L’ambasciatore utilizza il telefono dell’ufficio per fini privati: è solo peculato d’uso

L’ambasciatore utilizza l’utenza pubblica per fini privati. il conto è astronomico. Le Sezioni Unite finalmente chiariscono non è peculato comune, è solo peculato d’uso. E nessun spazio esimente va riconosciuto al c.d. peculato ambientale.

La Corte d’appello confermava la condanna per peculato comune ex art. 314, primo comma, c.p. – e di falso ideologico per la falsa attestazione di rimborsi per spese mai avvenute - a carico di un noto ambasciatore. Questi utilizzava le utenze telefoniche mobili a disposizione dell’ente per scopi privati, recando un consistente danno patrimoniale. Ricorre l’imputato, ravvisando l’integrazione di fattispecie di reato meno gravi e il seguente decorso del tempo necessario a prescrivere. Le Sezioni Unite Penali della Cassazione, n. 19054, depositata il 2 maggio 2013, chiariscono i termini della fattispecie applicabile, risolvendo un pregresso contrasto giurisprudenziale. Per l’utilizzo della telefonia mobile, non è abuso d’ufficio. Più generalmente, il tentativo di alcuni interpreti è stato quello di assimilare ogni condotta di distrazione dei beni della pubblica amministrazione – espunte dal testo di reato del peculato dalla l. n. 86/1990 - al reato ex art. 323 c.p. - almeno ogni qual volta il bene distratto mantenga propriamente la sua natura pubblica, sarebbe il caso dei beni non soggetti a deterioramento, come il telefono mobile -. Tuttavia, nel caso specifico, manca la violazione di legge e di regolamento , cui non è assimilabile il codice di comportamento dei dipendenti della pubblica amministrazione – d.m. 31 marzo 1994, impeditivo dell’uso smodato a fini privati del dipendente delle risorse pubbliche a disposizione -, non emanato secondo le forme previste per i regolamenti governativi dall’art. 17, l. n. 400/1988. Non è truffa aggravata dalla qualifica pubblica dell’agente. Occorrerebbe, nel caso, la predisposizione, da parte dell’agente di reato, di artifici o di trucchi contabili – falsi materiali o ideologici - atti a mascherare l’utilizzo illecitamente condotto alla soddisfazione di interessi privati, al fine di poter ritenere integrata l’induzione in errore dei preposti alla vigilanza o alla contabilizzazione – il dirigente o l’organismo di controllo -. La complessità della fattispecie di truffa parrebbe difficilmente applicabile ai casi di scuola di semplice uso o distrazione del bene pubblico. Non è peculato comune, ex primo comma, art. 314 c.p Per integrare il reato in oggetto, occorre la definitiva – non essendone strutturalmente possibile la restituzione - appropriazione del bene pubblico. Le Sezioni Unite chiariscono l’oggetto dell’appropriazione, nel caso delle utenze telefoniche mobili. In primis smentisce la giurisprudenza prevalente, chiarisce la non sussumibilità delle energie lavorative del dipendente pubblico nella nozione di bene appropriabile, già nella disponibilità dell’agente e di cui non è possibile alcuna interversione del possesso. Prevale in questo caso una lettura fisiologista delle energie lavorative del dipendente, a danno di una lettura sinallagmatica che le categorizza fra i beni scambiabili oggetto del contratto di servizio. Altra soluzione i beni appropriati sarebbero le energie elettromagnetiche che permettono la trasmissione della voce. Le Sezioni Unite negano in realtà si tratta di beni non suscettibili di possesso e, ancora, nemmeno conservabili né misurabili, e la cui quantità non è economicamente verificabile in modo certo ed univoco. Dunque, il bene sarebbe privo dell’attribuzione di un valore economico diretto, richiesto dal secondo comma dell’art. 624 c.p., che ne rende l’appropriazione rilevante ad ogni effetto penale. Le Sezioni invocate, ancora, smentiscono una ulteriore soluzione non è oggetto della appropriazione illecita nemmeno l’energia elettrica che consente la trasmissione elettromagnetica. Si tratta solo di un bene strumentale all’utilizzo del bene pubblico che, secondo autorevole dottrina, può costituire oggetto di una condotta appropriativa penalmente rilevante nel solo caso possa essere scissa dal possesso della cosa di cui promana – ad esempio, quando l’agente usufruisce dell’erogazione diretta dell’energia in parola, mediante manomissione del circuito -. Si tratta di peculato d’uso, ex secondo comma, art. 314 c.p Non resta che il peculato meno gravemente punito, che ha consentito all’imputato di usufruire della declaratoria di intervenuta prescrizione. Oggetto del bene temporaneamente sottratto alla destinazione pubblica è il solo apparecchio telefonico, pienamente riacquisibile alla pubblica amministrazione, cessato l’uso illecito. Occorre tuttavia, come limite inferiore, che comunque sia stato recato un danno all’ente. Vigila su tutte le fattispecie di reato il principio di offensività della condotta, ex art. 49, secondo comma, c.p. Ad esempio, non sarebbe ravvisabile un danno nel caso di abbonamenti c.d. flat oppure nel caso di servizio telefonico c.d Tutto compreso” , che non commisurano importo dovuto a consumo reale ma alla sola disponibilità del servizio. Nessun peculato ambientale ha effetti esimenti sulla condotta penalmente rilevante. L’assenza di impedimenti da parte dei proposti, il sottacere dei colleghi all’utilizzo improprio, le omissioni da parte degli organi vigilanti e l’assenza di una specifica previsione regolamentare che separi, anche ai fini della contabilizzazione dei costi, l’utilizzo ai fini istituzionali da quello ai fini pubblici, non possiedono alcuna efficacia esimente dei comportamenti delittuosi. Il consenso dell’avente diritto non può trovare cittadinanza nel caso di beni appartenenti alla pubblica amministrazione, per giurisprudenza ormai pacifica.

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 20 dicembre 2012 – 2 maggio 2013, n. 19054 Presidente Lupo – Relatore Cortese