Riforma totale della decisione impugnata: quali i limiti e quali gli oneri motivazionali?

Al fine di poter ritenere sussistente la responsabilità penale esclusa nel giudizio di primo grado, il giudice d’appello dovrà confrontarsi con il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, non potendosi limitare ad una mera rilettura del materiale probatorio in atti inoltre, dovrà fornire adeguata motivazione con precipuo riferimento alle circostanze per le quali, nonostante la diversa soluzione adottata nel precedente grado di giudizio, egli ritenga di poter addivenire ad una nuova decisione.

Il caso. Il Giudice dell’udienza preliminare di Lanusei assolveva S.O. e G.L.F. dal reato di cui all’art. 73, D.P.R. n. 309/90, perché il fatto non costituiva reato. In particolare, alla vista di un posto di blocco dei Carabinieri, i due imputati avevano gettato dal finestrino dell’autovettura sulla quale viaggiavano un involucro, all’interno del quale i militari avevano rinvenuto due distinti pacchetti contenenti circa 1 kg ciascuno di sostanza stupefacente del tipo marijuana. In sede di giudizio di prime cure, il Giudice riteneva che, benché la quantità della sostanza sequestrata fosse considerevole – a seguito di apposita perizia tecnica, veniva accertato come dalla stessa potevano essere ricavate addirittura quattrocento singole dosi – il solo dato ponderale, in assenza di emergenze investigative precipuamente conducenti alla prova di una detenzione a fini di spaccio, non poteva, sic et simpliciter , legittimare una statuizione di condanna. Il Procuratore della Repubblica di Lanusei impugnava la decisione del primo Giudice, chiedendo che la stessa fosse oggetto di reformatio in peius la Corte di Appello di Cagliari, accogliendo l’atto di gravame avanzato dal rappresentante della pubblica accusa, riformava totalmente la sentenza di primo grado e, per l’effetto, affermava la penale responsabilità degli imputati, condannandoli alla pena ritenuta di giustizia. Più specificamente, la Corte territoriale motivava la propria decisione sulla scorta, sostanzialmente, dell’ingente quantitativo di sostanza stupefacente rinvenuta, argomentando come la stessa non poteva essere considerata idonea all’ipotesi dell’uso meramente personale. Avverso tale sentenza, gli imputati ricorrevano per Cassazione, deducendo inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 73, D.P.R. n. 309/90, nonché vizi della motivazione. L’onere motivazionale previsto. Con la sentenza n. 8705/13, depositata il 21 febbraio, la Sesta Sezione Penale della Corte di legittimità, ritenendo meritevoli di accoglimento entrambi i ricorsi, riprende ed esplicita quella che è la giurisprudenza maggioritaria precipuamente afferente i requisiti motivazionali richiesti, ad substantiam , in capo alla sentenza di appello che modifichi la statuizione di primo grado. In tali casi è, infatti, assolutamente necessario che la decisione assunta a seguito di rituale impugnazione sia connotata da non apparenza, non manifesta illogicità e non contraddittorietà c.d. obbligo rafforzato . Tuttavia, fermo restando ciò, nei casi in cui la reformatio sia addirittura totale, come nel caso de quo , è prevista la sussistenza di un ulteriore onere motivazionale in capo al giudicante d’appello ovvero, egli dovrà confrontarsi in modo specifico e completo con le argomentazioni contenute nella prima sentenza, ricorrendo il vizio di motivazione nel caso in cui tale confronto manchi su elementi e circostanze che hanno, in modo determinante, concorso a formare il primo e diverso apprezzamento. Il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio. Nel caso, poi, di una condanna intervenuta, per la prima volta, in sede di giudizio di appello, il secondo Giudice dovrà adeguatamente motivare in ordine alle ragioni della riforma anche, e soprattutto, con riferimento al principio della colpevolezza ogni oltre ragionevole dubbio. In effetti, afferma la Corte, il giudicante di appello non potrà limitarsi a fornire una lettura alternativa del compendio probatorio in atti, dovendo, a contrario , fornire argomentazioni tali da evidenziare le carenze od insufficienze della decisione assolutoria illo tempore assunta. Altrimenti detto, il secondo Giudice dovrà esplicitare le ragioni per le quali ha ritenuto di potere escludere la sussistenza di eventuali dubbi sull’affermazione di colpevolezza. Donde, nel caso di riforma totale della sentenza impugnata, la motivazione dovrà essere caratterizzata da indefettibile particolare rigore ed attenzione, e ciò a maggior ragione nel caso in cui la nuova statuizione sia caratterizzata da una reformatio in peius .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 gennaio – 21 febbraio 2013, n. 8705 Presidente Serpico – Relatore Citterio Considerato in fatto 1. S O. e G.L F. erano a bordo di autovettura, condotta dal secondo. Avvicinandosi ad un posto di controllo di una pattuglia dei carabinieri di , alle 0.50 del omissis gettavano da un finestrino un involucro, risultato contenere due distinti pacchetti, ben chiusi e confezionati, con gr. 910 di marijuana il primo e 950 della stessa sostanza il secondo. Perquisizioni ulteriori anche presso le rispettive abitazioni davano esito negativo. I due imputati, che si erano avvalsi della facoltà di non rispondere al momento della convalida dell'arresto, successivamente rendevano nel giudizio dichiarazioni spontanee affermando di avere, in reciproca autonomia, acquistato lo stupefacente, non rinvenibile di tale qualità e prezzo nella diversa zona di comune residenza. 2.1 Il GUP di Lanusei con sentenza del 22.9-6.10.05 ha assolto gli imputati perché il fatto non costituisce reato. Ha argomentato che, pur a fronte di quantitativo apprezzabile la perizia tecnica sulla sostanza aveva attestato una quantità equivalente a circa 400 dosi medie ed una qualità destinata a mantenere effetti propri per almeno un anno, se ben conservata , a fronte delle dichiarazioni sulla destinazione ad uso personale, dell'attività di imprenditori quali allevatori svolta dai due e dell'assenza di alcun elemento di fatto ulteriore per sé indicativo di una possibile destinazione allo spaccio anche parziale della sostanza, il solo dato ponderale non poteva essere esaustivo per la condanna. 2.2 Attivata dagli appelli del procuratore della Repubblica di Lanusei e del procuratore generale, la Corte distrettuale di Cagliari ha invece deliberato con sentenza dell'1.2-18.3.11 la colpevolezza degli imputati, condannandoli alle pene di giustizia. Secondo il Giudice d'appello, la consistenza del quantitativo di marijuana detenuto da ciascuno dei due imputati era sicuramente non confacente all'uso personale p. 4 , mentre le deduzioni fornite dagli stessi dovevano considerarsi tardive e generiche, quindi risultando del tutto inattendibile la prospettazione della scorta personale. In particolare, l'attività imprenditoriale era svolta dagli imputati nei contesti familiari, la prospettazione della scorta personale per ragioni di comodità era inverosimile, il silenzio in sede di arresto e convalida era emblematico della non genuinità della successiva versione. 3. Entrambi gli imputati ricorrono a mezzo dei rispettivi difensori. 3.1 O. enuncia motivi di violazione dell'articolo 2 c.p., in ordine all'approccio interpretativo della Corte d'appello al materiale probatorio ed all'onere di prova, nonché degli artt. 73 e 75 dPR 309/90, per essere intervenuta la condanna in assenza degli indici di destinazione della sostanza allo spaccio e in definitiva sulla base del solo dato quantitativo. Il Giudice d'appello in particolare non si sarebbe confrontato con le argomentazioni del GUP. 3.2 F. enuncia motivi di inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 73 dPR 309/90 e vizi della motivazione. Richiamati gli elementi di fatto valorizzati dal GUP per l'assoluzione, anche questo ricorrente lamenta che la Corte distrettuale abbia valorizzato il solo dato ponderale, non confrontandosi con le argomentazioni del primo Giudice e trasferendo sull'imputato l'onere di provare la circostanza dell'uso personale. Ragioni della decisione 4. I ricorsi sono fondati, nei termini che seguono. 4.1 Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte suprema, la motivazione della sentenza d'appello che riformi la sentenza di primo grado si caratterizza per un obbligo peculiare, che si aggiunge a quello generale della non apparenza, non manifesta illogicità e non contraddittorietà, evincibile dalla lettera E dell'articolo 606.1 c.p.p. si è in proposito parlato anche di obbligo rafforzato Sez. 5, sent. 35762/2008 . Nel caso di riforma radicale della precedente decisione, infatti, il giudice d'appello deve non solo sostenere la propria diversa deliberazione con una motivazione che sia intrinsecamente esistente, non manifestamente illogica e non contraddittoria come usualmente sufficiente, ai sensi dell'articolo 606.1 lett. E c.p.p., per dar conto dell'apprezzamento di merito proprio del grado . Egli deve anche confrontarsi in modo specifico e completo con le argomentazioni contenute nella prima sentenza per tutte, SU, sent 45276/2003 Sez.6, sent 22120/2009 , ricorrendo il vizio di omessa motivazione quando quel confronto manchi su circostanze ed apprezzamenti che hanno concorso in modo determinante a fondare il primo e diverso apprezzamento. Questo principio rileva, in particolare, nel caso di decisione di prima condanna in grado di appello. 4.2 In tale evenienza, infatti, l'inadeguatezza strutturale di una decisione d'appello che, pur in astratto correttamente motivata se in sé considerata, non dimostri di essersi anche confrontata con le evidentemente diverse ragioni della sentenza riformata, dipende dall'avvenuta palese disapplicazione della regola di giudizio secondo la quale l'affermazione di responsabilità è possibile solo quando la colpevolezza risulta al di là di ogni ragionevole dubbio” articolo 533.1 c.p.p. . Ed invero, come già precisato da almeno tre sentenze di questa Sezione Sez.6, sent. 40159/2011, 4996/2011, 1514/2013 , a fronte del medesimo compendio probatorio”, la motivazione che si limiti a dare una lettura alternativa, ma non risulti pure sorretta da argomenti dirimenti e tali da evidenziare oggettive carenze o insufficienze della decisione assolutoria, che deve, quindi, rivelarsi, a fronte di quella riformatrice, non più sostenibile, neppure nel senso di lasciare in piedi residui ragionevoli dubbi sull'affermazione di colpevolezza , viola quella regola di giudizio ed introduce quantomeno un vizio della motivazione, in termini di peculiare concretizzazione del vizio dell'”apparenza”. 4.2.1 Appare opportuno rilevare che questo insegnamento della Corte di cassazione si colloca nella riflessione giurisprudenziale e dottrinale da tempo avviata sulla constatazione della peculiarità anomala dell'attuale nostro processo d'appello, caratterizzato dalla tendenziale esaustiva cartolante con le eccezioni disciplinate dall'articolo 603 c.p.p. a fronte di una struttura del primo grado di giudizio che tendenzialmente valorizza invece l'oralità e la concentrazione delle prove e quindi, in particolare, il contatto diretto tra la prova ed il giudice che la valuta quale elemento caratterizzante la qualità del successivo apprezzamento . Se pertanto, per le ragioni già con convincente completezza esposte nella richiamata sentenza delle Sezioni unite 45276/2003, punto 7.1 della motivazione v. anche Corte cost., sent 26/2007 , la possibilità sistematica che dopo un'assoluzione in primo grado intervenga una condanna in grado di appello rispetto alla quale l'imputato condannato può solo ricorrere in cassazione senza pertanto poter più ottenere un'ulteriore rivalutazione del merito, ancorché questo risulti caratterizzato da nuove ragioni, probatorie e logiche, dell'apprezzamento si sottrae a censure di costituzionalità interna e di contrasto con norme e principi pattizi internazionali, tuttavia la delicata peculiarità di un tale contesto impone particolare rigore nella seconda motivazione. E, questo, ancor più dopo l'introduzione della regola di giudizio per la quale il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio articolo 533.1 c.p.p. ex articolo 5 legge 46/2006 . Del resto, anche i più recenti orientamenti della Corte EDU tra cui si evidenzia la sentenza 5.7,2011, Dan c. Moldavia, in particolare i paragrafi 32 e 33, con l'affermazione che quando la decisione di prima condanna in grado di appello si fonda sul diverso apprezzamento di una prova orale determinante per la decisione, questa deve in linea di massima prima essere riassunta davanti al medesimo giudice d'appello concorrono e con un'efficacia che va oggi valutata anche alla luce della sentenza della nostra Corte costituzionale n. 113/2011 sull'articolo 630 c.p.p. ad una conclusione che vede la prima condanna in appello, a materiale probatorio invariato, come soluzione strutturale legittima, quindi possibile e fisiologica”, ma caratterizzata da indefettibile particolare rigore e attenzione nell'adempimento degli obblighi e nell'osservanza delle regole anche di sistema” del processo. 4.2.2 In definitiva e in altri e conclusivi termini, quando, immutato il materiale probatorio acquisito al processo, afferma sussistente una responsabilità penale negata nel giudizio di primo grado, il giudice d'appello deve confrontarsi espressamente con il principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, non limitandosi pertanto sia pure con motivazione per sé immune dai vizi, tassativi e soli, indicati all'articolo 606.1 lett. E c.p.p. ad una rilettura di tale materiale, quindi ad una ricostruzione alternativa, ma spiegando perché, dopo il confronto puntuale con quanto di diverso ritenuto e argomentato dal giudice che ha assolto, il proprio apprezzamento è l'unico ricostruibile al di là di ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o inadeguatezze probatorie che abbiano caratterizzato il primo giudizio minandone conseguentemente la permanente sostenibilità. 5.1 Nel caso concreto, la Corte distrettuale ha seguito l'impostazione del GUP quanto all'attribuzione ripartita della complessiva sostanza, nel senso di assegnare ciascuno dei due involucri ad uno solo dei due imputati e così tuttavia mostrando di dare attendibilità a quella che è parte essenziale della linea difensiva, contestualmente però valutata poco genuina nel resto, in ragione della sua tardività . Ha apprezzato in modo diverso i dati dell'attività lavorativa, della distanza tra luogo di approvvigionamento e luogo di residenza, della giudicata intempestività dell'indicazione all'uso personale non pare essersi confrontata espressamente con il dato qualitativo, evidenziato dal GUP quale elemento di riscontro diretto dell'intenzione di procurarsi una scorta efficace per lungo periodo. Non ha commentato gli aspetti dell'esito negativo delle perquisizioni quanto ad oggetti e denaro, nonché della mancanza di precedenti specifici invece considerati dal GUP . 5.2 Ora questa rivalutazione da un lato, come visto, ha aspetti di contraddittorietà interna la conferma della distinta attribuzione della sostanza in atto detenuta insieme, parte essenziale della versione tardiva” svalutata nel suo complesso in quanto tale e di insufficienza strutturale, nel senso prima esposto per il mancato confronto con i dati della qualità congrua all'assunto difensivo, dell'esito negativo delle perquisizioni, della mancanza di precedenti specifici, valorizzata dal primo Giudice . Dall'altro, non Indica ragioni determinanti per pervenire, sul piano logico, alla conclusione di insostenibilità del diverso precedente apprezzamento, alla luce del criterio dell'oltre ogni ragionevole dubbio. 6. L'annullamento dell'impugnata sentenza deve avvenire senza rinvio e con conseguente adozione della formula assolutoria già deliberata dal GUP. Per quanto sopra evidenziato, infatti, il Giudice d'appello è pervenuto ad una lettura alternativa del medesimo materiale probatorio, con argomentazione articolata che ha, all'evidenza, valorizzato tutti gli elementi d'accusa disponibili. Ma poiché tale prospettazione alternativa, a prescindere dai due rilievi indicati sub 5.2, già in sé non si propone come evidenziante argomenti dirimenti” e significativi di oggettive carenze e insufficienze” della prima decisione, nei termini indicati sub 4.2, è del tutto ragionevole presumere che il giudizio di rinvio non potrebbe introdurre elementi probatori ed argomenti ulteriori caratterizzati da una tale invece necessaria connotazione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.