Ubriaco a passeggio sulla strada statale: niente risarcimento ai familiari per l’investimento mortale

Confermato in Cassazione il no alla richiesta avanzata dai familiari dell’uomo morto dopo essere stato colpito da diverse macchine su una strada statale dove stava transitando a piedi e di sera. Decisiva la constatazione che egli era evidentemente ubriaco circa un’ora prima dell’incidente mortale.

Uomo a passeggio, di sera, su una strada statale viene investito da alcune auto e muore a seguito delle lesioni riportate. A causare il drammatico evento è stata però, secondo i Giudici, la scarsa lucidità della vittima, ubriaco un’ora prima dell’incidente. E questo dettaglio è sufficiente per respingere la richiesta risarcitoria avanzata dai familiari dell’uomo Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza n. 17985, depositata oggi . La tragedia risale a dieci anni fa, quando un uomo, a passeggio su una strada statale, viene colpito da un’automobile e successivamente investito anche da altre vetture. Inevitabile l’ epilogo mortale . I suoi familiari decidono di adire le vie legali, ovviamente, per ottenere un adeguato risarcimento dagli automobilisti e dalle rispettive compagnie di assicurazione . Però, a sorpresa, la richiesta viene respinta prima in Tribunale e poi in Corte d’appello per i Giudici è decisivo il dato rappresentato dall’acclarato stato di ubriachezza della vittima, all’epoca dell’incidente. Ad esaminare il caso è ora la Cassazione. I familiari dell’uomo pongono in evidenza quello che, a loro parere, è l’evidente nesso causale in relazione alla condotta del primo investitore, disinteressatosi di avvertire o segnalare agli altri automobilisti la presenza della persona investita sulla carreggiata . Secondo i congiunti dell’uomo, la mancata segnalazione della presenza sulla strada del corpo del loro familiare, ancora in vita, ha causato i successivi investimenti che ne hanno provocato la morte . Dalla Cassazione, però, ribattono che non vi sono i presupposti per ipotizzare la prevedibilità della presenza del pedone sulla carreggiata e per dedurre, quindi, l’ evitabilità dell’investimento . A questo proposito, anzi, è ritenuta evidente l’ imprudenza compiuta dalla persona investita, che, peraltro, si trovava in evidente stato di ubriachezza un’ora prima dell’incidente. Corretto, quindi, il ragionamento seguito dai giudici di merito, ragionamento centrato sulla evidente imprevedibilità della condotta del pedone come causa principale dell’investimento, con conseguente esclusione di altre diverse cause dell’esito mortale dell’incidente .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 2 luglio – 28 agosto 2020, n. 17985 Presidente Amendola – Relatore Valle Fatti di causa Tr. Kr. fu investito la sera del 16 febbraio 2010, intorno alle ore 20, mentre percorreva a piedi la strada statale Radd. C. nel Comune di Corigliano Calabro. Il Tribunale Roma, adito dai congiunti del Tr., Ma. e Ag. Ag. nonché da St. Tr., quale cessionario parziale del creditor risarcitorio, esperita consulenza tecnica di ufficio sui luoghi del sinistro, rigettò la domanda. La Corte di Appello Roma ha confermato la decisione di primo grado. Avverso la sentenza d'appello ricorrono con atto affidato ad unico motivo Ma. Tr., in proprio e nella qualità di erede madre di Tr. Kr., Ag. Ag. Tr., in proprio e nella qualità di erede sorella di Tr. Kr., e St. Tr., quale cessionario parziale del credito risarcitorio Resistono, con separati controricorsi, la Generali Assicurazioni S.p.a., la Leasys S.p.a. e la SARA Assicurazioni S.p.a. Ca. Lo. e Mi. An. Bo. sono rimasti intimati. A seguito della rituale comunicazione della proposta di definizione, formulata dal consigliere relatore, non sono state depositate memorie. Ragioni della decisione L'unico motivo di ricorso censura la sentenza della Corte di Appello di Roma ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 in relazione all'art. 2054 cod. civ. ed agli artt. 40 e 41 cod. pen. sul mancato accertamento del nesso causale in relazione alla condotta del primo investitore che si sarebbe disinteressato di avvertire o segnalare agli altri automobilisti la presenza dell'investito Kr. Tr. sulla carreggiata. Il motivo è complessivamente privo di adeguata specificità, limitandosi a riportare ampi brani delle sentenze di merito ma senza indicare adeguatamente il punto saliente della sentenza di appello in cui sarebbe ravvisabile la erronea applicazione o interpretazione di norma di diritto. La censura, più opportunamente, avrebbe dovuto essere formulata ai sensi del n. 4 dell'art. 360, comma 1, cod. proc. civ., oppure, pur nel ristretto limite segnato dalla modifica del n. 5 dell'art. 360, comma 1, cod. proc. civ., quale omesso esame di fatto decisivo. In ogni caso, pur potendo il giudice di legittimità procedere ad una riqualificazione del vizio Cass. n. 04036 del 20/02/2014 Rv. 630239 01 L'erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all'art. 360, primo comma, cod. proc. civ., né determina l'inammissibilità del ricorso, se dall'articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato. , nella specie il mezzo si limita a prospettare una diversa ricostruzione dei fatti, operata dalla Corte d'Appello di Roma, senza adeguatamente denunciare i vizi di violazione e o falsa applicazione delle norme di diritto invocate, né riesce ad evidenziare l'omesso esame di fatto decisivo e tantomeno la nullità della sentenza e oppure del procedimento. In particolare, non risulta adeguatamente censurato il seguente passaggio motivazionale del giudice d'appello le censure sollevate non hanno saputo far emergere l'errore del primo giudice su un aspetto saliente della controversia, in relazione, in particolare, al primo urto tra il corpo del pedone e l'autovettura condotta dal sig. La. e cioè sulla prevedibilità della presenza del pedone sulla carreggiata e sull'evitabilità dell'investimento . La giurisprudenza di questa Corte afferma Cass, n. 00842 del 17/01/2020 Rv. 656632 01 , che La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore, prevista dall'art. 2054, comma 1, c.c., non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana, e, dunque, non preclude, anche nel caso in cui il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presuntone, l'indagine sull'imprudenza e pericolosità della condotta del pedone investito, che va apprezzata ai fini del concorso di colpa, ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., ed integra un giudizio di fatto che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità se sorretto da adeguata motivazione. In applicazione di questo principio, la S.C. ha ritenuto esente da censura la decisione di merito che aveva escluso ogni responsabilità del conducente del veicolo per l'investimento di una persona seduta in piena notte nel mezzo di una carreggiata su strada non illuminata . Il motivo di ricorso omette, inoltre, di considerare il passaggio motivazionale della sentenza d'appello, che aderisce sul punto a quella del tribunale, circa lo stato di evidente ebrezza in cui si trovava il Kr. Tr. circa un'ora prima di essere investito, con la conseguenza che il ragionamento del giudice dell'impugnazione di merito, circa l'evidente imprevedibilità della condotta dello stesso investito in guisa tale da escludere la concomitanza di altre e diverse cause dell'esito mortale dell'incidente, non risulta in alcun modo incrinato dall'unico motivo all'esame. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. Le spese di lite seguono la soccombenza di parte ricorrente e sono liquidate, come da dispositivo, per ognuna delle parti controricorrenti. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano per ciascuna delle controparti in Euro 2.300,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA ed IVA per legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.