Bambina salta sul tappeto elastico e si fa male: responsabile la società proprietaria del gioco

Il fattaccio si è verificato all’interno di un agriturismo. Decisiva la constatazione che all’interno della rete elastica era presente un tubo scoperto, che ha ferito la bambina.

Brutta caduta per una bambina durante i salti sul tappeto elastico presente in un agriturismo. Fatale la presenza di un tubo privo di protezione . E proprio questo dettaglio inchioda la società proprietaria della struttura, condannata a risarcire i genitori della piccola Cassazione, ordinanza n. 8873/21, sez. VI Civile - 3, depositata il 31 marzo . Scenario della vicenda è un agriturismo in Lombardia. All’interno della struttura è collocata anche un tappeto elastico per far giocare i bambini, e proprio durante i continui salti una bambina cade sbattendo con il braccio su un tubo privo di protezione da urti . Immaginabile il dolore per la piccola e lo spavento per i genitori. Pochi giorni dopo la disavventura, però, la madre della bambina decide di citare in giudizio l’azienda che gestisce l’agriturismo, ritenendola colpevole per il danno subito dalla figlia e chiedendo perciò un adeguato ristoro economico. Per i Giudici di merito la visione proposta dalla donna è corretta. Così viene riconosciuta la responsabilità dell’azienda che gestisce l’agriturismo e, quindi, proprietaria della rete elastica . Ciò che conta è che il tubo era scoperto. Se invece fosse stato imbottito, non avrebbe causato danno e che la bambina ha usato la rete conformemente al suo impiego ordinario, ossia saltandovi e senza alcun anomalo comportamento . In Cassazione l’avvocato dell’azienda prova a scaricare la colpa per il danno subito dalla bambina sui suoi genitori. In questa ottica il legale pone in evidenza, innanzitutto, la presenza all’interno dell’agriturismo di un cartello con cui si avvisavano le persone del fatto che il gioco della rete non era custodito e che chi lo usava lo faceva a proprio rischio . Egli poi aggiunge che essendo visibile il tubo non protetto, avrebbero dovuto essere i genitori a non far saltare la bambina . Queste obiezioni vengono però respinte in modo netto dai Giudici di terzo grado. In prima battuta, viene chiarito che il cartello esonera da responsabilità quando avverte dello specifico pericolo nel caso, la presenza di tubi o di oggetti, urtando i quali si può riportate danno mentre non ha alcun rilievo un generico avviso di omessa custodia, che, anzi, è semmai ammissione di non occuparsi di una cosa propria , spiegano i magistrati. Impossibile, infine, parlare di genitori disattenti e colpevoli, poiché si è appurato che la bambina stava facendo un uso adeguato del gioco . Dunque, non è addebitabile alcuna responsabilità alla madre e al padre della bambina, che, anzi, avevano rispettato la regola di far salire sulla rete i bambini uno per volta .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 11 febbraio – 31 marzo 2021, n. 8873 Presidente Amendola – Relatore Cricenti Ritenuto che 1. - La società Azienda Agricola F. gestisce un agriturismo all’interno del quale è collocata una rete di gioco per bambini, su cui ossia, questi ultimi saltano sfruttando le proprietà elastiche della stessa rete. Una di queste bambine, V.I. , proprio durante l’utilizzo della rete è caduta sbattendo con il braccio su un tubo privo di protezione da urti facendosi male, cosi che la madre ha agito per il risarcimento del danno. 2. - Sia il Tribunale che la corte di appello hanno ritenuto una responsabilità dell’Azienda proprietaria della rete, ai sensi dell’art. 2051 c.c., in base al rilievo che, da un lato, il tubo era scoperto e se invece fosse stato imbottito non avrebbe causato danno, e dall’altro che la bambina ha usato la rete conformemente al suo utilizzo ordinario, ossia saltandovi, senza alcun anomalo comportamento. 3. - Ricorre l’Azienda Agricola F. con due motivi. V’è controricorso della danneggiata. Considerato che 4. - Con il primo motivo la ricorrente denuncia omessa pronuncia, o anche omesso esame, su un motivo di appello specifico, che aveva ad oggetto il rilievo da attribuire all’esonero da responsabilità, meglio alla omessa custodia dell’area. Sostiene la ricorrente di aver posto all’attenzione della corte di appello la circostanza di avere appeso un cartello all’ingresso dell’area, con cui si avvisavano gli utenti del fatto che il gioco della rete non era custodito e che chi lo usava lo faceva a proprio rischio. La corte di appello non avrebbe tenuto conto di tale circostanza. Il motivo è inammissibile. La ricorrente, infatti, non dimostra di aver posto tale questione alla corte di appello, anzi, leggendo il ricorso in cui sono riportati i motivi di appello p. 7 , quello assertivamente disatteso manca, nè v’è menzione, al di là della trasfusione in un motivo specifico, della questione dell’avviso. Il motivo è altresì infondato. Il cartello esonera da responsabilità quando avverte dello specifico pericolo nel caso presente la presenza di tubi o di oggetti, urtando i quali si può riportare danno mentre non ha alcun rilievo un generico avviso di omessa custodia, che, anzi, è semmai ammissione di non occuparsi di una cosa propria. 5. - Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 2051 e 1227 c.c E si traduce nella censura alla decisione impugnata di non aver adeguatamente considerato la condotta colpevole del danneggiato quale causa del danno. Il motivo fa leva su un errore di accertamento del fatto da parte della corte di merito. Ossia sulla mancata considerazione della circostanza che, essendo, come emerso dall’istruttoria, visibile il tubo non protetto, avrebbero dovuto essere i genitori a non far saltare la figlia. Il motivo è inammissibile anche esso. È basato infatti sulla contestazione di un accertamento in fatto. La corte di merito ha ritenuto che la bambina stesse facendo un uso adeguato e proprio di quel gioco, e che dunque non era ravvisabile colpa dei genitori, che peraltro avevano rispettato la regola di far salire i bambini uno per volta. La ricorrente pretende che si rivaluti questo accertamento, ossia che lo si smentisca in fatto, che è invece operazione qui preclusa, anche in presenza di una motivazione adeguata da parte della corte di merito. Ossia il ricorso attinge il fatto e non un eventuale principio di diritto della sentenza impugnata. Ad ogni modo, la ricorrente non dimostra affatto di aver posto la questione della visibilità del tubo scoperto anche in appello. Il ricorso va pertanto respinto. P.Q.M. La corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di 3.000,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.