Portarsi appresso un coltellino svizzero integra porto abusivo di arma, se non sussiste un giustificato motivo

Il giustificato motivo per portare fuori dalla propria abitazione o dalle sue pertinenze un’arma ricorre solo se le specifiche esigenze dell’agente siano corrispondenti perfettamente a regole comportamentali lecite, da valutare in relazione alla natura dell’oggetto, alle modalità del fatto, alle condizioni soggettive, alle circostanze spazio – temporali e alla normale funzionalità dell’oggetto.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7331, depositata il 14 febbraio 2013. Il caso. La Corte di appello confermava – in toto – la sentenza emessa dal Tribunale di primo grado, che aveva dichiarato l’imputato colpevole della contravvenzione di cui all’art. 4 Legge n. 110/1975, condannandolo alla pena dell’arresto e dell’ammenda. In base alla ricostruzione dei fatti, i Carabinieri avevano rinvenuto un coltello all’interno dell’autovettura del prevenuto, fermato per un controllo. Tale arma era stata trovata in orario notturno e collocata in un vano posto tra i sedili anteriori dell’automobile, quindi prontamente raggiungibile dal conducente. Dope essere stato fermato, l’imputato aveva mostrato una certa agitazione che ovviamente aveva insospettito gli operanti lo stesso l’aveva giustificata con la necessità di assumere una bustina di medicinale. La Corte ha ritenuto questa versione inverosimile, dal momento che l’uomo aveva appena lasciato un locale pizzeria, ove avrebbe ben potuto prendere la medicina, e, inoltre, nella vettura non vi era traccia di liquido per scioglierla. Parimenti irragionevole, poi, è stata reputata la ricostruzione prospettata, secondo la quale il coltello sarebbe stato utilizzato per collegare la cassa anteriore dell’impianto audio – mal funzionante - allo stereo. Inoltre, la Corte di appello ha reputato che la multifunzionalità del coltello non ne possa, comunque, legittimare il porto senza giustificato motivo al di fuori della propria abitazione. Il coltellino multiuso. Il condannato ricorre per cassazione, denunciando mancanza di motivazione ed erronea applicazione della legge penale. In prospettiva difensiva, infatti, la Corte territoriale avrebbe confermato asetticamente la pronuncia di primo grado, convalidando la versione fornita dagli operanti e reputando aprioristicamente non credibile la giustificazione data dal prevenuto. Inoltre, si rimarca che, trattandosi di un coltellino multiuso, lo stesso non era stato portato sul veicolo per uno scopo preciso, ma, più genericamente, per l’utilità che avrebbe potuto avere nel corso della giornata, con la ovvia conseguenza che il ‘giustificato motivo’ è insito ontologicamente nella natura dello strumento. Si censura, poi, la mancata concessione dell’attenuante di lieve entità di cui all’art. 4, comma 3, L. 110/1975, supportata solo da una laconica frase, per cui per le armi da punta e da taglio non rientrerebbero nella previsione normativa più lieve. Ma la norma non formula eccezioni al generale divieto. Ad avviso della Suprema Corte è manifestamente infondato il motivo attinente il vizio di motivazione. Il Giudice di Appello, infatti, ha esaminato compiutamente le circostanze fattuali e le prospettazioni difensive, esprimendo le proprie valutazioni con motivazione inattaccabile, in quanto logica e priva di qualsivoglia contraddizione. Priva di qualsivoglia pregio è, poi, la tesi secondo cui trattandosi di un coltellino cd. multiuso la giustificazione del porto sarebbe insita nella natura dell’oggetto, ben potendolo il possessore usare a seconda delle evenienze. In realtà si tratta pur sempre di un coltello, arma per il cui porto la legge non formula eccezioni al generale divieto, salvo l’ipotesi di ‘giustificato motivo’ il motivo non può però essere né astratto né generico, bensì ricorre solo quando le particolari necessità dell’agente corrispondono a regole lecite di comportamento, il tutto in relazione alla natura dell’oggetto, alle modalità dei fatti, alle condizioni soggettive, ai luoghi ed alla normale funzionalità dell’oggetto. Doveva essere concessa l’attenuante della lieve entità. È, al contrario, fondato il motivo attinente la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 4, comma 3, L. 110/1975, che, peraltro, la Corte di Appello aveva motivato solo in punto di diritto. L’attenuante del fatto di lieve entità, secondo consolidata giurisprudenza, si applica al porto di tutte le armi improprie, per come elencate nel comma 2 dello stesso articolo 4, dal momento che tutte queste sono ricomprese nell’espressione ‘oggetti atti ad offendere’ contenuta nel comma 3. Tale locuzione, infatti, ricomprende tutte le armi improprie indicate nel comma secondo bastoni muniti di puntale, strumenti da punta e da taglio, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche nonché qualsiasi altro strumento, non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile per le circostanze di tempo e di luogo per l’offesa alla persona , e non solo gli strumenti atti ad offendere. Alla luce di quest’interpretazione, non si vede ragione per il diniego della attenuante in parola. Quindi, ieri la Prima Sezione della Corte Suprema ha annullato con rinvio l’impugnata sentenza – limitatamente alla mancata concessione della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, rinviando per un nuovo giudizio ad altra sezione della competente corte di Appello e dichiarando – quanto all’altro motivo – l’inammissibilità dello stesso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 1° - 14 febbraio 2013, n. 7331 Presidente Giordano – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 20/12/2011, la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza del Tribunale di Lamezia Terme che aveva dichiarato A.G. della contravvenzione di cui all'art. 4, legge 110 del 1975 e, previa concessione delle attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di giorni venti di arresto ed Euro 100,00 di ammenda, con i benefici di legge. Il reato era stato contestato in relazione al rinvenimento da parte dei Carabinieri di un coltello nell'autovettura dell'imputato. La Corte rilevava che il coltello era stato trovato in ora notturna e in zona isolata in un vano allocato tra i sedili anteriori e, quindi, immediatamente disponibile per il conducente. L'imputato aveva giustificato l'agitazione osservata dai militari con la sua necessità di assumere una bustina di medicinale ma ciò era inverosimile, in quanto egli era appena uscito da una pizzeria, dove avrebbe potuto assumerla e tenendo conto che, nell'autovettura, non era stato rinvenuto liquido per sciogliere la medicina la Corte riteneva, poi, irragionevole la giustificazione addotta dell'utilizzo del coltello per collegare la cassa anteriore mal funzionante allo stereo riteneva, ancora, che la funzionalità multiuso del coltello non ne legittimava il porto ingiustificato fuori dall'abitazione. Secondo la Corte, trattandosi di arma da punta e da taglio, non era concedibile l'attenuante del caso di lieve entità. 2. Ricorre per cassazione A.G. , deducendo l'erronea applicazione della legge penale e la mancanza di motivazione. La Corte territoriale aveva confermato in maniera acritica la sentenza di primo grado, evidenziando lo stato di agitazione dell'imputato all'atto del controllo dei Carabinieri, stato che derivava dalla necessità di assumere un medicinale, e ritenendo inverosimile la giustificazione addotta dall'imputato per la presenza del coltello nel vano portaoggetti dell'autovettura necessità di collegare la cassa mal funzionante dell'automezzo con lo stereo in realtà, trattandosi di coltellino multiuso, lo stesso veniva portato nel mezzo non per uno scopo preciso, ma per l'utilità che poteva avere nel corso della giornata, cosicché il giustificato motivo è insito nella natura stessa dello strumento. Il ricorrente segnalava che la Corte avrebbe potuto riconoscere l'attenuante di lieve entità, attesa la natura dell'arma e avrebbe dovuto, comunque, assolvere l'imputato, quanto meno ai sensi dell'art. 530, comma 2, cod. proc. pen Considerato in diritto 1. Il motivo attinente il vizio di motivazione è manifestamente infondato la Corte ha esaminato tutte le circostanze del fatto, le giustificazioni addotte dall'imputato e i motivi di appello, esprimendo le sue valutazioni con motivazione del tutto logica e in nessun modo contraddittoria rispetto ad altri atti del processo. 2. Altrettanto infondata è la tesi secondo cui, poiché il coltello portato fuori dall'abitazione era un coltellino multiuso , la giustificazione per il porto è insita nella natura dell'oggetto, utilizzandolo il possessore a seconda delle necessità che si presentano si tratta di coltello per il cui porto la legge non formula alcuna eccezione al divieto, salvo il caso di giustificato motivo. Il motivo, però, non può essere astratto e generico infatti il giustificato motivo del porto degli oggetti di cui all'art. 4, comma secondo, L. 18 aprile 1975 n. 110, ricorre solo quando particolari esigenze dell'agente siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite relazionate alla natura dell'oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell'accadimento, alla normale funzione dell'oggetto, da ultimo Sez. 1, n. 4498 del 14/01/2008 - dep. 29/01/2008, Genepro, Rv. 238946 . 3. Fondato è, invece, il motivo attinente la mancata concessione dell'attenuante del fatto di lieve entità, provvedimento che la Corte territoriale motiva solo in punto di diritto. Questa Corte ha affermato ripetutamente che la circostanza attenuante di cui al terzo comma dell'art. 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, è applicabile al porto di tutte le armi improprie, indicate nel secondo comma del citato art. 4, posto che tali armi sono comprese nella espressione oggetti atti ad offendere . Sez. 1, n. 12915 del 01/03/2012 - dep. 05/04/2012, P.G. in proc. Corso, Rv. 252272 Sez. U, n. 861 del 27/11/1982 - dep. 01/02/1983, Paola Andrea, Rv. 157193 . Si è, infatti, osservato che la L. n. 110 del 1975, pur modificando profondamente la regolamentazione delle armi, ha tuttavia lasciato inalterata la tradizionale distinzione tra armi proprie da un lato - quelle cioè da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona - e armi improprie dall'altro, costituite da oggetti che, pur avendo una diversa e specifica destinazione, possono tuttavia servire, per caratteristiche strutturali o in dipendenza di determinate circostanze di tempo o di luogo, per l'offesa delle persone. La stessa legge ha anche operato, in questa summa divisio, un ampliamento della nozione delle predette due categorie, comprendendo in quella di armi proprie, di cui all'art. 4, comma 1, non solo gli strumenti da punta o da taglio la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona R.D. n. 635 del 1940, art. 45 che ha approvato il regolamento per l'esecuzione del cit. T.U. n. 773 del 1931 delle leggi di pubblica sicurezza , ma anche mazze ferrate o bastoni ferrati, sfollagente e noccoliere, e nella nozione di armi improprie contemplate dall'art. 4, comma 2, non solo i bastoni muniti di puntale e gli strumenti da punta o da taglio atti a offendere art. 45, comma 2, reg. citato , ma anche mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche e qualsiasi altro strumento, non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l'offesa alla persona . In tal modo le due specie di strumenti diversi indicate nell'art. 4, comma 2 sono ricomprese nell'unica categoria di armi improprie, perché sia l'una che l'altra contemplano oggetti o strumenti solo occasionalmente offensivi per la persona. Pertanto l'attenuante di cui all'art. 4, comma 3 è applicabile a tutte le armi improprie indicate nel comma 2 dello stesso articolo, e non ai soli oggetti atti a offendere. La sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata con rinvio limitatamente all'attenuante del fatto di lieve entità resta comunque affidato al giudice di merito l'accertamento in concreto della sussistenza dei presupposti giustificativi dell'attenuante in discorso, alla luce delle caratteristiche dell'oggetto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'attenuante del fatto di lieve entità e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro dichiara inammissibile nel resto il ricorso.