L’importo unitario di danno da perdita della vita: un tragico attuale esempio applicativo

Una recente ed ulteriore esemplare pronuncia della Suprema Corte sul ragionamento che conduce alla determinazione dell’importo unitario di danno, comprensivo delle varie voci di nocumento subìte, come quelle iure hereditatis , biologico terminale e catastrofale.

A seguito di ricovero , un uomo decedeva nella struttura ospedaliera dopo una permanenza di diversi giorni senza che gli fosse effettuata alcuna attività diagnostica , e ciò fino al peggioramento delle condizioni del paziente che lo conducevano al decesso. La moglie ed i figli della vittima, pertanto, convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale competente il presidio ospedaliero de quo chiedendo il risarcimento dei danni per la morte del proprio congiunto . Il Tribunale, a seguito di istruttoria, accoglieva la relativa domanda condannando la parte convenuta al pagamento dei danni. Avverso detta sentenza proponeva appello l' azienda unità sanitaria locale competente che la Corte territoriale accoglieva parzialmente, riducendo l'importo risarcitorio inizialmente in favore dei danneggiati. In particolare, la Corte d’Appello osservava che durante il ricovero dal 27 febbraio al 6 marzo non era stata effettuata alcuna attività diagnostica, e ciò fino alla data del 7 marzo quando, a seguito del peggioramento delle condizioni dell'uomo, questo moriva indubbiamente per motivi correlati alle omissioni dei sanitari . In merito ai danni risarcibili, concordava col primo Giudice che la giurisprudenza aveva escluso la risarcibilità iure hereditatis del danno da perdita del bene della vita per cui questa voce, tra l'altro mai chiesta dagli appellati, doveva essere esclusa. Con riguardo al danno da perdita parentale iure proprio, invece, facendo riferimento alle tabelle del Tribunale di Milano per il tipo di danni in esame, la Corte di appello evidenziava che le stesse prevedevano una forbice tra, circa, € 163 mila ed € 327 mila e che i criteri equitativi di liquidazione dovevano tenere conto dell'età dell’uomo -al momento del decesso nel caso di specie di 74 anni nonché della convivenza dei familiari -nella specie i figli erano economicamente indipendenti-. Alla luce di tali elementi la Corte territoriale riteneva eccessivo l'importo liquidato, apparendo equo quello dalla stessa rideterminato in ribasso, considerando che l'uomo era anche residente all'estero. Ricorrevano per cassazione tutti i parenti del deceduto. La decisione della Suprema Corte di cassazione. Tra i vari motivi addotti a sostegno della propria tesi, i ricorrenti denunciavano violazione o falsa applicazione di legge poiché era stato lo stesso Tribunale di primo grado ad aver accertato ed affermato che la morte dell'uomo era sopraggiunta a distanza di un apprezzabile lasso di tempo tra il manifestarsi della lesione all'integrità psicofisica -dato che i primi segni della patologia che aveva determinato il decesso si erano evidenziate alle 14 22 del 6 marzo per raggiungere l'apice all’01 30 del 7 marzo, con il trasporto poi presso il reparto di rianimazione ed il decesso -avvenuto alle 08 05 del 7 marzo-, lasso di tempo tale da integrare il danno biologico terminale e da rendere meritevole di tutela risarcitoria, trasmissibile agli eredi, anche il danno morale catastrofale, avendo l'uomo subìto in modo vigile tutta la sofferenza dell'agonia. La parte ricorrente, soprattutto, lamentava la violazione dell'art. 112 c.p.c. da parte del giudicante perché nella domanda si era fatto riferimento, ai fini dell'istanza risarcitoria, anche al lasso di tempo intercorso, tra il trattamento sanitario ed il decesso, ed al pregiudizio arrecato all’integrità psicofisica nonché alla lucida percezione dell'avvicinarsi della morte. Ebbene, tale motivo è risultato fondato. Nello specifico, la Suprema Corte rileva che il Tribunale, riconoscendo la spettanza del danno non patrimoniale iure hereditatis , aveva liquidato un importo unitario di danno da perdita della vita nel quale erano confluite anche le sofferenze fisiche e psichiche patite prima della morte e della durata dell'agonia, breve ma molto intensa. L'importo non era, dunque, solo la risultante del danno da perdita della vita ma anche del danno biologico terminale e del danno catastrofale , voci di danno domandate dagli originali attori come risultante dagli atti introduttivi. La Corte territoriale, pertanto, secondo la Suprema Corte, escludendo la spettanza del danno da perdita della vita, di fatto, ha omesso di pronunciare in ordine al danno biologico terminale ed al danno catastrofale, il cui risarcimento era stato richiesto dagli attori e su cui aveva pronunciato il Tribunale, accogliendone la relativa domanda. L'importo liquidato in dispositivo dalla Corte territoriale, invece, corrisponde esclusivamente al danno iure proprio, senza che però in sentenza vi sia alcuna statuizione circa il danno biologico terminale e quello catastrofale. L'omissione di pronuncia deriva dalla circostanza che, essendo stato devoluto mediante il gravame il rapporto controverso in appello relativamente al danno iure hereditatis , l'originaria presenza della domanda e relativa pronuncia del Tribunale imponevano al giudice dell’appello di decidere non solo sul danno da perdita della vita ma anche su quello biologico terminale e su quello catastrofale, perché solo se il Tribunale avesse omesso di pronunciare, affinché la domanda fosse ancora sub iudice, sarebbe stato necessario l'appello incidentale. Accogliendo parzialmente il ricorso, la Suprema Corte cassa la sentenza in relazione ai vizi rilevati e rinvia alla Corte d’Appello competente in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 novembre 2020 – 18 marzo 2021, n. 7770 Presidente Frasca – Relatore Scoditti Fatti di causa 1. F.N. , M.A. , M.D. e M.M. , la prima quale coniuge di M.U. , gli altri quali figli, convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Terni l’Azienda USL n. X Presidio Ospedaliero omissis poi Azienda Unità Sanitaria Locale Umbria n. X chiedendo il risarcimento dei danni per la morte del proprio congiunto. Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda. 2. Il Tribunale adito accolse la domanda, condannando la parte convenuta al pagamento in favore di F.N. della somma di Euro 363.055,58, di M.A. della somma di Euro 326.666,66, di M.D. della somma di Euro 331.366,66 e di M.M. della somma di Euro 308.893,88, oltre interessi legali. 3. Avverso detta sentenza propose appello l’Azienda Unità Sanitaria Locale Umbria n. X. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello. 4. Con sentenza di data 12 marzo 2018 la Corte d’appello di Perugia accolse parzialmente l’appello, condannando l’appellante al pagamento in favore di F.N. della somma di Euro 200.000,00 oltre Euro 3.055,58, di M.A. e di M.D. della somma di Euro 150.000,00 ciascuno e di M.M. della somma di Euro 140.000 oltre Euro 2.227,22, somme liquidate all’attualità, oltre interessi legali, disponendo la compensazione delle spese stante la reciproca soccombenza e ponendo le spese di CTU a carico delle parti in misura eguale. Osservò la Corte che durante il ricovero dal omissis al omissis non era stata effettuata alcuna attività diagnostica, e ciò fino alla data del omissis quando a seguito del peggioramento delle condizioni del M. questi morì e che indubbia era la correlazione fra le omissioni dei sanitari ed il decesso del paziente. Aggiunse, quanto al danno risarcibile, che, come riconosciuto dal primo giudice, la giurisprudenza aveva escluso la risarcibilità iure hereditatis del danno da perdita del bene vita, sicché tale voce di danno, peraltro mai chiesta dagli appellati, doveva essere esclusa. Osservò ancora che, quanto al danno da perdita parentale iure proprio, facendo riferimento alle tabelle del Tribunale di Milano, come correttamente fatto dal primo giudice, queste per il tipo di danno in questione prevedevano una forbice fra Euro 163.990,00 ed Euro 327.990,00 e che i criteri equitativi di liquidazione dovevano tenere conto anche dell’età della vittima al momento del decesso XX anni e della convivenza nella specie i figli erano economicamente indipendenti . Aggiunse che alla luce di tali elementi doveva ritenersi eccessivo l’importo liquidato, apparendo equo invece quello sopra indicato, considerando anche che M.M. era residente all’estero. 5. Hanno proposto ricorso per cassazione F.N. , M.A. , M.D. e M.M. sulla base di sei motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. È stata presentata memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 32 Cost., artt. 1223, 1226 e 2059 c.c., art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il Tribunale aveva affermato che la morte del M. era sopraggiunta a distanza di un apprezzabile lasso di tempo fra il manifestarsi della lesione all’integrità psicofisica i primi segni della patologia che aveva determinato il decesso si erano evidenziati alle ore 14 22 del per raggiungere l’apice alle ore 1 30 del , con il trasporto poi del M. vigile ed agitato presso il reparto di rianimazione ed il decesso avvenuto alle ore 8 05, lasso di tempo tale da integrare il danno biologico terminale, e che meritevole di tutela risarcitoria, trasmissibile agli eredi, era anche il danno morale catastrofale, avendo il M. subito in modo vigile tutta la sofferenza dell’agonia. Osserva inoltre che il Tribunale aveva affermato quanto segue in ogni caso, anche se si ritenesse non apprezzabile il lasso di tempo intercorso tra la patologia e la morte e non rilevanti le sofferenze che hanno preceduto la morte, questo giudice ritiene che in ogni caso spetterebbe alla vittima il risarcimento del danno c.d. tanatologico il Tribunale aveva poi aggiunto che tenuto conto che nel caso di lesioni da cui sia scaturita la morte si verifica la massima lesione possibile della integrità psicofisica , considerata l’età della vittima, le sofferenze fisiche e psichiche patite prima della morte e della durata dell’agonia breve ma molto intensa , appare equo liquidare all’attualità il danno da perdita della vita, trasmissibile agli eredi, nella somma complessiva di Euro 300.000,00 . Aggiunge quindi la parte ricorrente che il giudice di appello, escludendo il danno da perdita della vita, non ha considerato le altre voci di danno non patrimoniale liquidate dal primo giudice. Osserva inoltre la parte ricorrente che risulta violato l’art. 112 c.p.c. perché nella domanda si era fatto riferimento, ai fini dell’istanza risarcitoria, anche al lasso di tempo intercorso fra il trattamento sanitario ed il decesso ed al pregiudizio arrecato all’integrità psicofisica, nonché alla lucida percezione dell’avvicinarsi della morte. 2. Con il secondo motivo si denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osservano i ricorrenti che la corte territoriale, escludendo il risarcimento per la perdita della vita sul presupposto dell’immediatezza del decesso, ha omesso di considerare quanto dalla stessa rilevato circa il periodo di ricovero e le omissioni dei sanitari, alle quali aveva fatto seguito la morte. 3. Con il terzo motivo si denuncia nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osservano i ricorrenti che la motivazione è mancante in quanto non si fa riferimento alle circostanze per le quali il Tribunale aveva liquidato il danno non patrimoniale iure successionis e non risulta spiegato se vi sia stato un apprezzabile lasso di tempo fra le lesioni e la morte. 4. Il primo motivo è fondato. La formulazione della censura rispetta l’onere processuale di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, avendo la parte ricorrente trascritto la parte rilevante sia della motivazione della decisione di primo grado, che dell’atto introduttivo del giudizio. Il Tribunale, riconoscendo la spettanza del danno non patrimoniale iure hereditatis, aveva liquidato un importo unitario di danno da perdita della vita nel quale erano confluite anche le sofferenze fisiche e psichiche patite prima della morte e della durata dell’agonia breve ma molto intensa . L’importo di Euro 300.000,00 non era dunque solo la risultante del danno da perdita della vita, ma anche del danno biologico terminale e del danno catastrofale, voci di danno domandate dagli originari attori come risultante dalla domanda. La corte territoriale, escludendo la spettanza del danno da perdita della vita, ha omesso di pronunciare in ordine al danno biologico terminale ed al danno catastrofale, danni il cui risarcimento era stato richiesto dagli attori e su cui aveva pronunciato il Tribunale, accogliendo la relativa domanda. L’importo liquidato in dispositivo corrisponde esclusivamente al danno iure proprio, senza che però in sentenza vi sia alcuna statuizione circa danno biologico terminale e danno catastrofale. L’omissione di pronuncia deriva dalla circostanza che, essendo stato devoluto mediante il gravame il rapporto controverso in appello relativamente al danno iure hereditatis, l’originaria presenza della domanda, e la relativa pronuncia del Tribunale, imponevano al giudice di appello di pronunciare non solo sul danno da perdita della vita, ma anche sul danno biologico terminale e sul danno catastrofale solo se il Tribunale avesse omesso di pronunciare, affinché la domanda fosse ancora sub iudice, sarebbe stato necessario l’appello incidentale . 5. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento di secondo e terzo motivo. 6. Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1226 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il Tribunale, attestandosi sui valori medi delle tabelle del Tribunale di Milano, aveva riconosciuto per la perdita del rapporto parentale al coniuge ed ai figli Euro 260.000,00 ciascuno, salvo per il figlio M. Euro 245.000,00, e che il giudice di appello si è discostato dai valori minimi. Aggiunge che erroneamente la liquidazione è stata effettuata all’attualità perché riferita ai parametri tabellari del 2014, epoca in cui era stata emessa la sentenza di primo grado, avendo invece i ricorrenti diritto alla liquidazione secondo i valori correnti alla data della sentenza emessa nell’aprile 2018. 6.1. Il motivo è parzialmente fondato. Va premesso che nella liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale diversamente da quanto statuito per il pregiudizio arrecato all’integrità psico-fisica - le tabelle predisposte dal Tribunale di Milano non costituiscono concretizzazione paritaria dell’equità su tutto il territorio nazionale tuttavia, qualora il giudice scelga di applicare i predetti parametri tabellari, la personalizzazione del risarcimento non può discostarsi dalla misura minima ivi prevista senza dar conto nella motivazione di una specifica situazione, diversa da quelle già considerate come fattori determinanti la divergenza tra il minimo e il massimo, che giustifichi la decurtazione Cass. 14 novembre 2019, n. 29495 29 maggio 2019, n. 14746 . La corte territoriale ha richiamato correttamente i valori delle tabelle del Tribunale di Milano del 2014 relativi al danno non patrimoniale per la morte del congiunto, ma in relazione a M.A. , M.D. e M.M. si è discostata dalla misura minima senza una specifica indicazione delle ragioni per le quali la detta misura non potesse essere mantenuta. Il riferimento all’indipendenza economica dei figli potrebbe valere a giustificare la riduzione dell’importo nell’ambito della forbice fra il minimo ed il massimo, ma non la liquidazione dell’importo al di sotto del minimo, per il quale è necessaria una specifica motivazione. Limitatamente ai figli della persona deceduta il motivo merita quindi accoglimento. Quanto al resto del motivo va rammentato che in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, la denuncia in sede di legittimità della violazione delle tabelle diffuse dal Tribunale di Milano ovvero dell’omesso esame di un fatto specializzante idoneo a giustificare uno scostamento dalle stesse è ammessa esclusivamente ove nel giudizio di merito la parte abbia prodotto tali tabelle o, almeno, ne abbia allegato il contenuto e posto la questione dell’applicazione dei relativi parametri Cass. 21 novembre 2017, n. 27562 13 novembre 2014, n. 24205 7 novembre 2014, n. 23778 . La parte ricorrente, a parte l’erroneo richiamo al mese di aprile 2018 data di pubblicazione della decisione è il 12 marzo 2018 , non ha specificatamente indicato, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di avere prodotto in giudizio le tabelle del Tribunale di Milano che menziona nel motivo, o di avere quanto meno posto la questione dell’applicazione dei relativi parametri. 7. Con il quinto motivo si denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osservano i ricorrenti che in ordine alla liquidazione del danno iure proprio vi è apparenza di motivazione perché non si rinviene alcuna ragione per la quale sono stati diminuiti gli importi liquidati. Aggiunge che il giudice di appello, pur richiamando i criteri dell’età della vittima e della convivenza, non li considera in sede di liquidazione e che inoltre il medesimo giudice non ha tenuto conto nè della circostanza della convivenza con il coniuge e la figlia D. , nè di quella della vicinanza degli altri due figli ai genitori. 7.1. Il motivo è in parte infondato ed in parte da dichiarare assorbito. In relazione a M.A. , M.D. e M.M. l’accoglimento del precedente motivo determina infatti l’assorbimento del motivo. Quanto al coniuge, il Tribunale aveva liquidato l’importo di Euro 260.000,00, la Corte d’appello ha invece liquidato l’importo di Euro 200.000,00. Il criterio considerato, in base al quale il giudice di merito ha concluso nel senso dell’eccessività dell’importo liquidato in primo grado, è quello dell’età del congiunto al momento del decesso XX anni , dovendosi riferire il criterio della convivenza, in mancanza di altri elementi, ai figli. È pur vero che, qualora il giudice, al fine di soddisfare esigenze di uniformità di trattamento su base nazionale, proceda alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale in applicazione delle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano è tenuto ad esplicitare, in motivazione, se e come abbia considerato tutte le circostanze del caso concreto per assicurare un risarcimento integrale del pregiudizio subito da ciascun danneggiato Cass. 17 aprile 2013, n. 9231 . La censura non è stata però formulata come violazione del principio di dell’integralità del risarcimento del danno per la quale peraltro si sarebbero dovute dedurre le specifiche circostanze di fatto rilevanti sul piano della qualificazione giuridica , ma quale motivazione apparente. In tali sensi trattasi di censura infondata perché la ratio decidendi è chiara, avendo la motivazione indicato quale ragione della riduzione dell’importo l’età della vittima. 8. Con il sesto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che è stata disposta la compensazione delle spese nonostante che gli appellati non risultassero soccombenti, stante la conferma della responsabilità dell’ente e la modifica solo nel quantum, e che illegittimamente è stato ripartito in parti eguali il costo della CTU, nonostante che sul punto gli appellati fossero vittoriosi. 8.1. L’accoglimento del ricorso, nei limiti dei motivi di cui sopra, determina l’assorbimento del motivo. P.Q.M. accoglie il primo motivo e, parzialmente, il quarto motivo, rigetta parzialmente il quinto motivo, dichiarando per il resto assorbiti i motivi di ricorso cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti rinvia alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.