Il conducente provoca l’incidente: occorre sempre il suo consenso al prelievo ematico, se a chiederlo è la sola p.g.

Tuttavia, il suo rifiuto è sempre punibile.

Il caso. Un imputato viene condannato per la più grave delle ipotesi di guida in stato di ebbrezza – aggravato ex art. 186, comma 2, lett. c, 2 bis c.d.s. –. Ricorre in Cassazione e contesta l’utilizzabilità dell’accertamento alcolemico raccolto in occasione delle cure mediche prestate ai sensi del quinto comma dell’art. cit., in assenza di un consenso espresso. La Cassazione, Quarta sezione Penale, con la sentenza n. 10605 depositata il 7 marzo 2013, respinge il ricorso ed offre una efficace panoramica del valore del consenso al prelievo ematico , ai sensi delle distinte articolazioni che compongono la fattispecie citata. Quando l’agente accertatore è il sanitario non occorre il consenso espresso del conducente. Nulla quaestio nel caso in cui il conducente abbia originariamente prestato il consenso, necessario ai sensi del comma 2 bis cit., le risultanze possono essere liberamente valutate in giudizio. Quando ricorre la necessità di un accertamento diagnostico – quinto comma cit., in occasione di un incidente provocato – l’urgenza terapeutica assorbe il dato consensuale al prelievo ematico, da reputarsi non necessario. Due i dati letterali a sostegno, il riferimento della norma al generico accertamento sanitario” – espressione che pare vocata al fine diagnostico/medico più che a quello della raccolta di un dato investigativamente rilevante – e la significativa assenza di un richiamo espresso al consenso del conducente. Inoltre anche laddove l’accertamento sanitario sia preordinato, in realtà, al solo prelievo ematico – trattasi di una forma mascherata di atto investigativo – il consenso non riacquista la condizione vincolante di liceità delle risultanze – Cassazione, ex plurimis – e gli esiti ematici sono compiutamente utilizzabili in giudizio. L’ipotesi del quinto comma, il significato di incidente”. La Cassazione non accoglie la tesi difensiva, la quale deduceva da altri dati codicistici – v. l’art. 128 c.d.s – una nozione ampia di incidente, quale evento complesso coinvolgente più cose o persone. Il fine della difesa del conducente – che in realtà aveva provocato l’incidente solo a suo danno - era di disinnescare il ricorso al quinto comma al fine di rendere inutilizzabili i prelievi ematici raccolti. La Cassazione scansa la contestazione prodotta ricorre l’ipotesi del quinto comma anche quando il conducente non reca danno a null’altro che non la sua persona o la sua autovettura. La sola ulteriore urgenza terapeutica legittima il ricorso all’ipotesi cit. e di seguito alla raccolta del prelievo priva del consenso espresso del conducente. Quando agisce la sola p.g., dal consenso non si prescinde. Quando l’urgenza sanitaria lascia il posto a quella investigativa e a richiedere il prelievo ematico è la sola p.g. - ai sensi dell’art. 348, comma 4, c.p.p. - rinsaviscono le cautele dettate dalla Costituzione, dal codice di procedura e dalla regolazione deontologica sulla liceità del consenso del paziente al trattamento sanitario. La Cassazione chiarisce l’art. 13, comma 2, Cost. prescrive la riserva di legge regolativa di ogni ipotesi di accertamento c.d. invasivo – quale quello ematico. Quando manca l’urgenza terapeutica suddetta – e non si versa nel quinto comma cit. -, la tutela della libertà individuale non consente di accedere al prelievo ematico oltre il consenso espresso del conducente. Il rifiuto al prelievo è comunque punibile. La copertura penale del rifiuto al prelievo ematico – settimo comma, art. cit. – è comunque inclusiva di ogni ipotesi di mancato consenso, anche nei casi in cui il rifiuto sia pienamente lecito, ai sensi del paragrafo precedente. La compressione dell’esercizio del diritto è compiutamente giustificata da esigenze parimenti rilevanti di accertamento del reato e di repressione delle condizioni ostative all’investigazione degli organi dedicati.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 novembre 2012 - 7 marzo 2013, n. 10605 Presidente Brusco – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Venezia confermava la sentenza pronunciata nei confronti di B.P. dal Tribunale di Treviso con la quale questi era stato condannato per il reato di cui all'articolo 186 comma 2 lett. C , Ibis e 5 C.d.S. commesso il 6 maggio 2010, alla pena di mesi due di arresto ed Euro 1.000 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali e con la concessione dei doppi benefici, applicandosi altresì la sospensione della patente di guida per anni uno, mentre si inviavano gli atti alla competente autorità amministrativa per la confisca del motociclo in sequestro. 3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione personalmente il B. , lamentando la violazione di norme stabilite a pena di inutilizzabilità. 3.1. Ricordando che tra i motivi di appello vi era quello che lamentava l'inutilizzabilità degli esami ematici dai quali emergeva il tasso alcolemico imputatogli, l'esponente censura la sentenza impugnata per aver questa ritenuto, come già il giudice di primo grado, che tali esami erano stati effettuati nell'ambito del protocollo medico di pronto soccorso e come tali erano utilizzabili a fini di prova. Per il ricorrente così facendo il giudice d'appello non ha dato conto della richiesta inoltrata dalla polizia locale alle ore 17,25 del omissis e se questa avesse interferito con gli accertamenti da predisporre. Peraltro la sentenza sarebbe incorsa in contraddizione laddove afferma che il prelievo ematico è atto medico necessario per conoscere le condizioni del paziente mentre la ricerca del tasso alcolemico è un di più richiesto dagli organi accertatori che non modifica la natura prettamente medica del prelievo ematico. Questa interpretazione sarebbe elusiva del disposto dell'articolo 186, comma 5 C.d.S., il quale non consente che l'alternativa o il prelievo viene eseguito per effettuare la verifica del tasso alcolemico oppure viene seguito per scoprire le condizioni del paziente. In realtà con l'affermazione fatta, il giudice di secondo grado ammette che il tasso alcolemico è stato rilevato su richiesta della polizia giudiziaria omettendo però di considerare la mancata raccolta del consenso dell'imputato. Stante l'inutilizzabilità del prelievo e dei dati da esso derivati, la sentenza di secondo grado non poteva ritenere provata l'ipotesi di cui alla lettera a dell'art. 186 e doveva considerare la fattispecie come disciplinata dalla lettera a . 3.2. Con un secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge penale circa la sussistenza dell'aggravante di cui al comma 1 bis dell'articolo 186 nel caso di specie vi è stata una fuoriuscita autonoma di strada e non vi è stata alcuna collisione turbativa con altri veicoli o soggetti circolanti. L'interpretazione data dal giudicante alla norma, secondo la quale ricorre l'ipotesi normativa anche quando l'incidente non abbia riguardato altri che l'imputato, è erronea perché il codice della strada quando parla di incidente fa sempre riferimento ad un accadimento che coinvolge una pluralità di persone e/o di veicoli. Si fa al riguardo specifico riferimento al disposto dell'articolo 128, laddove prevede la revisione della patente di guida quando il conducente sia stato coinvolto in un incidente stradale che abbia determinato lesioni gravi alle persone al disposto dell'articolo 12, co. 4 dove si legge che gli interessati possono chiedere agli organi di polizia le informazioni acquisite relativamente alle modalità dell'incidente, alle residenze e al domicilio delle parti, alla copertura assicurativa dei veicoli e i dati per l'individuazione di questi ultimi. La nozione di incidente stradale assunta dall'art. 186, co. 2 bis sarebbe quindi diversa da quella valevole ai fini dell'applicazione dell'art. 186, co. 5 C.d.S Considerato in diritto 4. Il ricorso è infondato e pertanto non merita accoglimento. 5.1 La prima delle censure del ricorrente afferma più o meno esplicitamente che nel caso di specie il prelievo ematico avrebbe richiesto il consenso del B. , siccome non ricorrente l'ipotesi di cui all'art. 186, co. 5 C.d.S Escluso che la doglianza voglia offrire una ricostruzione evocatrice di una esecuzione del prelievo secondo modalità diverse da quella previste dalla norma appena citata il ricorrente non contesta che il prelievo venne effettuato su richiesta della p.g. in occasione del ricovero del B. per l'apprestamento degli accertamenti diagnostici imposti dal sinistro stradale in cui lo stesso era stato coinvolto , essa rappresenta che in presenza della richiesta della p.g. occorreva il consenso dell'imputato, diversamente da quanto accade se il prelievo è operato in seno agli accertamenti diagnostici compiuti nell'apprestamento di cure mediche. Il rilievo è destituito di fondamento. 5.2. Il tema dell'incidenza del consenso dell'interessato all'esecuzione dell'accertamento volto ad accertare il tasso alcolemico emerge con estrema frequenza e merita qualche puntualizzazione. Come mostra anche la tesi formulata dal ricorrente, quello del consenso è argomento che tende ad essere intrecciato all'altro del rapporto intercorrente tra la richiesta della p.g. di accertamento del tasso alcolemico e le cure mediche di cui pure parla il comma 5 dell'art. 186. Si assume che non è necessario il consenso dell'interessato quando il prelievo ematico trovi causa nelle cure da apprestare all'interessato. La tesi, peraltro, ha due varianti. Per una, la più estrema, siffatta ipotesi ricorre solo nell'ipotesi in cui l'accertamento del tasso alcolemico sia disposto in funzione delle cure da apprestare al paziente, sicché allorquando la p.g. faccia richiesta di rilevare, tra gli altri parametri ricercati ai fini diagnostici, anche il tasso alcolemico occorrerebbe uno specifico consenso dell'interessato. Per l'altra è sufficiente che siano in essere accertamenti medici in questo caso la richiesta della Polizia stradale non costituisce altro che un ampliamento dello spettro delle indagini richieste dal protocollo sanitario. In ogni caso, per le tesi in parola, quando l'accertamento non risulta necessario ai fini diagnostici e terapeutici occorre il consenso dell'interessato per la sua esecuzione ed in mancanza di questo l'atto risulterà inutilizzabile ai fini di prova nel giudizio penale. 5.3. Ad avviso di questa Corte una simile impostazione nuoce alla migliore ricostruzione del quadro giuridico. Occorre muovere dal testo dell'art. 186, co. 5 C.d.S. La disposizione menziona i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche , delineando una oggettiva condizione di affidamento della persona di cui trattasi al personale medico per l'apprestamento di cure. Questa sola condizione è sufficiente perché la Polizia stradale possa avanzare la richiesta dell'accertamento del tasso alcolemico. Non è senza significato che la norma si riferisca all'accertamento - ovvero al complesso di operazioni necessarie alla conoscenza del dato ricercato - e non ad un particolare tipo di operazione - in tesi, il prelievo ematico ma l'evoluzione tecnico-scientifica lascia ipotizzare che in futuro potranno aversi nuove metodiche . Si vuoi dire che non assume rilevanza che le operazioni utili all'accertamento siano o meno già state poste in campo per ragioni sanitarie quindi, che il prelievo sia stato già eseguito per rilevare parametri sulla base dei quali assumere decisioni terapeutiche o che venga eseguito unicamente per le necessità di accertamento del tasso alcol emico a fini di prova giudiziaria. La previsione normativa ha infatti lo scopo di garantire che un accertamento che può richiedere atti invasivi, come può essere il prelievo ematico, venga eseguito da personale attrezzato della necessaria competenza e in un contesto idoneo a fronteggiare ogni conseguente evenienza. Il secondo dato che è bene mettere a fuoco è l'assenza di ogni riferimento al consenso dell'interessato nel testo dell'art. 186 co. 5. Proprio perché espressamente presa in considerazione dal legislatore, qualora la richiesta della Polizia stradale avesse bisogno di essere seguita dal consenso dell'interessato per poter condurre all'acquisizione dei dati concernenti il tasso alcolemico, la norma lo avrebbe previsto in modo esplicito. Al contrario, la sola condizione posta dall'art. 186, co. 5 e, mutatis mutandi, dall'art. 187, co. 3 , è quella sopra ricordata, dell'essere in presenza di conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche . 5.4. Tra accertamento del tasso alcolemico richiesto dagli organi procedenti e consenso dell'interessato non vi è quindi alcun nesso o meglio ancora, come subito si vedrà, alcun nesso diretto”. È quindi pienamente da condividere il principio più volte ribadito da questa Corte secondo il quale i risultati del prelievo ematico, effettuato durante il ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica a seguito di incidente stradale, sono utilizzabili nei confronti dell'imputato per l'accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica e restando irrilevante, ai fini dell'utilizzabilità processuale, la mancanza del consenso Sez. 4, n. 1827 del 04/11/2009, Boraco, Rv. 245997 Sez. 4, Sentenza n. 4118 del 09/12/2008, Rv. 242834 . Ovviamente, il riferimento alla natura di documento dell'atto che riporta l'esito dell'accertamento è pertinente ove questo non sia stato eseguito su richiesta della Polizia stradale. In questo secondo caso, infatti, l'atto rappresenta vera e propria attività di p.g. compiuta a mezzo di persone dotate delle necessarie competenze tecniche art. 348, co. 4 cod. proc. pen. e, quanto alla sua acquisizione ed utilizzabilità ai fini del giudizio, soggiace alla disciplina degli atti irripetibili art. 431 cod. proc. pen. . La distinzione tra le due modalità di formazione del dato valore del tasso alcolemico” è puntualmente colta nella pronuncia di questa Corte per la quale i risultati del prelievo ematico effettuato per le terapie di pronto soccorso successive ad incidente stradale e non preordinato a fini di prova della responsabilità penale sono utilizzabili per l'accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, senza che rilevi l'assenza di consenso dell'interessato. In applicazione di tale principio la S.C. ha affermato che, per il suo carattere invasivo, il conducente può opporre un rifiuto al prelievo ematico se sia finalizzato esclusivamente all'accertamento della presenza di alcol nel sangue Sez. 4 n. 26108 del 16/05/2012, Pesaresi, Rv. 253596 Sez. 4,. n. 10286 del 4/11/2008, Esposito, rv. 242769 . 5.5. Il principio appena ricordato merita di essere condiviso e tuttavia la sottolineatura della necessità di un previo consenso dell'interessato all'esecuzione del prelievo ematico rectius delle operazioni funzionali all'accertamento del tasso alcolemico va ulteriormente esplicata, onde evitare possibili fraintendimenti. Come già osservato, può accadere che la Polizia stradale si limiti a chiedere che sul campione ematico prelevato a fini sanitari venga eseguita anche la ricerca del tasso alcolemico o della presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope art. 187 C.d.S. . In simili casi il tema del consenso informato non assume alcun rilievo, poiché esso è già stato prestato ai sanitari si è infatti consentito al prelievo oppure non è necessario perché ricorre una delle situazioni nelle quali la previa acquisizione del consenso non è richiesta emergenza sanitaria, ad esempio . Né può affermarsi un diritto dell'interessato ad esprimere uno specifico consenso sulla rilevazione del tasso alcolemico, poiché si tratta di un accertamento non invasivo che integra attività di ricerca della prova di un reato. Nel caso in cui il prelievo venga eseguito - sul soggetto sottoposto a cure mediche - unicamente per l'intervenuta richiesta degli organi procedenti, la previsione del rifiuto quale nucleo di un illecito penale dimostra che l'interessato è chiamato a prestare il proprio consenso all'atto e d'altronde non si vede perché il consenso dovrebbe essere necessario in caso di prelievo per finalità sanitarie ma non ove si perseguano finalità di accertamento del reato , perché solo su tale presupposto è ipotizzabile un rifiuto. Questa Corte, invero, ha chiarito in una recente pronuncia che dalla previsione degli illeciti penali incentrati sul rifiuto di sottoporsi all'accertamento discende che l'art. 186 come l'art. 187 non prevede alcun preventivo consenso dell'interessato al prelievo dei campioni. Ciò che può essere opposto è il rifiuto al controllo e la sanzione penale che accompagna tale condotta, sancendone il disvalore, risulta incompatibile con la pretesa di un esplicito consenso al prelievo dei campioni Sez. 4, n. 8041 del 21/12/2011, Pasolini, Rv. 252031 . L'affermazione merita di essere ulteriormente esplicata. Nel caso Pasolini la Corte si è interrogata sulla fondatezza dell'ipotesi per la quale il difetto di consenso al prelievo del campione possa costituire una causa di inutilizzabilità patologica dell'accertamento compiuto, in ragione dei principi di natura costituzionale evoca bili in argomento. Ipotesi che il giudice di legittimità ha escluso, ricordando che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 238/1996, nel dichiarare l'illegittimità dell'art. 224 c.p.p., comma 2, nella parte in cui consente che il giudice, nell'ambito delle operazioni peritali, disponga misure che comunque incidano sulla libertà personale dell'indagato o dell'imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste nei casi e nei modi dalla legge , ha anche segnalato come in un diverso contesto, che è quello del nuovo codice della strada artt. 186 e 187 , il legislatore - operando specificamente il bilanciamento tra l'esigenza probatoria di accertamento del reato e la garanzia costituzionale della libertà personale - abbia dettato una disciplina specifica e settoriale dell'accertamento sulla persona del conducente in apparente stato di ebbrezza alcoolica o di assunzione di sostanze stupefacenti della concentrazione di alcool nell'aria alveolare espirata e del prelievo di campioni di liquidi biologici, prevedendo bensì in entrambi i casi la possibilità del rifiuto dell'accertamento, ma con la comminatoria di una sanzione penale per tale indisponibilità dei conducente ad offrirsi e cooperare all'acquisizione probatoria disciplina - questa - la cui illegittimità costituzionale è stata recentemente esclusa da questa Corte sentenza n. 194 del 1996, citata proprio denegando, tra l'altro, la denunziata violazione dell'art. 13 Cost., comma 2, atteso che la dettagliata normativa di tale accertamento non consente neppure di ipotizzare la violazione della riserva di legge . Sulla scorta delle affermazioni rese dal giudice delle leggi si è quindi concluso che quello ha riconosciuto, nelle due pronunce sopra riportate, la legittimità della disciplina del codice della strada, anche laddove nell'indicare le modalità degli accertamenti tecnici per rilevare lo stato di ebbrezza, non prevede alcun preventivo consenso dell'interessato al prelievo dei campioni. Tal ultimo assunto va però riferito all'accertamento del tasso alcolemico inteso, come si è scritto in apertura, come il risultato di operazioni strumentali, allo stato consistenti nel prelievo ematico e nell'analisi del reperto ma che potranno essere diverse in avvenire. L'affermazione non va riferita al prelievo ematico in quanto tale. Rispetto a questo non vi è possibilità di eludere il principio che vuole ogni attività diagnostica o terapeutica apprestata dal medico bisognevole della previa acquisizione del consenso informato dell'interessato. Il più recente approdo della giurisprudenza di legittimità in materia di relazioni tra trattamento terapeutico e consenso informato indica in quest'ultimo un presupposto di liceità dell'attività medico-chirurgica Cass. S.U., sent. n. 2437 del 18.12.2008, Giulini, rv. 241752 . Ricorda la Corte che ove manchi o sia viziato il consenso informato del paziente, e non si versi in situazione di incapacità di manifestazione del volere ed in un quadro riconducibile allo stato di necessità, il trattamento sanitario risulterebbe eo ipso invasivo rispetto al diritto della persona di prescegliere se, come, dove e da chi farsi curare . Tanto vale per qualsiasi attività sanitaria si consideri, peraltro, che il codice deontologico richiede che il medico acquisisca un valido consenso del paziente prima di intraprendere qualsiasi attività diagnostica o terapeutica secondo l'art. 35 del codice deontologico, approvato dalla Federazione Italiana degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri il 16 dicembre 2006, il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l'acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente , si aggiunge - quale ulteriore conferma del principio della rilevanza della volontà del paziente come limite ultimo dell'esercizio della attività medica - che in presenza di un documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona . Anche nel caso in cui il prelievo venga eseguito - sul soggetto sottoposto a cure mediche - unicamente per l'intervenuta richiesta della p.g., non pare esclusa la valenza del generale principio della necessità del consenso informato. Per ritenere diversamente occorrerebbe postulare che la p.g. possa ordinare al medico di eseguire il prelievo e che quest'ordine esima il sanitario dal richiedere il consenso informato. Tuttavia, il testo dell'art. 186 contraddice una simile ipotesi interpretativa, giacché indica l'atto della p.g. come richiesta” e non come disposizione, prescrizione, ordine et simllia. La coerenza costituzionale della norma, avallata dal giudizio del giudice delle leggi, deriva dal rapporto accessorio che l'iniziativa della p.g. trattiene con l'attività medica, la quale assicura in via preliminare che non subiscano pregiudizio i diritti della persona potenzialmente incisi dalle operazioni necessarie all'accertamento del tasso alcolemico. 5.6. Con un recentissimo arresto Sez. 4, n. 38077 del 6.11.2012, Guardabascio, non massimata , mettendo a fuoco l'ipotesi in cui il prelievo ematico venga eseguito su richiesta della p.g. ed esclusivamente per l'accertamento del tasso alcolemico, questa Corte ha portato la propria attenzione sull'alternativa mancanza di consenso-dissenso espresso , che ha ritenuto capace di implicazioni significativamente diverse. Si è così affermato che se basta il dissenso espresso dell'interessato gli organi di p.g. possono richiedere ai sanitari l'effettuazione del prelievo ematico e, quindi dell'accertamento del tasso alcolemico, ancorché questi non abbiano ritenuto necessario di sottoporre l'interessato a cure mediche, deducendo il consenso di quest'ultimo, ovviamente previa informazione al medesimo della finalità per cui è effettuato il prelievo ematico trattasi pur sempre di un consenso informato anche da un atteggiamento positivo, sebbene non verbalmente espresso altrimenti, se si richiede il consenso dell'interessato è ovvio che esso debba essere espresso, cioè non ricavabile dai suoi atteggiamenti . La scelta interpretativa della Corte, tratta dalla previsione dell'art. 186, co. 7, è stata nel senso della sufficienza della mancanza di un espresso dissenso dell'interessato all'esecuzione del prelievo ematico per l'utilizzabilità processuale dei relativi risultati. In effetti, nella concreta operatività delle figure sanitarie sollecitate dalle evenienze fattuali individuate dall'art. 186, co. 5 non è infrequente che si proponga la necessità di risolvere il dubbio circa la possibilità di svolgere i propri compiti in assenza di espresse manifestazioni di volontà del soggetto portato all'attenzione. Il dilemma non sembra poter trovare soluzione diversa a seconda della funzionalità dell'attività terapeutica e diagnostica unicamente alla tutela della salute dell'interessato o, piuttosto, anche all'accertamento del reato. Ove non sia necessario prestare cure mediche volendo formulare una esemplificazione si può immaginare che la p.g. conduca presso un presidio sanitario il conducente rimasto coinvolto in un incidente, ma palesemente non bisognevole di cure mediche, solo perché ne venga accertato lo stato di ebbrezza alcolica l'evocazione della previsione dell'art. 186, co. 5 risulta impossibile, considerato il ruolo di presupposto essenziale che assume ai fini della relativa disciplina il fatto che quel conducente sia sottoposto a cure mediche . Si tratta, in tal caso, di accertamenti che dovranno trovare altra fonte normativa di legittimazione. L'approfondimento di questo tema non è richiesto dalla decisione del caso che occupa e quindi non è possibile svolgere ulteriori considerazioni al riguardo ma non parrebbe errato far riferimento all'art. 348 cod. proc. pen Soprattutto, sembra evidente che anche quando - e, tenendo presente la giurisprudenza costituzionale, a fortiori se - si operi al di fuori dello schema prefigurato dall'art. 186, co. 5, ove sia necessario procedere al prelievo ematico, devono essere soddisfatte le condizioni di legittimità imposte dall'istituto del consenso informato. Come d'altro canto afferma la stessa pronuncia appena ricordata, laddove rimarca ovviamente la necessità di una previa informazione al medesimo della finalità per cui è effettuato il prelievo ematico trattasi pur sempre di un consenso informato . Che tale consenso possa essere desunto anche da un atteggiamento positivo, sebbene non verbalmente espresso è quesito che va risolto alla stregua delle regole valevoli appunto per il consenso informato qui sia sufficiente ricordare che solo in alcuni casi la legge richiede la forma scritta, mentre il Codice deontologico la richiede anche nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione inequivoca della volontà della persona , poiché - come si è già osservato - non si da la necessità di un consenso o della mancanza di un dissenso espresso all'accertamento di p.g. diverso ed ulteriore rispetto a quello che si impone nell'ambito del rapporto terapeutico. 5.7. Una volta posto in evidenza il carattere esclusivo della relazione tra consenso ed operazioni sanitarie, è opportuno chiarire come tale affermazione si coordini con la previsione del reato di cui all'art. 186, co. 7. Detto altrimenti, occorre chiedersi se sia ammissibile che il reato risulti integrato da un comportamento che è connesso all'esercizio del diritto di non sottoporsi al trattamento medico. Su un piano più generale può osservarsi come non manchino ipotesi in cui l'esercizio di un diritto può integrare ex se reato si pensi al reato di maltrattamenti di animali quando realizzato su animali dei quali si sia proprietari ai vari illeciti costituiti da atti di esercizio del diritto di manifestazione del pensiero. Le ragioni per le quali si danno evenienze di tal fatta sono individuate dalla dottrina ora nella esistenza di limiti intrinseci all'esercizio del diritto di cui trattasi, di talché non ogni fatto costituente esercizio di un diritto è per ciò solo giustificato, ora nel dispiegarsi di uno o più criteri di regolamento delle antinomie cronologico, gerarchico o di specialità. Il taglio del nodo dogmatico ora evocato non è pregiudiziale per la decisione della vicenda che occupa può però osservarsi che le due tesi lasciano Intravedere un profilo comune, ovvero la non indifferenza del diritto di cui trattasi alla esistenza di altri interessi o valori che possano porsi in rapporto dialettico con quello rapporto che il legislatore non disconosce ed anzi regola per gli uni, ponendo quelle limitazioni intrinseche che si sono menzionate per gli altri facendo coesistere norme antinomiche destinate al lavorio interpretativo . Calando queste premesse nel tema che occupa, risulta che il diritto di rifiutare la pratica sanitaria può integrare reato senza che si propongano riflessi di incostituzionalità. In presenza dei presupposti identificati dal legislatore l'esercizio del diritto trova limiti per il concorrente interesse pubblico all'accertamento del reato ad un giudizio di comparazione di valori allude anche Sez. 5, n. 38085 del 05/07/2012, Luperi e altri, Rv. 253545, in tema di falso in atto pubblico e diritto di difesa . L'ulteriore questione se - al fine della responsabilità per il reato di cui all'art. 186 co. 7 - quei limiti importino l'indifferenza alla ragioni del rifiuto di sottoporsi alla pratica sanitaria o meno non assume rilievo in questa sede, in cui il tema è affrontato al limitato fine di verificare se dalla fattispecie incriminatrice vengano indicazioni a conferma della interpretazione data all'art. 186, co. 5. 5.8. Si può quindi concludere che, ai fini dell'applicazione dell'art. 186, co. 5 C.d.S., la richiesta della p.g. di accertamento del tasso alcolemico di conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche può legittimamente essere l'unica causa di tale accertamento e non richiede uno specifico consenso dell'interessato, oltre a quello eventualmente richiesto dalla natura delle operazioni sanitarie strumentali a detto accertamento. 6. La Corte di Appello di Venezia ha fatto compiuta applicazione del principio appena espresso. Risulta invero incontroverso che il B. venne trasportato in ambulanza presso il Pronto Soccorso dell'ospedale di XXXXXXX dopo che era rimasto coinvolto in un incidente stradale mentre era alla guida di un motociclo. Altrettanto pacifico è che nel corso della sua permanenza presso il detto presidio venne eseguito dai sanitari, su richiesta della p.g., l'accertamento del tasso alcolemico. Pertanto è del tutto irrilevante che il prelievo ematico a tale accertamento funzionale, sia stato eseguito ai soli fini di corrispondere alla richiesta della p.g. o anche per le necessità diagnostiche e terapeutiche. Il giudice del merito non aveva quindi alcuna necessità di verificare il significato dell'orario della richiesta e se questa interferi” con gli accertamenti da predisporre. Allo stesso modo la Corte di Appello non aveva alcuna necessità di indagare in ordine all'esistenza del consenso dell'interessato al prelievo ematico, in quanto conseguente alla richiesta della p.g., avendo valutato che l'atto medico non richiedesse nelle condizioni date il consenso informato e tale giudizio non risulta contestato dal ricorrente . Pertanto l'accertamento medico attestante il tasso alcolemico del B. , proveniente dall'Ospedale di XXXXXXX, integra un elemento di prova che legittimamente può fondare il convincimento del giudice. 7. Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato. L'assunto che valga per l'art. 186, co. 2bis una nozione di incidente stradale diversa da quella rilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 186, co. 5 non trova alcuna conferma nel testo della legge. La fattispecie aggravante scaturisce da una disposizione che menzione genericamente l'incidente stradale, senza alcuna specificazione essa si colloca in seno ad una serie di disposizioni che prendono più volte in considerazione l'accadimento incidente stradale” in un'accezione certamente omnicomprensiva, come riconosce lo stesso ricorrente laddove afferma che non vi è coincidenza di significato della locuzione in parola nelle due norme evocate. In effetti, la nozione di incidente stradale valevole ai fini dell'applicazione dell'art. 186, co. 5 C.d.S. non può che desumersi dalla connessione posta dal legislatore tra il verificarsi del sinistro ed i conseguenti accertamenti della Polizia stradale. Tale relazione mette in luce come quella nozione abbia nel proprio nucleo il determinarsi di una situazione di pericolo, per le cose e/o per le persone, verificatasi nell'ambito della circolazione stradale, dalla quale possa desumersi il ragionevole dubbio della necessità di operare una verifica delle condizioni psico-fisiche del conducente rimasto coinvolto in essa. Non è necessario che l'accadimento abbia interessato più veicoli o più soggetti è sufficiente che il fatto possa costituire elemento sintomatico di uno stato di alterazione psicofisica del conducente coinvolto, sì da legittimare e richiedere l'espletamento di più approfonditi accertamenti sugli elementi che possono far risultare integrato il reato di guida in stato di ebbrezza alcolica. Una conferma di ciò si rinviene anche nella lettera dell'art. 186, co. 4 C.d.S., che nel prevedere la facoltà degli organi di Polizia stradale di effettuare l'accertamento qualitativo non invasivo di cui al comma 3 presso il più vicino ufficio o comando fissa le condizioni di esercizio della stessa nell'esito positivo dei primi accertamenti su strada nonché nell'essersi verificato un qualsiasi tipo di incidente in ogni caso di incidente , è la formula legale ovvero nell'esistenza di elementi che facciano ritenere che il conducente si trovi in stato di alterazione psicofisica derivante dall'influenza dell'alcol. È del tutto palese che, stante l'identità di obiettivi, non può che valere per entrambe le disposizioni una medesima nozione di incidente stradale. Risulta pertanto alquanto singolare l'interpretazione patrocinata dall'esponente, che pretende di assegnare alla nozione di incidente stradale valevole per l'integrazione dell'aggravante in discorso una intensione più ristretta di quella assunta da più disposizioni del medesimo articolo. Peraltro, è del tutto arbitraria la tesi per la quale la nozione di incidente stradale posta dall'art. 128, co. 1 ter non include il fatto che abbia visto coinvolto il solo conducente la cui condotta è valutata invero la norma seleziona, ai fini della revisione della patente di guida, nell'ambito della classe degli incidenti stradali la sottoclasse degli incidenti stradali nei quali il conducente abbia determinato lesioni gravi alle persone, in concomitanza con l'altro elemento specializzante dell'esser stata contestata a quel conducente la violazione di una delle disposizioni del presente codice da cui consegue l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida. In altri termini, la norma in parola non ridefinisce la nozione generale di incidente stradale. Né spiega rilievo il testo dell'art. 11, co. 4 parrebbe ravvisarsi un errore dell'esponente nella citazione dell'art. 12, co. 4 sol perché utilizzerebbe, a riguardo delle persone e dei veicoli, il numero plurale piuttosto che quello singolare. La significatività del dato è ampiamente confutata da quanto sin qui espresso e dalla lettura complessiva della disposizione. 8. Segue, a norma dell'articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.