La delega può escludere la responsabilità del direttore tecnico

Se venisse accertata l'esistenza di una delega conferente poteri di gestione e controllo al responsabile di commessa del cantiere, si escluderebbe la responsabilità del direttore tecnico della società per l'infortunio dell'operaio.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38799/2011 depositata il 26 ottobre, ha stabilito che se venisse accertata, da parte dei giudici del rinvio, l'esistenza di una delega conferente poteri di gestione e controllo al responsabile di commessa del cantiere, si escluderebbe la responsabilità penale del direttore tecnico della società per l'infortunio subito dall'operaio. La fattispecie. Il direttore tecnico di una società e il responsabile di commessa del cantiere venivano condannati per il reato di lesioni personali colpose, commesso con violazione delle disposizioni a tutela degli infortuni sul lavoro, ai danni di un operaio. Nello specifico, l'operaio, mentre era intento a tagliare alcuni listelli di legno - avvalendosi di una sega circolare elettrica e in un ambiente non sufficientemente illuminato - urtava inavvertitamente la sua mano sinistra, procurandosi l'amputazione di una falange e l'indebolimento permanente dell'organo della prensione. L'utilizzo della sega elettrica non era occasionale, ma abituale. Entrambi i giudici di merito condannavano i due imputati perché avevano consentito non effettuando i dovuti controlli che i lavoratori utilizzassero abitualmente una sega elettrica, anziché utensili manuali, ed altresì di non aver dotato il cantiere di una adeguata illuminazione. I due imputati, però, ricorrono per cassazione. Sega elettrica o manuale I ricorrenti osservano che la sega circolare elettrica, dotata di opportuna protezione, è strumento di lavoro più sicuro rispetto a quella manuale. Ma i giudici di legittimità sono di parere diametralmente opposto, infatti, ritengono tale valutazione assolutamente non condivisibile atteso che rientra nella comune esperienza la consapevolezza che un attrezzo elettrico, rispetto al corrispondente attrezzo manuale, presenta una maggiore pericolosità per la rapidità e potenza collegati alla presenza della corrente elettrica . il problema è l'omessa vigilanza. In realtà, il tipo di strumento utilizzato - manuale o elettrico - e l'appartenenza dello stesso alla società appaltante o appaltatrice, sono elementi irrilevanti ai fini della configurazione della responsabilità dei due imputati. Nel caso di specie, infatti, l'ingegnere responsabile di commessa doveva essere comunque presente in cantiere con assiduità e regolarità, pertanto, anche la S.C. lo ritiene responsabile per non aver effettuato un'adeguata vigilanza, finalizzata ad evitare l'evento dannoso. Per ora il direttore tecnico è innocente. L'unica posizione dubbia, per cui gli Ermellini decidono di annullare la sentenza anche se con rinvio per nuovo esame è quella del direttore tecnico della società. Parrebbe, infatti, che quest'ultimo abbia conferito delle deleghe all'altro imputato. Quindi, saranno i giudici del rinvio che dovranno accertare se, effettivamente, la diretta sorveglianza del cantiere era stata attribuita, attraverso una delega appunto, esclusivamente al responsabile di commessa. In caso contrario, anche il direttore tecnico potrà essere chiamato a rispondere per non essersi attivato ad interrompere tale prassi illegittima e pericolosa .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 29 settembre - 26 ottobre 2011, n. 38799 Presidente Marzano - Relatore Bianchi Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza emessa dal tribunale di Trieste con la quale A.F. e P.A. sono stati ritenuti responsabili del reato di cui all'articolo 590 del codice penale, commesso con violazione delle disposizioni a tutela degli infortuni sul lavoro, per avere cagionato a G.M.B.F. lesioni consistite nell'amputazione della falange distale del primo dito della mano sinistra e nell'indebolimento permanente dell'organo della prensione. A.F. rivestiva la qualifica di direttore tecnico della società Adriatica Ecologica Industriali srl, e P.A. quella di responsabile di commessa del cantiere aperto da tale società in via omissis , avente il compito, alla Sai appaltato dalla RAI, di bonificare un ambiente di quell'edificio, dove aveva sede la RAI. In tali qualità sono stati ritenuti responsabili dell'infortunio subito in data omissis dal predetto dipendente che, mentre era intento a praticare il taglio di listelli di legno da impiegare poi per fissare ai muri, inchiodandoli, i teli necessari all'allestimento di una specie di pallone stagno, lavorando in un ambiente non sufficientemente illuminato e avvalendosi di una sega circolare elettrica, ed in particolare mentre con la mano sinistra teneva un listello da tagliare e con la mano destra azionava la sega, urtava inavvertitamente la mano sinistra procurandosi le lesioni di cui sopra. Veniva contestato agli imputati il fatto di aver consentito che i lavoratori utilizzassero abitualmente una sega elettrica, mentre avrebbero dovuto utilizzare esclusivamente utensili manuali, ed altresì di non aver dotato il cantiere di un'illuminazione sufficiente. 2. Entrambi i giudici di merito hanno ritenuto accertati questi comportamenti, condannando gli imputati alla pena di giustizia e al risarcimento del danno in favore della parte civile in particolare il Tribunale accertava che il piano di sicurezza predisposto dalla AEI prevedeva l'utilizzo esclusivo di seghe manuali e che ciò nonostante l'infortunato, ed altri compagni di lavoro, avevano utilizzato la sega elettrica, come ammesso da alcuni operai e dimostrato dalla presenza di listelli tagliati regolarmente e dunque con l'uso di tale macchinario, sega che era di proprietà della committente Rai e da questa era stata lasciata in un locale adiacente a quello oggetto di bonifica, non chiuso a chiave inoltre il locale dove lavorava il G. era scarsamente illuminato. Dell'omesso controllo del piano di sicurezza, per lo specifico aspetto, dovevano rispondere gli imputati, in considerazione delle rispettive posizioni di garanzia, dovendosi ritenere che si era trattato non già dell'utilizzo occasionale ma bensì di un fatto prolungato che dunque avrebbe dovuto essere controllato dai due gli stessi erano inoltre responsabili per la scarsa illuminazione del locale in cui era avvenuto l'incidente, del tutto al di sotto del minimo necessario per svolgere attività lavorativa. 3. La Corte d'appello ha confermato la sentenza di primo grado salvo che per la sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria della multa. 4. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore degli imputati con unico ricorso. Con un primo motivo deduce mancanza e illogicità di motivazione in ordine alla ritenuta attendibilità della persona offesa, parte civile infatti la persona offesa non aveva detto il vero laddove aveva dichiarato che la sega era di proprietà della società Adriatica Ecologica Industriali, affermando che lui stesso aveva provveduto a scaricarla dal furgoncino della ditta tale dichiarazione era evidentemente influenzata dalla volontà di far risalire la proprietà della sega elettrica, e di conseguenza la responsabilità, alla predetta società. L'affermazione era stata però smentita dal giudice di primo grado che aveva accertato che la sega elettrica era di proprietà della società committente la RAI la Corte triestina ha motivato sul punto rilevando che era sostanzialmente irrilevante che la sega fosse o meno di proprietà della Rai perché si poteva ritenere che, comunque, il G. la avesse effettivamente scaricata dal furgoncino, come da lui dichiarato ciò in quanto, trattandosi di sega trasportabile, era del tutto verosimile che potesse essere stata caricata sul furgoncino con gli attrezzi della AEI e poi riportata nel luogo di lavoro, come se fosse stata confusa fra le attrezzature della impresa. Il difensore osserva che una tale motivazione è solo presuntiva ed è altresì illogica in quanto non tiene conto che la sega pesava circa 30,40 chili e quindi non era un oggetto che si poteva facilmente trasportare da queste considerazioni deriverebbe che la persona offesa, quando dichiara di avere scaricato la sega dal furgoncino della propria ditta, non dice la verità e quindi che non poteva ritenersi che avesse detto la verità neppure con riguardo alle modalità dell'incidente modalità, che peraltro non sono state direttamente osservate e che quindi si devono ritenere non accertate con la dovuta sicurezza. Con un secondo motivo deduce inosservanza della legge penale e difetto di motivazione per quanto riguarda l'accertamento dell'ulteriore profilo di colpa che è stato ravvisato nei confronti degli imputati e cioè quello di non aver dotato il cantiere di una illuminazione adeguata. Al riguardo il difensore sottolinea che la mancanza di adeguata illuminazione è stata ritenuta provata sulla scorta delle deposizioni testimoniali, laddove, trattandosi di un accertamento che attiene a parametri tecnici, andava condotto in modo rigoroso e con le forme stabilite dal codice di rito che sono quelle dell'articolo 360 del codice stesso. Con un terzo motivo deduce inosservanza della legge penale con riguardo al ritenuto nesso causale tra i profili di colpa ravvisati nel comportamento degli imputati e le lesioni sofferte dalla persona offesa al riguardo la difesa rappresenta che l'uso della sega elettrica è stato ritenuto colpevole per i rischi che si sapevano connessi all'uso di una sega di tal genere però sottolinea la difesa l'utilizzo della sega elettrica in realtà non comportava alcun aggravamento del rischio che era comunque insito nelle mansioni alle quali il G. era stato destinato, ma semmai l'opposto infatti l'utilizzo di una sega elettrica fornita della protezione di legge per prevenire il rischio di un contatto accidentale tra la lama in rotazione e le mani del lavoratore è strumento di lavoro certamente più sicuro di una sega manuale. Sotto altro profilo la difesa fa presente che, con riferimento alla conoscibilità dell'uso di questa sega elettrica da parte degli imputati, si è ritenuto che l'ingegner P. , che frequentava il cantiere con regolarità, non poteva ignorare la presenza e l'uso della sega circolare si è così fatto riferimento ad una semplice presunzione e si è utilizzato il principio del non poteva non sapere , che però non può avere dignità nel processo penale. Non vi sono invece elementi probatori tali che possano dimostrare che nel cantiere vi fosse l'abitudine ad usare questa sega. Con il quarto motivo si contesta l'esistenza della posizione di garanzia in capo al dottor A. al riguardo il difensore presente che secondo quanto riferito dal teste Ge. , dirigente della SAI, il dottor A. aveva la delega per tutta la cantieristica della società, controllava tutta la cantieristica e provvedeva a conferire una serie di subdeleghe in relazione alle varie commesse infatti era impensabile che una stessa persona potesse controllare direttamente tutti i cantieri aperti dato che in quegli anni mediamente vi erano circa 8,9 cantieri alla volta e quindi erano state fatte delle subdeleghe con poteri di spesa, potere di disciplina e tutto quanto era necessario alla corretta gestione della sicurezza e alla gestione tecnica del cantiere, deleghe conferite ad altrettante figure tecniche ben preparate nel caso di specie la delega era stata conferita all'ingegner P.A. che era dunque il responsabile per la sicurezza del cantiere o responsabili di commessa, laddove la sentenza erroneamente lo ha ritenuto un semplice capocantiere il capocantiere era il signor F. che era stato anch'egli imputato, ma prosciolto in primo grado. Considerato in diritto 1. Il ricorso non merita accoglimento, salvo che per la specifica posizione di A 2. Il primo motivo è infondato. L'attendibilità della persona offesa è stata oggetto di adeguata valutazione da parte dei giudici di merito ed in special modo della Corte di appello che ha ritenuto non esservi ragioni effettive a ricostruire l'incidente secondo quanto riferito dallo stesso infortunato la sega era pacificamente trasportabile a prescindere dal suo peso non è illogico ritenere che la stessa poteva anche essere stata portata via dalla AEI e riportata. Ma ciò che più conta è che la Corte ha altresì osservato che la dinamica dell'infortunio, dalla persona offesa fornita, era stata confermata dalla deposizione di almeno un compagno di lavoro B. e da quella dell'ispettore del lavoro T. , recatosi sul posto subito dopo l'incidente, che ha riferito che non potevano esservi dubbi sul fatto che l'incidente fosse riconducibile all'uso della sega elettrica perché tracce ematiche erano rimaste sulla lama e sul muraletto caduto a terra, oltre che sul pianale come riferito dal teste Pa. assistente di Polizia . In tale situazione rimane sostanzialmente irrilevante accertare se la sega stessa fosse stata di proprietà della RAI o della AEI, dal momento che ciò che rileva è che sia stato fatto uso della stessa, uso che, secondo l'insindacabile accertamento compiuto dai giudici di merito, era non occasionale ma abituale da parte dei lavoratori, che in tal modo potevano velocizzare il lavoro corretta è la affermazione di responsabilità del P. , responsabile della sicurezza del cantiere, e che dunque era o doveva essere presente nello stesso con assiduità e regolarità, per non aver effettuato una adeguata vigilanza per evitare un tale comportamento. Anche la mancanza di adeguata illuminazione è stata, ad avviso del Collegio, regolarmente accertata sulla base delle dichiarazioni della persona offesa e della testimonianza resa dal predetto T L'operaio si era lamentato della scarsa illuminazione, anche per la presenza di una lampadina bruciata ma le sue doglianze sono rimaste inascoltate non vi erano lampade da lavoro, pur dovendosi procedere ad una operazione di taglio e lavorandosi in uno scantinato i globi di vetro a protezione delle lampadine erano sporchi e polverosi tali circostanze sono state confermate dal teste T. e può dunque ritenersi accertato, a prescindere dall'accertamento dell'effettivo indice di illuminazione del locale accertamento ritenuto inutilizzabile per mancato rispetto delle garanzie difensive , che nel locale, come dal predetto teste dichiarato, vi fosse una illuminazione scarsa, non adeguata allo svolgimento della attività lavorativa. Né trova fondamento il rilievo della difesa secondo cui, trattandosi di un dato tecnico, era necessario uno specifico accertamento l'esistenza di una illuminazione scarsa è infatti un dato che è direttamente percepibile da qualunque persona, tanto più dal T. per la sua qualifica di ispettore del lavoro e pertanto la circostanza può ritenersi correttamente accertata sulla base degli elementi sopra indicati. Da ultimo deve osservarsi che del tutto privo di fondamento è l'eccepito difetto di nesso di causalità sotto il profilo che comunque l'operaio avrebbe dovuto utilizzare, per il lavoro a cui era adibito, una sega manuale, strumento pericoloso anche più di quella elettrica è una valutazione assolutamente non condivisibile atteso che rientra nella comune esperienza la consapevolezza che un attrezzo elettrico, rispetto al corrispondente attrezzo manuale, presenta una maggiore pericolosità per la rapidità e potenza collegati alla presenza della corrente elettrica. 3.Il ricorso è invece fondato, nel senso di seguito precisato, per quanto riguarda la posizione di A. . Risulta in particolare dalla integrativa sentenza di primo grado che, secondo il teste G. , procuratore della AEI srl, l'organizzazione della società, di rilevanti dimensioni e che gestiva contemporaneamente più cantieri sul territorio nazionale 8-9 , era congegnata per controllare i vari cantieri erano state predisposte più deleghe secondo una scala gerarchica, al vertice della quale figurava il Dott. A. quale direttore tecnico e dirigente di tutta la cantieristica vi erano poi delle subdeleghe che conferivano a figure tecniche preparate, che assumevano la veste di responsabili di commessa, poteri di gestione, di spesa e disciplinari per i singoli cantieri P. era responsabile di commessa per il cantiere di cui al presente procedimento e A. fungeva solo da supervisore. Se questa era effettivamente la situazione esistente, se cioè i compiti di A. e P. erano stati positivamente individuati ed attribuiti, nel senso che la diretta sorveglianza del cantiere di via OMISSIS era stata attribuita esclusivamente a P. , mentre A. aveva il compito di coordinatore e supervisore - e di ciò si assicurerà il giudice di rinvio in base alle risultanze in atti, che accerterà altresì la corrispondenza della situazione di fatto a quella delle deleghe e cioè se fosse il solo P. , e non anche A. , la persona presente in cantiere quale responsabile della sicurezza - ne deriva la illogicità del criterio di attribuzione di responsabilità individuato dai giudici di merito, atteso che non può farsi carico ad un soggetto al quale non è stato attribuito il compito di diretta sorveglianza il verificarsi di un infortunio che è collegato ad un profilo di colpa di tal genere. Solo ove si dimostrasse che A. era a conoscenza dell'utilizzo nel cantiere della sega elettrica, egli, che comunque ammette di aver avuto la funzione di supervisore, potrebbe essere chiamato a rispondere per non essersi attivato ad interrompere tale prassi illegittima e pericolosa. 3. Conclusivamente la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Trieste, altra sezione, per quanto riguarda la posizione di A. il ricorso deve essere rigettato per P. con condanna del medesimo al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata nei confronti di A.F. con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Trieste. Rigetta il ricorso di P.A. che condanna al pagamento delle spese processuali.