Il pubblico ufficiale chiede la mazzetta per chiudere un occhio: truffa o corruzione?

Nella corruzione colui che dà o promette non è vittima di un errore o di un raggiro posto in essere dal pubblico ufficiale. Per la configurazione del reato di truffa, invece, è necessario che vengano posti in essere artifizi o raggiri.

La fattispecie. Due dipendenti pubblici, facenti parte della Direzione Generale per gli enti cooperativi presso il Ministero delle Attività produttive, avevano predisposto una relazione ispettiva favorevole nei confronti di una cooperativa, dopo aver ricevuto una mazzetta”. Pubblici ufficiali corrotti. I due venivano dichiarati responsabili del solo reato di concorso in corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio art. 319 c.p. . Anzi, in appello ottengono una parziale riforma della sentenza di primo grado pena ridotta, sospensione condizionale e non menzione nel certificato penale, oltre alla revoca della pena accessoria. A presentare ricorso per cassazione sono gli imputati e, limitatamente agli effetti civili, le parti civili. Si tratta di truffa o di corruzione? Gli imputati sostengono nel ricorso che – nel caso di specie - non si possa parlare di corruzione ma, tutt’al più, di truffa. Tesi che la Cassazione non condivide, sottolineando, in primis , che il reato di corruzione si consuma anche se il pubblico ufficiale non fa seguire all’accettazione della promessa o alla ricezione del denaro l’atto che si è impegnato a compiere . Nella corruzione non ci sono raggiri. Nel rigetto del ricorso dei due imputati, il Collegio di legittimità ha precisato che i reati di corruzione e truffa commessi da pubblico ufficiale, pur avendo in comune la qualità del soggetto passivo e l’abuso da parte di questi della pubblica funzione al fine di conseguire un indebito profitto , si differenziano perché nella corruzione colui che dà o promette non è vittima di un errore o di un raggiro posto in essere dal pubblico ufficiale insomma i due soggetti, nella corruzione, sono su di un piano di parità. Nella fattispecie, gli imputati hanno, infatti, ricevuto la somma di denaro spontaneamente - e non in conseguenza di un raggiro - dal soggetto passivo.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 maggio – 23 luglio 2012, n. 30058 Presidente De Roberto – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. S D.G. e F D. venivano rinviati a giudizio per i reati di cui agli artt. 1107 319, 319-ter e 321 c.p., per avere il primo, ispettore della Direzione Generale per gli enti cooperativi presso il Ministero delle Attività Produttive, incaricato di eseguire un'ispezione straordinaria sul Consorzio Regionale Cooperative di Abitazione - Cooperativa Casa Lazio, consorzio facente capo a F.E. ed El. , ricevuto denaro, per il tramite di D.F. , dal F. e da A P. - giudicati separatamente - al fine di predisporre una relazione ispettiva favorevole, omettendo di rilevare le gravissime condotte di sottrazione del denaro in danno delle cooperative aderenti al Consorzio e l'assenza dei requisiti di mutualità dello stesso Consorzio, per evitare l'adozione da parte dell'autorità di controllo Ministero delle Attività Produttive di provvedimenti amministrativi negativi nonché per favorire il gruppo facente capo al F. nel processo civile instaurato dalla Cooperativa Palocco 84 nei confronti del Consorzio davanti al Tribunale fallimentare di Roma. Con sentenza del 29 novembre 2005 il G.u.p. del Tribunale di Roma, in sede di giudizio abbreviato, riteneva gli imputati responsabili del solo reato di concorso in corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio art. 319 c.p. , così riqualificando l'originaria contestazione, e condannava D.G. alla pena di anni tre di reclusione e D. alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione, disponendo l'interdizione di quest'ultimo per quattro anni dai pubblici uffici e l'estinzione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione per D.G. , con l'applicazione per entrambi della misura di sicurezza della libertà vigilata, oltre al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili e alla confisca di tutti i beni mobili e immobili degli imputati. Sulle impugnazioni dei due imputati la Corte d'appello di Roma, con la decisione in epigrafe, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado ha confermato la responsabilità di D.G. e D. per il reato di cui agli artt. 110 e 319 c.p., ma ha ridotto le pene inflitte agli imputati e ha concesso ad entrambi la sospensione condizionale e la non menzione nel certificato penale inoltre, ha revocato la pena accessoria di cui all'art. 32-quinquies c.p., nonché le misure di sicurezza e i provvedimenti di confisca infine ha dichiarato inammissibili le costituzioni di tutte le parti civili, revocando le statuizioni civili disposte in primo grado. 2. Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione tramite i rispettivi difensori. 2.1. L'avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, per D.G. , ha dedotto, con il primo motivo, la illogicità manifesta della motivazione. Il ricorrente assume che la sentenza è infidata da una insanabile illogicità anche rispetto agli atti del processo e, in particolare, alla bozza sequestrata al D.G. a cui la Corte d'appello non ha dato alcun rilievo, al contrario della difesa che, invece, ritiene trattarsi di un documento rilevante, in quanto rappresenta la prova che non vi sarebbe stato alcun atto contrario ai doveri d'ufficio da parte dell'imputato infatti, secondo il ricorrente non di bozza si tratterebbe, ma della relazione ispettiva che D.G. stava elaborando, dal cui contenuto non risulta alcun atteggiamento di favore verso il Consorzio. Sotto un diverso profilo si sottolinea l'inconferenza delle argomentazioni con cui la sentenza da rilievo sia alla circostanza dell'occultamento del fascicolo riguardante una pregressa ispezione, sia ai suggerimenti che D.G. avrebbe dato al F. , rilevando che si tratta di elementi scarsamente significativi ai fini dell'affermazione della responsabilità dell'imputato. Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato l'erronea applicazione dell'art. 319 c.p., sostenendo che la mancanza dell'atto di ufficio contrario ovvero la corrispondenza dello stesso ai requisiti di legge avrebbe dovuto comportare quanto meno la riqualificazione della condotta nel reato di corruzione impropria di cui all'art. 318 c.p Con il terzo motivo si deduce l'errata applicazione della legge penale in relazione alla sussistenza del reato di truffa. Secondo il ricorrente la sentenza non avrebbe preso in attenta considerazione né la bozza sequestrata, né alcune intercettazioni telefoniche in particolare quella del 10.3.2004 da cui sarebbe dovuta emergere la dimostrazione che tra D.G. e D. esisteva un accordo per truffare F. . Con memoria depositata il 19 aprile 2012 il difensore di D.G. ha contestato le pretese sostenute dalle parti civili, chiedendo il rigetto dei loro ricorsi. 2.2. L'avvocato Giosuè Bruno Naso, per D. , ha dedotto un unico motivo con cui ha censurato la sentenza sotto il profilo del difetto di motivazione in ordine alla mancata qualificazione della condotta nel reato di truffa. Si sostiene che l'ipotesi della corruzione non regge in presenza della bozza sequestrata al D.G. in cui lo stesso sollecitava il Ministero a disporre una nuova ispezione straordinaria, ma dimostra come i due imputati fossero d'accordo a spillare quanti più soldi possibili al F. , rappresentandogli, contrariamente al vero, inesistenti pericoli conseguenti ad una ispezione non pilotata ed addomesticata . In questo modo gli imputati avrebbero posto in essere quegli artifici e raggiri necessari per alimentare in F. l'erronea aspettativa df un atto a lui favorevole e così ottenere il pagamento di ingenti somme di denaro. 3. Hanno presentato ricorso per cassazione, limitato agli effetti civili, anche le parti civili. 3.1. L'avvocato Fabio Belloni, nell'interesse della Palocco 84 s.c.a.r.l., ha censurato la sentenza nella parte in cui ha escluso l'esistenza di un danno diretto e immediato, rilevando che nel caso in esame l'accordo corruttivo ha determinato un pregiudizio per la società in quanto diretto a mascherare la pesante situazione debitoria della Palocco 84 creata per coprire gli ammanchi ascrivibili al F. in ogni caso, chiede quantomeno il riconoscimento del danno sotto il profilo morale. 3.2. Nell'interesse del Consorzio Regionale Lazio di Mutualità fra Cooperative Edilizie di Abitazione ed altre - Soc. Coop. Mutua l'avvocato Simone Capalbo ha individuato nella consegna del denaro al D.G. una voce del danno diretto e immediato subito dalla società, in quanto denaro sottratto al gruppo delle imprese consorziate inoltre, si sostiene che la stessa esistenza dell'accordo corruttivo, finalizzato a evitare controlli effettivi sul gruppo, avrebbe cagionato un danno alla società. 3.3. L'avvocato Titta Madia, per il Consorzio Casalazio soc. coop. a r.l., ha dedotto la mancanza di motivazione sul punto relativo all'inammissibilità della costituzione delle parti civili. Si assume che nella specie il danno è da individuare nel ritardato accertamento degli illeciti commessi dagli amministratori del Consorzio, ritardo che avrebbe determinato pregiudizi di natura patrimoniale scaturenti dal differimento della dichiarazione dello stato di insolvenza con aumento del passivo fallimentare. Considerato in diritto 4. I ricorsi degli imputati sono infondati. 4.1. Entrambi i ricorsi contestano la qualificazione del reato, sostenendo che i giudici avrebbero dovuto ritenere, eventualmente, la sussistenza della truffa e per rafforzare questa tesi criticano il significato che la sentenza ha attribuito alla bozza sequestrata al D.G. . La questione bozza deve ritenersi superata, in quanto i giudici di appello hanno ritenuto che si tratta di un documento i cui contenuti non possono essere ritenuti rilevanti perché manca la prova che si tratti dell'atto di ufficio che il D.G. intendeva rassegnare agli organi preposti. Si tratta di una valutazione di fatto che, in quanto motivata, non può essere oggetto di discussione in questa sede, anche in considerazione del fatto che questa Corte non conosce e non può conoscere il documento in contestazione. 4.2. I giudici di merito hanno confermato la sussistenza della corruzione per atto contrario, ritenendo che l'oggetto dell'accordo corruttivo fosse diretto ad aggiustare l'ispezione del Ministero delle Attività Produttive a carico del consorzio facente capo a E F. , escludendo che nella specie potesse configurarsi il reato di truffa ai danni di quest'ultimo. Il corruttore è stato individuato in E F. , il quale con l'intermediazione di D. , si accorda con D.G. per addomesticare l'ispezione. La responsabilità dei due imputati è stata affermata sulla base di un gran numero di prove, costituite dai risultati delle intercettazioni telefoniche e, soprattutto, dalla piena confessione di D. , il quale oltre a riscontrare le conversazioni oggetto di captazione, ha consentito di ricostruire i fatti conduttivi sin dai primi preparativi e incontri preliminari tra D.G. e F.E. , spiegando le ragioni dell'interessamento di quest'ultimo a contattare un ispettore del Ministero, precisando che fu lui a indicare D.G. e a tenere i contatti con il coimputato per conto di F. ha inoltre riferito dell'accordo raggiunto per il pagamento di Euro 150.000 che F. avrebbe dovuto consegnare al D.G. per il buon esito dell'attività ispettiva, nel frattempo affidata proprio al D.G. sempre D. ha riconosciuto che la metà della somma pattuita sarebbe andata a lui ha infine descritto le modalità dei pagamenti parziali della tangente e i numerosi contatti che vi sono stati tra D.G. e F. per addomesticare la relazione ispettiva. In questa ricostruzione l'atto contrario oggetto dell'accordo corruttivo è rappresentato dall'ispezione che secondo i giudici, come si è già detto, non coincide con la bozza di verbale cui si riferiscono i due ricorrenti. Nella corruzione propria antecedente, l'effettivo compimento dell'atto esula dal momento consumativo del delitto, dai momento che il reato si consuma anche se il pubblico ufficiale non fa seguire all'accettazione della promessa o alla ricezione del denaro l'atto che si è impegnato a compiere Sez. VI, 16 maggio 1997, n. 1972, pacini Battaglia . Nella specie, la sentenza ha ritenuto, soprattutto sulla base della confessione del D. , che l'accordo tra lo stesso D. , D.G. e F. prevedeva il versamento della somma di Euro 150.000, da dividere a metà tra i due imputati, somma che è stata effettivamente versata in più tranches - circostanza ammessa anche da D.G. - e che costituiva il corrispettivo per l'accomodamento della relazione ispettiva. Sono presenti, quindi, tutti gli elementi del reato di corruzione propria l'accordo, l'atto da compiere contrario ai doveri d'ufficio, la ricezione della somma di denaro. 4.3. Deve escludersi che le condotte dei due ricorrenti abbiano integrato il diverso reato di truffa. Come è noto, i reati di corruzione e di truffa commessi da pubblico ufficiale, pur avendo in comune la qualità del soggetto passivo e l'abuso da parte di questi della pubblica funzione al fine di conseguire un indebito profitto, si differenziano per il fatto che, nella corruzione colui che da o promette non è vittima di un errore ed agisce su di un piano di parità con il pubblico ufficiale nel concludere un negozio giuridico illecito in danno della pubblica amministrazione nella truffa, invece, il pubblico ufficiale si procura un ingiusto profitto sorprendendo la buona fede del soggetto passivo mediante artifici o raggiri ai quali la qualità di pubblico ufficiale conferisce maggiore efficacia. Nella fattispecie in esame, gli imputati hanno ricevuto la somma di denaro consegnata loro, spontaneamente, dal F. , come corrispettivo per l'atto contrario ai doveri d'ufficio, non In conseguenza di un raggiro. A tale conclusione sono arrivati i giudici di merito evidenziando la circostanza che fu D.G. a chiedere alla sua amministrazione l'incarico ispettivo, nonché sulla base di un attenta valutazione degli elementi di prova e, in particolare, analizzando le modalità di pagamento della tangente e, inoltre, sulla base dell'esame delle numerose conversazioni intercorse tra i due imputati e, ancora, dai suggerimenti che D.G. ha fornito a F. , tramite D. , al fine di porre i presupposti per una relazione ispettiva favorevole al consorzio episodio della richiesta di far sparire il fascicolo di una precedente ispezione . Sulla vicenda del parere della VI Divisione circa l'assoggettabilita a fallimento, la sentenza ha sottolineato come in altre conversazioni D.G. abbia riferito al D. che il requisito della mutualità già emergeva dalle risultanze dei Ministero, sicché la conversazione intercettata, al quale i ricorrenti si riferiscono, starebbe a significare, secondo la ricostruzione dei giudici, che ad entrambi stava a cuore il buon esito della vicenda, avendo tutto l'interesse a soddisfare le richieste di F. . Deve, infine, rilevarsi come la Corte d'appello abbia anche messo in rilievo la tardività con cui D.G. ha modificato la sua linea difensiva, patrocinando la tesi della truffa, tanto da ritenerla un mero espediente difensivo . Insomma, la sentenza ha correttamente e logicamente motivato le ragioni per le quali ha escluso la configurabilità della truffa, facendo buon governo della legge penale tutti gli elementi esaminati hanno evidenziato l'esistenza di una accordo paritario sorto tra i vari agenti, finalizzato, come si è detto, ad ottenere un trattamento di favore in vista dell'ispezione ministeriale, ricostruzione che appare confermata dalla genesi della vicenda, per come raccontata in dettaglio da D. . 4.4. Infondato è pure il motivo, dedotto nel ricorso D.G. , diretto a sostenere la configurabilità del diverso reato df cui all'art. 318 c.p., in conseguenza della mancanza dell'atto di ufficio contrario. La tesi difensiva, per come è stata proposta, porterebbe alla conclusione secondo cui, dinanzi alla mancata individuazione dell'atto contrario, scatterebbe la diversa fattispecie di corruzione ex art. 318 c.p. In realtà, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che, ai fini della prova del delitto di corruzione propria, l'individuazione dell'attività amministrativa oggetto dell'accordo corruttivo può ben limitarsi al genere di atti da compiere, sicché tale elemento oggettivo deve ritenersi integrato allorché la condotta presa in considerazione dall'illecito rapporto tra privato e pubblico ufficiale sia individuabile anche genericamente, in ragione della competenza o della concreta sfera di intervento di quest'ultimo, così da essere suscettibile di specificarsi in una pluralità di atti singoli, non preventivamente fissati o programmati, ma pur sempre appartenenti al genus previsto. Nella presente fattispecie le cose sono ancora più semplici, in quanto Tatto contrario risulta perfettamente individuato ed è individuabile anche il suo contenuto, contrario alla legge, in quanto finalizzato a favorire il consorzio di E F. . 4.5. In conclusione, i ricorsi dei due imputati vanno rigettati, con la condanna di entrambi al pagamento delle spese processuali. 5, Sono invece fondati i ricorsi delle parti civili, nei limiti di seguito indicati. 5.1. Nel dichiarare l'inammissibilità delle costituzioni delle parti civili, la Corte territoriale ha, da un lato, escluso che nel reato di corruzione vi possano essere persone offese diverse dalla pubblica amministrazione, dall'altro, ha negato che le parti civili abbiano ricevuto dal reato un danno diretto e immediato. Del tutto corretta è l'affermazione secondo cui persona offesa dal reato di corruzione è soltanto la pubblica amministrazione tuttavia, ciò non toglie che possano esserci soggetti che dai reato di cui all'art. 319 c.p. possano avere ricevuto un danno, situazione che comunque legittima la loro costituzione nel processo come parti civili. Nella specie, il danno diretto derivato al Consorzio Casalazio, alia società Palocco 84 e al Consorzio regionale Lazio di mutualità fra cooperative edilizie è quello relativo all'utilizzo delle somme del consorzio per il pagamento della tangente ai due imputati. 5.3. Per questa ragione la sentenza deve essere annullata senza rinvio ai sensi dell'art. 622 c.p.p., limitatamente al capo relativo alle statuizioni civili, disponendo la trasmissione degli atti al giudice civile competente per valore in grado di appello. P.Q.M. Rigetta i ricorsi di S D.G. e D.F. , che condanna al pagamento delle spese processuali. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nella parte relativa alle statuizioni civili e dispone trasmettersi gli atti ai giudice civile competente per valore in grado di appello.