La sentenza penale di patteggiamento vale come mero indizio nel procedimento civile

La sentenza penale di patteggiamento nel giudizio civile di risarcimento e restituzione non ha efficacia di vincolo, non ha efficacia di giudicato e non inverte l’onere della prova, ma costituisce un mero indizio.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7014/20, depositata l’11 marzo. Il caso. La Corte d’Appello di Perugia, in relazione ad un procedimento avviato a seguito di sinistro stradale, aveva riformato la pronuncia di prime cure. Il Tribunale aveva infatti ritenuto vincolante la sentenza penale di patteggiamento con cui era stata dichiarata la responsabilità dell’imputato, mentre in secondo grado era stata riconosciuta la responsabilità concorrente dei soggetti coinvolti ex art. 2054 c.c La pronuncia è stata impugnata con ricorso per cassazione. Patteggiamento. Sul tema della portata della sentenza penale di patteggiamento nel procedimento civile per i danni subiti a causa della condotta, la giurisprudenza ha affermato che, posto che tale sentenza è solo equiparata ad una condanna, l’art. 445, comma 1- bis , c.p. esclude un’efficacia della stessa in sede civile o amministrativa. Le risultanze del procedimento penale non sono quindi vincolanti ma possono essere liberamente apprezzate dal giudice civile. Nello specifico è stato precisato che la sentenza di patteggiamento, nel giudizio civile di risarcimento e restituzione, costituisce un indizio utilizzabile solo insieme ad altri indizi. In conclusione, condividendo tale interpretazione, la Corte ribadisce il principio per cui la sentenza penale di patteggiamento nel giudizio civile di risarcimento e restituzione non ha efficacia di vincolo, non ha efficacia di giudicato e non inverte l’onere della prova. La sentenza penale di patteggiamento per il giudice civile non è un atto, ma un fatto e come qualsiasi altro fatto del mondo reale può costituire un indizio, utilizzabile solo insieme ad altri indizi e se ricorrono i tre requisiti di cui all’art. 2729 c.c. . Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 21 novembre 2019 – 11 marzo 2020, n. 7014 Presidente Amendola – Relatore Di Florio Ritenuto che 1. El. Pr., Fr. e Fl. Ot. Fl. ricorrono, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d'Appello di Perugia che riformando la pronuncia del Tribunale di Spoleto - che aveva ritenuto vincolante la sentenza di patteggiamento, pronunciata per lo stesso fatto in sede penale, dichiarando l'esclusiva responsabilità dell'imputato anche in sede civile - aveva riconosciuto, in relazione al sinistro stradale a causa del quale era deceduto il congiunto Da. Fl., la responsabilità solo concorrente, ex art. 2054 c.c., del responsabile La. Fr. Degli Es., disponendo in ragione di ciò che la somma pagata dalla Groupama Spa, in esecuzione della sentenza di primo grado, eccedente quanto dovuto fosse da loro restituita. 2. Ha resistito la compagnia di assicurazione con controricorso e memoria. 3. Il PG ha depositato conclusioni scritte. Considerato che 1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento agli artt. 444 cpp, 2967 e 2054 c.comma e 116 c.p.comma 1.1. Richiama il principio affermato da Cass. SUU 17289/2006 secondo il quale la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 cod. procomma pen. costituisce un importante elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l'imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione. Pertanto la sentenza di applicazione di pena patteggiata, pur non potendosi configurare come sentenza di condanna, presupponendo pur sempre una ammissione di colpevolezza, esonera la controparte dall'onere della prova ed assume che la Corte territoriale lo aveva erroneamente contraddetto visto che non aveva ritenuto sufficiente la sentenza di patteggiamento pronunciata a carico del responsabile civile ed aveva fondato il proprio giudizio su altri elementi di prova raccolti che aveva considerato prevalenti ed idonei a superare la statuizione pronunciata in sede penale. 1.2. Il motivo è infondato. La pronuncia richiamata nella censura proposta, invero risalente, risulta infatti superata da successivi arresti che ne hanno attenuato la portata, non disconoscendo la rilevanza dell'ammissione di responsabilità dell'imputato insita nelle ipotesi di condanna per patteggiamento , ma valorizzando il potere - dovere del giudice civile di considerarlo come un elemento indiziario che consente, comunque, di giungere a diverse conclusioni in presenza di altre emergenze processuali che devono essere oggetto di adeguata valutazione. 1.3. E' stato, infatti, ritenuto che la sentenza di patteggiamento non inverta affatto l'onere della prova, ma costituisca un semplice elemento di convincimento , apprezzabile dal giudice unitamente ad altri elementi di prova. 1.3.1 In particolare, questa Corte ha chiarito che poiché la sentenza penale di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 cod. procomma pen. è solo equiparata ad una pronuncia di condanna e, a norma dell'art. 445, comma I-bis, cod. procomma pen., non ha efficacia in sede civile o amministrativa, le risultanze del procedimento penale non sono vincolanti, ma possono essere liberamente apprezzate dal giudice civile ai fini degli accertamenti di sua competenza cfr Cass. 26250/2011 preceduta, nello stesso senso, da Cass. 10847/2007 Cass. 3626/2004 Cass. 6863/2003 . 1.3.2 Va tuttavia precisato che, in seno a tale orientamento, si rinvengono decisioni che, pur qualificando formalmente la sentenza di patteggiamento un mero indizio , lo ritengono poi così rilevante da giungere ad affermare che il giudice non può disattenderlo senza motivare cfr. Cass. 26263/2011 Cass. 23906/2007 . 1.4. Un ulteriore canale interpretativo, infine, ritiene che la lettera dell'art. 444 e 445 co 1 c.p.p. sia chiara e non consenta nessuna interpretazione manipolatrice tale orientamento pertanto esclude, sulla base dell'interpretazione letterale, che la sentenza penale di patteggiamento costituisca una ammissione di responsabilità, e nega che possa avere qualsiasi efficacia vincolante o probatoria nel processo civile. cfr. ex multis Cass. 8421/2011 Cass. 27835/2017 . 1.5. E' stato, infine, affermato in termini di equilibrata e condivisibile evoluzione interpretativa che la sentenza penale di patteggiamento, nel giudizio civile di risarcimento e restituzione, non ha efficacia di vincolo né di giudicato e neppure inverte l'onere della prova, costituendo, invece, un indizio utilizzabile solo insieme ad altri indizi se ricorrono i tre requisiti previsti dall'art. 2729 c.c., atteso che una sentenza penale può avere effetti preclusivi o vincolanti in sede civile solo se tali effetti siano previsti dalla legge, mentre nel caso della sentenza penale di patteggiamento esiste, al contrario, una norma espressa che ne proclama l'inefficacia agli effetti civili art. 444 c.p.p. cfr. Cass. 20170/2018 . 2. Il Collegio condivide tale ultimo orientamento con il quale, oltretutto, la ripartizione degli oneri probatori risulta declinata in linea con i più recenti arresti pronunciati in ordine al rapporto fra giudizio penale e giudizio civile nella materia risarcitoria cfr. Cass. 25918/2019 Cass. 30311/2019 . 2.1. Il giudice d'appello ha fatto corretta applicazione di tali principi in quanto evidenziando che il termine tamponamento , utilizzato nel verbale di accertamento dei Carabinieri intervenuti sul luogo dei fatti, non corrispondeva alla descrizione del sinistro, contrastando con le parti danneggiate dei mezzi in esso coinvolti, hanno ritenuto legittimamente di espletare una consulenza tecnica d'ufficio diretta a ricostruire, sulla base delle evidenze processuali, l'esatta dinamica dell'incidente ed un accertamento delle responsabilità aderente alla più attendibile ricostruzione di quanto accaduto ed ha motivato esaustivamente in relazione agli esiti di essa che consentivano di superare un'attribuzione di totale responsabilità come conseguenza automatica del patteggiamento, non consentita, per ciò che è stato sinora affermato, da una valutazione complessiva delle risultanze istruttorie. 2.2. In tal modo la Corte territoriale, applicando l'art. 2054 co 2 c.comma ed il conseguente principio di concorsualità di entrambi i veicoli coinvolti nel sinistro, si è pienamente attenuta alle indicazioni provenienti dagli arresti sopra richiamati, attraverso una motivazione congrua e logica. 2.3. Il primo motivo di ricorso deve dunque essere rigettato e devono ribadirsi i seguente principi di diritto a la sentenza penale di patteggiamento nel giudizio civile di risarcimento e restituzione non ha efficacia di vincolo, non ha efficacia di giudicato, e non inverte l'onere della prova b la sentenza penale di patteggiamento per il giudice civile non è un atto, ma un fatto e come qualsiasi altro fatto del mondo reale può costituire un indizio, utilizzabile solo insieme ad altri indizi e se ricorrono i tre requisiti di cui all'art. 2729 c.c,. 3. Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., 116, 141, 142, 143 e 145 del codice della strada. 3.1. Contestano la valutazione delle prove in relazione alle norme dedotte assumendo che la motivazione era illogica rispetto alla dinamica dei fatti accertata proprio in riferimento ad una ripartizione concorrente di responsabilità. 3.2. Il motivo è inammissibile. 3.3. La censura, infatti, postula una rivalutazione di merito delle emergenze processuali esaustivamente esaminate dalla Corte territoriale con un percorso argomentativo immune da possibili rilievi cfr. pag. 5,6,7,8 al riguardo si richiamano le argomentazioni sviluppate sul precedente motivo, specificando che la doglianza maschera la richiesta di un non consentito terzo grado di merito cfr. Cass. 8758/2017 Cass. 13721/2018 . 4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. 5. L'esito oscillante dei gradi di merito, rendono opportuna la compensazione delle spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell'art. 13 co. 1 quater D.P.R. 115/2002 da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto , a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell'art. 13 co. 1 quater D.P.R. 115/2002 da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto , a norma del comma Ibis dello stesso art. 13, se dovuto.