel ritardo. Negare tale aspetto significa applicare, prima di un definitivo accertamento della penale responsabilità, una misura sanzionatoria ablativa con conseguente fondamento di quei dubbi di legittimità costituzionale dei quali, forse in modo un po’ troppo sbrigativo, la Suprema Corte si è sbarazzata nel caso in esame.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 gennaio - 2 maggio 2013, n. 19034 Presidente Mannino – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con ordinanza del 6 dicembre 2011 il Tribunale di tempio Pausania - in funzione di Giudice del riesame - confermava il provvedimento di sequestro per equivalente adottato dal GIP di quel Tribunale nei confronti di C.G. , D.S. e D.G.F. , soggetti, tutti, indagati per i reati di cui agli artt. 8 comma 3 e 10 del D. L.vo 74/00. 1.2 Il Tribunale, in particolare, dopo aver richiamato nella sua interezza il provvedimento cautelare reale emesso dal GIP, sottolineando, oltre gli esiti delle indagini fiscali e bancarie condotte dalla Guardia di Finanza, anche i risultati delle intercettazioni telefoniche, confermava la sussistenza del fumus commissi delicti con specifico riguardo alla conclusione, da parte degli indagati di contratti di sponsorizzazione simultati in favore di numerosissime società o associazioni sportive operanti in quel medesimo contesto territoriale, che, in realtà, celavano operazioni commerciali inesistenti. In particolare le indagini si erano concentrate su due società A.S.D. Sardegna in The World e A.S.D. La Maddalena 2007 il cui presidente era tale S.A.P. , pur egli indagato nella complessa vicenda dalle indagini incrociate era emerso che le sue società erano venute in contratto con numerosissime società - tra le quali venivano indicate la DELCOMAR s.r.l. la ENSADEL s.r.l. la E.D.C., s.r.l., la COMITIMARKET s.r.l. e la COM.INVEST. s.r.l. Inoltre dalle indagini condotte nei confronti di altra società sportiva operante nel settore dilettante la A.S.D. MADDALENA SPORT PROMOTION, il cui presidente era l'odierno indagato ricorrente D.S. , a sua volta legale rappresentante di due delle società di capitali dianzi indicate - la ENSADEL s.r.l. e la E.D.C., s.r.l. era scatura una indagine a più ampio raggio estesa a tutte le altre società che in qualche misura avevano intrattenuto rapporto con associazioni sportive oggetto dell'indagine. Il soggetto sul quale si erano maggiormente concentrate le attenzioni della P.G. era stato individuato in D.G.F. , proprietario di molte delle società di capitali sopra indicate DELCOMAR s.r.l. E.D.C., s.r.l., ENSADEL s.r.l. che aveva intrattenuto, anche nella veste di consulente fiscale, rapporti oltremodo frequenti che il S. e con il D. . In particolare dai numerosi rapporti intrattenuti dal D.G. con tali soggetti operanti in quel contesto territoriale, era risultato un cospicuo giro di fatture relative a sponsorizzazioni in favore di numerosissime società sportive le quali si erano avvalse per l'assistenza e/o consulenza fiscale, delle società riconducibili al D.G. o allo stesso S.A.P. . Tali indagini consentivano di ipotizzare una sostanziale fittiziatà delle fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti vds. pag. 3 della ordinanza impugnata . Veniva anche evidenziato il ruolo assolutamente centrale ricoperto dal D.G. nella complessa vicenda e sottolineata la anomala circostanza di prelievi in contanti di importi analoghi a quelli oggetto di specifici bonifici bancari accreditati da parte delle società appartenenti al D.G. ed al suo ristretto entourage familiare moglie e figlio privo di redditi autonomi alle società sportive di volta in volta sponsorizzate in particolare erano stati evidenziati numerosi e consistenti oltre che anomali per le circostanze di tempo, versamenti effettuati per contanti sui conti correnti personali operati sia dal D.G. in uno alla moglie C.G. , sia dal figlio D.G.G.E. . Era emersa, a riprova della fittizietà delle fatture, la loro utilizzazione da parte delle società sportive nelle dichiarazioni annuali dei redditi ai fini IRPEG ed IVA portati come elementi passivi in termini di costi sostenuti. 1.3 Particolarmente indicativi, a giudizio del Tribunale, erano stati anche gli esiti delle effettuate intercettazioni riportate per ampi stralci i cui protagonisti erano soprattutto il D.G. e la di lui moglie C.G. . 1.4 Dalle complesse indagini fiscali incrociate era quindi emerso oltre al ruolo preminente del D.G. , anche il coinvolgimento del D. e del S. collaboratori assidui del D.G. nella creazione di fondi occulti poi rinvenuti all'interno della abitazione del D.G. nel corso della perquisizione. 1.5 Da qui la conferma, sia pure parziale, del sequestro per equivalente nei riguardi del D.G. , della C. e del D. , limitatamente, tuttavia, alle somme, rispettivamente, di Euro 173.656,00 quanto al D.G. di Euro 90.500,00 quanto alla C. e di Euro 210,287,00 quanto al D. , intese quale profitto della evasione di imposta. 2. Ricorrono per l'annullamento dell'ordinanza gli indagati D.G.F. , C.G. e D.S. a mezzo del proprio difensore fiduciario, deducendo articolati motivi a sostegno. 2.1 In particolare, con il primo motivo riguardante la posizione del ricorrente D.G.F. , si denuncia l'erronea applicazione della legge penale con specifico riferimento all'art. 2 del D. L.vo 74/00, premettendosi che al D.G. è fatto carico del reato di cui all'art. 2 comma 1 del detto Decreto perché, in qualità di legale rappresentante delle società Delcomar s.r.l. al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto avvalendosi di fatture emesse da diverse associazioni sportive dilettantistiche, indicava nella dichiarazione annuale relativa all'imposta sui redditi e sul valore aggiunto elementi passivi fittizi con riferimento agli anni di imposta compresi tra il 2005 ed il 2010 . Rileva la difesa che il Tribunale di Tempio Pausania non ha individuato gli elementi di prova suffraganti l'indicazione da parte del D.G. di elementi passivi fittizi nelle varie dichiarazioni annuali della società DELCOMAR s.r.l., sottolineando come nessuna prova potesse trarsi dai rapporti - ritenuti invece sintomatici dal Tribunale - tra prelievi dai conti delle associazioni sportive sponsorizzate e versamenti di somme di analogo o similare importo sui conti personali dell'indagato o dei suoi stretti congiunti. Viene specificamente dedotto il vizio di motivazione per non avere il Tribunale individuato il dolo di evasione, indispensabile ai fini della configurazione del reato ipotizzato secondo la contestazione provvisoria. Con un secondo motivo la difesa denuncia analogo vizio con riferimento all'art. 110 cod. pen. per non avere il Tribunale enucleato gli elementi di prova atti a suffragare la tesi dell'apporto concorsuale del D.G. rispetto agli altri coindagati. Con il terzo motivo si deduce inosservanza di norme processuali e, in particolare, carenza assoluta della motivazione in relazione al ritenuto fumus criminis, sottolineandosi la sostanziale apparenza della motivazione. Con il terzo motivo si denuncia mancanza di motivazione in punto di individuazione del fumus criminis più specificamente viene dedotta la mancata motivazione in merito alla prova, mai acquisita, del rientro delle somme trasferite a titolo di sponsorizzazione nelle casse delle società di capitali sponsorizzanti, ritenendosi le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale e prima ancora il GIP frutto di mere supposizioni e la relativa motivazione del tutto apparente. Analogo vizio motivazionale viene denunciato con il quarto motivo, per non avere il Tribunale dato adeguata risposta alle censure difensive sollevate in sede di riesame con particolare riguardo a due aspetti a mancata indicazione degli elementi fattuali concreti atti a dimostrare che il D.G. avesse amministrato tutte le società di capitali indicate nell'imputazione provvisoria elevata a suo carico b apoditticità della affermazione del Tribunale secondo la quale i proventi a titolo di sponsorizzazione figuranti nelle varie fatture emesse dalle associazioni sportive apparivano sproporzionate per eccesso e ingiustificate anche in correlazione con il livello agonistico in cui quelle società risultavano operare. Con il quinto motivo si deduce analogo vizio di motivazione in ordine alla individuazione, da parte del Tribunale, del soggetto che avrebbe tratto profitto dai reati ipotizzati e delle somme da assoggettare al sequestro. 3. Con riguardo alla posizione della indagata C.G. , con il primo motivo si deduce vizio di motivazione relativamente alla individuazione di tale soggetto quale indagato per i reati in contestazione e, in particolare, la mancata acquisizione di elementi dimostrativi dell'amministrazione di fatto della società CONTEMAR s.r.l. da parte della C. , sottolineandosi l'insufficienza del dato, valorizzato oltremisura dal Tribunale, del versamento da parte dei coniugi D.G. -C. , di somme di denaro sul conto del loro figlio E.G. . 4. Con riguardo alla posizione del ricorrente D.S. viene dedotta, con il primo motivo, sostanzialmente analogo a quello sub 1 dedotto per il D.G. , l'erronea applicazione della legge penale in particolare, dell'art. 2 del D.L.vo 74/00 , rinviandosi in particolare a quanto dedotto per il D.G. con i motivi 1 , 3 , 4 e 5 . Con un secondo motivo, si deduce analogo vizio con riferimento all'art. 8 del D.L.vo 74/00, provvisoriamente contestato al D. , quale autore di emissione di fatture per operazioni inesistenti nella sua qualità di rappresentante legale della A.D.S. MADDALENA SPORT PROMOTION secondo la prospettazione difensiva la motivazione resa dal Tribunale è apparente per quel che concerne emissione di fatture ed inesistenza delle operazioni e viziata sotto il profilo della manifesta illogicità per la parte riguardante il dolo di evasione necessario per la integrazione della fattispecie come provvisoriamente contestata al D. . Con il terzo motivo si denuncia analogo vizio di motivazione con riguardo alla mancata individuazione del fumus criminis relativamente al detto reato di cui all'art. 8 del D. L.vo 74/00, sottolineandosi, in particolare, il mancato esame da parte del Tribunale delle modalità di espletamento dell'attività sportiva da parte delle società sportive coinvolte ed il livello dei campionati o toreni di competenza, assolutamente rilevante secondo la difesa e tale da giustificare le operazioni fiscali ritenute illecite. Si insiste, in particolare, per la regolare utilizzazione dei finanziamenti provenienti dalle sponsorizzazioni attraverso bonifici bancari. Con il quarto motivo si deduce assenza di motivazione con riferimento all'elemento del profitto relativo al reato di cui all'art. 8 del D. L.vo 74/00, indispensabile al fine di consentire il sequestro. Con un quinto - ed ultimo - motivo comune ai tre ricorrenti viene dedotto vizio assoluto di motivazione per difetto degli elementi atti a ritenere sussistente il periculum in mora. Più specificamente deduce la difesa una erronea applicazione del concetto di sequestro per equivalente inteso come misura di carattere conservativo deputata ad assicurare la confisca, in assenza dei presupposti di legge. Infine la difesa solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 321 comma 2 cod. proc. pen. per contrasto con l'art. 27 Cost. e con l'art. 117 comma 1 Cost., in relazione all'art. 1 commi 1 e 2 del protocollo addizionale alla CEDU. Considerato in diritto 1. Nessuno dei ricorsi è fondato. 2. Va evidenziato che il provvedimento impugnato si segnala per una motivazione estremamente articolata e puntuale circa i presupposti idonei ad individuare il fumus criminis delle ipotesi di reato contestate ai tre indagati sotto il duplice profilo della violazione degli artt. 2 e 8 del D. L.vo 74/00. Tanto precisato in linea generale, questo Collegio osserva quanto segue. 3. Con riguardo alla posizione del ricorrente D.G.F. , la motivazione resa dal Tribunale sul piano della individuazione e conferma del fumus criminis, per ciò che riguarda il reato di cui all'art. 2 del D. L.vo 74/00, è immune da censure, sottolineandosi che gli elementi passati in rassegna dal Tribunale sono stati ritenuti, a ragione, decisivi per giustificare il suo convincimento. In particolare sono stati sottolineati i rapporti frequenti e sistematici tra il D.G. e gli altri coindagati. È stato, a ragione, desunto con chiarezza l'apporto concorsuale contestato dalla difesa offerto dal D.G. del quale è stata sottolineata anche la competenza professionale specifica derivantegli dall'attività di consulente che certamente lo ha agevolato nella commissione dei reati . È stata, con altrettanta adeguatezza, sottolineata l'esattezza della tesi, sia pure allo stato delle indagini compiute, relativa alla fittizietà delle operazioni commerciali, tesi ricavata anche dalla limitata operatività delle varie associazioni sportive operanti in ambito dilettantistico ed in un contesto territoriale assai limitato circostanza, quest'ultima, correttamente ricollegata alla sproporzionalità dei contributi versati in favore delle società comprovati dalle fatture emesse da tali società. Il particolare evidenziato dal Tribunale in ordine alla stretta connessione causale tra i contributi versati, le fatture emesse ed i corrispondenti prelievi effettuati dal D.G. in circostanze temporali ravvicinatissime rispetto alle fatture e per di più per cifre sostanzialmente corrispondenti agli importi delle fatture, è stato, a ragione, considerato dal Tribunale come complesso di elementi quanto mai sintomatici della sostanziale fittizietà delle numerose operazioni commerciali condotte dal detto indagato. Vero è, come ricordato dal Tribunale, che questi aveva concluso numerosi contratti di sponsorizzazione con società operanti in varie discipline sportive a livello dilettantistico. Ma altrettanto correttamente il Tribunale ha segnalato che molte di queste sponsorizzazioni erano davvero modeste in relazione ai ritorni pubblicitari ed, ancora - circostanza ritenuta, a ragione, ancor più significativa - che la maggior parte dei contratti conclusi dal D.G. nella veste di rappresentante legale della DELCOMAR s.r.l., ma anche di altre società di capitali a lui comunque riconducibili, non era stata sottoscritta dai destinatari delle sponsorizzazioni vds. pag. 15 dell'ordinanza . Assolutamente puntuale e specifica la motivazione resa dal Tribunale con riguardo agli esiti delle verifiche fiscali e delle indagini bancarie condotte dalla P.G., sicché è da escludere il vizio di motivazione dedotto dalla difesa del ricorrente con riguardo ad una apparenza di motivazione in merito al fumus criminis. Infatti il vorticoso giro di fatture i continui scambi tra le società del D.G. ivi comprese altre a lui sostanzialmente facenti capo e le società sponsorizzate il contemporaneo prelievo dai conti delle società sponsorizzate seguito dal versamento pressoché contestuale di denaro di importo equivalente sui conti personali D.G. , sono stati a ragione considerati dal Tribunale per un verso indice di una comune regia delle varie operazioni orchestrata dal D.G. e, per altro verso, indice della condotta elusiva volta ad indicare elementi fittizi passivi nelle dichiarazioni annuali dei redditi protrattasi per un arco temporale assai significativo dal 2005 ininterrottamente fino al 2010 . 3.1 Quanto al ruolo centrale assunto dal D.G. nella vicenda contestato recisamente dall'indagato in sede di riesame , il Tribunale ha tratto il relativo convincimento dalle numerose attività di captazione delle telefonate intercorse tra il D.G. ed i suoi sodali convincimento che testimonia proprio della attività concorsuale espletata dal D.G. ritenuto, ragionevolmente, il reale e pressoché esclusivo punto di riferimento per gli altri coindagati nella frenetica attività di predisposizione di operazioni commerciali con le numerose associazioni sportive operanti nella zona. È quindi da escludere l'apparenza motivazionale in relazione al ruolo del D.G. . 3.2 Senza fondamento anche la censura difensiva collegata alla mancata risposta data dal Tribunale a specifiche doglianze mosse in sede di riesame motivo quarto anche con riferimento alla riconducibilità della società EN.SA.DEL s.r.l., alla E.D.C., s.r.l. ed alla CONTEMAR s.r.l. se solo si ponga mente alla analisi delle indagini svolte dalla GdF di cui è ampio cenno a pag. 2 dell'ordinanza, ma anche agli esiti delle intercettazioni riportati da pag. 6 a pag. 11 dell'ordinanza che sono stati ritenuti indicativi del coinvolgimento del D.G. nella gestione di numerose società di capitali, anche se apparentemente riconducibili a terze persone in realtà orbitanti nel ristretto nucleo familiare del D.G. . 3.3 Quanto alle deduzioni contenute nel quinto motivo del ricorso, va segnalato che il Tribunale ha tenuto conto delle censure difensive sollevate con l'istanza di riesame, contrariamente a quanto affermato nel ricorso vds. pagg. 8-12 . Il Tribunale ha individuato correttamente ed in maniera esaustiva il profitto ed il soggetto beneficiario vds,. pagg. 15-16 dell'ordinanza impugnata e pag. 5, per la parte contenente richiami al provvedimento cautelare emesso dal GIP . Nessuna insufficienza argomentativa è dato cogliere in ordine alla correttezza del sequestro relativo al patrimonio personale degli indagati nella specie, per quanto qui rileva, quello del D.G. , sul presupposto, condiviso dal Tribunale, che il profitto dalle società amministrate dal D.G. o comunque a lui riconducibili è stato poi trasferito al D.G. stesso. Anche le censure relative ad una pretesa duplicazione dei sequestri di somme delle due società di capitali EN.SA.DEL. s.r.l. e E.D.C., s.r.l. sono inconsistenti, avendo il Tribunale fatto richiamo ai distinti ruoli ricoperti dal D.G. e dal D. all'interno di tali compagini sociali e la veste di destinatario di contributi pubblici erogati da enti territoriali province di Sassari ed Olbia-Tempio Pausania - vds. pag. 14 dell'ordinanza impugnata , proprio di quest'ultimo. E, quanto all'ulteriore censura di omessa motivazione per la parte relativa alla distinzione tra profitto tratto dalle società sportive sponsorizzate e profitto tratto dalle società sponsorizzanti, il Tribunale non è affatto incorso nel vizio denunciato, avendo, invece, esattamente operato tale differenziazione richiamando in parte qua il provvedimento del GIP ed in effetti procedendo alla parziale revoca del sequestro con restituzione di parte delle somme a ciascuno degli indagati dopo aver constatato la non rilevanza, ai fini della confisca, del periculum in mora vds., sul punto, pag. 16 dell'ordinanza impugnata . 4. Per quanto riguarda la posizione della ricorrente C.G. , a prescindere dalla sostanziale genericità del ricorso riferibile esclusivamente al rapporto intercorrente tra l'indagata e la società CONTEMAR s.r.l., la motivazione offerta dal Tribunale è pienamente adeguata, essendo stato sottolineato, quale elemento di valenza assoluta, il versamento da parte dei coniugi D.G. -C. e singolarmente anche di costei di somme di denaro sul conto del figlio E.G. , sottolineandosene proprio l'eccessività rispetto alla sua condizione di studente privo di redditi autonomi vds. pag. 16 dell'ordinanza impugnata , quale dato sintomatico dell'operazione illecita di trasmigrazione continua di denaro dalle casse sociali ai conti personali. 5. Per quanto riguarda la posizione del ricorrente D. , valgono, anzitutto, le stesse considerazioni svolte per il ricorrente D.G. relativamente al primo motivo sub C1. 6. Circa, invece, l'asserito difetto di motivazione riguardante la violazione dell'art. 8 comma 3 del D. L.vo 74/00, significativi appaiono, diversamente da quanto dedotto dalla difesa, i richiami, puntuali e dettagliati, al provvedimento del GIP per la parte attinente alla fittizietà delle operazioni commerciali di sponsorizzazione pagg. 3 e 5 dell'ordinanza impugnata , desunti anche dalla congerie di intercettazioni analizzate dal Tribunale, riportate per stralci, ma bypassate dalla difesa del ricorrente. Diffusa la motivazione contenuta a pag. 11 dell'ordinanza nella parte in cui vengono analizzate le fatture emesse dalla DELCOMAR s.r.l. e soprattutto quella riguardante il D. quale soggetto beneficiario di contributi pubblici a fronte di una congerie di operazioni fittizie vds. pagg. 13 e 14 dell'ordinanza impugnata, ma anche pag. 15 in cui si passano in rassegna le varie fatture emesse a titolo di sponsorizzazione in favore delle numerosissime società dilettantistiche sportive, evidenziandosi l'inconsistenza delle operazioni, ricollegata persino alla assenza pressoché totale di contratti stipulati tra tali associazioni e le società sponsorizzanti . Le relative censure riguardanti, in particolare, l'apparenza di motivazione e la carenza di essa per la parte relativa al dolo di evasione non hanno ragion d'essere, avendo il Tribunale, seppure in modo sintetico, ma non per questo illogico, evidenziato la dolosità di tali operazioni laddove viene ricordato nei provvedimento impugnato che le varie associazioni dilettantistiche, nelle dichiarazioni dei redditi indicavano le varie fatture come costi sostenuti, onde conseguire risparmi di imposta sicché è evidente che il Tribunale si è inteso riferire a tale aspetto per la parte relativa all'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 8 D. L.vo 74/00 imputabile al D. vds, pagg. 4-5 dell'ordinanza che richiama per relationem il provvedimento cautelare del GIP . Le considerazioni che precedono valgono anche per disattendere come manifestamente infondato il motivo sub 3 , non trascurando di sottolineare come l'asserita mancata attenzione prestata dal Tribunale ai livelli dei campionati o tornei in cui militavano le varie associazioni costituisce una quaestio facti preclusa in sede di legittimità. 5.2 Con riguardo al quarto motivo riferito, ancora una volta, alla assenza di motivazione in merito alla individuazione del profitto scaturente dal reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, è lo stesso ricorrente, laddove evidenzia il testo virgolettato dell'incipit della C.N.R., a parlare di comportamento [fiscale] della associazione sportiva M.S.P. formalmente ed apparentemente corretto”, incorrendo in un vero e proprio lapsus freudiano non vi è dubbio che l'individuazione del D. quale soggetto che ha tratto profitto dalle operazioni commerciali inesistenti non può che essere - secondo le indicazioni del Tribunale - il D. , tanto più che le società da lui amministrate o a lui riconducibili non sono società di capitali, sicché non può nemmeno farsi luogo alla distinzione società-rappresentante legale invocata dalla difesa per giustificare l'illegittimità del sequestro dei beni del singolo vds. pagg. 9 e 11 dell'ordinanza . 6. Rimane da esaminare l'ultimo motivo del ricorso che prospetta una natura specifica del sequestro per equivalente, quale misura di tipo conservativo e non preventivo. 6.1 Tale censura non può trovare accoglimento. Va, anzitutto, disattesa la tesi introdotta dal ricorrente della natura del provvedimento cautelare caratterizzata da finalità conservative ai fini della confisca probatoria. Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte - anche in tema di sequestro afferente a reati di natura tributaria - la finalità della misura cautelare è di tipo sanzionatorio - ablatorio tra le tante, vds. Cass. Sez. 2^ 12.12.2006 n. 3629, Ideai Standard Italia s.r.l., Rv. 235814 Cass. Sez. 2^ 13.5.2010 n. 21027, P.M. in proc. Ferretti, Rv. 247115 Cass. Sez. 2 5.6.2008 n. 28685, P.M. in proc. Chinaglia, Rv. 241111 più recentemente, Cass. Sez. 3^ 7.6.2011 n. 28731 . 6.2 In ogni caso, attesa tale specifica finalità collegata, quindi, alla sanzione afflittiva nessun contrasto con le disposizioni costituzionali - diversamente da come evidenziato dalla difesa dei ricorrenti - si pone con riguardo alle disposizioni di cui all'art. 27 in quanto non è necessario il ricorso a specifiche esigenze cautelari, essendo sufficiente soltanto ed in presenza ovviamente, del fumus criminis, la corrispondenza tra valore dei beni oggetto del sequestro e il profitto o anche prezzo dell'ipotizzato reato tributario e, meno ancora, all'art. 117 Cost. apparendo la misura cautelare del tutto proporzionale allo scopo che si intende perseguire, in linea, quindi, con le prescrizioni dettate dall'art. 1 commi 1 e 2 del protocollo addizionale alla CEDU. in questo senso la prospettata questione di legittimità costituzionale sollevata dalla difesa quale ultimo motivo va disattesa perché manifestamente infondata. 7. In conclusione tutti i ricorsi vanno rigettati segue la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.