La testimonianza della persona offesa è fonte di prova, purché attendibile e debitamente motivata

In tema di reati sessuali la testimonianza della persona offesa può costituire una vera e propria fonte di prova, sulla quale può essere, anche esclusivamente, fondata l’affermazione di colpevolezza dell’imputato, alla condizione che essa sia ritenuta intrinsecamente attendibile e che la relativa valutazione sia adeguatamente motivata.

E’ questo l’orientamento, ormai consolidato della Corte di Cassazione, ribadito nella sentenza n. 43149 depositata l’8 novembre 2012 relativa ad un ricorso presentato in tema di violenza sessuale. Attendibilità e motivazione. In particolare, i giudici del Palazzaccio ritengono che l’accertamento dei reati sessuali passi, nella maggior parte dei casi, attraverso la necessaria valutazione del contrasto tra le opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall’esterno, all’una o all’altra tesi. Il giudizio di primo grado. Nel caso di specie il ricorrente era stato condannato dal giudice di prime cure, riconoscendo anche il danno provocato alla costituita parte civile, per il reato di cui agli artt. 81, 581, 612 e 594 c.p., in quanto con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, offendeva l’onore e il decoro della p.o., minacciando a questa un danno ingiusto, proferendo al suo indirizzo insulti e affermando di volerla affogare, spintonandola e colpendola con una schiaffo. Con la stessa sentenza, al contrario, il giudice aveva assolto ai sensi dell’art. 530, comma 2 cod. proc. pen. lo stesso imputato unitamente ad altri tre coimputati per i reati contestati sia quello di cui agli artt. 110 e 609 octies c.p., in relazione all’art. 609 bis cod. pen., perché in concorso tra loro, costringevano una minore a subire atti sessuali nonché rapporti sessuali con minaccia di morte sia per il reato di cui agli artt. 110 c.p., 73, 80, comma 1, lett. a , D.P.R. n. 309/1990 perché, in concorso tra loro, offrivano alla minore in questione imprecisate quantità di sostanza stupefacente del tipo hashish. In definitiva, il giudice di primo grado era giunto alla sentenza assolutoria in quanto non aveva ritenuto attendibili le accuse della minore stessa, né in merito alla violenza sessuale di gruppo né in merito all’offerta di sostanza stupefacente. La sentenza viene capovolta in secondo grado in quanto la Corte di appello territoriale ritiene gli imputati colpevoli dei reati contestati, condannandoli anche al risarcimento del danno patito dalla parte civile, disponendo una provvisionale provvisoriamente esecutiva di € 100.000,00. Lacune motivazionali del giudice d’appello. Come si spiega questa inversione di tendenza? E’ ciò che si chiede la Cassazione, sul ricorso presentato da tutti i coimputati, rilevando decisive lacune motivazionali nella sentenza di appello sia sull’attendibilità della persona offesa sia, più in generale, sulla valutazione del complesso delle risultanze istruttorie. In buona sostanza, secondo i giudici di Piazza Cavour, il giudice d’appello, in presenza di una pronuncia assolutoria di primo grado, ritenendo di andare in contrario avviso, avrebbe dovuto puntualmente e specificamente evidenziare le eventuali lacune o contraddizioni della pronuncia. Inoltre, avrebbe dovuto fornire, in punto di fatto, una ricostruzione analitica e coerente tale da tenere conto di tutte le risultanze istruttorie, con particolare riferimento a quelle poste dal giudice di primo grado a fondamento della sua decisione. Ciò non è avvenuto nel caso di specie – chiosano gli Ermellini -, in quanto gli elementi posti dalla Corte d’appello territoriale a sostegno della decisione di condanna risultano di per sé insufficienti a superare molti dei numerosi e analitici rilievi puntualmente mossi dalle difese con tutti i motivi di censura. Tra questi, la Corte d’appello non ha fornito alcuna indicazione relativamente alla tendenza al mendacio della minore, o almeno alla fabulazione, specificamente riferita a pretese violenze sessuali subite ad opera di altri in precedenti situazioni. Inoltre, sempre secondo la Cassazione, non trovano adeguata spiegazione le circostanze rilevanti ai fini dell’analisi delle ragioni della denuncia presentata. Il quadro così sinteticamente descritto induce i giudici della Cassazione a ritenere fondati i ricorsi presentati dai coimputati. Da qui l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello territoriale.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 luglio – 8 novembre 2012, n. 43149 Presidente Squasson – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza del 21 dicembre 2009, il Tribunale di Lecco ha condannato P.M. , riconoscendo il danno provocato alla costituita parte civile, per il reato di cui agli artt. 81, 581, 612, 594 cod. pen., perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, offendeva l'onore e il decoro di Bu.Va. , minacciando a quest'ultima un danno ingiusto, proferendo al suo indirizzo insulti e affermando di volerla affogare, spintonandola, e colpendola con uno schiaffo. Con la stessa sentenza era stata pronunciata l'assoluzione, ex art. 530, comma 2, cod. proc. pen., nei confronti dello stesso P. e dei coimputati G.M. , F.M. , F.D. , per gli altri reati loro contestati e, in particolare per a il reato di cui agli artt. 110 e 609 octies cod. pen., in relazione all'art. 609 bis cod. pen., perché in concorso tra loro, con violenza e minaccia, costringevano una minore a subire atti sessuali, quali toccamenti sul seno e in mezzo alle gambe, nonché rapporti sessuali vaginali completi, avendola P. trattenuta per le braccia, minacciandola di morte, ed avendo avuto i tre coimputati, a turno, rapporti sessuali con lei b il reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 73, 80, comma 1, lettera a , del d.P.R. n. 309 del 1990, perché, in concorso tra loro, offrivano alla minore in questione imprecisate quantità di sostanza stupefacente del tipo hashish. Il Tribunale, premessa la capacità testimoniale della parte lesa e acquisita certezza del fatto che, al termine di una serata passata in discoteca, gli imputati avevano accompagnato a casa la minore, non aveva ritenuto attendibili le accuse della minore stessa, né in merito alla violenza sessuale di gruppo, né in merito all'offerta di sostanza stupefacente. 2. - Con sentenza del 30 maggio 2011, in riforma della sentenza del Tribunale, e in accoglimento degli appelli del Procuratore generale, del Procuratore della Repubblica, della parte civile, la Corte d'appello di Milano ha ritenuto gli imputati colpevoli dei reati contestati e le ha condannati, in relazione a tali reati, anche al risarcimento del danno patito dalla parte civile, disponendo una provvisionale provvisoriamente esecutiva di Euro 100.000,00. 3. - Avverso la sentenza l'imputato P. ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 3.1. - Rileva, in primo luogo, la difesa che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe carente, contraddittoria e manifestamente illogica, con particolare riferimento alla valutazione della credibilità intrinseca della minore, in quanto basata su affermazioni indimostrate. La sentenza non terrebbe conto del suo vissuto di ragazza ribelle e psicologicamente instabile e del suo ricorrente comportamento autodistruttivo, muovendo dallo scorretto presupposto per cui, non essendo provato il movente della calunnia, il racconto della persona offesa deve essere comunque ritenuto vero. In particolare, la Corte non avrebbero tenuto conto della pluralità di indici che denotano un elevato grado di inattendibilità della minore stessa a le sue dichiarazioni circa le calze che ella indossava al momento del fatto, che sono inspiegabilmente sparite nel corso dell'istruttoria e sulle quali vi è contrasto con la deposizione della madre della minore b le dichiarazioni relative ai pantaloni indossati al momento della violenza, sui quali non erano stati rinvenute, peraltro, tracce di DNA riferibili agli imputati c le cartelle cliniche, che smentirebbero lo stato di insonnia riferito dalla minore d la circostanza che la minore nulla avrebbe detto al perito circa il fatto che si trovava in stato di gravidanza non essendo il padre né alcuno degli imputati né il fidanzato della minore all'epoca dei fatti e la circostanza che la minore abbia continuato a frequentare i locali in cui si trovavano anche gli imputati nei giorni immediatamente successivi alla pretesa violenza. 3.2. - Con un secondo motivo di impugnazione, si rilevano la carenza di motivazione circa la ricostruzione del fatto da parte della persona e l'utilizzabilità degli esiti dell'incidente probatorio, viziati da domande suggestive. Ad avviso della difesa, la minore non avrebbe, in sede di incidente probatorio, fornito elementi idonei a chiarire la dinamica del fatto, in presenza, peraltro, di domande suggestive poste dal Gip, per cercare di risolvere le contraddizioni e le palesi illogicità del racconto da questa fornito. Vi sarebbe, in particolare, una contraddizione tra la versione del fatto secondo cui i ragazzi entravano a turno in auto per consumare il rapporto sessuale e quella secondo cui essi si trovavano contemporaneamente presenti sull'auto. Vi sarebbe, poi, incertezza sul numero dei partecipanti alla pretesa violenza. Vi sarebbe, inoltre, un travisamento della portata delle conversazioni intercettate successivamente fra P. e la parte lesa e di quanto egli disse alla presenza dei testi C. , L. e Z. , trattandosi, in quest'ultimo caso, di frasi sconnesse pronunciate in stato di manifesta ubriachezza. 3.3. - Si rilevano, in terzo luogo, la manifesta illogicità e la carenza della motivazione con riferimento alla valutazione dei riscontri estrinseci alle dichiarazioni della persona offesa, sostenendo che la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto di elementi oggettivi di segno negativo. La difesa evidenzia, in particolare, che sarebbero stati trascurati i seguenti elementi a la minore nulla ha riferito alla madre sull'asserita violenza al rientro a casa, verso le 5 del mattino, e la madre non constatò un aspetto esteriore che denunciasse un trauma appena subito b la vittima informò la madre dell'accaduto solo due giorni dopo e quest'ultima non sporse denuncia c non vi erano tracce evidenti della pretesa violenza sul corpo della minore, salvi alcuni lividi sulle braccia, che avrebbero potuto avere altra causa d non vi erano tracce sull'auto e sugli indumenti degli imputati e P. aveva, successivamente al fatto, alla presenza di C. , L. e Z. , pronunciato frasi sconnesse affermando di essere innamorato della persona offesa e vi era, in altro giudizio, una condanna per favoreggiamento personale nei confronti di M. e C. , che non poteva essere considerata ai fini della decisione, in mancanza di qualsivoglia contraddittorio con gli imputati in tale giudizio. 4. - La sentenza è stata impugnata, tramite il difensore, anche dall'imputato G.M. , sulla base di rilievi sostanzialmente analoghi a quelli proposti nel ricorso di P. . 5. - Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore anche gli imputati F.D. e F.M. . 5.1. - Con un primo motivo di doglianza si evidenziano profili di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine all'attendibilità della persona offesa analoghi a quelli già evidenziati dagli altri ricorrenti, sul rilievo che non si sarebbe tenuto conto dell'incocrenza interna della versione dei fatti da questa fornita e della presenza di numerosi elementi estrinseci che smentirebbero tale versione. 5.2. - Si denunciano, in secondo luogo, la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione delle deposizioni testimoniali di B.C. e Po.Fe. , nonché delle intercettazioni telefoniche disposte nei confronti degli imputati, degli esami medici sulla persona offesa, degli accertamenti tecnici sugli abiti e sull'autovettura, volte a verificare la presenza del DNA degli imputati. Quanto al primo profilo, la difesa rileva che la sentenza impugnata non contiene alcun riferimento alle dichiarazioni rese dalle testimoni menzionate. In particolare, la teste B. avrebbe affermato di essere stata per tutta la serata del presunto abuso in compagnia della persona offesa, fino a quando le due ragazze si erano separate per rientrare a casa la stessa testimone avrebbe riferito che la persona offesa era ubriaca e richiamava l'attenzione dei ragazzi con atteggiamenti esibizionisti, chiedendo loro di avere rapporti sessuali e baciandosi con diversi di loro avrebbe riferito inoltre che, prima dell'episodio in contestazione, la persona offesa le aveva raccontato di aver subito ben due violenze sessuali, senza essere da lei creduta. La teste Po. , madre di C. - ex fidanzato della persona offesa - risulta rilevante in riferimento alle minacce subite dalla madre della persona offesa affinché convincesse suo figlio a fidanzarsi nuovamente con quest'ultima. Con particolare riferimento all'attendibilità della ragazza - prosegue la difesa - la teste avrebbe affermato che questa aveva riferito di essere stata vittima di abusi sessuali, in un caso subiti addirittura dal padre, e che faceva spesso riferimento a violenze subite quando beveva troppo, salvo poi smentire i fatti quando si trovava in stato di sobrietà. Sotto il profilo delle intercettazioni telefoniche disposte nei confronti degli imputati, la Corte d'appello non avrebbe, poi, considerato che questi avevano sempre negato il fatto nelle successive conversazioni con la persona offesa, affermando di essere bersaglio di accuse infondate. 5.3. - È denunciata, in terzo luogo, la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in merito ai presunti riscontri alle dichiarazioni rese dalla persona offesa, costituiti dalle dichiarazioni dell'imputato P. , rese alla presenza dei testi C. , L. e Z. , rispetto alle quali la Corte territoriale non avrebbe tenuto in considerazione lo stato di alterazione alcolica nella quale lo stesso imputato si trovava. Del pari erronea sarebbe la valutazione data dalla Corte d'appello relativamente alla presunta condotta di favoreggiamento personale posta in essere da M. , zio degli imputati F. , il quale avrebbe fatto pressioni sulla persona offesa e su C. per indurli a ritrattare le dichiarazioni accusatorie rese nei confronti degli imputati nel processo favoreggiamento rispetto al quale vi sarebbe stata una pronuncia di annullamento senza rinvio della sentenza di condanna da parte della Corte di cassazione, con la formula perché il fatto non sussiste . 5.4. - Si denuncia, in quarto luogo, la carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dell'elemento della mancanza di consenso al rapporto sessuale da parte della persona offesa. Rileva la difesa che, secondo quanto riferito da alcuni testimoni, la ragazza aveva mostrato un atteggiamento disinibito ed esibizionista nella serata della supposta violenza, avendo dato baci trasgressivi ad almeno due giovani ed essendosi abbracciata con due dei quattro imputati. 5.5. - Si denuncia, in quinto luogo, la mancanza di motivazione quanto alla sussistenza del reato di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, sul rilievo che la Corte d'appello avrebbe basato la sua decisione sul punto sulle dichiarazioni della persona offesa e sui riscontri che sarebbero costituiti dalle dichiarazioni dell'imputato P. e dall'esito della perquisizione domiciliare svolta carico di F.M. . Secondo la prospettazione difensiva, tali ultimi riscontri sarebbero stati travisati, perché P. nulla avrebbe ammesso nelle intercettazioni telefoniche e lo stupefacente ritrovato in possesso di F. a ben tre mesi di distanza dall'episodio sarebbe stato hashish destinato al consumo personale. 6. - All'udienza di discussione davanti a questa Corte, la parte civile ha chiesto il rigetto dei ricorsi e ha depositato nota spese. Considerato in diritto 7.- I ricorsi sono fondati e devono essere accolti. La sentenza impugnata presenta, infatti, decisive lacune motivazionali sia sull'attendibilità della persona offesa, sia, più in generale, sulla valutazione del complesso delle risultanze istruttorie. Deve preliminarmente osservarsi che, in presenza di una pronuncia assolutoria di primo grado, il giudice d'appello che ritenga di andare in contrario avviso deve puntualmente e specificamente evidenziare le eventuali lacune o contraddizioni della di detta pronuncia e fornire, in punto di fatto, una ricostruzione analitica e coerente che tenga dettagliatamente conto di tutte le risultanze istruttorie, con particolare riferimento a quelle poste dal giudice di primo grado a fondamento della sua decisione. Nel successivo giudizio di cassazione occorre, comunque, che gli atti del processo, presi in considerazione per sostenere l'esistenza di un vizio della motivazione di appello, siano decisivi, ossia autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione ex plurimis , Cass. pen., sez. 4, 8 aprile 2010, n. 15081 . Deve, inoltre, essere richiamato l'orientamento di questa Corte secondo cui - proprio in tema di reati sessuali, l'accertamento dei quali passa, nella maggior parte dei casi, attraverso la necessaria valutazione del contrasto tra le opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall'esterno, all'una o all'altra tesi - la testimonianza della persona offesa può costituire una vera e propria fonte di prova, sulla quale può essere, anche esclusivamente, fondata l'affermazione di colpevolezza dell'imputato, alla condizione che essa sia ritenuta intrinsecamente attendibile e che la relativa valutazione sia adeguatamente motivata ex plurimis , sez. 5, 27 aprile 1999, n. 6910 Sez. 4, 21 giugno 2005, n. 30422 Sez. 3, 11 novembre 2010, n. 42501 Sez. 3, 24 marzo 2011, n. 16577 . 7.1. - Richiamati tali principi, deve osservarsi che gli elementi posti dalla Corte d'appello a sostegno della decisione di condanna sono, in sintesi, i seguenti a il fatto che non risulta dagli atti una tendenza della persona offesa al mendacio, ma solo una sua tendenza autodistruttiva, né emergono elementi dai quali desumere una sua volontà calunniosa b la circostanza che, all'atto del ricovero in ospedale, la persona offesa non riferì del reato, ma dichiarò di avere assunto una forte dose di tranquillanti per placare lo stato d'ansia derivante da un trauma subito c la sostanziale costanza delle versioni del fatto da lei fornite, che concorderebbero sui luoghi e sui tempi e si discosterebbero tra loro sotto profili del tutto marginali, quali il rumore dell'acqua fuori dall'auto e il numero dei violentatori, dovendosi intendere il numero di tre riferito ai soli tre autori delle penetrazioni vaginali d gli indici di abuso, rilevati dal perito d'ufficio e l'irrilevanza del fatto che la persona offesa non abbia riferito al perito di essere rimasta incinta in un momento successivo ai fatti di causa f la sostanziale certezza circa il fatto che la persona offesa abbia accettato un passaggio in macchina dagli imputati, per essere riaccompagnata a casa dalla discoteca g la riferita circostanza che P. si sia limitato a toccamenti e non abbia consumato un rapporto sessuale vaginale, che troverebbe conferma nelle affermazioni fatte dallo stesso nelle conversazioni telefoniche intercettate e, di persona, alla presenza dei testi C. , L. e Z. h il morso dato dalla persona offesa al membro di G. non sarebbe tale da escludere la possibilità per quest'ultimo di consumare un rapporto sessuale completo i il fatto che la persona offesa non si sia immediatamente confidata con la madre e con il fidanzato è spiegabile in base alla gravità del trauma subito, il quale è stato comunque rivelato nel giro di dieci giorni l l'esito negativo delle indagini biologiche sugli indumenti e sull'auto si spiega in base al lungo tempo trascorso dal fatto m la sparizione, dovuta alla persona offesa, dei vestiti da lei indossati al momento del fatto è frutto di semplice confusione e non esprime un predeterminato intento di occultare prove a discarico n le affermazioni della persona offesa trovano conferma in quanto dichiarato da P. , in stato di ubriachezza, alla sua presenza e alla presenza dei testi C. , L. e Z. circa il fatto che solo gli altri imputati l'avevano penetrata e che lui non l'aveva fatto perché non si sarebbe divertito nel farlo o la veridicità delle affermazioni di P. trova conferma nel tentativo di M. , zio dei F. , di mettere a tacere la cosa agendo sulla vittima e sul teste C. tentativo che, altrimenti, non avrebbe avuto ragion d'essere p la ritrosia manifestata da Z. e L. a confermare in dibattimento di avere udito dichiarazioni confessorie da parte di P. è spiegabile in base al tentativo, parzialmente riuscito, da parte di M. , di influenzarli q M. e C. sono stati, in relazione all'episodio delle dichiarazioni rese da P. , condannati per favoreggiamento personale r la responsabilità per il reato di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 si desume dalla testimonianza della persona offesa, che, essendo attendibile circa la violenza, deve essere considerata tale anche in relazione allo spaccio di stupefacenti. 7.2. - Le considerazioni appena riportate, sulle quali la Corte distrettuale ha fondato il giudizio di penale responsabilità degli imputati, risultano di per sé insufficienti a superare molti dei numerosi e analitici rilievi puntualmente mossi dalle difese con tutti i motivi di censura, che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto riferiti all'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e agli eventuali riscontri estrinseci delle stesse. 7.2.1. - In particolare, la Corte d'appello non ha fornito alcuna risposta circa la tendenza al mendacio, o quanto meno alla fabulazione, della persona offesa, specificamente riferita a pretese violenze sessuali subite ad opera di altri in precedenti circostanze tendenza che emergerebbe - secondo la prospettazione difensiva - da quanto dichiarato sul punto dalle testi B. e Po. , le cui testimonianze non sono state prese in considerazione in alcun modo. Né trovano adeguata spiegazione le circostanze, rilevanti ai fini dell'analisi delle ragioni della denuncia presentata, dell'avere inizialmente taciuto con la madre e il fidanzato sulla violenza subita, dell'avere continuato a frequentare, in condizioni di apparente normalità, luoghi normalmente frequentati anche dagli imputati, del non avere informato il perito di ufficio di un profilo comunque attinente alla sfera sessuale, anche se non direttamente connesso con la violenza subita, quale lo stato di gravidanza in cui si trovava. Del pari, la vicenda relativa alla sparizione di parte degli indumenti indossati dalla vittima non risulta sufficientemente analizzata e spiegata nei suoi profili decisivi, non essendo sufficiente un generico richiamo alle confuse dinamiche che tale sparizione avrebbe avuto. Manca, inoltre, nella descrizione della dinamica della violenza, un puntuale riferimento alle versioni date sul punto nelle varie sedi dalla persona offesa - e all'effettivo rilievo di eventuali discrepanze - in relazione alla scansione temporale dei fatti, alla collocazione fisica dei soggetti che vi avrebbero preso parte e alle condotte tenute da ciascuno degli imputati. La Corte d'appello si è, infatti, limitata a fornire una sintetica ricostruzione dell'accaduto, senza richiamare analiticamente le risultanze istruttorie su cui tale ricostruzione si basa e senza adeguatamente confutare la prospettazione difensiva. In presenza di tali lacune argomentative, emerge, dunque, dalla motivazione della sentenza, una circolarità nel ragionamento logico-giuridico, che si risolve in una indimostrata petizione di principio la persona offesa è ritenuta attendibile perché le contraddizioni e le imprecisioni contenute nelle sue dichiarazioni sono sufficientemente giustificabili e tale giustificazione consiste essenzialmente nell'attendibilità della persona offesa. O, in altri termini l'attendibilità della persona offesa costituisce nello stesso tempo il presupposto e il punto di arrivo del ragionamento della Corte d'appello l'ipotesi di partenza e, contemporaneamente, la tesi che si vuole dimostrare. 7.2.2. - Quanto, poi, allo specifico profilo dei riscontri estrinseci alla versione accusatoria, che sarebbero stati forniti dalle dichiarazioni di P. , la Corte d'appello avrebbe dovuto - a fronte di una sentenza di primo grado che svalutava totalmente la portata di tali dichiarazioni - chiarire, in primo luogo, le esatte ragioni per cui le parole pronunciate dall'imputato al telefono con la vittima avrebbero carattere sostanzialmente autoaccusatorio e, in secondo luogo, approfondire la valenza probatoria delle parole pronunciate da questo in stato di ubriachezza. In relazione a tale ultimo, decisivo, aspetto, mancano nella sentenza impugnata riferimenti specifici alle modalità di accertamento e all'esatto oggetto del favoreggiamento personale che sarebbe stato posto in essere da M. e C. , nonché all'effettiva influenza che il primo dei due avrebbe avuto sui testi L. e Z. e alla portata probatoria delle dichiarazioni di questi ultimi. 8. - La sentenza impugnata deve essere, dunque, annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Milano, la quale procederà, con libertà di giudizio, ad un nuovo circostanziato esame del quadro istruttorio, affrontando specificamente i profili problematici evidenziati ai punti 7.2.1. e 7.2.2. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Milano.