Intestazione fittizia? l’intestatario non risponde di trasferimento fraudolento di valori

Se l’intestazione è fittizia, l’intestatario non può rispondere del reato di trasferimento fraudolento di valori, ma semmai di altro e diverso reato. La norma punisce colui che attribuisce fittiziamente ad altri, e non anche il soggetto a cui è stata simulatamente attribuita la proprietà o il possesso dei beni.

Il caso. Il Gip aveva disposto il sequestro preventivo art. 12 sexies L. numero 356/1992 del 22% delle quote sociali di una società, ritenendo sussistente il fumus commissi delicti del reato di trasferimento fraudolento di valori art. 12 quinquies della medesima legge , a carico del soggetto intestatario. Il tribunale del riesame, chiamato a pronunciarsi su istanza dell’indagata, aveva rigettato il ricorso confermando il sequestro. Contro l’ordinanza del tribunale, il difensore aveva proposto ricorso per cassazione, sostenendo il difetto di motivazione in ordine alla preliminare questione della competenza territoriale, in quanto la sede legale della società si trovava in altra città, e qui si era concluso anche il negozio traslativo delle quote, senza che potessero ravvisarsi criteri di connessione con il Tribunale di Firenze. In più, in merito all’elemento psicologico del reato, non vi era alcun elemento dal quale potesse ricavarsi la consapevolezza da parte dell’indagata di agevolare il soggetto interessato all’elusione delle norme sul sequestro e la confisca. Sempre secondo il ricorrente, il tribunale aveva violato i principi stabiliti dalla norma in tema di prova della sproporzione tra acquisto e reddito, con erronea applicazione di legge, in particolare dell’art. 12 sexies L. numero 356/1992. Confiscato tutto il patrimonio di chi è condannato per determinati reati. L’art. 12 sexies introdotto con la legge antiriciclaggio numero 356/1992, prevede la possibilità di sottoporre a confisca obbligatoria e conseguentemente anche al sequestro preventivo , tutto il patrimonio di soggetti condannati per determinati reati, particolarmente produttivi di profitto e in grado di far realizzare ingenti ricchezze, sulla base della presunzione che tale patrimonio sia stato accumulato illecitamente. Tra i reati per i quali è prevista la confisca il legislatore ha ricompreso – l’elenco non è esaustivo - i reati contro la pubblica amministrazione come il peculato, la corruzione, la concussione, l’indebita percezione di erogazioni dello stato etc. , l’associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù o alla tratta di persone, l’associazione di stampo mafioso, la ricettazione escluso il V comma , il riciclaggio, il reimpiego di danaro di provenienza illecita, l’usura, il traffico e l’associazione per delinquere finalizzata al commercio di sostanze stupefacenti, la tratta di esseri umani, la riduzione in schiavitù e il trasferimento fraudolento di valori art. 12 quinquies L. numero 356/ 1992 . Per predisporre la confisca basta la sproporzione tra il patrimonio posseduto e i redditi dichiarati o l’attività economica svolta. Il condannato a sua volta per evitare la confisca ha l’onere di giustificare la legittima provenienza dei beni. È bene precisare che la Corte di Cassazione anche a Sezioni Unite ha introdotto dei correttivi e stabilito alcuni principi regolativi del meccanismo che in questa sede sarebbe troppo complesso analizzare. L’art. 12 quinquies punisce colui che attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di danaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali c.d. confisca di prevenzione , o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di dei delitti di ricettazione, riciclaggio, reimpiego. L’oscurità dell’ipotesi accusatoria. La sentenza ha preliminarmente rilevato la scarsa chiarezza sull’ipotesi di accusa elevata a carico dell’indagata, perché dalla parte iniziale dell’ordinanza sembrerebbe desumersi che all’indagata viene contestato il fatto di aver accettato, su richiesta di altri indagati, di intestarsi fittiziamente una parte delle quote sociali se così è, ha rilevato la Corte, cioè se l’intestazione è fittizia, l’indagata non può essere chiamata rispondere del reato di trasferimento fraudolento di valori, ma semmai di altro e diverso reato. Ciò è quanto sembrerebbe desumersi dal dictum della Corte, ma il passaggio non è compiutamente decifrabile. La norma, infatti, da un punto di vista letterale, punisce solo colui che attribuisce fittiziamente ad altri, e non anche il soggetto a cui è stata simulatamente attribuita la proprietà o il possesso dei beni. Tuttavia, diverse sentenze, in precedenza, hanno affermato che si tratta di un caso di concorso necessario , poiché il soggetto agente intanto può realizzare l’attribuzione fittizia di beni, in quanto vi siano terzi che accettino di acquisirne la titolarità o disponibilità, salva la valutazione dell’elemento soggettivo del reato in capo al terzo, che può non essere consapevole dell’acquisto fraudolento, non essendo il reato a dolo incrociato, cioè non richiedendo la fattispecie l’accordo criminoso esplicito, come nella corruzione Cass. penumero , sez. II, numero 28942/2009 . Comunque, ha sottolineato la Corte, la confusa prospettazione accusatoria impediva anche la valutazione in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti e a una delle ipotesi di confisca obbligatoria previste dall’art. 12 sexies . Incompetenza territoriale? Inoltre ha rilevato il difetto di motivazione sulla sollevata questione della competenza territoriale in quanto non si comprendevano le ragioni che avevano condotto il Tribunale del riesame ha rigettare la questione, peraltro, facendo rinvio alle argomentazioni svolte in altro imprecisato procedimento. Il tribunale del riesame ha l’obbligo di valutare gli elementi difensivi in ordine alla giustificazione della legittima provenienza dei beni. Così ha stabilito la Corte, enunciando un principio peraltro pacifico in sede di procedimento di riesame, affermando che il Tribunale non aveva motivato sulle ragioni per cui venivano ritenuti inidonei i documenti prodotti a sostegno della prova della legittima provenienza, nonché aveva erroneamente rifiutato di valutare la questione demandandone l’esame in separata sede al Gip, violando così i principi stabiliti dagli artt. 322 e 324 c.p.p. che prevedono un effetto devolutivo completo delle questioni e dei motivi posti a sostegno della domanda di riesame.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 ottobre 2011 – 17 febbraio 2012, n. 6508 Presidente Marasca – Relatore Scalera Osserva B.A. ricorre tramite difensore di fiducia avverso l'ordinanza del 7 marzo 2011, con cui il Tribunale della Libertà di Firenze ha confermato il sequestro di quota di partecipazione pari al 22% della società M2M, disposta nei suoi confronti da quel GIP ai sensi dell'art. 12 sexies della Legge 356/92. La B. , a quanto pare di comprendere, è indagata in ordine al reato di trasferimento fraudolento di valori, sanzionato dall'art. 12 quinquies della legge citata, per essersi resa intestataria fittizia della quota societaria, il cui acquisto, secondo il provvedimento impugnato, sarebbe sproporzionato rispetto ai redditi di cui la predetta legittimamente disponeva. Il Tribunale peraltro da atto che la ricorrente aveva sostenuto di aver legittimamente acquisito le risorse finanziarie necessarie all'acquisto dal compagno F.F. , deceduto il OMISSIS , jure hereditatis, ma assume l'irrilevanza della circostanza, sia perché le copie delle contabili bancarie addotte a sostegno dell'eccezione a suo avviso non costituirebbero prova sufficiente dell'assunto, sia perché comunque non era quella la sede ove andava proposta la questione, che andava invece prospettata al GIP con nuova istanza di restituzione. Deduce la ricorrente 1 Difetto assoluto di motivazione quanto al rigetto dell'eccezione con cui era stata dedotta l'incompetenza del Tribunale di Firenze, essendo XXXXXXX la sede legale della società M2M, ed a XXXXXXX essendo stato concluso il negozio traslativo ed erano stati posti in essere tutti gli atti relativi, né era dato rinvenire elementi dai quali arguire la competenza per connessione di Firenze. Il Tribunale sul punto aveva speso solo poche generiche righe, limitandosi ad osservare che la questione era stata trattata e risolta in altro, non meglio precisato, provvedimento 2 Difetto di motivazione sull'elemento psicologico, consistente della consapevolezza di porre in essere una condotta collusiva con il soggetto interessato all'elusione delle norme sul sequestro e sulla confisca 3 Erronea applicazione dell'art. 12 sexies L. 356/92, avendo violato il Tribunale il compito di verificare la fondatezza degli argomenti addotti a dimostrazione dell'insussistenza di sproporzione tra acquisto e reddito, demandando ad altro giudice un'indagine che avrebbe dovuto svolgere direttamente. Il ricorso è fondato sotto tutti i profili dedotti. Va innanzitutto rilevato che non è chiara l'ipotesi di accusa, atteso che dalla prima pagina dell'ordinanza impugnata pare di comprendere che alla B. sia contestato di aver accettato, su richiesta di B.F. , L. ed A. , di rendersi intestatario fittizia di una quota societaria pari al 22% della società M2M. Già detta prospettazione del capo di imputazione è contraddittoria, perché se l'intestazione è fittizia, la B. non può essere chiamata a rispondere del reato ipotizzato, ma semmai di altro e diverso illecito. Passando allo specifico esame delle censure proposte, non si comprendono le ragioni che hanno indotto il Tribunale di Firenze a ritenere infondata l'eccezione di incompetenza territoriale, dal momento che la motivazione richiama per relationem le argomentazioni asseritamente svolte da quello stesso Tribunale in altro imprecisato procedimento, senza che ne sia data contezza alcuna, sia pure sommaria. La fondatezza del secondo motivo di ricorso scaturisce direttamente dal difetto di origine, e cioè dalla confusa prospettazione dell'ipotesi di accusa, atteso che se non è chiaro quale sia esattamente la condotta illecita in ipotesi posta in essere dall'attuale ricorrente, non è possibile neppure impostare l'esame dell'elemento psicologico del reato, problema che il Tribunale neppure si pone. Valga peraltro aggiungere che dalla contestazione dipende lo scrutinio in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti, nonché al ricorrere di un'ipotesi di confisca obbligatoria. Non si comprende poi perché la documentazione prodotta per giustificare la provenienza delle risorse economiche investite nell'acquisito della quota della M2M ma allora l'intestazione non è fittizia! sarebbe inidonea ad assolvere la funzione dimostrativa dell'assunto difensivo, né tantomeno perché la circostanza sarebbe irrilevante. Infine il Tribunale non poteva rifiutare di valutare gli assunti e le produzioni documentali della B. , demandandone l'esame in separata sede al GIP, atteso che gli incombeva l'obbligo di una compiuta delibazione del merito, come si rileva dal chiaro dettato degli articoli 322 e 324 cpp. L'ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Firenze, che provvederà a dare compiutamente conto delle ragioni della decisione. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Firenze per nuovo esame.