Nessun indennizzo se l’anticipazione cautelare rende irretrattabili gli effetti della pronuncia richiesta

La Suprema Corte afferma il principio di diritto in base al quale non ricorre alcun pregiudizio morale indennizzabile qualora l’anticipazione cautelare non solo anticipi gli effetti della richiesta sentenza, ma li renda concretamente irretrattabili .

Questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 28470/20, depositata il 15 dicembre. La Corte d’Appello di Perugia rigettava il ricorso con cui l’attuale ricorrente aveva chiesto la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di un equo indennizzo a causa della non ragionevole durata di un processo amministrativo instaurato dinanzi al TAR Lazio. Il Giudice, infatti, aveva negato la presenza di un danno di natura non patrimoniale poiché esso, non potendosi qualificare in re ipsa , non si era verificato in concreto, in quanto la pretesa della ricorrente aveva trovato piena soddisfazione nel provvedimento cautelare. A questo punto, la stessa propone ricorso per cassazione. La Corte di Cassazione esclude la sussistenza di un effettivo e concreto patimento della ricorrente, affermando che nel caso di specie vi è stata una pronuncia cautelare che ha eliminato in radice la dipendenza psicologica di costei dall’esito del giudizio, poi dichiarato perento, che qualunque fosse stato, non avrebbe più potuto negarle il bene della vita preteso, oramai acquisito irrevocabilmente . Per questo motivo, gli Ermellini rigettano il ricorso e compensano le spese di giudizio, enunciando il principio di diritto secondo cui fermo restando che, in generale, la sospensione in via cautelare dei provvedimenti impugnati, ancorché anticipi tutti gli effetti della sentenza richiesta al giudice amministrativo, è un atto precario e rivedibile, che non incide sul diritto della parte attrice di ottenere la definizione della controversia entro un termine ragionevole, né osta alla configurabilità di un pregiudizio morale, pur se di entità ridotta, non ricorre alcun pregiudizio morale indennizzabile ove l’anticipazione cautelare, non solo anticipi gli effetti della richiesta sentenza , ma li renda concretamente irretrattabili .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 4 novembre – 15 dicembre 2020, n. 28470 Presidente Lombardo – Relatore Grasso Ritenuto che la Corte d’appello di Perugia, con il decreto di cui in epigrafe, rigettò il ricorso con il quale C.C. aveva chiesto condannarsi il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento dell’equo indennizzo per la durata non ragionevole di un processo amministrativo, instaurato davanti al TAR del Lazio, definito con decreto di perenzione del 24/11/2011 che la Corte locale aveva negato la sussistenza di danno non patrimoniale evidenziando che, lo stesso, escluso potersi qualificare in re ipsa, in concreto non si era verificato, poiché la pretesa della ricorrente continuare il proprio servizio d’insegnante con comando all’estero fino alla prevista scadenza dell’1/9/1995, che il Ministero degli Esteri aveva anticipato, con la restituzione della predetta al ruolo di provenienza, all’1/9/1994 aveva trovato piena soddisfazione nel provvedimento cautelare, che aveva impedito il concretizzarsi di paterna d’animo, avendo la istante avuto riconosciuto, sia pure in via anticipata il proprio diritto che avverso il predetto decreto la C. propone ricorso, illustrato da memoria, e che il Ministero dell’Economia e delle Finanze resiste con controricorso ritenuto che con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 3, comma 4 e 5, art. 111 Cost., comma 2, degli artt. 6 e 13 CEDU, assumendo che la Corte locale aveva fatta erronea del principio di diritto più volte enunciato da questa Corte, secondo il quale la sospensione in via cautelare dei provvedimenti impugnati, ancorché anticipi tutti gli effetti della sentenza richiesta al giudice amministrativo, è un atto precario e rivedibile, che non incide sul diritto della parte attrice di ottenere la definizione della controversia entro un termine ragionevole, nè osta alla configurabilità di un pregiudizio morale, pur se di entità ridotta, dato che il provvedimento cautelare non elimina l’incertezza e la connessa sofferenza per l’attesa della definizione della lite, potendo solo diminuirne l’intensità, in relazione all’aspettativa del conformarsi dell’emananda sentenza alle determinazioni di tipo interinale già adottate dal giudice Cass. n. 10226/2013, Rv. 626300, richiamata da Cass. n. 10574/2016 . Considerato che, pur dovendosi condividere il riportato principio peraltro, contrastato da altre decisioni Cass. n. 19764/011, Cass. n. 17289/013, Cass. 24696/011, Cass. 4433/015 , la vicenda al vaglio fa escludere in radice la sussistenza di un effettivo e concreto patimento per l’attesa, invero - qui non si è in presenza di una pronuncia cautelare che, lasciando impregiudicato il merito, può limitare il paterna, ma non eliderlo, ma, esattamente al contrario, di una pronuncia cautelare che, avendo consentito alla ricorrente di permanere a insegnare con comando all’estero fino alla data agognata, ha eliminato in radice la dipendenza psicologica di costei dall’esito del giudizio, poi dichiarato perento, che qualunque fosse stato, non avrebbe più potuto negarle il bene della vita preteso, orami acquisito irrevocabilmente - di conseguenza deve affermarsi il seguente principio di diritto fermo restando che, in generale, la sospensione in via cautelare dei provvedimenti impugnati, ancorché anticipi tutti gli getti della sentenza richiesta al giudice amministrativo, è un atto precario e rivedibile, che non incide sul diritto della parte attrice di ottenere la definizione della controversia entro un termine ragionevole, nè osta alla configurabilità di un pregiudizio morale, pur se di entità ridotta, non ricorre alcun pregiudizio morale indennizzabile ove l’anticipazione cautelare, non solo anticipi gli effetti della richiesta sentenza, ma li renda concretamente irretrattabili considerato che il rigetto del ricorso rende evidente che non v’è luogo a statuizione nel merito ex art. 384, c.p.c. il secondo motivo si risolve nell’evocazione di una tale pronuncia, previo accoglimento del primo motivo considerato che la peculiarità del caso, che ha imposto l’enunciazione d’un ulteriore principio di diritto, ben giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio considerato che non sussistono i presupposti di legge sul raddoppio del contributo unificato Cass. n. 2273/2019 come si desume dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 conf. Cass. S.U. n. 4315/2020 . P.Q.M. rigetta il ricorso e compensa le spese.