Direttiva rimpatri: la Cassazione chiede ""lumi"" alla Corte di Giustizia UE

di Massimo Brazzi

di Massimo Brazzi * L'ultimo atto della querelle relativa al coordinamento della normativa nazionale in materia di immigrazione con la Direttiva 2008/115/CE c.d. Direttiva rimpatri si chiude con l'ordinanza in commento, depositata il 18 marzo 2011 dalla VI^ Sez. Penale della Corte di Cassazione, con la quale è stata investita la Corte di Giustizia UE in merito alla corretta interpretazione delle norme contenute nella predetta Direttiva. La Suprema Corte si è pronunciata a seguito del ricorso promosso da uno straniero condannato in primo grado alla pena di mesi otto di reclusione con sentenza emessa dal Tribunale di Torino per il reato di cui all'art. 14, comma 5 quater, D. Lgs. n. 286/1998, successivamente confermata dalla Corte d'Appello il 7 maggio 2010. La questione. Come ben noto il 24 dicembre 2010 è scaduto il termine imposto dalla normativa comunitaria agli Stati membri per conformare la disciplina in materia di immigrazione ai principi della Direttiva. Tuttavia lo Stato italiano non ha emanato, nel termine ultimo ed inderogabile, le disposizioni interne di recepimento della Direttiva e pertanto, in sede giudiziaria, si è posto il problema dell'efficacia diretta o meno delle regole contenute nella disciplina comunitaria per un primo commento si veda il mio Direttiva rimpatri vs Delitti di inottemperanza all'ordine di espulsione una questione controversa, in Diritto & Giustizia del 29 gennaio 2011 . La giurisprudenza di merito direttiva rimpatri self executing? I primi orientamenti giurisprudenziali in subiecta materia registrano diverse interpretazioni in merito all'efficacia diretta della Direttiva rimpatri. In particolare i casi sottoposti all'attenzione degli organi giudicanti, ma anche requirenti come vedremo, riguardano essenzialmente le fattispecie di reato previste dagli artt. 14, commi 5 ter e 5 quater, D. Lgs. n. 286/1998 T.U. Immigrazione , ovvero i delitti di inottemperanza dello straniero clandestino all'ordine questorile di allontanamento dal territorio nazionale. Secondo un primo orientamento, peraltro ampiamente maggioritario, le regole poste dalla Direttiva rimpatri sarebbero autoapplicative self-executing a prescindere da un atto formale del legislatore che recepisca le medesime all'interno dell'ordinamento e pertanto le fattispecie delittuose di cui agli artt. 14, commi 5 ter e 5 quater, D. Lgs. n. 286/1998 sarebbero abrogate per insanabile contrasto con la normativa comunitaria. Conseguentemente gli arresti eseguiti dalla P.G. sarebbero eseguiti al di fuori dei casi previsti dalla legge e quindi l'immigrato, privato temporaneamente della libertà personale perché colto nella flagranza di una delle due ipotesi di reato sopra evidenziate, dovrà essere rimesso in libertà ex art. 389 c.p.p. In questi termini si registrano, oltre alle note sentenze del Tribunale di Torino, anche numerosi provvedimenti emessi da vari Procuratori della Repubblica Firenze, Roma, Lecce, Milano, Perugia che attualmente ritengono di rimettere in libertà i clandestini arrestati, salvo poi inoltrare il fascicolo al G.I.P. con la richiesta di archiviazione. Un orientamento minoritario si registra con la sentenza del Tribunale di Verona del 18 gennaio 2011 la quale ha ritenuto che 1 il contenuto della Direttiva rimpatri non sia autoapplicativo 2 le fattispecie di reato ex art. 14 D. Lgs. n. 286/1998 non sono abrogate poiché la Direttiva esclude dal proprio ambito applicativo la disciplina dell'espulsione quale sanzione penale . Una terza via ha preso il Tribunale di Milano che, giudicando uno straniero senegalese, ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia UE per impossibile coesistenza della normativa nazionale con la Direttiva rimpatri. I dubbi degli ermellini all'attenzione dei giudici europei. I Giudici di Piazza Cavour, ripercorrendo l'iter formativo delle fattispecie incriminatrici previste dall'art. 14, D.Lgs. n. 286/1998 ed incidentalmente anche la fattispecie di nuovo conio ex art. 10 bis del medesimo Testo Unico, hanno ritenuto indispensabile sollevare la questione di pregiudizialità per verificare la compatibilità dell'attuale assetto normativo con il diritto dell'Unione altrimenti il ricorso dell'immigrato condannato dovrebbe essere respinto sulla base del diritto interno. La Direttiva prevede una serie di disposizioni di tutela del c.d. migrante economico irregolare , individuando nel rimpatrio volontario del clandestino la regola da seguire, mentre strumenti coattivi e limitativi della libertà dello straniero sono ammessi, nell'ambito di severi vincoli temporali e modali , soltanto qualora il rimpatrio volontario non sia possibile e siano effettivamente indispensabili per l'esecuzione del medesimo. La Corte di Cassazione, ai fini dell'eventuale disapplicazione della normativa interna, così come peraltro sollecitato dal Sost. Procuratore Generale con la richiesta di annullamento della sentenza senza rinvio perché il fatto non sussiste, invece che disapplicare tout court la normativa domestica ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia UE affinchè vengano precisate le seguenti questioni 1 se lo Stato membro possa invertire l'ordine procedurale indicato dalla Direttiva rimpatri e quindi intimare allo straniero irregolare di lasciare il territorio nazionale quando non è possibile dare corso all'allontanamento coattivo, immediato o previo trattenimento 2 se risulta precluso allo Stato membro fare conseguire alla ingiustificata mancanza di collaborazione dello straniero al rimpatrio volontario, e per questa sola ragione, la sua incriminazione a titolo di delitto e una sanzione detentiva reclusione quantitativamente superiore fino a dieci volte rispetto al già esaurito o oggettivamente impossibile trattenimento a fini di allontanamento 3 se la Direttiva non trovi applicazione nel caso in cui lo Stato membro configuri come reato la mancata cooperazione dello straniero al suo rimpatrio volontario 4 se deve ritenersi lecito che lo Stato membro possa emettere nei confronti del clandestino una spirale di intimazioni al rimpatrio volontario e di restrizioni della libertà che dipendono da titoli di condanna per delitti di disobbedienza a tali intimazioni 5 se ai sensi della Direttiva rimpatri e dell'art. 5 CEDU sia possibile affermare che la restrizione della libertà ai fini del rimpatrio va considerata alla stregua di extrema ratio e che nessuna misura detentiva è giustificata se collegata a una procedura espulsiva in relazione alla quale non esiste alcuna prospettiva ragionevole di rimpatrio . Quale soluzione per i casi pendenti? In attesa che la Corte di Giustizia UE si pronunci sulle questioni prospettate dagli ermellini , spetterà alla sensibilità del Giudice, qualora si presentino casi analoghi di inottemperanza all'ordine di espulsione, se attendere la sentenza della Corte oppure decidere entrando nel merito. In quest'ultima ipotesi risulta comunque preferibile la tesi della disapplicazione della normativa interna in contrasto con la Direttiva rimpatri da qualificare ragionevolmente self-executing, posto che il contenuto della medesima risulta sufficientemente dettagliato, nonché incondizionato. * Avvocato e Tesoriere Camera Penale di Perugia

Corte di Cassazione, sez. I Penale, ordinanza 18 febbraio - 18 marzo 2011, n. 11050 Presidente Chieffi - Relatore Iannelli Ritenuto in fatto Il processo di merito. 1. - Il giorno 13 novembre 2009 D N. veniva arrestato a Torino da personale della Polizia di Stato perché non aveva ottemperato all'ordine di lasciare entro cinque giorni il territorio nazionale, impartitogli il 23 agosto 2009 dal Questore di Torino ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis, decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 recante il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero . D N. aveva già ricevuto analoghe intimazioni in data 3 settembre 2008 e 29 ottobre 2008, entrambe non ottemperate, ed era stato condannato per la violazione della prima, accertata il 18 ottobre 2008, con sentenza di applicazione della pena art. 444 del codice di procedura penale in data 28 ottobre 2008. 1.1 - Il Pubblico ministero contestava a D N. il reato di cui il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, aggravato dalla recidiva specifica e infraquinquennale ai sensi dell'art. 99 del codice penale, secondo comma, lettere a e b, e terzo comma e disponeva che l'arrestato venisse portato dinanzi al giudice del dibattimento per la convalida dell'arresto, per la emissione nei suoi confronti della misura della custodia cautelare in carcere e per il giudizio direttissimo, ai sensi degli artt. 449 e seguenti del codice di procedura penale. 1.2 - Il 16 novembre 2009 il Tribunale monocratico di Torino convalidava l'arresto sottoponeva l'imputato alla misura coercitiva dell'obbligo di presentazione alla Polizia art. 282 cod. proc. pen. , con frequenza quotidiana disponeva su richiesta dell'imputato che si procedesse con giudizio abbreviato artt. 438 - 442 cod. proc. pen. . All'esito del giudizio, con sentenza dello stesso giorno 16 novembre, il Tribunale dichiarava D N. responsabile del reato contestato e lo condannava alla pena di otto mesi di reclusione. 1.3.- L'imputato proponeva appello a mezzo del suo difensore. Con sentenza pronunziata il 7 maggio 2010, depositata il 20 maggio successivo, la Corte d'appello di Torino confermava la condanna. Le motivazioni della condanna 2. - Le ragioni poste a fondamento delle decisioni dei giudici di merito, che essendo conformi si integrano, sono le seguenti 2.1. - D N. era stato in passato invitato ad allontanarsi dal territorio nazionale con ordine di allontanamento volontario del 3 settembre 2008 era stato condannato a sette mesi di reclusione con sentenza di applicazione della pena in data 28 ottobre 2008 per il reato di cui all'art. 14, comma 5 ter, d.lgs. n. 286 del 1998, accertato il 18 ottobre 2008, perché non aveva ottemperato a detto ordine il 29 ottobre 2008 era stato raggiunto da un secondo ordine di allontanamento volontario in data 23 agosto 2009 [dopo l'entrata in vigore della legge 15 luglio 2009, n. 94] era stato emesso nei suoi confronti nuovo ordine di allontanamento, che ancora una volta non aveva ottemperato e per la cui violazione era stato arrestato 2.2. - D N. era maggiorenne all'epoca dei fatti, come accertato mediante esame osseo l'ordine di lasciare l'Italia entro cinque giorni era stato regolarmente emesso il 23 agosto 2009 dal Questore in base a decreto di espulsione del Prefetto dello stesso giorno i due provvedimenti rispettavano la normativa vigente ed erano stati notificati all'imputato tradotti in lingua francese, da lui conosciuta 2.3. - la norma incriminatrice applicabile per la violazione all'ultimo ordine di allontanamento era l'art. 14, comma 5-quater, d.lgs. n. 286 del 1998, modificato dalla legge n. 94 del 2009, che non prevedeva come causa di esclusione della responsabilità l'esistenza di un giustificato motivo tuttavia, anche a ritenere in via interpretativa implicita tale condizione, nessun giustificato motivo poteva essere ravvisato nel caso di D N. , secondo la giurisprudenza consolidata il giustificato motivo non poteva essere confuso infatti con il mero disagio economico derivante dalla condizione di migrante lo straniero non era del tutto indigente perché svolgeva attività di venditore ambulante non s'era neppure rivolto al suo consolato chiedendo un aiuto economico per il rientro in patria 2.4. - l'art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998 era stato modificato con la legge del 15 luglio 2009, n. 94, e la giurisprudenza secondo cui dopo la condanna per l'inottemperanza a precedente ordine di allontanamento volontario l'espulsione non poteva essere eseguita mediante nuovo ordine di allontanamento volontario, in base alla quale la difesa contestava la sussistenza della fattispecie del comma 5-quater, non poteva trovare applicazione perché si riferiva a precedente formulazione della norma incriminatrice e delle altre di riferimento . Il ricorso. 3. - D N. ha proposto ricorso personalmente avverso la sentenza di appello e ne ha chiesto l'annullamento per mancanza di motivazione e per insussistenza del fatto. Afferma 3.1. - che l'ordine di allontanamento volontario del 23 agosto del 2009 era da disapplicare perché, non essendo stato acquisito il precedente ordine del 3 settembre 2008, sul quale si basava, non era possibile stabilirne la legittimità l'ordine di allontanamento volontario può essere emanato difatti soltanto se non è possibile eseguire coattivamente l'espulsione, immediatamente o previo trattenimento in un centro, e tale impossibilità deve essere adeguatamente motivata che nel caso in esame non era possibile invece accertare se i precedenti ordini di allontanamento volontario erano adeguatamente motivati mentre l'ultimo ordine recava una motivazione prestampata, che non poteva considerarsi legittima 3.2. - D N. era privo di documenti e non poteva procurarsi, perciò, un valido documento di viaggio 3.3. - gli atti amministrativi erano stati tradotti soltanto in francese, lingua che D N. non conosceva adeguatamente. 3.4. Il 1 febbraio 2011 il difensore d'ufficio dell'imputato ha depositato una memoria integrativa, con la quale insiste nei precedenti motivi e deduce anche a - che nel frattempo era stata pronunciata la sentenza n. 359 del 2010 della Corte costituzionale, che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quater, d.lgs. n. 286 del 1998, come modificato dalla legge n. 94 del 2009, nella parte in cui non dispone che l'inottemperanza all'ordine di allontanamento volontario sia punita nel solo caso che abbia luogo senza giustificato motivo , secondo quanto già previsto per la condotta di cui al precedente comma 5-ter b - che in dibattimento all'imputato era stata negata l'assistenza di un interprete di lingua francese, che si sosteneva a lui nota, ed era stato nominato un interprete di dialetto sconosciuto all'imputato. Le richieste del Procuratore generale. 4. - Il Procuratore generale ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. Ha motivato tale richiesta sostenendo che la norma incriminatrice o, comunque, la disciplina dell'espulsione che ne costituisce il presupposto, è in contrasto con la Direttiva 2008/115/CE, a suo avviso autoapplicativa dopo la scadenza dei termini di recepimento. Considerato in diritto 1. - La decisione del ricorso proposto dall'imputato richiede che siano risolti in via pregiudiziale i dubbi di interpretazione della normativa comunitaria evocata dal Procuratore generale. Diritto nazionale. La normativa interna . 2. - La normativa interna essenziale è riportata, per alleggerire la lettura, nel I. Allegato alla presente ordinanza. Qui è sufficiente ricordare che la norma incriminatrice articolo 14, comma 5 quater del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero , integrato da ultimo con legge 15 luglio 2009, n. 94 , così dispone - Articolo 14 - 1. Quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di identificazione e di espulsione più vicino [ .]. 5-bis Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di identificazione ed espulsione, ovvero la permanenza in tale struttura non abbia consentito l'esecuzione con l'accompagnamento alla frontiera dell'espulsione o del respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. L'ordine è dato con provvedimento scritto, recante l'indicazione delle conseguenze sanzionatorie della permanenza illegale, anche reiterata, nel territorio dello Stato. L'ordine del questore può essere accompagnato dalla consegna all'interessato della documentazione necessaria per raggiungere gli uffici della rappresentanza diplomatica del suo Paese in Italia, anche se onoraria, nonché per rientrare nello Stato di appartenenza ovvero, quando ciò non sia possibile, nello Stato di provenienza. [comma così sostituito dalla lettera m del comma 22 dell'art. 1, l. n. 94 del 2009] 5-ter. Lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato, in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis, è punito con la reclusione da uno a quattro anni se l'espulsione o il respingimento sono stati disposti per ingresso illegale nel territorio nazionale ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a e c , ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno o non aver dichiarato la propria presenza nel territorio dello Stato nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato. Si applica la pena della reclusione da sei mesi ad un anno se l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo, ovvero se la richiesta del titolo di soggiorno è stata rifiutata, ovvero se lo straniero si è trattenuto nel territorio dello Stato in violazione dell'articolo 1, comma 3, della legge 28 maggio 2007, n. 68. In ogni caso, salvo che lo straniero si trovi in stato di detenzione in carcere, si procede all'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica per violazione all'ordine di allontanamento adottato dal questore ai sensi del comma 5-bis. Qualora non sia possibile procedere all'accompagnamento alla frontiera, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 5-bis del presente articolo nonché, ricorrendone i presupposti, quelle di cui all'articolo 13, comma 3. [comma così sostituito dalla lettera m del comma 22 dell'art. 1, l. n. 94 del 2009] 5 - quater. Lo straniero destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5-ter e di un nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis, che continua a permanere illegalmente nel territorio dello Stato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui al comma 5-ter, terzo e ultimo periodo. [comma così sostituito dalla lettera m del comma 22 dell'art. 1, l. n. 94 del 2009]. La lettura della disciplina interna . 3. - Vanno tuttavia delineate in estrema sintesi le linee portanti della disciplina nazionale di riferimento, perché la sua comprensione appare complicata dall'affastellamento di interventi normativi e da un fitto intreccio di rinvii interni. 3.1. - Il decreto legislativo n. 286 del 1998, reca il Testo unico delle disposizioni in materia d'immigrazione d'ora in avanti T.U. imm. e si riferisce, a norma dell'art. 1, comma 1, esclusivamente ai cittadini extracomunitari. Venne emanato dal Governo in base alla delega conferita dall'art. 47, comma 1, legge 6 marzo 1998, n. 40. Le disposizioni degli artt. 13, 14, 15 e 16 costituivano la trasposizione degli artt. 11, 12, 13 e 14 legge 6 marzo 1998, n. 40. La legge n. 40 del 1998 all'art. 1 si definiva applicabile ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea e agli apolidi, in attuazione dell'art. 10 Cost. che dispone La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali . Detta legge sostituiva, abrogandoli ex art. 46, comma 1, lettera e , gli articoli 2 e seguenti decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39 disposizioni già modificate e integrate dalla legge 30 settembre 1993, n. 388, di ratifica dell'Accordo di Schengen e della Convenzione di applicazione. Il T.U. imm. ha subito un primo radicale intervento riformatore ad opera della legge 30 luglio 2002, n. 189, ed é stato oggetto nel tempo di tali e tanti aggiustamenti, specialmente in materia di sanzioni penali per l'illecito ingresso o trattenimento di stranieri nel territorio nazionale, da far dire alla Corte costituzionale - che pure ha ritenuto di non potere sindacare la scelta delle pene e la commisurazione della differente gravità dei reati - che il quadro normativo [ .], risultante dalle modificazioni che si sono succedute negli ultimi anni, anche per interventi legislativi successivi a pronunce di questa Corte, presenta squilibri, sproporzioni e disarmonie, tali da rendere problematica la verifica di compatibilità con i principi costituzionali di uguaglianza e di proporzionalità della pena e con la finalità rieducativa della stessa sentenza n. 22 del 2007 . 3.2. - Il T.U. imm. ha comunque sempre mantenuto nel suo impianto espulsioni amministrative e espulsioni cosiddette giurisdizionali . Le espulsioni amministrative, disposte con provvedimento non giurisdizionale del ministro o del prefetto e sottoposte a controllo giurisdizionale, sono disciplinate dagli artt. 13 e 14. L'espulsione può essere disposta dal ministro art. 13, comma 1 se ricorrono motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato in tal caso prescinde dalla regolarità dell'ingresso o della permanenza nel territorio dello Stato ed è giustificata. L'espulsione può essere quindi disposta dal prefetto - nel caso in cui lo straniero, anche regolarmente soggiornante, appartenga a una delle categorie di persone pericolose per le quali è prevista l'applicabilità di misure di prevenzione art. 13, comma 2 lettera e - ovvero nei casi in cui lo straniero che è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera o si è trattenuto nel medesimo territorio senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto ovvero con permesso di soggiorno revocato, annullato o scaduto da più di sessanta giorni senza averne chiesto il rinnovo art. 13, comma 2, lettere a e b . 3.3. - Le espulsioni disposte dal giudice sono nel T.U. imm. - l'espulsione come misura di sicurezza art. 15 , che consegue ad una condanna per reati di una certa gravità delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza ed è subordinata, come tutte le misure di sicurezza previste dal codice penale, all'accertamento della pericolosità sociale del condannato - le espulsioni come sanzione sostitutiva art. 16, comma 1 e come sanzione alternativa art. 16, comma 5, come sostituito dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 , che prescindono invece dalla pericolosità e presuppongono anzi che la condanna non si riferisca a delitti ritenuti di estremo allarme quelli elencati nell'art. 407, comma 2, lettera a, del codice di procedura penale né ai delitti previsti dal T.U. imm. 3.4. - La Corte costituzionale, respingendo i dubbi di legittimità costituzionale sollevati nel tempo in relazione alle espulsioni a titolo di sanzione sostitutiva e di sanzione alternativa art. 16 , ha affermato che in entrambi i casi si tratta in realtà di misura che pur se disposta dal giudice, si configura come una misura di carattere amministrativo cui consegue, se ottemperata, l'estinzione della pena e se violata il risorgere della pretesa punitiva ciò comportando la sostanziale sovrapposizione fra espulsioni disposte dal prefetto e dal giudice nei confronti del cittadino extracomunitario che è entrato o soggiorna irregolarmente nel territorio dello Stato, eseguibili dal questore secondo le procedure previste dagli artt. 13 e 14 del T.U. imm. C. cost. ordinanze numeri 369 del 1999 e 226 del 2004 . Il profilo rilevante in questa sede è che le espulsioni disciplinate dal T.U. imm. si distinguono per natura o disciplina, ma la differenza non dipende affatto esclusivamente dall'essere state disposte da autorità amministrativa o giurisdizionale, neppure se seguono ad una condanna. 3.5. - In base agli artt. 13 e 14 del T.U. imm., il provvedimento di espulsione è eseguito dal questore di regola, ovverosia con priorità la norma dice sempre , salvi i casi di espulsione per permesso scaduto , mediante accompagnamento coattivo immediato alla frontiera art. 13 comma 4 , soggetto a convalida giurisdizionale. Per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 2004 e del d.l. 14 settembre 2004, n. 241, il provvedimento di espulsione diviene esecutivo solo quando è convalidato. 3.6. - Nel sistema originario del T.U. l'espulsione dello straniero avveniva di regola mediante intimazione del questore a lasciare il territorio nazionale art. 13, comma 6 , mentre l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, costituiva un'eccezione, prevista essenzialmente nei casi di particolare pericolosità dello straniero art. 13, comma 4 . Non era inoltre prevista alcuna specifica sanzione penale per lo straniero inadempiente all'intimazione, essendo soltanto stabilito che in tal caso si sarebbe provveduto con accompagnamento coattivo art. 13, comma 4, lettera a . 3.7. - Con le modifiche introdotte dalla legge del 30 luglio 2002, n. 189, il legislatore ha invece previsto, ribaltando la logica originaria, che l'espulsione sia di regola eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica art. 13, comma 4 . L'accompagnamento alla frontiera è divenuto così la forma ordinaria di esecuzione dell'espulsione amministrativa, salvo che per l'ipotesi di straniero già titolare di permesso di soggiorno che sia scaduto da più di sessanta giorni e che non sia stato rinnovato art. 13, comma 5 . Nell'ipotesi in cui non è possibile eseguire immediatamente l'espulsione coattiva mediante accompagnamento alla frontiera per la necessità di soccorrere lo straniero, di accertare la sua identità o nazionalità, di acquisire i documenti di viaggio, per indisponibilità del vettore , l'art. 14 prevede che lo straniero è trattenuto presso un centro ora di identificazione ed espulsione in base a un provvedimento del questore soggetto a convalida giudiziale. Il termine massimo di tale trattenimento era all'inizio fissato in venti giorni più un'eventuale proroga di dieci giorni era stato quindi portato dalla legge n. 189 del 2002 fino a trenta giorni, prorogabili di altri trenta. 3.8. - La legge n. 94 del 2009 ha in aggiunta introdotto nell'art. 14, comma 5, T.U. imm., la previsione che, scaduti i primi sessanta 30 più 30 giorni, in caso di mancata cooperazione al rimpatrio dello straniero o di ritardi nell'ottenimento della documentazione dai Paesi terzi, il questore può chiedere al giudice la proroga del trattenimento per sessanta giorni e, se questi non sono stati sufficienti a provvedere all'espulsione nonostante ogni ragionevole sforzo, per altri sessanta giorni il termine massimo non può essere superiore comunque a centottanta giorni. 3.9. - Soltanto se non è stato possibile eseguire l'accompagnamento coattivo e neppure è possibile trattenere lo straniero presso un centro, oppure se i termini di permanenza sono trascorsi senza che l'espulsione abbia avuto luogo, è consentito procedere in via sussidiaria all'espulsione mediante intimazione del questore a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di 5 giorni art. 14, comma 5-bis . La violazione senza giustificato motivo di tale ordine di allontanamento è sanzionata penalmente dall'art. 14, comma 5-ter. È da sottolineare che nel linguaggio del T.U. imm. il termine allontanamento non contraddistingue affatto l'allontanamento coattivo, definito accompagnamento coattivo , ma è riferito in genere all'allontanamento volontario quello appunto di cui al comma 5-bis dell'art. 14. La norma, inoltre, parla testualmente di ordine di lasciare il territorio dello Stato , non esplicitamente di rimpatrio. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che al fine di verificare l'esistenza di un giustificato motivo , le difficoltà incontrate dallo straniero vanno parametrate alla possibilità di ritorno nel paese d'origine o in paese disposto ad accogliere lo straniero. Ciò non toglie che, per il principio di tassatività, ai fini penali lo straniero non può considerarsi inadempiente se ha lasciato il territorio italiano per entrare in quello di altro Stato membro nel quale è parimenti irregolare, anche se il risultato così conseguito dalla norma incriminatrice non sembra conforme al diritto dell'Unione. 3.10. - Secondo la formulazione introdotta dalla legge n. 189 del 2002, la sanzione era l'arresto da 6 mesi a 1 anno . In tale caso , proseguiva il comma 5-ter dell'art. 14, si procede a nuova espulsione con accompagnamento alla frontiera mezzo della forza pubblica . Il comma 5-quater prevedeva quindi che lo straniero così espulso che venisse trovato sul territorio nazionale, fosse punito con la reclusione da uno a quattro anni. Era previsto comma 5-quinquies l'arresto obbligatorio in flagranza e il giudizio direttissimo forma accelerata di presentazione dell'arrestato al giudice per la convalida dell'arresto e il giudizio . 3.11. - A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 223 del luglio 2004, che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale della previsione dell'arresto obbligatorio per l'ipotesi contravvenzionale dell'art. 14, comma 5-ter, il legislatore è intervenuto con il decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, convertito con modificazioni nella legge 12 novembre 2004, n. 271, trasformando la contravvenzione in delitto e prevedendo la reclusione da uno a quattro anni per l'ipotesi dell'art. 14 comma 5-ter, la reclusione da uno a cinque anni per l'ipotesi del comma 5-quater. Con il medesimo intervento normativo si sostituiva l'espressione in tale caso , che collegava nel comma 5-ter la nuova espulsione coattiva all'accertamento del fatto-reato, con l'espressione in ogni caso . 3.12.- La giurisprudenza fissava alcuni punti. a L'ordine del questore allo straniero di lasciare entro cinque giorni il territorio dello Stato segue il decreto di espulsione del prefetto e presuppone che non sia stato possibile eseguire tempestivamente l'espulsione e neppure trattenere lo straniero presso un centro di permanenza, ovvero che siano trascorsi i termini di permanenza Sezioni unite, sentenza n. 2451 del 27 settembre 2007, Magera . L'ordine deve essere motivato in relazione a tale impossibilità la mancanza di motivazione ne comporta l'illegittimità e rende non configurabile la violazione prevista come reato l'esistenza di un ordine legalmente dato in base alla normativa vigente al momento della sua emanazione è presupposto della norma incriminatrice. b La clausola del giustificato motivo funge da valvola di sicurezza del meccanismo repressivo ed opera allorché l'osservanza del precetto appare - anche al di fuori della presenza di vere e proprie cause di giustificazione - concretamente inesigibile Corte cost., sentenza n. 5 del 2004, ordinanze n. 80 e n. 302 del 2004, ordinanza n. 286 del 2006, sentenza n. 22 del 2007, ordinanza n. 417 del 2008 . Essa opera soltanto in presenza di situazioni ostative di particolare pregnanza, che incidano sulla stessa possibilità, soggettiva od oggettiva, di adempiere all'intimazione, escludendola ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa non anche ad esigenze che riflettano la condizione tipica del migrante economico, sebbene espressive di istanze in sé e per sé pienamente legittime Corte cost., sentenza n. 5 del 2004 . c Si consolidava inoltre una interpretazione giurisprudenziale tra molte Cass. pen., sez. 1, sentenza n. 1052 del 14.12.2005, Shumska sez. 1, n. 15260 del 12.4.2006, Batista sez. 1, n. 46240 del 4.12.2008, Obi sez. 6, n. 9073 del 17.12.2009, Lazhari secondo cui, dopo la commissione di un primo reato ex art. 14, comma 5-ter, non poteva configurarsi una seconda analoga violazione, potendo la nuova espulsione essere eseguita solo mediante accompagnamento alla frontiera. 3.13. - Con la legge n. 94 del 2009, il legislatore ha allungato, come si è detto, i tempi del trattenimento portandoli ad un massimo di centottanta giorni, ed ha inciso sul sistema repressivo penale sostituendo, ovverosia riscrivendo, i commi 5-bis, 5-ter, 5-quater dell'art. 14 del T.U. imm. Le modifiche evidenziate nel corpo delle norme prima riportate inaspriscono le pene estendono le ipotesi in cui la violazione dell'ordine di allontanamento volontario costituisce delitto espressamente prevedono la reiterazione dell'intimazione all'allontanamento volontario dopo la violazione di un precedente ordine di allontanamento volontario. La riformulazione dell'art. 14, comma 5-quater, comporta così in particolare che la violazione della successiva intimazione integra un ulteriore delitto punibile con la reclusione da uno a cinque anni, che - perlomeno stando al tenore letterale - potrebbe addirittura ipotizzarsi ripetibile all'infinito. Sempre la legge n. 94 del 2009 ha introdotto inoltre, da un lato nel T.U. imm. il reato di cui all'art. 10-bis, punito soltanto con l'ammenda dall'altro nell'ambito del comma 1 dell'art. 16 del medesimo T.U. la previsione della sanzione sostitutiva dell'espulsione in caso di condanna per il reato di cui all'art. 10-bis e, nell'ambito delle sanzioni applicabile dal giudice di pace competente a conoscere di tale contravvenzione, analoga previsione della sostituzione dell'ammenda con la sanzione dell'espulsione ai sensi dell'art. 16 del T.U. imm. art. 62-bis d. lgs. n. 274 del 2000 . 3.14. - La Corte costituzionale con la sentenza n. 250 del 2010 e innumerevoli ordinanze a seguire ha escluso ogni profilo d'illegittimità costituzionale per il reato previsto dall'art. 10 bis. Con la sentenza n. 359 del 2010, richiamata anche nella memoria del ricorrente, ha invece dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quater, come modificato dalla legge n. 94 del 2009, nella parte in cui non dispone che l'inottemperanza all'ordine di allontanamento volontario sia punita nel solo caso che abbia luogo senza giustificato motivo , secondo quanto già previsto per la condotta di cui al precedente comma 5-ter. Necessità della questione pregiudiziale. 4. - In punto di rilevanza va evidenziato che, stando al solo diritto interno, il ricorso dovrebbe essere rigettato. 4.1. - La legittimità del primo ordine di allontanamento volontario risulta accertata con la sentenza che in data 28 ottobre 2008 ha applicato all'imputato la pena patteggiata di sette mesi di reclusione per il reato previsto dall'art. 14, comma 5-ter d. lgs. n. 286 del 1998. La contestazione sul punto è del tutto generica. 4.2. - Il secondo ordine è stato sufficientemente motivato considerando, quanto all'impossibilità di eseguire l'espulsione, che l'imputato era sedicente e mancava un valido documento per l'espatrio quanto all'impossibilità di trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, che vi era indisponibilità di posti . Tanto bastava a dare ragione dell'esistenza dei presupposti che costituivano condizione di validità dell'atto, senza che occorressero spiegazioni ulteriori. 4.3. - La circostanza che l'imputato fosse e sia sedicente non è sufficiente ad integrare un giustificato motivo , perché incombeva su di lui allegare che era incolpevolmente privo di documenti d'identità, mentre non ha mai indicato circostanze specifiche idonee a dimostrare che i documenti gli erano stati negati o sottratti o che li avesse perduti. Inoltre le sentenze di merito hanno correttamente evidenziato che l'imputato ha ammesso di non essersi mai recato al Consolato del suo paese per ottenere ausilio per il rimpatrio. 4.4. - Il francese è la lingua ufficiale del Gabon e la lingua di comunicazione tra le molte etnie. I giudici di merito hanno affermato che l'imputato era in grado di comprendere tale lingua e che era in Italia da molti anni, e questo è il risultato di un accertamento di fatto plausibile, non sindacabile nel giudizio di legittimità. La deduzione oggetto della memoria difensiva in data 1 febbraio 2011, secondo cui in giudizio all'imputato era stata negata l'assistenza di un interprete di lingua francese ed era stato nominato un interprete di un idioma dialettale e a lui sconosciuto, è in contrasto sia con le censure svolte in tema di lingua conosciuta nel ricorso sia con il fatto che analoga doglianza sulla inidoneità dell'interprete nominato non è stata tempestivamente prospettata al giudice del merito. 4.5. - La sentenza n. 359 del 2010 della Corte costituzionale non rileva nel caso di specie, perché il Tribunale aveva già escluso, in fatto, che ricorressero motivi di giustificazione riconducibili alla nozione normativa del giustificato motivo motivi cioè diversi da quelli legati alla normale condizione di difficoltà del migrante economico, in conformità alla linea interpretativa indicata al punto 3.12.a. 4.6. - La condanna potrebbe dunque essere annullata soltanto se si ritenesse che le disposizioni del diritto interno, regolanti l'espulsione mediante intimazione e le conseguenze collegate alla condotta di inottemperanza a detta intimazione, sono incompatibili con il diritto dell'Unione Europea, in particolare con la Direttiva 2008/115/CE, secondo la lettura che di essa ha dato il Procuratore generale nella sua requisitoria orale. Presupponendo tale verifica l'interpretazione del diritto dell'Unione, questa Corte di ultima istanza ha il dovere di investire pregiudizialmente la Corte di giustizia. Diritto dell'Unione Le norme . 5. - I quesiti interpretati investono gli articoli 2, par. 2, lettera b 7, par. 1 e 4 8, par. 1 e 4 15, par. 1, 4, 5 e 6, della Direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, pubblicata in G. U. del 24.12.2008, in vigore dal 13 gennaio 2009. Coinvolgono altresì, quali norme di comparazione, gli articoli 3 7, par. 2 e 3 8, par. 2 e 3 16, 21 della Direttiva 2008/115/CE l'articolo 23 della Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen, sostituito dalla Direttiva l'art. 5 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo cui la direttiva può mediatamente considerarsi ispirata. Tutte le disposizioni evocate sono riportate nel Il Allegato. Il risultato che la direttiva intende realizzare . 6. - La direttiva richiama in premessa, nei primi tre considerando il Consiglio Europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, in tema di approccio coerente in materia di migrazione e asilo e politica comune per l'immigrazione legale, nonché di lotta contro l'immigrazione clandestina il Consiglio Europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004, in tema di norme comuni affinché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignità i Venti orientamenti sul rimpatrio forzato , adottati il 4 maggio 2005 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa CM 2005 40, in adesione alle conclusioni dei Consigli prima indicati . 6.1. - A illustrazione del sesto, settimo e ottavo principio dei Venti orientamenti , il commento ufficiale CM 2005 40 Addendum finale, 20 maggio 2005 , osservava che essi si fondavano direttamente sull'articolo 5 della Convenzione EDU e richiamava la giurisprudenza della Corte di Strasburgo in tema di proporzionalità, ragionevole durata, obiettiva giustificazione della detenzione a qualsiasi titolo imposta. 6.2. - Nel prosieguo, sempre nei considerando , la Direttiva così esplicita priorità, ragioni di tutela, finalità, che ispirano le regole dettate nell'articolato normativo 10 Se non vi è motivo di ritenere che ciò possa compromettere la finalità della procedura di rimpatrio, si dovrebbe preferire il rimpatrio volontario al rimpatrio forzato e concedere un termine per la partenza volontaria. [ .]. 11 Occorre stabilire garanzie giuridiche minime comuni sulle decisioni connesse al rimpatrio per l'efficace protezione degli interessi delle persone interessate. [ .]. 12 È necessario occuparsi della situazione dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare ma che non è ancora possibile allontanare. Le condizioni basilari per il loro sostentamento dovrebbero essere definite conformemente alla legislazione nazionale. Affinché possano dimostrare la loro situazione specifica in caso di verifiche o controlli amministrativi, tali persone dovrebbero essere munite di una conferma scritta della loro situazione. [ .]. 13 L'uso di misure coercitive dovrebbe essere espressamente subordinato al rispetto dei principi di proporzionalità e di efficacia per quanto riguarda i mezzi impiegati e gli obiettivi perseguiti. [ .]. 16 Il ricorso al trattenimento ai fini dell'allontanamento dovrebbe essere limitato e subordinato al principio di proporzionalità con riguardo ai mezzi impiegati e agli obiettivi perseguiti. Il trattenimento è giustificato soltanto per preparare il rimpatrio o effettuare l'allontanamento e se l'uso di misure meno coercitive è insufficiente. 6.3. - Pare dunque evidente che la Direttiva tende a conciliare - da una parte, il diritto degli Stati membri di controllare l'ingresso e il soggiorno degli stranieri nel loro territorio e a prevenire in modo efficace illeciti e abusi in materia di immigrazione e asilo - dall'altra, il rispetto dei principi di ogni Stato di diritto in tema di restrizione della libertà personale, da considerare rimedio ultimo cui ricorrere nel modo meno coercitivo possibile e solo in caso di effettiva necessità nonché, unitamente, il rispetto dei diritti fondamentali dei migranti e delle garanzie loro accordate dal diritto internazionale pattizio e dalla Convenzione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. 6.4. - In quest'ottica, la regola secondo cui deve essere privilegiato e preferito il rimpatrio volontario, con impegno dello Stato a renderne effettiva la possibilità, appare al Collegio intimamente legata alle disposizioni che concernono le durate massime del trattenimento, previste dall'art. 15, par. 5 e 6, della Direttiva. Comune sembra la funzione di controlimite al potere degli Stati membri di usare indiscriminatamente la forza e la coazione per impedire ingresso e soggiorno sul loro territorio dei migranti economici irregolari . 6.5. - Nella sentenza 30 novembre 2009, Kodzoev, la Corte di giustizia ha ricordato che la possibilità di collocare una persona in stato di trattenimento per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza non può trovare fondamento né, dunque, limite nella Direttiva 2008/115/CE. Ma ha ribadito anche che quando è raggiunta la durata massima di trattenimento prevista all'art. 15, n. 6, della direttiva 2008/115, non si pone la questione se non esista più una prospettiva ragionevole di allontanamento, a norma del n. 4 dello stesso articolo. In un caso del genere la persona deve comunque essere immediatamente rimessa in libertà . Pare chiaro, dunque, che la Direttiva, mentre non si occupa dello straniero allontanato per ragioni di ordine pubblico o di pubblica sicurezza pericoloso , persegue un risultato di tutela del migrante economico irregolare prescrivendo il ricorso prioritario al suo rimpatrio volontario e autorizzando misure restrittive, entro rigorosi limiti temporali e modali, solo in caso di mancanza di sua cooperazione e di effettiva necessità a fini di rimpatrio. Ai fini dell'eventuale disapplicazione della norma incriminatrice, questa Corte nazionale ha tuttavia necessità che vengano precisati l'ambito effettivo e l'ampiezza di tale tutela. Questioni interpretative. Applicabilità nell'ordinamento interno . 7. - La prima questione che va posta concerne l'efficacia per l'ordinamento italiano della Direttiva 2008/115/CE, o meglio delle disposizioni che assumono rilevanza nel caso in esame, in mancanza di una legge espressa di trasposizione entro il termine del 24 dicembre 2010, da essa previsto. 7.1. - Si sostiene da parte della dottrina italiana e da molti giudici del merito che la Direttiva avrebbe efficacia diretta ai fini che qui interessano quantomeno laddove a afferma che gli Stati membri devono privilegiare il rimpatrio volontario b prevede quale unica conseguenza rilevante, in termini di restrizione della libertà, della mancata collaborazione dello straniero al rimpatrio volontario, l'allontanamento coattivo o il trattenimento amministrativo in vista dell'esecuzione dell'allontanamento coattivo c riconosce che il diritto fondamentale alla libertà personale dello straniero sottoposto alla procedura amministrativa di espulsione non può essere in alcun caso compresso oltre i limiti tassativi fissati per il trattenimento dagli articoli 15 e 16 della direttiva. 7.2. - A tale interpretazione si oppone da altre voci dottrinali e giurisprudenziali a che la fonte Direttiva vincola lo Stato membro nel risultato da raggiungere, ma implica di regola la necessità di trasposizione art. 288 T.F.U.E. art. 249, ex 189, T.C.E. b che la gran parte delle disposizioni della Direttiva in esame lasciano margini di adattamento agli Stati membri c che la mancata trasposizione non rende di per sé autoesecutiva una disposizione priva di tale forza, ma rende soltanto suscettibile di sanzione lo Stato che non l'ha trasposta d che il profilo della tassatività dei termini massimi di trattenimento é privo di rilevanza perché non si riferisce alle sanzioni penali. 7.3. - Il Collegio osserva che, sebbene lo Stato italiano abbia omesso sinora di trasporre formalmente la Direttiva nel suo ordinamento giuridico, ha adottato in pendenza dei termini di trasposizione la legge 15 luglio 2009, n. 94. E questa legge, non soltanto ha introdotto il reato di ingresso o soggiorno irregolare prevedendo per esso la espulsione a titolo di sanzione sostitutiva, ma ha interamente riformulato, ribadendole e novandole a un tempo, sia le norme incriminatrici sia le disposizioni che regolano l'ordine di allontanamento volontario e le conseguenze della sua violazione, che rilevano nel presente giudizio. Se dunque si pervenisse a una interpretazione del risultato voluto dalla Direttiva nel senso che essa intende escludere che lo straniero irregolare sia sottoposto ad una spirale senza fine di intimazioni e restrizioni della libertà, nella sostanza collegate solamente alla sua mancanza di cooperazione al rimpatrio volontario, l'intervento legislativo in questione sarebbe collidente con i principi della direttiva e, compromettendone gravemente il risultato, non potrebbe dare causa a condanne. Lo Stato avrebbe, in altri termini, violato l'obbligo di astenersi durante la pendenza del termine di trasposizione dall'adottare disposizioni che seriamente compromettano diritti posizioni giuridiche soggettive garantite , la cui tutela costituisce il risultato prescrittivo della Direttiva Corte di giustizia sentenze del 18 dicembre 1997, Inter-Environnement Wallonie ASBL 8 maggio 2003, Atrai 22 dicembre 2005, Mangold . Merito . 8. - Nel merito, i quesiti interpretativi da sottoporre alla Corte di giustizia ruotano attorno al problema della correttezza dell'assunto che la Direttiva 2008/115/CE non può in alcun modo essere riferita all'ipotesi di commissione di reati né alla detenzione in vista o in conseguenza di un giudizio penale. Parte delle opinioni di coloro che sostengono la compatibilità con la Direttiva rimpatri delle fattispecie di reato di cui all'art. 14, commi 5-ter e 5-quater, T.U. imm., assumono, difatti, che la stessa Direttiva sarebbe priva di pertinenza rispetto alle citate figure delittuose in ragione di quanto enunciato al par. 2, lettera b dell'art. 2 del fatto che la Direttiva si occupa solo delle procedure amministrative di espulsione del principio che le regole comuni in materia di immigrazione e controllo delle frontiere non escludono che i singoli Stati possano, nell'esercizio dei loro poteri sovrani, disporre l'incriminazione dei cittadini extracomunitari che violano le disposizioni interne in materia di ingresso e soggiorno. Non può negarsi che le questioni interpretative che si chiede alla Corte di giustizia di risolvere sono, per i loro risvolti sul diritto interno qui rilevante, connessi agli aspetti penalistici. Li riguardano tuttavia solo mediatamente, perché le questioni attengono alle regole fissate dalla Direttiva in tema di rimpatrio volontario, allontanamento coattivo e trattenimento, nonché al risultato che la Direttiva intende sostanzialmente realizzare. Il Collegio spera che la esposizione dei fatti e della disciplina interna abbia chiarito che l'unica ragione su cui fonda l'incriminazione per la quale l'imputato ha riportato la nuova condanna ad otto mesi di reclusione, oggetto di ricorso, consiste nella reiterata violazione di intimazioni seriali, ovverosia nella perdurante sua mancata cooperazione all'ordine di allontanarsi dal territorio dello Stato. 8.1. - Si è visto che - diversamente da quanto prevede il 10 considerando e dispongono gli artt. 7, par. 1 e 4 8, par. 1 e 4 15, par. 1 - nell'ordinamento interno l'espulsione coattiva è tuttora la scelta prioritaria. Quando per le autorità amministrative non è possibile eseguire immediatamente l'accompagnamento alla frontiera, esso può essere procrastinato previo trattenimento presso appositi centri, per un periodo più o meno lungo e coincidente, nel massimo, nei sei mesi fissati dall'art. 15, par. 5, della Direttiva rimpatri. Se neppure il trattenimento è possibile o i termini sono scaduti, allo straniero è ordinato di lasciare il territorio dello Stato . Se non obbedisce senza giustificato motivo è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Se condannato, può essere nuovamente intimato e nuovamente condannato. Proprio il fatto che il trattenimento esaurito o impossibile viene dal legislatore italiano posto a monte dell'intimazione al rimpatrio volontario, costituendone H presupposto, è ciò che giustifica , dal punto di vista strettamente sanzionatorio, una conseguenza diversa, ulteriore e questa volta di rilievo penale, per l'inottemperanza all'ordine di allontanamento volontario. 8.2. - La Corte di giustizia ha in passato più volte richiamato il principio che Il diritto comunitario non vieta agli stati membri di reprimere la violazione delle disposizioni nazionali relative al controllo degli stranieri con opportune sanzioni - diverse dall'espulsione - atte a garantire l'osservanza delle disposizioni stesse sentenza 8 aprile 1976, Royer ma, con significative precisazioni in punto di proporzionalità, sentenza del 25 luglio 2002, M.R.A.X., e ivi richiamata sentenza 3 luglio 1980, Pieck . L'art. 2, par. 2, lettera b , esclude inoltre dall'ambito di applicazione della direttiva espulsioni quali sanzioni penali e conseguenze di sanzioni penali. 8.3. - Sembra ragionevole, però, la tesi di chi sostiene che l'esclusione va per logica e coerenza interna riferita alle espulsioni che conseguono a reati d'altro tipo rispetto ai comportamenti di mancata collaborazione al rimpatrio, considerati dalla stessa direttiva sanzionagli soltanto mediante il prolungamento per ulteriori dodici mesi del trattenimento art. 15, par. 6, direttiva . Si intende dire che anche la Direttiva, che pure non si occupa di sanzioni penali , ma solo di procedure strumentali all'espulsione tanto che le restrizioni della libertà non hanno durata prestabilita, devono essere verificate periodicamente, e così via , pone regole a delimitazione della possibilità di coercizione sul presupposto di una patologia del comportamento dello straniero. E tale patologia coincide appunto con quella inottemperanza all'ordine di allontanamento volontario che nel nostro ordinamento determina la soggezione dello straniero alla pena della reclusione sino a cinque anni. 8.4. - S'è già detto, inoltre, che nell'ordinamento italiano le espulsioni non si distinguono tanto per i soggetti da cui sono disposte, quanto per il loro collegamento o l'assenza di collegamento a un giudizio di pericolosità sociale dell'espulso. E si è pure detto che le espulsioni a titolo di sanzione sostitutiva e alternativa dello straniero irregolare disposte dal giudice ai sensi dall'art. 16 del T.U. imm., non presuppongono un giudizio di pericolosità concreta, ma soltanto la situazione di irregolarità dello straniero, e che hanno la stessa natura amministrativa delle espulsioni disposte dal prefetto ai sensi dell'art. 13 comma 2, lettera b , venendo eseguite nel medesimo modo dal questore. Molte voci hanno quindi segnalato che l'introduzione nel T.U. imm. della contravvenzione di ingresso o soggiorno illegale, prevista dall'art. 10-bis - punita con un'ammenda da sostituire, in presenza delle condizioni per l'espulsione amministrativa, con l'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva , disposta dal giudice in luogo del prefetto - non avrebbe altra funzione che rendere operante la deroga contemplata dell'art. 2, par. 2, lettera b , della Direttiva. Tendenzialmente - si è sostenuto - l'intervento giurisdizionale che punisce con l'espulsione il reato di ingresso e soggiorno irregolare, dovrebbe relegare l'espulsione formalmente amministrativa alle sole ipotesi di respingimento, anch'esse tuttavia escluse dalla sfera d'applicazione della direttiva ai sensi della lettera b del medesimo articolo 2, par. 2. La qualificazione come reati delle condotte del migrante che viola le norme interne disciplinanti il suo soggiorno o il suo onere di ottemperare ad un ordine di rimpatrio, serve, insomma, soltanto a surrogare l'inadeguatezza della macchina amministrativa. E tali considerazioni potrebbero trovare conferma nella previsione di cause d'improcedibilità dei giudizi relativi a tali contravvenzioni o delitti, se si accerta l'avvenuta espulsione artt. 10-bis, comma 5 13, comma 3-quater, T.U. imm. . Sta di fatto che la provenienza da autorità amministrativa o giurisdizionale dell'espulsione è per il nostro ordinamento, nelle ipotesi ricordate, un dato esclusivamente formale parte della dottrina lo considera di etichette , la cui rilevanza ai fini del diritto dell'Unione, in genere propenso a conferire rilievo agli aspetti sostanziali, non può non essere sottoposta all'organo istituzionalmente deputato a chiarire il senso delle norme comuni. 8.5. - All'inverso, a ritenere che la Direttiva non tocca l'aspetto della eventuale incriminazione dello straniero, neppure quando questa dipenda esclusivamente dalla sua permanenza irregolare art. 10-bis T.U. imm. o dalla sua mancata collaborazione al rimpatrio volontario art. 14, comma 5-ter e comma 5~quater T.U. imm. , potrebbe dubitarsi della rilevanza del fatto che nell'ordinamento interno l'incriminazione per inottemperanza all'intimazione consegue ad una inversione dell'ordine di priorità nelle modalità espulsive. Ipotizziamo che si ritenga che la disposizione che impone allo Stato membro di rilasciare lo straniero irregolare quando i termini del trattenimento sono esauriti, o non esiste alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento sentenza Kadzoev cit. , non impedisca a tale Stato di sanzionare penalmente, con pena detentiva, lo straniero che, rilasciato, continua a soggiornare illegalmente e che, nuovamente intimato, non si allontana. Potrebbe allora sostenersi che analoga facoltà non è comunque preclusa ogni volta che l'intimazione e l'incriminazione del comportamento ostruzionistico sono di fatto dipese dalla impossibilità di trattenere, o di trattenere più a lungo, lo straniero. 8.6. - Vi è tuttavia una antinomia difficile da risolvere tra - le proposizioni normative, da un lato, che prescrivono agli Stati membri di privilegiare il rimpatrio volontario dello straniero irregolare e consentono in mancanza di sua cooperazione di trattenerlo sino a 18 mesi solo nel caso in cui sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo art. 15, par. 6 , mai trattandolo come un delinquente comune art. 16 - la prospettazione, dall'altro, che le stesse norme non impediscono allo Stato membro di punire con la reclusione sino a cinque anni, a titolo di delitto, la mancanza di cooperazione dello straniero irregolare , senza neppure avere l'onere di dimostrare d'avere fatto ogni ragionevole sforzo per allontanarlo. 8.7. - Resterebbe in ogni caso da verificare se le regole specifiche dettate dalla Direttiva e i principi più generali in esse richiamati o attuati, ove pure non fossero d'ostacolo a risposte sanzionatorie diverse, richiedano, in vista del risultato che la direttiva tende a realizzare, che dette sanzioni siano nel loro complesso proporzionate a modalità e tempi del trattenimento ovvero, in ogni caso, alle sanzioni previste per fattispecie analoghe concernenti fatti di mera disobbedienza agli ordini dell'autorità da parte di cittadini dello Stato o comunitari il riferimento è ad esempio all'art. 650 cod. pen. riportato in allegato . Quesiti . 9. - Occorre in conclusione chiedere alla Corte di giustizia a se l'art. 7, par. 1 e 4 l'art. 8, par. 1, 3 e 4 l'art. 15, par. 1, della Direttiva 2008/115/CE, devono essere interpretati nel senso che è precluso allo Stato membro, invertendo le priorità e l'ordine procedurale indicato da tali norme, di intimare allo straniero irregolare di lasciare il territorio nazionale quando non è possibile dare corso all'allontanamento coattivo, immediato o previo trattenimento b se l'art. 15, par. 1, 4, 5 e 6, della Direttiva 2008/115/CE, deve essere quindi interpretato nel senso che è precluso allo Stato membro fare conseguire alla ingiustificata mancanza di collaborazione dello straniero al rimpatrio volontario, e per questa sola ragione, la sua incriminazione a titolo di delitto e una sanzione detentiva reclusione quantitativamente superiore fino a dieci volte rispetto al già esaurito o oggettivamente impossibile trattenimento a fini di allontanamento c se l'art. 2, par. 2, lettera b , della Direttiva 2008/115/CE, può essere interpretato, anche alla luce dell'art. 8 della Direttiva medesima e degli ambiti della politica comune individuati in particolare dall'art. 79 TFUE, nel senso che basta che lo Stato membro decida di configurare come reato la mancata cooperazione dello straniero al suo rimpatrio volontario, perché la Direttiva non trovi applicazione d se gli artt. 2, par. 2, lettera b , e 15, par. 4, 5 e 6, della Direttiva 2008/115/CE, devono essere all'inverso interpretati, anche alla luce dell'art. 5 della Convenzione EDU, nel senso che essi sono d'ostacolo alla sottoposizione dello straniero irregolare, per il quale non è oggettivamente possibile o non è più possibile il trattenimento, ad una spirale di intimazioni al rimpatrio volontario e di restrizioni della libertà che dipendono da titoli di condanna per delitti di disobbedienza a tali intimazioni e se, conclusivamente, anche alla luce del decimo considerando , del previgente art. 23 C.A.A.S., delle raccomandazioni e degli orientamenti richiamati in premessa dalla Direttiva 2008/115, dell'art. 5 della Convenzione EDU, è possibile affermare che l'art. 7, par. 1 e 4, l'art. 8, par. 1,3 e 4, l'art. 15, par. 1, 4, 5 e 6, conferiscono valore di regola ai principi che la restrizione della libertà ai fini del rimpatrio va considerata alla stregua di extrema ratio e che nessuna misura detentiva é giustificata se collegata a una procedura espulsiva in relazione alla quale non esiste alcuna prospettiva ragionevole di rimpatrio. Richiesta di procedura d'urgenza. 10. - È necessario inoltre domandare, ai sensi dell'art. 104 bis del Regolamento di procedura della Corte di giustizia, l'applicazione del procedimento d'urgenza. Come risulta dalla esposizione in fatto, D N. è sottoposto, per il reato oggetto di questo giudizio, alla misura coercitiva dell'obbligo di presentazione giornaliera alla Polizia. È inoltre da evidenziare che, se pure fosse medio tempore revocato l'obbligo di presentazione, D N. dovrebbe essere nuovamente attinto, se già non lo è stato, da nuovo provvedimento di espulsione, verosimilmente non risultano accordi di riammissione con il Gabon con trattenimento o intimazione e rischio di nuova incriminazione e restrizione, sulla base della disciplina in relazione alla quale sono state sollevate le questioni d'interpretazione pregiudiziale. Va per altro considerato che le questioni interpretative sottoposte alla Corte di giustizia riguardano, attesa la cronica insufficienza dei centri di identificazione e di espulsione sul territorio nazionale e la carenza di accordi di riammissione adeguati, un numero elevatissimo di stranieri raggiunti da ordini di allontanamento volontario e inadempienti. Tale situazione oggettiva finisce per aggravare ulteriormente le mancanze di certezze e garanzie per la posizione specifica dell'imputato. P.Q.M. La Corte di cassazione, sciogliendo la riserva di cui all'udienza del 18 febbraio 2011 visto l'articolo 14, comma 5-quater del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 visti gli articoli 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea 3 della legge 13 marzo 1958, n. 204 479 del codice di procedura penale. Chiede alla Corte di giustizia dell'Unione Europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla questioni di interpretazione degli articoli 2, par. 2, lettera b 7, par. 1 e 4 8, par. 1 e 4 15, par. 1, 4, 5 e 6, della Direttiva 2008/115/CE Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare , specificate in motivazione. Chiede l'applicazione del procedimento d'urgenza ai sensi dell'art. 104 bis del Regolamento di procedura della Corte di giustizia, per le ragioni indicate in motivazione. Sospende il presente giudizio sino alla definizione delle suddette questioni pregiudiziali. Dispone l'immediata trasmissione di copia della presente ordinanza, unitamente agli atti del giudizio, alla cancelleria della Corte di giustizia dell'Unione Europea.