Utenza telefonica dell’avvocato non inserita nelle Pagine Bianche: niente risarcimento

Respinta la richiesta avanzata da un legale siciliano nei confronti della Telecom. Escluso il nesso tra l’omesso inserimento nell’elenco abbonati e la contrazione del volume d’affari lamentata dal professionista.

Momento difficile per l’avvocato che vede in calo il volume d’affari, anche a causa della mancanza di nuovi clienti. A suo dire, però, il problema ha un’origine precisa, e cioè l’omesso inserimento del suo nominativo nell’elenco telefonico Pagine Bianche. Inevitabile il contenzioso con Telecom, contenzioso che si conclude con una ulteriore notizia negativa per il legale per lui nessun risarcimento. Cassazione, ordinanza numero 18075/20, sezione VI Civile, depositata oggi . A dare il “la” alla vicenda è la constatazione, da parte di un avvocato siciliano, del «mancato inserimento dell’utenza telefonica a suo nome», per l’anno 2011, nelle cosiddette Pagine Bianche. Passaggio successivo è la citazione in giudizio della società telefonica – la Telecom, per la precisione – con annessa richiesta di risarcimento. In Tribunale il legale si vede dare ragione, e ottiene così il riconoscimento di 14mila euro come risarcimento, a cui vanno sommati circa 64 euro a titolo di indennizzo, come da condizioni generali di contratto. In appello, però, la situazione muta in maniera radicale i Giudici d’appello escludono che l’avvocato abbia subito un danno effettivo, a seguito dell’assenza sulle Pagine Bianche, e quindi gli riconoscono solo l’indennizzo – pari a 64 euro e 32 centesimi – previsto dalle condizioni generali di contratto. In particolare, in secondo grado viene ritenuta decisiva la circostanza che «l’abbonamento era stato stipulato per la categoria ‘residenziale’ e non per quella ‘affari”, con la mancanza della dicitura avvocato o studio legale affiancata al nominativo dell’utente», e questo dettaglio «ridimensionava l’effetto di pubblicità dell’attività professionale assolto dall’inserimento nell’elenco degli abbonati», ad avviso dei giudici, che poi aggiungono che «tale effetto era vieppiù ridotto considerando che l’utenza telefonica dopo il trasferimento era rimasta immutata con riguardo ai nuovi clienti, le condizioni di inserimento in elenco non avrebbero comunque permesso a chi fosse alla ricerca di un legale di inferire la professione svolta dall’utente il ruolo centrale del telefono cellulare». Allo stesso tempo, dalla Corte d’Appello osservano anche che «non è stata fornita la prova della riconducibilità della lamentata flessione del volume d’affari del professionista all’omesso inserimento della sua utenza nell’elenco abbonati» e annotano che «a tale risultato», ossia la contrazione del volume di affari, avrebbero potuto concorrere «numerose ed eterogenee variabili, quali lo spostamento dello studio o la modifica del Foro di appartenenza, e non ultimo il carattere squisitamente personale della professione forense». Per il legale siciliano l’indennizzo riconosciutogli in appello è un vero e proprio affronto. Ecco spiegato il ricorso in Cassazione, ricorso mirato a dare solidità alla tesi del danno professionale subito a seguito del mancato inserimento della sua utenza telefonica nelle Pagine Bianche. Chiare le contestazioni mosse alla decisione presa dalla Corte d’Appello. In primo luogo, «stante l’inadempienza all’obbligo di indicazione dell’indirizzo di ubicazione dell’utenza, oltre l’indennizzo spetta il risarcimento del danno lamentato in relazione ai nuovi clienti», e, aggiunge il legale, «non si comprende perché la mancata indicazione di ‘avvocato’ avrebbe escluso la possibilità di nuovi contatti professionali», mentre, invece, «tale omissione ha determinato una limitazione della possibilità di nuovi contatti professionali», per l’appunto, e quindi «una perdita di chance». In seconda battuta, poi, il legale precisa che all’epoca «non vi era stata modifica del Foro di appartenenza» e comunque «non è stato specificato come tale modifica avesse potuto contrarre gli affari». Per l’avvocato siciliano è evidente, quindi, il nesso tra l’omessa indicazione della sua utenza telefonica all’interno delle Pagine Bianche e la perdita economica da lui subita. Questa visione viene però respinta dalla Cassazione, che conferma, invece, il giudizio tracciato in Appello, laddove si è «esclusa in partenza l’efficacia eziologica dell’inadempienza lamentata». In sostanza, l’accertata assenza dell’utenza del legale dalle ‘Pagine Bianche’ non ha potuto in concreto provocare la contrazione del volume di affari da lui lamentata. Priva di fondamento, quindi, la pretesa risarcitoria avanzata dall’avvocato nei confronti della Telecom, che dovrà limitarsi a versargli 64 euro e 32 centesimi a titolo di indennizzo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 16 giugno – 31 agosto 2020, numero 18075 Presidente Amendola – Relatore Scoditti Rilevato che Anumero Pi. Br. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Agrigento Telecom Italia s.p.a. chiedendo il risarcimento del danno cagionato dal mancato inserimento dell'utenza a suo nome nell'elenco telefonico Pagine Bianche per l'anno 2011. Il Tribunale adito accolse la domanda, condannando la convenuta al pagamento della somma di Euro 14.000,00, oltre Euro 64,32 a titolo di indennizzo da condizioni generali di contratto. Avverso detta sentenza propose appello Telecom Italia. Con sentenza di data 18 marzo 2019 la Corte d'appello di Palermo accolse l'appello, riducendo l'importo dovuto da Telecom Italia ad Euro 64,32, oltre interessi. Osservò la corte territoriale che la circostanza che l'abbonamento fosse stato stipulato per la categoria residenziale e non per quella affari , con la mancanza della dicitura avvocato o studio legale affiancata al nominativo dell'utente, ridimensionava l'effetto di pubblicità dell'attività professionale assolto dall'inserimento nell'elenco degli abbonati e che tale effetto era vieppiù ridotto considerando che l'utenza telefonica dopo il trasferimento era rimasta immutata con riguardo ai nuovi clienti, le condizioni di inserimento in elenco non avrebbero comunque permesso a chi fosse alla ricerca di un legale di inferire la professione svolta dal Br. il ruolo centrale del telefono cellulare. Aggiunse che non era stata quindi fornita la prova della riconducibilità della lamentata flessione del volume d'affari del professionista all'omesso inserimento dell'utenza di costui nell'elenco abbonati, a tale risultato potendo concorrere numerose ed eterogenee variabili, quali lo spostamento dello studio o la modifica del foro di appartenenza, fra l'anno 2009-10 Agrigento e l'anno 2011 Caltanissetta , e non ultimo il carattere squisitamente personale della professione forense. Ha proposto ricorso per cassazione Anumero Pi. Br. sulla base di due motivi e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un'ipotesi d'inammissibilità del ricorso. Il Presidente ha fissato l'adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito. E' stata presentata memoria. Considerato che con il primo motivo si denuncia violazione degli articolo 1218 e 1223 cod. civ Osserva il ricorrente che, stante l'inadempienza all'obbligo di indicazione dell'indirizzo di ubicazione dell'utenza, oltre l'indennizzo spetta il risarcimento del danno lamentato in relazione ai nuovi clienti e che non si comprende perché la mancata indicazione di avvocato avrebbe escluso la possibilità di nuovi contatti professionali. Aggiunge che tale omissione ha determinato una limitazione della possibilità di nuovi contatti professionali quale perdita di chance, essendo un fatto notorio che l'omissione in discorso determini una maggiore difficoltà. Con il secondo motivo si denuncia violazione degli articolo 1227 e 2697 cod. civ Osserva il ricorrente che non vi era stata modifica del foro di appartenenza e che non era stato specificato come tale modifica avesse potuto contrarre gli affari. Aggiunge che il concorso di cause non esclude il nesso di causalità e che il giudice di merito avrebbe dovuto accertare l'efficienza causale di una delle altre cause indicate. Va premesso che la parte controricorrente ha depositato e notificato ai sensi dell'articolo 372 cod. proc. civ. la procura giustificativa dei poteri del procuratore speciale di Telecom Italia s.p.a. I motivi, da valutare unitariamente in quanto connessi, sono inammissibili. Le censure attingono il giudizio di fatto, profilo che in quanto tale non è sindacabile nella presente sede di legittimità. L'accertamento dell'esistenza del nesso eziologico spetta al giudice di merito Cass. numero 14358 del 2018 , mentre compete a questa Corte, salvo il sindacato in ordine alla denuncia di vizio motivazionale, il controllo se nello svolgimento del giudizio di fatto il giudice di merito abbia rispettato le connotazioni normative del rapporto causale fra condotta e danno. Il ricorrente non si duole del mancato rispetto delle coordinate normative del nesso eziologico ma del mancato riconoscimento dell'esistenza di tale nesso. In tali limiti la censura corrisponde ad un'istanza di rivalutazione del giudizio di merito, inammissibile nella presente sede di legittimità. Anche allorquando il ricorrente denuncia l'erroneo disconoscimento del nesso eziologico, che non sarebbe escluso dal concorso di cause, ciò che egli censura è il giudizio di fatto. Il giudice di appello non ha infatti valutato il concorso di cause, ha più precisamente escluso in partenza, con valutazione di merito qui non sindacabile, l'efficacia eziologica dell'inadempienza lamentata. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228, che ha aggiunto il comma 1 - quater all'articolo 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall'articolo 1, comma 17 della L. numero 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.