GdF: il sequestro è sempre valido se si trova il corpo del reato

Qualora gli ufficiali e gli agenti accedano nei locali di una impresa ai fini di investigazioni concernenti la materia fiscale e tributaria, possono compiere atti di perquisizione e di sequestro in ordine ai reati di natura non fiscale o finanziaria soltanto ove, nell’ambito degli accertamenti programmati, trovino elementi dai quali emerga la flagranza di reato diverso.

Il caso. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso un’ordinanza di convalida di un decreto di convalida di sequestro probatorio nell’ambito di un procedimento penale concernente la violazione del diritto d’autore, in particolare software privi di licenza d’uso. Il ricorrente, oltre a lamentare erroneamente la mancanza di motivazione, riteneva che l’attività di verifica espletata dalla Guardia di Finanza, conclusasi con il sequestro non rispettava le garanzie fissate dagli artt. 13 e 14 Cost. e dallo ‘Statuto del contribuente’ Perquisizioni non importano le modalità? Qualora gli ufficiali e gli agenti, nella specie della Guardia di finanza, accedano nei locali di una impresa ai fini di investigazioni concernenti la materia fiscale e tributaria, possono compiere atti di perquisizione e di sequestro, ai sensi degli artt. 352 e 354 c.p.p., in ordine ai reati di natura non fiscale o finanziaria soltanto ove, nell’ambito degli accertamenti programmati, trovino elementi dai quali emerga la flagranza di reato diverso. Necessario però rispettare i divieti probatori. La Suprema Corte, richiamandosi a un principio più volte espresso Cass. sez. I n. 26674/11 Cass. sez. II n. 26819/10 , ha comunque ribadito che l’eventuale illegittimità della perquisizione non invalida il sequestro, in quanto concernente cose costituenti corpo di reato o a questo pertinenti e ciò in ragione del fatto che il potere di sequestro non dipende dalle modalità con le quali queste sono state reperite, ma è condizionato unicamente all’acquisibilità del bene e alla insussistenza di divieti probatori espliciti o univocamente enucleabili dal sistema. Nel caso di specie gli applicativi software privi di licenza d’uso sequestrati corpo del reato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 marzo – 13 aprile 2012, numero 14026 Presidente Mannino – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Benevento, con ordinanza del 4 ottobre 2011, ha rigettato la richiesta di riesame presentata nell'interesse di M G. avverso il decreto di convalida di sequestro probatorio datato 10 settembre 2011 ed emesso dal Pubblico Ministero nell'ambito di un procedimento penale concernente la violazione della legge sul diritto d'autore. Avverso l'ordinanza il predetto propone ricorso per cassazione. 2. Con un unico motivo di ricorso lamenta la mancanza di motivazione dell'ordinanza impugnata, osservando che il Tribunale avrebbe errato nel considerare valida la motivazione per relationem della convalida da parte del Pubblico Ministero mediante richiamo agli atti di polizia giudiziaria. Rileva, inoltre, di aver sottoposto all'attenzione dei giudici del riesame il fatto che l'attività di verifica espletata dalla Guardia di Finanza, conclusasi con il sequestro, si fondava sul disposto dell'articolo 2 D.Lv. 19.3.2001 numero 600, in contrasto con gli articoli 13 e 14 Cost. e non rispettava le garanzie fissate dallo Statuto del contribuente e che su tali argomentazioni il Tribunale non aveva fornito adeguata risposta, essendosi limitato ad osservare che l'eventuale illegittimità della perquisizione non avrebbe comunque invalidato il successivo sequestro, riguardante il corpo del reato. Aggiunge di aver evidenziato, in sede di riesame, anche la nullità della convalida per difetto di motivazione e vizi formali e che, anche sul punto, i giudici avrebbero omesso ogni motivazione, non potendosi considerare tale quella che ritiene sufficiente il richiamo alla natura di corpo del reato delle cose sottoposte a vincolo, senza alcuna formulazione dell'imputazione. Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 3. Il ricorso è inammissibile. Occorre preliminarmente osservare che il ricorrente, pur richiamando correttamente la giurisprudenza di questa Corte attraverso la quale è stato definito l'ambito di operatività del giudizio di riesame delle misure cautelari reali, ne travisa il senso. 4. Si è infatti ripetutamente osservato che il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro probatorio o preventivo può essere proposto esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all'articolo 606, lettera e C.P.P. pur rientrando, nella violazione di legge, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali SS.UU. numero 5876, 13 febbraio 2004. Conf. Sez. V numero 35532, 1 ottobre 2010 Sez. VI numero 7472, 20 febbraio 2009 Sez. V numero 8434, 28 febbraio 2007 . Ciò che rileva, pertanto, è la fisica assenza della motivazione Sez. V numero 35532, 1 ottobre 2010, cit. o la motivazione che risulti del tutto estranea rispetto alle risultanze processuali o fondata su argomentazioni di puro genere, asserzioni apodittiche o proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cosicché il ragionamento posto a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e, in sostanza, inesistente Sez. V numero 24862, 1 luglio 2010 Sez. VI numero 6839, 1 giugno 1999 . Nella fattispecie tali condizioni non sussistono, avendo i giudici del riesame adeguatamente giustificato le ragioni del loro convincimento attraverso un preliminare e del tutto legittimo richiamo al contenuto degli atti processuali ed una disamina dei motivi posti a sostegno della richiesta di riesame, ai quali viene fornita risposta. Il Tribunale ha, infatti, in primo luogo esaminato la legittimità dell'intervento della polizia giudiziaria, oggetto di contestazione da parte dell'indagato, richiamando correttamente il D.Lv. 68/2001 posto a sostegno dell'operazione conclusa dalla Guardia di Finanza, poiché tale disposizione normativa attribuisce espressamente articolo 2, comma secondo, lettera I al Corpo della Guardia di finanza compiti di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni in materia di diritti d'autore, know-how, brevetti, marchi ed altri diritti di privativa industriale, relativamente al loro esercizio e sfruttamento economico, disponendo espressamente articolo 2, comma quarto che ferme restando le norme del codice di procedura penale e delle altre leggi vigenti, i militari del Corpo, nell'espletamento di tali compiti oltre agli altri indicati all'articolo 2, comma secondo , si avvalgono delle facoltà e dei poteri previsti dagli articoli 32 e 33 del D.p.r. 29 settembre 1973, numero 600, 51 e 52 del D.p.r. 26 ottobre 1972, numero 633. I compiti come sopra specificati vengono ulteriormente estesi, dall'articolo 2, comma secondo, lettera m del succitato decreto legislativo, anche ad ogni altro interesse economico-finanziario nazionale o dell'Unione Europea . Tale disposizione, dunque, oltre ad escludere la tassatività dell'elencazione contenuta nelle lettere precedenti, attribuisce alla Guardia di Finanza un ambito operativo più ampio, sostanzialmente coincidente con quello di vera e propria polizia economico - finanziaria e quindi non limitato alla sola materia fiscale e tributaria. Vero è che, in altra decisione di questa Corte richiamata in ricorso Sez. III numero 15959, 10 maggio 2006 , si è affermato che qualora gli ufficiali e gli agenti, nella specie della Guardia di finanza, accedano nei locali di una impresa ai fini di investigazioni concernenti la materia fiscale e tributaria, gli stessi possono compiere, di propria iniziativa, atti di perquisizione e di sequestro, ai sensi degli articoli 352 e 354 C.P.P., in ordine a reati di natura non fiscale o finanziaria soltanto ove, nell'ambito degli accertamenti programmati, trovino elementi dai quali emerga la flagranza di un reato diverso, escludendo la natura di legge finanziaria alla legge 633/1941 sulla tutela del diritto di autore, ma la decisione si limita a richiamare, in base alle necessità del caso ed in via incidentale, l'articolo 2 del D.Lv. 68/2001, l'articolo 33 D.p.r. 600/73 e l'articolo 52 D.p.r. 633/72 con riferimento ai contenuti generali e le materie disciplinate, osservando che avrebbero potuto giustificare esclusivamente verifiche fiscali dirette alla prevenzione e repressione delle violazioni finanziarie, escludendo poi la possibilità di procedere ad accertamenti concernenti il diritto d'autore sulla base di quanto disposto dagli articoli 33 e 35 della legge 7 gennaio 1929, numero 4, senza analizzare, quindi, la questione concernente l'espresso richiamo dell'articolo 2 comma secondo, lettera m del D.Lv. 68/2001 alla materia del diritto d'autore e la specifica attribuzione delle facoltà e poteri attribuite dal comma quinto attraverso un richiamo alle disposizioni di cui ai D.p.r. 600/73 e 633/72 il quale, in quanto diretto, prescinde dalla materia da essi trattata estendendone, conseguentemente, l'ambito di efficacia. 5. In ogni caso, l'ordinanza impugnata, pur riconoscendo la legittimità dell'intervento della Guardia di Finanza nel caso specifico, supera comunque la questione osservando che, comunque, l'eventuale illegittimità della perquisizione non invalida il sequestro in quanto concernente cose costituenti corpo di reato o a questo pertinenti e ciò in ragione del fatto che il potere di sequestro, in quanto riferito a cose obbiettivamente sequestrabili, non dipende dalle modalità con le quali queste sono state reperite, ma è condizionato unicamente all'acquisibilità del bene e alla insussistenza di divieti probatori espliciti o univocamente enucleagli dal sistema, a tal proposito richiamandosi un principio espresso da questa Corte Sez. II numero 26819, 12 luglio 2010 Sez. VI numero 6842, 18 febbraio 2004 Sez. II numero 4827, 2 maggio 1995 Sez. VI numero 1557, 22 maggio 1991, V. anche Sez. I numero 26674, 13 giugno 2011 ed osservando come gli applicativi software privi di licenza d'uso sequestrati costituiscano corpo del reato. 6. I giudici del riesame forniscono adeguata risposta anche alle doglianze in punto di legittimità del decreto di convalida, riconoscendo come conforme a legge il richiamo per relationem effettuato agli atti di polizia giudiziaria e l'assenza di violazioni del diritto di difesa. Anche in questo caso l'ordinanza si presenta del tutto immune da censure. Occorre ricordare, in primo luogo, come, in tema di sequestro probatorio, le Sezioni Unite di questa Corte abbiano avuto modo di stabilire che anche tale tipologia di sequestro deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione circa il presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l'accertamento dei fatti Sez. VI numero 21736, 29 maggio 2008 SS. UU. numero 5876, 13 febbraio 2004 . Con riferimento a tale motivazione si è ritenuto però sufficientemente argomentato il provvedimento nel quale il Pubblico Ministero richiami per relationem, ai fini dell'individuazione del fatto per cui si procede e delle ragioni del sequestro, gli atti redatti dalla polizia giudiziaria, senza necessità di riprodurli ed è stata esclusa, in tale ipotesi, una eventuale lesione del diritto di difesa, che risulta garantito dalla consegna del verbale di sequestro e, comunque, dalla notifica del provvedimento del PM e dal successivo deposito ex art. 324, comma sesto C.P.P. Sez. III numero 20769, 3 giugno 2010 Sez. II numero 38603 18 ottobre 2007 Sez. V numero 7278, 28 febbraio 2006 Sez. V numero 2108, 8 giugno 2000 . In definitiva, tranne nei casi in cui l'esigenza probatoria del corpus delicti sia in Ve ipsa v. Sez. IV numero 8662, 3 marzo 2010, relativa ad un sequestro di stupefacenti è necessario che il provvedimento di convalida di sequestro probatorio effettuato dal Pubblico Ministero o il decreto di sequestro probatorio dallo stesso emesso contengano, quantomeno, una indicazione, ancorché essenziale e sintetica, delle esigenze probatorie che giustificano il vincolo. Il provvedimento di convalida del sequestro non richiede, inoltre, la completa formulazione di un capo di imputazione in quanto, avuto riguardo alla fase in cui interviene la convalida, ben può fare riferimento esclusivamente al titolo del reato per cui si procede ed agli atti redatti dalla polizia giudiziaria Sez. II numero 38603, 18 ottobre 2007 . Tali principi, che il Collegio condivide, vanno pertanto riaffermati. Nel caso in esame il tribunale ha rilevato, facendo buon uso delle disposizioni normative applicate e dei principi dianzi richiamati, che il provvedimento redatto dal Pubblico Ministero assolve adeguatamente all'onere motivazionale imposto dalla legge. Invero, il Pubblico Ministero risulta aver richiamato ed allegato al decreto di convalida il verbale di perquisizione e sequestro nel quale erano dettagliatamente indicate le ragioni dell'intervento della polizia giudiziaria ed ha giudicato la necessità del vincolo con l'esigenza di provare i fatti che la stessa polizia giudiziaria aveva descritto negli atti richiamati, indicando le disposizioni che si ritenevano violate. In definitiva, il provvedimento di sequestro e la successiva convalida risultavano compiutamente descrittivi dei fatti, delle condotte penalmente rilevanti e delle concrete finalità probatorie che avevano reso necessario il vincolo e correttamente il Tribunale ne ha riconosciuto la piena legittimità. 7. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente Corte Cost. 7-13 giugno 2000, numero 186 - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.