Il medico riscuote e intasca: condannato

Integra il reato di peculato la condotta del medico che, esercitando attività sanitaria intra moenia presso un’azienda ospedaliera, trattiene i compensi ricevuti direttamente dai pazienti senza versare all’amministrazione la parte dovuta.

La vicenda. La Corte d’Appello di Salerno, confermando la decisione del giudice di prime cure, condannava un medico per il reato di cui all’art. 314 c.p. alla pena di un anno di reclusione condizionalmente sospesa e applicava la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per pari periodo. La fattispecie. L’uomo, esercitando attività medica intra moenia presso un’Azienda ospedaliera, aveva infatti trattenuto i corrispettivi incassati per le visite eseguite, senza versare la parte dovuta all’ospedale corrispondente al 22% . Viene perciò in rilievo, con il ricorso per cassazione proposto dal condannato, l’attribuzione della qualità di pubblico ufficiale al medico che esercita la sua attività professionale all’interno di una struttura sanitaria pubblica. Conferma del peculato La Suprema Corte, rigettando il ricorso, richiama la consolidata giurisprudenza sul tema, in base alla quale la qualifica di pubblico ufficiale è attribuibile a qualunque pubblico dipendente che sia posto – per prassi o consuetudine – nella condizione di riscuotere e detenere denaro di pertinenza dell’amministrazione. In particolare, la norma incriminatrice in parola è integrata dal medico che, svolgendo attività intramuraria in convenzione, riscuota direttamente dai pazienti l’onorario e ometta in seguito di versare all’azienda sanitaria quanto dovuto, appropriandosi così nell’esercizio del suo ufficio di denaro di pertinenza dell’amministrazione. e un richiamo procedurale. La Cassazione coglie anche l’occasione per ricordare che, in seguito alle modifiche introdotte all’art. 606, comma 1, lett. e , c.p.p. dall’art. 8, l. n. 46/06, non è più consentito dedurre in sede di legittimità il ‘travisamento del fatto’, dato che agli Ermellini è preclusa la valutazione delle risultanze processuali in punto di merito. Diversamente, è deducibile il ‘travisamento della prova’, nei casi in cui il giudice abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale , circostanza che non si è verificata nel caso di specie.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 febbraio – 26 giugno 2012, n. 25255 Presidente Ippolito – Relatore Ippolito Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Salerno, rigettando l'appello dell'imputato, ha confermato la sentenza pronunciata il 28 novembre 2001, con cui il locale Tribunale aveva condannato M.R. - riconosciute le circostanze attenuanti previste dagli artt. 62 n. 4, 62-bis e 323-bis cod. pen. - alla pena condizionalmente sospesa di un anno di reclusione, nonché alla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per corrispondente periodo. Al M. è stato addebitato di avere, in qualità e nell'esercizio delle sue funzioni di professore associato preso l'U.O. Urologia dell'ospedale S. Chiara di Pisa, esercitato attività professionale intra moenia senza versare all'Azienda ospedaliera i corrispettivi delle visite per la conseguente ripartizione di essi secondo legge tra l'Azienda e l'indagato rispettivamente 22% e 78% , così appropriandosi delle somme ricevuto per le visite di R.A. , di F.F. , D.L.G. , L.F.G. , Ma.Gi. , L.G. , P.O. , effettuate in e in . 2. Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato, che deduce a violazione dell'art. 606.1 lett. e c.p.p. per vizio di motivazione in relazione ai requisiti previsti dalla legge per la sussistenza del reato di peculato b violazione ed erronea applicazione della legge penale art. 606.1 lett. b c.p.p. , con riferimento all'art. 314 c.p., in ordine alla ritenuta sussistenza della qualifica di pubblico ufficiale c violazione dell'art. 606.1 lett. e c.p.p. per vizio di motivazione e travisamento del fatto in relazione alla valutazione delle emergenze probatorie acquisite con l'istruttoria dibattimentale. 3. In data 27 gennaio scorso sono stati depositati dal difensore motivi aggiunti, connessi alla terza delle censure sopra indicate. Considerato in diritto 1. I primi due motivi sono infondati, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide. 1.1. Integra, infatti, il delitto di peculato la condotta del medico il quale, svolgendo in regime di convenzione attività intramuraria, dopo aver riscosso direttamente dai pazienti l'onorario dovuto per le prestazioni, ometta poi di versare all'azienda sanitaria quanto di spettanza della medesima, in tal modo appropriandosene Cass. n. 39695/2009, Rv. 245003, Russo . 1.2. In ordine al secondo motivo, relativo alla qualifica di pubblico ufficiale, detta qualità deve essere attribuita a qualunque pubblico dipendente che le prassi e le consuetudini mettano nelle condizioni di riscuotere e detenere denaro di pertinenza dell'amministrazione v. Cass. n. 2969/2005, Rv. 231474, Moschi e la già citata sentenza n. 39695/2009 . 2. Per quanto concerne il terzo motivo ed i motivi aggiunti, manifestamente infondati, va ribadito che, anche a seguito delle modifiche dell'art. 606.1 lett. e cod. proc. pen., introdotte dall'art. 8 della L. n. 46 del 2006, non è consentito dedurre il travisamento del fatto , stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito Cass. n. 27429/2006, Rv. 234559, Lobriglio Sez. 5, Sentenza n. 39048/2007, Rv. 238215, Casavola . La nuova disciplina consente di dedurre il vizio di travisamento della prova , che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, sempreché la difformità risulti decisiva. Orbene, i rilievi difensivi in ordine al travisamento della prova così qualificata la deduzione del ricorrente relativa al rilascio al pazienti visitati dalla fattura per il corrispettivo ricevuto, risulta del tutto marginale e per nulla decisiva. All'imputato non è stato addebitato un illecito fiscale, bensì l'appropriazione indebita di denaro spettante all'Ente pubblico la Corte territoriale ha ritenuto accertato che il M. , in occasione delle visite effettuate presso l'Ospedale di Pisa e presso il proprio studio a Salerno non compilava il bollettario deputato proprio alla ripartizione delle somme tra il professionista e l'Ente di appartenenza e dunque tratteneva per sé interamente le somme riscosse, anche per la parte spettante all'Ente stesso . 3. Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.