Pena patteggiata, poi sostituita, anzi no … ricominciamo da capo

L’indagato patteggia la pena che il giudice sostituisce con la sanzione del lavoro di pubblica utilità, ma i conti non tornano e bisogna ridare la possibilità alle parti di accordarsi sulla pena.

Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 42496/2012, depositata il 31 ottobre scorso. Il caso. Un uomo patteggia la pena art. 444 c.p.p. nel procedimento a suo carico per il reato di guida in stato di ebbrezza art. 186, comma 2, lett. c , c.d.s. . A proporre ricorso per cassazione è il Procuratore Generale, lamentando l’errata applicazione della legge n. 120/2010, la quale prevede che la pena possa essere sostituita con la sanzione del lavoro di pubblica utilità. Il problema, secondo il ricorrente, è che il giudice ha sì applicato la disciplina più favorevole al reo, ma non nella sua integralità. Non sono stati rispettati i limiti edittali. Più precisamente, Il giudice non ha avuto riguardo per i limiti edittali previsti dalla nuova legge. La Corte di Cassazione, concorde con il procuratore ricorrente, sottolinea che il giudice, laddove ritenga di accedere alla richiesta di applicazione del lavoro di pubblica utilità – considerando più favorevole la l. n. 120/2010, che ha introdotto tale sanzione sostitutiva – deve avere riguardo, per i limiti edittali della pena da sostituire, alla qualificazione del fatto commesso dall’imputato ed alla relativa forbice sanzionatoria prevista con detta legge . È corretta, perciò, l’osservazione del ricorrente secondo cui la legge n. 120/2010 ha stabilito la pena dell’arresto da 6 mesi a 1 anno, mentre, secondo la previsione normativa in vigore al momento del fatto, la pena detentiva dopo il patteggiamento – e quindi la diminuzione di un terzo per il rito – era di 2 mesi di arresto. Il patteggiamento? Le parti ne riparleranno. Insomma, vista l’incongruenza, l’accordo tra le parti è da ritenersi invalido vista anche l’illegittima sostituzione della pena con la sanzione del lavoro di pubblica utilità disposta dal giudice. Pertanto, la Cassazione opta per l’annullamento del dispositivo e per la ritrasmissione degli atti al Tribunale, così imputato e p.m. potranno o meno rinegoziare l’accordo su altre basi.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 settembre – 31 ottobre 2012, n. 42496 Presidente Sirena – Relatore Romis Ritenuto in fatto Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Ancona propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza in epigrafe, pronunciata ex art. 444 c.p.p., nei confronti di M. A. per il reato di guida in stato di ebbrezza di cui all'art. 186, secondo comma, lett. c , del codice della strada, commesso il 23 settembre 2009, dolendosi del fatto che il Tribunale di Fermo, pur giudicando di un fatto commesso in data anteriore all'entrata in vigore della legge n. 120/2010, ed applicando la pena di mesi 2 di arresto ed euro 1.500,00 di ammenda con riferimento alla normativa in vigore al momento del fatto più favorevole con riferimento alla forbice sanzionatoria prevista rispetto alla citata legge - muovendo da una pena base di mesi 3 di arresto ed euro 1.500,00 di ammenda, aumentata quella pecuniaria ad euro 2.000,00 di ammenda per l'aggravante ex art. 186, secondo comma, sexies , c.d.s., diminuita a quella applicata per la scelta del rito - ha poi sostituito la pena stessa con la sanzione del lavoro dì pubblica utilità introdotta con la detta legge n. 120/2010, come detto successiva al fatto. Considerato in diritto Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate. Preliminarmente, mette conto sottolineare che con l’impugnata sentenza il giudicante ha esplicitamente stabilito che la prestazione del lavorio di pubblica utilità avrebbe dovuto avere inizio successivamente alla dichiarazione di irrevocabilità della sentenza esattamente, entro e non oltre 30 giorni ne deriva che è tuttora sussistente, per il P.G. ricorrente, il concreto interesse all'impugnazione. La tematica da affrontare concerne l'introduzione con la legge n. 120 del 2010 - nella disciplina sanzionatoria dei reati in materia di circolazione stradale, e salvo che ricorra l'aggravante dell'incidente stradale - della sanzione sostitutiva della pena detentiva e pecuniaria del lavoro di pubblica utilità per la guida sotto l'influenza dell'alcool nonché per il rifiuto dell'accertamento di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'art. 186 C.d.s. e per la guida in stato di alterazione da assunzione di sostanze stupefacenti sanzione irrogabile già anche con il decreto penale di condanna artt. 186, comma 9 bis, e 187, comma 8 bis, C.d.S. . Come questa Corte ha già avuto modo di precisare, in tema di successione di leggi nel tempo, non vi è dubbio che l'applicazione del lavoro di pubblica utilità - anche per gli ulteriori effetti che derivano dall'esito positivo del suo svolgimento - possa essere ritenuta dall'imputato quale disposizione di favore/ che1 in quanto tale, ben può quindi trovare applicazione, ai sensi dell'art. 2, comma 4, c.p., anche in relazione a fatti commessi sotto il vigore della previgente disciplina, laddove non definiti con sentenza irrevocabile così Sez. 4, n. 11198 de/17/01/2012 Ud.- dep. 22/03/2012- Rv. 252170 . L'apprezzamento del carattere più favorevole di una disciplina normativa deve tuttavia essere formulato - in virtù dei principi generali già enunciati e costantemente ribaditi riguardo nella giurisprudenza di legittimità - considerando la stessa nel suo complesso una volta individuata la disposizione globalmente ritenuta più favorevole, il giudice deve applicare questa nella sua integralità, non potendo combinare un frammento normativa di una legge e un frammento normativa dell'altra legge secondo il criterio del favor rei, perché in tal modo verrebbe ad applicare una tertia lex di carattere intertemporale non prevista dal legislatore, violando così il principio di legalità ex plurimis ”, Sez. 4, 20 settembre 2004, Nuciforo . Di tal che, , e per quel che qui interessa, il giudice, laddove ritenga di accedere alla richiesta di applicazione del lavoro di pubblica utilità – considerando in concreto più favorevole la legge n. 120 del 2010, che tale sanzione sostitutiva ha introdotto - deve avere riguardo, per i limiti edittali della pena da sostituire, alla qualificazione del fatto commesso dall’imputato ed alla relativa forbice sanzionatoria prevista con detta legge. Orbene, la novella n. 120 del 2010 ha stabilito, per l'ipotesi di cui alla lettera c , del secondo comma, dell'art. 186 del codice della strada - contestata al M. ed in relazione alla quale è stata concordata la pena tra le parti - differenti parametri edittali per fa pena detentiva arresto da sei mesi ad un anno , rispetto a quelli precedentemente in vigore, lasciando immutata la pena pecuniaria dell'ammenda da euro 1.500,00 ad euro 6.000,00 peraltro già così aumentata con l'Intervento del legislatore del 2007 al momento del fatto contestato al Mercuri erano in vigore la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno e quella dell'ammenda da euro 1.500,00 ad euro 6.000,00, trattandosi di fatto avvenuto il 13 luglio 2008 e quindi dopo l'entrata in vigore del decreto-legge 23 maggio 2008 n. 92 poi convertito dalla legge 24 luglio 2008 n. 125 che aveva fissato la pena detentiva, appunto, in quella dell'arresto da tre mesi ad un anno. Dunque, se ritenuto più favorevole in concreto, il novum normativa di cui alla legge n. 120 del 2010 avrebbe dovuto essere applicato nella sua integralità con conseguente applicazione anche del nuovo trattamento sanzionatorio , come più volte precisato nella giurisprudenza di legittimità, e, con specifico riferimento proprio alfa legge n. 120 del 2010, da questa stessa Sezione ex plurimis ” Sez IV, 1 febbraio 2012, n. 4927, Ambrosi, rv. 251956 Sez. 4, n. 11198/12, già sopra citata quanto all'applicabilità della nuovo disciplina a fatti commessi anteriormente alla novella del 2010 . Nel caso in esame è decisivo considerare che, con la sentenza impugnata, all'imputato è stata invece applicata, ex art. 444 c.p.p., per il reato di cui all'art, 186, secondo comma, lett. c , del codice della strada, oltre alla pena pecuniaria, la pena detentiva dì mesi due di arresto p. base mesi tre di arresto, diminuita di un terzo per il rito secondo la più favorevole previsione normativa in vigore al mo1nento del fatto mentre, come detto, la legge n. 120 del 2010 ha stabilito la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno . Deve conseguentemente escludersi fa validità dell'accordo concluso fra il Mercuri ed il P.M., e ratificato dal giudice, essendo stata sostituita illegalmente, per quanto sopra detto, la pena concordata tra le parti con la sanzione del lavoro di pubblica utilità, trattandosi di pena determinata con riferimento alla forbice edittale prevista dalla normativa precedente e non a quella più severa stabilita dalla legge che ha introdotto la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità. L'impugnata sentenza deve essere quindi annullata. Ad avviso del Collegio l'annullamento deve essere disposto senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Fermo, in quanto l'imputato ed il P.M. potranno o meno rinegoziare l'accordo su altre basi, e nel caso contrario il procedimento dovrà proseguire con il rito ordinario. Il Collegio ritiene di dover aderire a tale orientamento interpretativo rigorosamente rispettoso della volontà negoziale delle parti conforme a Cass., Sez. 5, n. 1411 del 2007 ed alla prevalente giurisprudenza di questa Corte Suprema , ritenendolo pienamente condivisibile, rispetto all’indirizzo minoritario di questa stessa Corte che opta invece per la possibilità della rettificazione della sentenza ex art. 619 c.p.p., comma 2, o per l'annullamento con rinvio Cass., Sez. 3, 14 giugno 2007, n. 34302, P.G. in proc. Catuogno, P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Fermo per l'ulteriore corso.