I farmaci alzano il tasso alcolemico? Basta non mettersi alla guida

Mettersi alla guida a distanza di diverse ore dall’assunzione di farmaci, di cui l’automobilista conosceva gli effetti, non esclude lo stato di ebbrezza.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15562/2013, depositata il 3 aprile. La fattispecie. Un uomo provocava un sinistro stradale e, sottoposto dai carabinieri all’alcoltest, risultava positivo all’etilometro, che segnalava una presenza di alcol nel sangue superiore a 1,5 g/l. Per tali condotte veniva condannato in primo grado ad una pena totale di 4mila euro di ammenda pena che, con la concessione delle attenuanti generiche, veniva ridotta in appello, con l’ulteriore sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato penale. Ma l’esito dei processi di merito non soddisfa l’imputato, che propone ricorso per cassazione. Senza i farmaci il tasso alcolemico sarebbe stato inferiore a 1,5 g/l? Il ricorrente ammette di aver assunto dei farmaci idonei ad alterare i valori del tasso alcolemico in misura superiore a 0,5 g/l. Inoltre, ammette di aver bevuto alcolici a pranzo, fino alle ore 15, ma che l’accertamento effettuato dai carabinieri era avvenuto ben 9 ore dopo. Questo, secondo lui, era un chiaro indizio dell’incidenza causale dei medicinali che assumeva sulla persistenza di un alto tasso alcolemico. Per il ricorrente, insomma, la perizia era necessaria. L’automobilista sapeva quali erano gli effetti dei farmaci. La Cassazione, tuttavia, ritiene che il ricorrente conosceva gli effetti dei farmaci che assumeva, pertanto mai avrebbe dovuto porsi alla guida di un’autovettura . Ricorso dichiarato inammissibile dunque, e ricorrente condannato anche al pagamento delle spese processuali e della somma di 1.000 euro in favore della cassa ammende.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 marzo – 3 aprile 2013, numero 15562 Presidente D’Isa – Relatore Marinelli Ritenuto in fatto Con sentenza in data 8 ottobre 2010 il Tribunale di Pistoia-sezione distaccata di Pescia dichiarava B.G. colpevole del reato di cui all'articolo 186 commi 2 lett.c e 2 bis del decreto legislativo 30.04.1992 numero 285 commesso il omissis e lo condannava alla pena di Euro 4.000,00 di ammenda, di cui Euro 2.280,00 in sostituzione ex articolo 53 L.689/1981 della pena di mesi 2 di arresto, oltre al pagamento delle spese processuali. Avverso tale sentenza il difensore di B.G. proponeva appello. La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 20.04.2012, in riforma della sentenza emessa nel giudizio di primo grado, concesse le attenuanti generiche, rideterminava la pena nella misura di mesi uno e giorni dieci di arresto ed Euro 1.146,00 di ammenda, sostituendo la pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria pari ad Euro 1.520,00 di ammenda, con la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato penale confermava nel resto. Avverso tale sentenza B.G. personalmente proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi l mancata assunzione di una prova decisiva richiesta dalla difesa dell'imputato. Sosteneva sul punto il ricorrente che egli aveva richiesto l'espletamento di una perizia al fine di accertare l'idoneità dei farmaci da lui assunti ad alterare i valori del tasso alcolemico in misura superiore a 0,5 g/l. Osservava ancora che egli aveva assunto alcolici durante il pranzo e comunque non oltre le ore 15,00 e che l'accertamento era stato eseguito dai Carabinieri ben nove ore dopo. Quindi il fatto che egli ben nove ore dopo l'assunzione di alcolici presentasse ancora un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l era un chiaro indizio dell'incidenza causale dei medicinali che assumeva sulla persistenza di un alto tasso alcolemico. L'espletamento di una perizia sarebbe stato quindi assolutamente necessario al fine di individuare in quale misura i medicinali avevano influito sulla protrazione nel tempo degli effetti dell'alcol, dal momento che l'accertamento anche di una minima influenza avrebbe potuto condurre alla conclusione che senza quei farmaci il tasso alcolemico del ricorrente sarebbe stato inferiore a 1,5 g/l, con tutte le conseguenze anche in ordine al trattamento sanzionatorio. 2 Violazione e/o errata applicazione di legge, con riferimento al trattamento sanzionatorio, in quanto la pena irrogata al ricorrente sarebbe eccessiva e sproporzionata rispetto al reato commesso. Osservava infatti la difesa che il B. non risultava aver contribuito alla causazione del sinistro, che egli si era messo alla guida ben nove ore dopo l'assunzione di alcol, a dimostrazione della sua prudenza, che quindi si era trattato di ubriachezza incolpevole, dal momento che egli, pur non essendo a conoscenza dell'esatta entità degli effetti che i farmaci che assumeva potevano produrre, pur tuttavia usò la prudenza di aspettare nove ore prima di mettersi alla guida della sua autovettura. 3 Manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, dal momento che i giudici della Corte territoriale, da un lato, avevano affermato l'incidenza dei farmaci assunti dal B. sulla durata degli effetti dell'assunzione di alcol, dall'altro avevano considerato irrilevante, ai fini della scelta tra le tre fattispecie di reati previste dalle lettere a , b , c dell'articolo 186, 2 comma, del Codice della Strada, il fatto che tali effetti persistessero ancora nell'imputato a distanza di nove ore dal momento in cui aveva assunto del vino. Considerato in diritto I proposti motivi di ricorso sono manifestamente infondati. Per quanto attiene al primo si osserva che secondo la giurisprudenza di questa Corte, anche nel vigente codice di procedura penale la rinnovazione del giudizio in appello è istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente quando il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti Cass. Penumero , Sez.Unumero , 24 gennaio 1996, Panigoni, RV 203974 . Nella fattispecie che ci occupa pertanto non può certo ritenersi che l'espletamento di una perizia diretta ad accertare l'idoneità dei farmaci assunti dal B. ad alterare i valori del tasso alcol emico in misura superiore a 0,5 g/1 assumesse il carattere della indispensabilità ai fini del decidere, atteso che comunque il ricorrente, che conosceva gli effetti dei farmaci che assumeva, mai avrebbe dovuto porsi alla guida di un'autovettura. Anche gli ulteriori motivi di ricorso che attengono al trattamento sanzionatorio sono manifestamente infondati. La decisione impugnata risulta infatti sorretta da conferente apparato argomentativo, che soddisfa appieno l'obbligo motivazionale, anche per quanto concerne la dosimetria della pena. E appena il caso di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita Cass., Sez. 6, 22 settembre 2003 numero 227142 o con formule sintetiche tipo si ritiene congrua vedi Cass., sez.6, 4 agosto 1998, Rv.211583 , ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all'articolo 133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico Cass., sez.3, 16 giugno 2004 numero 26908, Rv.229298 . Si tratta di evenienza che certamente non sussiste nel caso di specie, avendo la Corte territoriale espressamente chiarito le ragioni in base alle quali ha ritenuto di concedere all'imputato le circostanze attenuanti generiche e di rideterminare la pena la pena nella misura di mesi uno e giorni dieci di arresto ed Euro 1.146,00 di ammenda, sostituendo la pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria pari ad Euro 1.520,00 di ammenda e concedendo altresì i doppi benefici. Il ricorso proposto non va in conclusione oltre la mera enunciazione del vizio denunciato e dunque esso è inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.