Incidente per la pattuglia, il mancato utilizzo della cintura di sicurezza riduce il risarcimento

Disavventura per una vettura del Ministero della Difesa. A subire le conseguenze peggiori è il carabiniere terzo trasportato. Quest’ultimo, però, vede ridotto il risarcimento, poiché i Giudici hanno dedotto che egli non aveva utilizzato la cintura di sicurezza.

Disavventura per una pattuglia dell’Arma ostacolo improvviso – un bovino – sulla strada, la vettura sbanda e finisce contro il muro laterale sul lato destro della carreggiata. A subire le conseguenze peggiori è il carabiniere che, in qualità di terzo trasportato , riporta la rottura della clavicola sinistra e un trauma facciale, e che, soprattutto, si ritrova con una invalidità permanente che gli costa la perdita dell’incarico svolto nell’Arma. Per lui scatta il risarcimento. Solo parziale, però, poiché, la dinamica dell’incidente permette di presumere il concorso di colpa del militare che non indossava la cintura di sicurezza . Irrilevante il fatto che fosse in pattugliamento coi commilitoni Cassazione, sentenza n. 12109/20, sez. III Civile, depositata il 22 giugno . La vicenda ha origine all’inizio degli anni ’90, quando una vettura del Ministero della Difesa è vittima di un brutto – e assai singolare – incidente un bovino attraversa la strada all’improvviso, il veicolo prova ad evitare l’ostacolo ma ciò comporta uno sbandamento non gestibile e il successivo impatto contro il muro laterale sul lato destro della carreggiata. Ripercussioni fisiche, ovviamente, per i carabinieri presenti sull’automobile, ma è soprattutto il militare che risulta come terzo trasportato ad avere la peggio, riportando la rottura della clavicola sinistra e un trauma facciale. Per lui c’è poi il riconoscimento dell ’invalidità permanente e la beffa più atroce la mancata conferma nell’incarico svolto nell’Arma. Logica la richiesta di risarcimento nei confronti del Ministero della Difesa affiancato dalla compagnia assicuratrice . Su questo fronte i giudici di primo grado accolgono la domanda. In secondo grado, però, il risarcimento viene ridotto , poiché per i Giudici è evidente il concorso di colpa – quantificato nel 40 per cento – del militare. Ciò alla luce di una semplice constatazione dalle lesioni subite dall’uomo, unitamente alla ricostruzione del sinistro , è desumibile che la persona trasportata non indossasse la cintura di sicurezza . E, viene aggiunto, non vi è prova che il carabiniere si trovasse ad operare in una situazione di emergenza che lo esonerava dall’obbligo di indossare la cintura di sicurezza . Inutile il ricorso proposto in Cassazione dai legali del militare. Confermata, difatti, la valutazione compiuta in Appello. Nessun dubbio, in sostanza, sul concorso di colpa del carabiniere per non avere indossato la cintura di sicurezza in una situazione in cui non era esentato da questo obbligo , anche se, riconoscono i giudici, prestava servizio di pattugliamento . Corretto il ragionamento presuntivo compiuto in secondo grado, laddove sono state valorizzate precipuamente le caratteristiche delle fratture subite dalla persona danneggiata in relazione all’impatto del veicolo contro un muro, impatto avvenuto dopo una repentina manovra di emergenza per superare un ostacolo sulla carreggiata .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 2 dicembre 2019 – 22 giugno 2020, n. 12109 Presidente Cigna – Relatore Fiecconi Svolgimento in fatto 1. Con ricorso notificato 19 giugno 2018 An. Di Lo. ricorre avverso la sentenza della Corte d'appello di Reggio Calabria pubblicata il 18 aprile 2018, e notificata a mezzo PEC il 4 maggio 2018, resa nel processo di appello promosso da Assitalia Assicurazioni d'Italia S.p.A. nei confronti di An. Di Lo. e del Ministero della Difesa. Il ricorso è affidato a 5 motivi cui ha resistito la società di assicurazioni convenuta dal ricorrente in giudizio. 2. La vicenda riguarda una richiesta di risarcimento di danni da sinistro stradale, avvenuto il 29 novembre 1992, avanzata da An. Di Lo. in qualità di terzo trasportato su una vettura del Ministero della Difesa presso cui, nel 1992, prestava servizio quale carabiniere, e in conseguenza del quale, a causa dell'invalidità permanente ricevuta, non veniva confermato nell'incarico svolto nell'arma dei carabinieri. Innanzi al Tribunale di Reggio Calabria la compagnia assicuratrice, unitamente al Ministero della Difesa, chiamato quale responsabile civile, venivano condannati al risarcimento del danno a favore dell'attore terzo trasportato. In sede di appello, promosso il 4.11.2004 dalla compagnia assicuratrice del Ministero, la Corte d'appello riformava la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Reggio Calabria e, accogliendo in parte l'appello, riconosceva il concorso di responsabilità del terzo trasportato rimasto vittima, ex articolo 1227 cod.civ., nella misura del 40%, sull'assunto che dalle lesioni subite rottura della clavicola sinistra e trauma facciale destro , unitamente alla ricostruzione della dinamica del sinistro sbandamento per repentino attraversamento di un bovino e impatto finale del veicolo contro un muro laterale del lato destro della carreggiata , fosse desumibile che il trasportato non indossasse la cintura di sicurezza, rilevando altresì che non era stato allegato che il carabiniere si trovasse a operare in una situazione di emergenza che lo esonerava dall'obbligo di indossarla. Le parti producevano memorie e il Pubblico Ministero concludeva come in atti. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo, ex articolo 360 1 comma , n. 3 cod. proc. civ. si denuncia violazione di articoli 1227, 2056, 2054, 2697 cod.civ., in quanto il concorso del danneggiato è stato desunto da un principio di comune esperienza, considerando la cinematica dell'incidente e il referto ospedaliero, in tal caso non potendo tali accertamenti costituire prova o presunzione significativa del mancato uso delle cinture di sicurezza. Con il secondo motivo si denuncia ex articolo 360 numero 4 cod. proc.civ. in relazione all'art. 132, n. 4 cod. proc. civ. per omessa o apparente motivazione. Con il terzo motivo si denuncia ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. violazione degli artt. 2727, 2729, 2697 cod.civ. perché mancherebbero indizi gravi precisi e concordanti per affermare il concorso di colpa del danneggiato, e si denuncia che la valutazione del concorso ex art. 1227 cod.civ. sarebbe frutto di mera ipotesi o personalissimo intuito del giudicante . Ex art 360 n. 3 cod.proc.civ. si denuncia la violazione dell' art. 91 cod.proc.civ. e art. 24 L. 794/1942 e dei D.M. 2004 n. 127 e 585 a fronte di dettagliata nota spese, il giudice avrebbe provveduto a una quantificazione complessiva delle spese di lite senza specificare le voci ritenute non dovute. 2. I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto per lo più affetti dal medesimo vizio di inammissibilità qui di seguito indicato. 3. Le valutazioni circa la dinamica dell'occorso, che hanno condotto la Corte a ritenere la sussistenza di un concorso colposo in capo al carabiniere trasportato, ex art. 1227 cod. civ., per non avere egli indossato la cintura di sicurezza in una situazione in cui non era da questo obbligo esentato, anche se prestava servizio di pattugliamento, attengono all'attività del giudice di merito di libera valutazione delle prove. In particolare, il ragionamento presuntivo che ha condotto la Corte nel ritenere provato il concorso della vittima nella causazione del sinistro risulta espresso in motivazione con dovizia di particolari, posto che sono state valorizzate precipuamente le caratteristiche delle fratture subite dal danneggiato in relazione all'impatto del veicolo contro un muro, avvenuto dopo una repentina manovra di emergenza per superare un ostacolo sulla carreggiata. 4. Oltretutto, nella prova per presunzioni non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità, ovvero che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza. Il giudice che ricorra alle presunzioni, nel risalire dal fatto noto a quello ignoto, deve rendere apprezzabili i passaggi logici posti a base del proprio convincimento cfr. da ultimo, Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 14762 del 30/05/2019 , dopodiché il giudizio diviene insindacabile in sede di giudizio di legittimità, in quanto espressione di un corretto esercizio del potere di libera valutazione della prova. 5. Si tratta, pertanto, di contestazioni circa il ragionamento argomentativo del Giudice del merito nel ricostruire la dinamica del sinistro, prendendo spunti dai dati obiettivamente rilevati, che si risolve in una richiesta di inammissibile riesame del fatto, che in tal caso è stato valutato con ragionamento presuntivo e secondo criteri logico-temporali del tutto attinenti alle circostanze del caso, non contrastate da altri e opposti elementi probatori, né risultati lacunosi nella loro consequenzialità. In tale contesto, quindi, non si riscontrano né i vizi di violazione di legge denunciati, nel valutare il concorso causale del comportamento del danneggiato ex art. 1227 cod.civ., né omissioni motivazionali in punto di concorso di colpa del danneggiato, ma solo inammissibili censure attinenti al merito delle valutazioni svolte dal giudice nel valutare il materiale probatorio e il nesso di causalità tra le lesioni e l'incidente occorso. 6. Quanto alla liquidazione delle spese di lite, la censura è inammissibile per come formulata, in quanto il ricorrente avrebbe dovuto indicare quali voci della nota spese non sono state considerate, e non limitarsi a dedurre che il giudice non ha dimostrato di averle compiutamente analizzate. In sede di ricorso per cassazione, la determinazione del giudice di merito, relativa alla liquidazione delle spese processuali, può essere censurata solo attraverso la specificazione delle voci in ordine alle quali lo stesso giudice sarebbe incorso in errore, sicché è generico il mero riferimento a prestazioni che sarebbero state riconosciute in violazione della tariffa massima, senza la puntuale esposizione delle voci in concreto liquidate dal giudice, con derivante inammissibilità dell'inerente motivo cfr.Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10409 del 20/05/2016 , Pertanto, anche l'argomento in ordine all'omessa motivazione in punto di liquidazione delle voci di spesa, per non avere il giudice tenuto conto della nota spese, sollevato ex art. 360 n. 4 cod.proc.civ. in relazione all' art. 132 cod.proc.civ., rimane assorbito dalla considerazione di irrilevanza e inammissibilità di una deduzione effettuata nei suddetti termini. 7. Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 a favore della parte resistente. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2.600,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.