Contributi vincolati ricevuti dagli enti pubblici: ogni distrazione è vietata

L’interesse pubblico dell’opera o dell’attività per cui si riceve il finanziamento non è connesso alla natura oggettiva dell’una o dell’altra, ma piuttosto alla provenienza pubblica del contributo gratuito o agevolato e al vincolo di destinazione del medesimo, in ossequio alle scelte di politica economica degli enti pubblici. Non è quindi permesso al beneficiario di discostarsi dallo scopo iniziale prefissato con operazioni speculative.

Questo il principio ricordato dalla Cassazione Penale nella recente sentenza n. 23778/12, con deposito del 15 giugno. Malversazione a danno dello Stato. Il Tribunale di Aosta condannava una donna ai sensi dell’art. 316- bis c.p. perché – in qualità di legale rappresentante di una ditta individuale – non destinava i contributi ricevuti dalla Regione della Valle d’Aosta alle finalità espressamente previste e anzi rivendeva i beni strumentali prima del limite temporale fissato ex lege . La Corte d’Appello di Torino riformava in sola parte la statuizione, dichiarando il non doversi procedere relativamente a un punto di imputazione vendita non regolare di un autocarro e rideterminando la pena principale. Il Giudice distrettuale, in particolare, riteneva che l’elusione del vincolo di destinazione dei contributi regionali integrasse il reato contestato. Esegesi della fattispecie. L’imputato propone ricorso per cassazione. L’interesse protetto dalla norma è individuabile nella corretta gestione delle risorse pubbliche destinate ai fini di incentivazione economica. Se l’agente – soggetto straneo alla Pubblica Amministrazione – distrae la somma ottenuta dal predetto scopo, non rispetta il vincolo l’art. 316- bis c.p., in buona sostanza, è norma incriminatrice volta a tutelare non il momento percettivo della prestazione pubblica, bensì la fase esecutiva della erogazione. La Corte Suprema si allinea quindi a un precedente Cass. n. 47311/2003 sottolineando che l’interesse pubblico dell’opera o dell’attività non è connesso alla natura oggettiva dell’una o dell’altra, ma piuttosto alla provenienza pubblica del finanziamento gratuito o agevolato e al vincolo destinativo del medesimo, in ossequio alle scelte di politica economica dello Stato. Scostamento in itinere dal progetto finanziato. Valutata quindi questa divergenza rispetto allo scopo iniziale, risulta frustrata la mira di pubblico interesse per la quale il sovvenzionamento è stato concesso. Il caso in esame rientra in tale ipotesi, considerato che la donna ha effettuato operazioni speculative rivendendo gli stessi beni a prezzo di mercato – con intuibili utili personali – e guardandosi bene dal restituire alla regione il contributo ricevuto. Successione nel tempo delle leggi penali? La Corte non ritiene invocabile tale istituto. Le leggi regionali hanno natura di mero requisito di atto, sulla cui base l’imputato ha sottoscritto l’impegno a mantenere la destinazione pattuita il rapporto con l’Ente concedente, quindi, non poteva che rimanere regolato nella fase esecutiva da quanto convenzionalmente pattuito. La Cassazione spiega meglio la ratio della l. n. 689/81, art. 9 si è voluto evitare di conferire alle Regioni a Statuto speciale un potere di depenalizzazione, il quale avrebbe giocoforza nociuto al principio di uguaglianza e alla riserva allo Stato della legislazione esclusiva in materia penale. Il reato invece, con riferimento specifico a un singolo capo dell’imputazione, tenuto conto dell’epoca a cui risale e della pena edittale per esso prevista, si è estinto per prescrizione il relativo termine è infatti interamente decorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 dicembre 2011 – 15 giugno 2012, n. 23778 Presidente Di Virginio – Relatore Milo Fatto e diritto 1. Il Tribunale di Aosta, con sentenza 12/11/2008, condannava S.A. alla pena di mesi otto di reclusione, con l'incapacità di contrarre con la P.A. per la durata di un anno, nonché al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv., 316-bis cod. pen., perché, quale legale rappresentante della ditta individuale ‘Tecno Edile’, con più azioni esecutive di uno stesso disegno criminoso, avendo ottenuto dalla Regione Autonoma della Valle d'Aosta, ai sensi delle leggi regionali nn. 41/'77, 22/XXXXXXX03, contributi per l'acquisto di beni strumentali alla propria attività imprenditoriale, non li destinava alle finalità espressamente previste e li vendeva prima del limite temporale fissato per legge a autocarro acquistato il 9/4/2002 e venduto l’1/6/2004, prima del termine legale di anni tre legge n. 22/'98 b miniescavatore acquistato il 25/9/2003 e venduto il 26/5/2005, prima del termine legale di anni cinque legge n. 6/'03 c autocarro acquistato il 5/9/2000 e venduto il 31/7/2003, prima del termine legale di anni cinque. Dichiarava non doversi procedere nei confronti del S. , in ordine ad altro analogo episodio contestato al punto c e relativo al contributo ricevuto per l'acquisto di altro autocarro, perché estinto per prescrizione. 2. A seguito di gravame proposto dall'imputato, la Corte d'appello di Torino, con sentenza 23/3/2011, in parziale riforma della decisione di primo grado, che confermava nel resto, dichiarava non doversi procedere nei confronti del predetto in ordine all'episodio di cui residuo punto c dell'imputazione, perché estinto per prescrizione, e rideterminava la misura della pena principale in mesi sette di reclusione. Il Giudice distrettuale, dopo avere premesso, alla luce della disamina della normativa di settore, che il vincolo di destinazione dei contributi regionali erogati alle imprese artigiane era a tutela dell'interesse pubblico, riteneva che l'elusione di tale vincolo, verificatosi dopo avere incamerato i contributi, integrava il reato contestato di malversazione continuata a danno della Regione. Sottolineava che l'abrogazione delle leggi regionali n. 41/'77 e n. 22/'98 non incideva sulla normativa introdotta dalla legge regionale n. 6/'03, che si poneva in continuità con le prime, e comunque non comportava il venir meno della illiceità delle condotte poste in essere nel vigore della pregressa regolamentazione e in violazione della stessa. Aggiungeva, infine, che, in base all'art. 9, comma secondo, legge n. 689/'81, la sanzione penale prevista dall'art. 316-bis cod. pen prevaleva sulle sanzioni amministrative previste dalla normativa regionale e che manifestamente infondata si rivelava la prospettata questione di costituzionalità su tale punto. 3. Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l'imputato, deducendo 1 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'art. 316-bis cod. pen., sotto il profilo che la condotta contestatagli non rientrava nel paradigma di tale norma, il cui ambito operativo è circoscritto ai ‘contributi .destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di pubblico interesse’, mentre, nella specie, le erogazioni ricevute erano destinate ad agevolare l'imprenditoria e, in ogni caso, egli aveva destinato tali erogazioni agli scopi previsti, essendosi limitato a violare, successivamente, le procedure per l'anticipata alienazione dei beni acquistati con il contributo regionale 2 violazione di legge, sotto il profilo che l'intervenuta abrogazione delle disposizioni regionali integrative della legge penale faceva venire meno l'illiceità delle condotte di cui ai punti a e c dell'imputazione, commesse dopo la detta abrogazione 3 violazione della legge penale, con riferimento all'art. 316-bis cod. pen., sotto il profilo che l'inosservanza della procedura per l'alienazione anticipata dei beni acquistati con il contributo regionale comportava la sola applicazione delle sanzioni amministrative 4 questione di costituzionalità dell'art. 9, comma secondo, legge n. 689/'81, per contrasto con gli artt. 3 e 117 nuova formulazione . Così, posto che la normativa regionale in materia non poteva essere ritenuta di rango inferiore rispetto alla legislazione statale e doveva essere a questa equiparata, con conseguente applicabilità del principio di specialità di cui al comma primo del citato art. 9. 4. Il ricorso, pur articolato su motivi che si rivelano privi di fondamento, impone comunque, ex art. 129, comma 1, cod. proc. pen., l’annullamento parziale, nei termini di seguito precisati, della sentenza impugnata nel resto, il ricorso deve essere rigettato. 4.1. Osserva la Corte che l'interesse protetto dalla norma di cui all'art. 316 bis cod. pen. è individuabile nella corretta gestione delle risorse pubbliche destinate a fini di incentivazione economica e attiene, più che alla pubblica amministrazione, all'economia pubblica. Presupposto del reato è l'avere l'agente, soggetto estraneo alla Pubblica Amministrazione, ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico nella specie la Regione un contributo, una sovvenzione o un finanziamento destinati a una determinata finalità pubblica. La condotta consiste nel distrarre, anche in parte, la somma ottenuta dalla predetta finalità, violando in una qualsiasi maniera il vincolo di destinazione della sovvenzione. La norma incriminatrice è volta a tutelare non il momento percettivo della prestazione pubblica, come accade nel reato di cui all'art. 640 bis cod. pen., ma quello della fase esecutiva della detta erogazione. La nozione di ‘opere’ o ‘attività di pubblico interesse’ a cui la norma fa riferimento, in quanto scarsamente selettiva, non può che essere intesa in senso molto ampio, sì da escludere dal suo ambito applicativo soltanto quei sussidi economici elargiti per finalità assistenziali o sociali senza alcun vincolo preciso di destinazione. La formula normativa, in sostanza, ha riguardo, contrariamente a quanto si sostiene in ricorso, allo scopo perseguito dall'ente pubblico erogante piuttosto che all'opera o all'attività di per sé considerata. L'interesse pubblico dell'opera o dell'attività non è connesso alla natura oggettiva dell'una o dell'altra, ma piuttosto alla provenienza pubblica del finanziamento gratuito o agevolato e al vincolo di destinazione dello stesso, quale espressione delle scelte di politica economica e sociale dello Stato o di altro ente pubblico in senso sostanzialmente conforme cfr. Sez. 6, sent. a 47311 del 3/11/2003 . Si verifica certamente distrazione del contributo pubblico dalla finalità prevista nell'ipotesi di scostamento in itinere dal progetto finanziato, sì da frustrare lo scopo di pubblico interesse per il quale il sovvenzionamento fu concesso. Il caso in esame rientra in tale ipotesi, considerato che l'imputato, dopo avere acquistato, utilizzando il contributo regionale, i mezzi di cui al capo d'imputazione, pose in essere, in violazione dell'obbligo di mantenere la destinazione dichiarata e di non alienare per il periodo previsto i detti beni, operazioni speculative, rivendendo gli stessi beni a prezzo di mercato, con intuibili utili personali, e guardandosi bene dal restituire alla Regione, così come previsto dalla normativa di riferimento, il contributo ricevuto. 4.2. L'abrogazione delle leggi regionali a 41/77 e n. 22/98 ad opera della legge regionale n. 2/04 non incide sulla configurabilità del reato di cui si discute e non consente di evocare, come sostiene il ricorrente, l'istituto della successione nel tempo delle leggi penali art. 2 cod. pen. . Dette leggi regionali, infatti, non integrano la fattispecie incriminatrice, che è ben definita in tutta la sua struttura, ma hanno natura di mero requisito di fatto, sulla cui base l'imputato sottoscrisse l'impegno a mantenere, per un ben individuato arco temporale, la destinazione dichiarata dei beni oggetto di intervento pubblico, con l'effetto che il rapporto con l'Ente concedente non poteva che rimanere regolato, nella fase esecutiva, da quanto convenzionalmente stabilito al momento della sua instaurazione. 4.3. Correttamente la sentenza impugnata, in applicazione dell'art. 9, comma secondo, legge n. 689/81, ritiene che sulle sanzioni amministrative previste dalla normativa regionale debba prevalere la sanzione penale di cui all'art. 316 bis cod. pen La ratio del secondo comma del richiamato art. 9 legge a 689/'81 è evidente si è voluto evitare di conferire alle regioni e alla province autonome di Trento e Bolzano un sostanziale potere di depenalizzazione di fronte, infetti, ad una disposizione amministrativa della legge regionale o provinciale qualificabile come speciale rispetto alla disposizione penale, quest'ultima non sarebbe stata più applicabile per il principio di specialità di cui al primo comma del citato art. 9, con l'ulteriore irragionevole conseguenza che l'ambito spaziale dell'efficacia di una determinata norma penale avrebbe potuto essere diverso da regione a regione o a provincia autonoma , con patente violazione del principio di uguaglianza art. 3 Cost. e di quello che riserva allo Stato la legislazione esclusiva in materia penale art. 117, comma secondo, lett. l, Cost. . Tali considerazioni evidenziano la manifesta infondatezza della prospettata questione di costituzionalità. 4.4. Rileva, tuttavia, la Corte che il reato, con riferimento all'episodio descritto al punto a dell'imputazione vendita autocarro Bremach , tenuto conto dell'epoca a cui risale la sua consumazione 1/6/2004 e della pena edittale per esso prevista reclusione fino a quattro anni , si è estinto per prescrizione, in quanto il relativo termine, considerato nella sua massima estensione di anni sette e mesi sei arti 157, primo comma, e 161, secondo comma cod. pen. , è - ad oggi - interamente decorso. Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in relazione a tale capo d'accusa, con la formula corrispondente. La pena va rideterminata con riferimento al residuo capo di cui al punto b dell'imputazione, nella misura di mesi sei di reclusione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamene al reato di cui al punto a della rubrica, perché estinto per prescrizione. Rigetta nel resto il ricorso e ridetermina la pena nella misura di mesi sei di reclusione.