Operaia investita da un carrello, ditta sotto accusa. Serve chiarezza sul verbale dell'Ispettorato e sul pagamento dell'oblazione

La sentenza emessa dal Tribunale viene annullata dai giudici. Evidenziata la confusione sulle contestazioni mosse al datore di lavoro, anche alla luce della regolarizzazione poi effettuata.

L'investimento di un'operaia, all'interno dello stabilimento, a causa di un carrello in retromarcia. E così i riflettori si accendono sulla sicurezza e sulla gestione degli spazi a disposizione dei lavoratori, spesso ingombrati dai materiali di produzione. Logica conseguenza è la doppia 'visita' dell'Ispettorato del lavoro, che 'viviseziona' la ditta. Con le conseguenze di una condanna e una assoluzione, in un'aula di giustizia, per il titolare della società. Ma due nodi restano da sciogliere il mancato pagamento dell'oblazione, richiesto dalla legge, e la regolarizzazione successiva alla mission dell'Ispettorato, soprattutto alla luce della confusione evidenziata nel verbale. Sono due elementi fondamentali - chiarisce la Cassazione, con sentenza numero 38942/2011, Terza sezione Penale, depositata ieri - per pesare il reato. Salvo a metà. L'episodio incriminato, ovvero l'investimento di un'operaia, non è, paradossalmente, quello più grave per il datore di lavoro. Che viene assolto, perché il fatto non sussiste , dall'accusa di non aver provveduto affinché, nell'area destinata al reparto assemblaggio davanti alle vie pedonali che immettono direttamente ed immediatamente in una via di transito dei mezzi meccanici, fossero disposte barriere atte ad evitare possibili investimenti ovvero adeguate segnalazioni, al fine di permettere ai pedoni di circolare in sicurezza rispetto alle zone di transito e di carico-scarico dei mezzi . Situazione diversa, invece, per quanto riguarda l'accusa di non aver provveduto affinché i pavimenti ed i passaggi obbligati presso il reparto assemblaggio della ditta non fossero ingombrati da materiali di produzione, in modo da non ostacolare la normale circolazione e di consentire ai mezzi di trasporto l'esecuzione delle manovre in sicurezza . Confusione. La doppia decisione, assunta in primo grado, viene contestata dal datore di lavoro, che sceglie di presentare ricorso per cassazione, lamentando una sostanziale confusione nella indicazione delle violazioni contestate all'esito dell'ispezione effettuata dal Dipartimento di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro effettuata a dicembre e successiva alla prima realizzata a giugno e il mancato accesso alla oblazione . Complessivamente, viene ipotizzato un travisamento della prova , alla luce dell'esame del verbale di ispezione. Perché, in occasione del secondo accesso in azienda, si afferma che era stata riscontrata la rimozione dei bancali nelle corsie di transito ai mezzi ed erano state adottate soluzioni alternative di deposito materiale in altro luogo, a distanza dalle linee di produzione , mentre la corsia di transito dei mezzi meccanici continuava ad essere utilizzata sia da personale per lavoro continuo che per passaggio pedoni in genere . Di conseguenza, non venivano rilevate garanzie contro il rischio di investimento pedoni . Volendo sintetizzare, il ricorrente sottolinea di essere stato chiamato a rispondere della violazione per la quale vi sarebbe stata in precedenza regolarizzazione . E, viene aggiunto, la contestazione per cui è avvenuta la condanna in sede penale è quella di non aver provveduto affinché i pavimenti di passaggio ubicati presso il reparto assemblaggio non fossero ingombrati da materiali di produzione in modo da non ostacolare la normale circolazione e di consentire ai mezzi di trasporto l'esecuzione delle manovre in sicurezza . Verbale sotto verifica. I riflettori sono puntati sul verbale ultimo dell'Ispettorato. E, a tale proposito, la Cassazione conferma quanto prospettato dal datore di lavoro nel ricorso, ovvero il fatto che egli sia stato chiamato a rispondere della violazione in realtà regolarizzata. Ma l'analisi non si limita a questo dato. Difatti, per i giudici di piazza Cavour, si pone un secondo problema, cioè verificare se la regolarizzazione avvenuta dopo il primo accesso sia sufficiente all'estinzione del reato ebbene, così non è perché il solo adempimento alle prescrizioni, senza il pagamento della somma indicata, non consente l'estinzione del reato . E proprio in questa ottica si colloca l'altra lamentela del datore di lavoro, ovvero il non essere stato messo nelle condizioni di operare il pagamento della somma , neanche in ritardo. Per queste ragioni, la sentenza impugnata deve essere annullata, secondo i giudici, e la questione rimessa ancora al Tribunale. Per la Cassazione, difatti, è necessario un corretto esame che consenta di ricostruire con esattezza, sul piano fattuale, i termini della vicenda amministrativa, verificando se il ricorrente sia stato posto effettivamente in condizione di procedere all'oblazione e definendo l'epoca della regolarizzazione in quanto rilevante per determinare il momento consumativo del reato .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 settembre - 27 ottobre 2011, n. 38942 Presidente De Maio - Relatore Sarno In fatto D.B. R. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale il tribunale di Ancona, sezione distaccata di Jesi, lo aveva condannato alla pena di euro 1000 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali per il reato di cui all'articolo 8 comma 1 e 5 e 389 lettera c d.p.r. 547/55 perché non provvedeva affinché i pavimenti ed i passaggi obbligati presso il reparto assemblaggio della ditta elica S.p.A. non fossero ingombrati da materiali di produzione in modo da non ostacolare la normale circolazione e di consentire ai mezzi di trasporto l'esecuzione delle manovre in sicurezza. L 'imputato veniva invece assolto perché il fatto non sussiste dal reato di cui all'articolo 590 per l'incidente occorso alla lavoratrice dipendente S. investita in retromarcia da un carrello e dalla contravvenzione di cui agli articoli 224 e 389 lettera b d.p.r. 547/55 specificamente contestata per non aver provveduto affinché nell'area destinata al reparto assemblaggio davanti alle de pedonali che immettono direttamente ed immediatamente in una via di transito dei mezzi meccanici fossero disposte barriere atte ad evitare possibili investimenti ovvero adeguate segnalazioni al fine di permettere ai pedoni di circolare in sicurezza rispetto alle zone di transito e di carico scarico dei merci. Deduce in questa sede il ricorrente a erronea applicazione di legge con riferimento all'articolo 8 co. 5 e 389 lettera c d.p.r. 547/55 sul rilievo che la contravvenzione de qua non riguardi l'ipotesi in cui le vie di transito dei carrelli siano completamente invase da materiale in lavorazione trattandosi di spostamenti momentanei necessitati dalla lavorazione stessa b erronea applicazione di legge con riferimento ai medesimi articoli ed all'articolo 24 della legge 758/94 129 c.p.p. avendo il ricorrente adempiuto alle prescrizioni come accertato in sede di sopralluogo dall'ispettorato del lavoro c mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dalla deposizione della teste S. e dalla produzione fotografica d mancanza della motivazione con riferimento agli articoli 62 bis e 133 c.p. e mancanza della motivazione sul trattamento sanzionatorio. Il ricorrente ha fatto pervenire per l'udienza note integrative in cui si ribadisce che il D.B. è stato assolto dalla contravvenzione in relazione alla quale non risultavano assolte le prescrizioni e condannato, invece, per quella relativa alle prescrizioni adempiute e rileva anche di non essere stato messo nelle condizioni di essere ammesso al pagamento ex art. 21 d.lgs. n. 758/94. Motivi della decisione Il ricorso è fondato e merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte. Va premesso che le condotte in questione sono attualmente previste come illecito penale anche agli artt. 63, 64, 68 d.lgs. 81/2008 che richiamano, in particolare, anche la disciplina contenuta nell'allegato IV punto 1.4. L'abrogazione del d.p.r. 547/55 non ha quindi effetto sulla contestazione stante l'evidente continuità normativa con le disposizioni del d.lgs. 81/2008. L'art. 63 co. 1 recita, infaati I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV. Quest'ultimo prevede, tra l'altro 1.4.8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile. 1.4.10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale circolazione. L'art. 64 co. 1 stabilisce che Il datore di lavoro provvede affinché a I luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'articolo 63, commi 1, 2 e 3 L'art. 68 - Sanziona il datore di lavoro b con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.800 euro per la violazione degli articoli 64. comma 1, e 65, commi 1 e 2 Ciò posto, a prescindere dai rilievi senz'altro fondati sull'errato riferimento al comma 5 anziché 10 dell'art. 8 d.p.r. 547/55, il ricorrente si duole in questa sede di una sostanziale confusione nella indicazione delle violazioni contestate all'esito dell'ispezione effettuata dal dipartimento di prevenzione e sicurezza degli ambienti di Lavoro della regione Marche in data 12 dicembre 2006, nonché del mancato accesso alla oblazione. Dall'esame del verbale di ispezione, consentito in questa sede in relazione alla tipologia del vizio denunciato, in quanto concretantesi nel sostanziale travisamento della prova, si rileva che, come evidenziato dall'estensore, le prescrizioni di cui al precedente verbale numero 337/06 del 18 giugno 2006 risultavano ottemperate limitatamente al punto 1 e non, quindi, rispetto ai punto 2, essendo la corsia di transito dei mezzi meccanici utilizzata sia da personale per lavoro continuo che per passaggio pedoni in genere. Per queste motivazioni non esistono garanzie contro il rischio di investimento dei pedoni . Il punto 1 risultava invece ottemperato essendosi riscontrato all'atto del secondo accesso la rimozione dei bancali nelle corsie di transito ai mezzi ed avendo riferito le persone presenti all'ispezione che erano state adottate soluzioni alternative di deposito materiale in altro luogo, a distanza dalle linee di produzione. Sembra vero, quindi, quanto affermato dal ricorrente e, cioè, che quest'ultimo è stato chiamato a rispondere della violazione per la quale vi sarebbe stata in precedenza regolarizzazione. E ciò in quanto, si ribadisce, la contestazione per cui è intervenuta la condanna in sede penale è quella di non aver provveduto affinché i pavimenti di passaggi ubicati preso il reparto assiemaggio della ditta Eolica S.p.A. non fossero ingombrati da materiali di produzione in modo da non ostacolare la normale circolazione e di consentire ai mezzi di trasporto l'esecuzione delle manovre in sicurezza. Accertato quanto sopra si pone un secondo problema e, cioè, quello di verificare se la regolarizzazione avvenuta dopo il primo accesso sia sufficiente ali'estinzione del reato. Così non è evidente in quanto ai sensi dell'art. 21 d.lgs. 758/94 il solo adempimento alle prescrizioni senza il pagamento della somma indicata non consente l'estinzione del reato. Ora, va anzitutto premesso che le disposizioni degli artt. 21 e 24 continuano a trovare applicazione anche dopo l'entrata in vigore del d.lgs. 81/2008. L'art. 301 Applicabilità delle disposizioni di cui agli articolo 20 e seguenti del Decreto Legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 recita, infatti 1. Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal presente Decreto nonché da altre disposizioni aventi forma di legge, per le quali sia prevista la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda ovvero la pena della sola ammenda, si applicano le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui agli articoli 20, e seguenti, del Decreto Legislativo 19 dicembre 1994, n. 758. Ciò posto, qui rileva l'altra doglianza sostanziale del ricorrente che è quella di non essere stato messo nelle condizioni di operare il pagamento della somma stessa. Peraltro, occorre ricordare che anche l'adempimento tardivo avrebbe avuto comunque rilevanza in quanto il comma 3 dell'art. 24 d.lgs. 758/94 stabilisce che 3. L'adempimento in un tempo superiore a quello indicato nella prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell'art. 20, comma 1, ovvero l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza, sono valutate ai fini dell'applicazione dell'art. 162-bis del codice penale. In tal caso, la somma da versare è ridotta ai quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa . Conclusivamente la sentenza deve essere annullata con rinvio rispetto alla violazione per cui vi è stata condanna per consentire un corretto esame che consenta di ricostruire con esattezza sul piano fattuale i termini della vicenda amministrativa, verificando che il ricorrente sia stato posto effettivamente in condizione di procedere all'oblazione e, comunque, l'epoca della regolarizzazione, in quanto certamente rilevante per determinare il momento consumativo del reato. Rimangono pertanto assorbite le altre questioni dedotte in punto di trattamento sanzionatorio. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Ancona.