Lastra di ghiaccio sul marciapiede: nessuna colpa del Comune per il capitombolo dell’anziana signora

Ricostruito nei dettagli l’episodio, si è appurato che la caduta è stata provocata dal ghiaccio. Tuttavia, le note condizioni climatiche, l’età avanzata e le difficoltà di deambulazione avrebbero dovuto spingere la donna a una maggiore prudenza.

Nessuna responsabilità del Comune per la caduta subita durante una passeggiata da una cittadina – di oltre 70 anni di età – a causa di una lastra di ghiaccio presente sul marciapiede. Respinta, quindi, la richiesta di risarcimento presentata dalla signora, che per i giudici è stata causa del male subito. Ciò perché l’insidia rappresentata dal ghiaccio era ben visibile e avrebbe dovuto spingere la donna a una maggiore attenzione, anche tenendo presenti la sua età avanzata e la sua difficoltà nella deambulazione Cassazione, ordinanza n. 2872/20, sez. III Civile, depositata oggi . Lastra. Scenario dell’episodio è una fredda giornata invernale in quel di Milano. Protagonista del brutto capitombolo una signora di ben 72 anni, che mentre cammina sul marciapiede scivola su una lastra di ghiaccio e cade rovinosamente a terra. Una volta ripresasi fisicamente e moralmente, l’anziana donna decide di citare in giudizio il Comune di Milano, ritenendolo responsabile per la brutta avventura da lei vissuta. Consequenziale, ovviamente, la richiesta di risarcimento dei danni subiti. Per i giudici di merito, però, nessuna colpa è addebitabile al Comune meneghino, mentre è ritenute evidente l’imprudenza compiuta dalla donna. Cautela. A chiudere il contenzioso provvede ora la Cassazione, respingendo definitivamente le obiezioni mosse dall’avvocato della signora. Per il legale è illogico parlare di incidente dovuto a un mero caso fortuito”, soprattutto tenendo presenti le normali e prevedibili condizioni climatiche e meteorologiche” all’epoca dell’incidente e la mancanza di sistemi di sicurezza” per segnalare il pericolo costituito dalla lastra di ghiaccio. Questa prospettiva non convince però i Giudici di legittimità, che mostrano invece di condividere il ragionamento tracciato in Appello, laddove si è osservato che la stagione invernale avrebbe reso prevedibile la lastra di ghiaccio sul marciapiede”, si sono poste in luce la presenza di luce diurna” a testimonianza di una adeguata visibilità” e la distanza – 200 metri – del luogo dell’incidente dalla residenza della donna”, e infine si è rilevato che la sua età – 72 anni – ha reso incerta la sua deambulazione ed avrebbe pertanto dovuto imporre una particolare cautela” nella camminata. In sostanza, accertato che il ghiaccio presente in loco era stato la causa della caduta”, è decisiva la constatazione che la percepibilità, da parte della anziana donna, delle condizioni della strada e la piena visibilità del luogo dovevano indurla ad un particolare prudenza, anche in considerazione dell’età e della conoscenza dello stato dei luoghi”. Peraltro, pur essendo configurabile un obbligo di custodia del Comune”, non può ritenersi esigibile una condotta volta a fronteggiare nell’intero territorio di competenza le conseguenze di condizioni climatiche conosciute a tutta la popolazione”, concludono i magistrati. Logico, quindi, parlare di caso fortuito”, escludendo, checché ne dica la signora, ogni responsabilità del Comune” milanese.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 10 ottobre 2019 – 6 febbraio 2020, n. 2872 Presidente Amendola – Relatore Di Florio Ritenuto che 1. Sa. Ta. ricorre, affidandosi a sei motivi illustrati anche da memoria , per la cassazione della sentenza della Corte d'Appello di Milano che aveva respinto l’ impugnazione proposta avverso la pronuncia del Tribunale con la quale era stata rigettata la sua domanda di risarcimento danni per le lesioni subite a seguito di una caduta occorsa su una strada, in presenza di una lastra di ghiaccio di notevoli dimensioni, priva di ogni sistema di sicurezza. 2. Ha resistito soltanto la parte intimata AMSA. Considerato che 1. La ricorrente deduce, ex articolo 360 co. 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2051 c.c. per error in iudicando con riferimento a. ai requisiti del caso fortuito accidentale primo motivo b. alla ritenuta natura di caso fortuito rispetto alle normali e prevedibili condizioni climatiche e metereologiche secondo motivo c. alla ritenuta esigibilità della condotta del custode ai fini del caso fortuito terzo motivo d. alla ripartizione dell'onere probatorio tra danneggiato e custode quarto motivo 1.1. Con il quinto motivo, deduce inoltre l’ error in iudicando per violazione e falsa applicazione dell'articolo 2729 co 1 c.c. e dell'articolo 2727 c.c. in relazione all'articolo 2051 c.c. 1.2. Con il sesto motivo, infine, lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 91 c.p.c. Censura, al riguardo, la condanna alle spese processuali in favore dall'AMSA che era stata chiamata in causa dal Comune in via subordinata ma non era stata da lei evocata in giudizio. 2. I primi cinque motivi devono essere esaminati congiuntamente per l'intrinseca connessione, in quanto contengono plurime censure su vari aspetti applicativi ed interpretativi dell'articolo 2051 c.c. la quinta censura, in particolare, deve essere esaminata in via preliminare, in quanto costituisce l'antecedente logico delle altre. 2.1. Il ricorrente lamenta che la Corte aveva articolato un ragionamento presuntivo errato, neppure espressamente esplicitato, in base al quale aveva ritenuto provata la ricorrenza del caso fortuito incidentale ex articolo 2051 c.c. sulla base di fatti, unitariamente valutati quali la stagione invernale che avrebbe reso prevedibile la lastra di ghiaccio sul marciapiede , la luce diurna posta a fondamento della visibilità , la distanza del luogo del sinistro dalla residenza 200 mt e l'età della danneggiata 72 aa che avrebbe reso incerta la sua deambulazione ed avrebbe pertanto dovuto imporre una particolare cautela. 2.2. Al riguardo, deve premettersi che il Collegio condivide pienamente il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il criterio di imputazione della responsabilità di cui all'articolo 2051 c.c. ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell'articolo 1227, comma 1, c.c., e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull'evento dannoso, che può anche essere esclusiva. cfr. Cass. 27724/2018 . 2.3. Tale principio è stato recentemente ribadito, con alcune precisazioni è stato, infatti, chiarito che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con il bene, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell'articolo 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'articolo 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro cfr. Cass. 9315/2019 Cass.2480/2018 . 2.4. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi, in quanto riferendosi alla ricostruzione presuntiva del fatto, dopo aver ritenuto -contrariamente a quanto statuito dal primo giudice, che il ghiaccio presente in loco era stato la causa della caduta della danneggiata - ha affermato che, da una parte, la percepibilità da parte del pedone delle condizioni della strada e la piena visibilità del luogo dovevano indurla ad un particolare prudenza, anche in considerazione dell'età anziana, e della conoscenza dello stato dei luoghi e dall'altra che, pur configurabile un obbligo di custodia del Comune, non poteva ritenersi esigibile una condotta volta a fronteggiare nell'intero territorio di competenza le conseguenze di condizioni climatiche conosciute a tutta la popolazione. 2.5. La censura, così come quelle che la precedono nei motivi da 1 a 4 ricondotte tutte all'interpretazione dell'articolo 2051 c.c., non coglie la ratio deciderteli della sentenza che nel ritenere insussistente la responsabilità del Comune sia in relazione all'articolo 2051 c.c. sia in relazione all'articolo 2043 c.c., ha affermato che cfr. pag. 10 u. cpv e pag. 11 della sentenza - pur presumibile ciò che il primo giudice aveva escluso e cioè che la caduta fosse avvenuta dove la ricorrente era stata rinvenuta ed era dunque scivolata - la visibilità del luogo, desumibile anche dalle vaste dimensioni della lastra di ghiaccio, e la prevedibilità delle conseguenze della deambulazione su di essa erano idonee a recidere del tutto il nesso causale fra evento e responsabilità del custode, ed erano idonee a configurare il caso fortuito che consentiva di escludere del tutto la responsabilità del Comune. 2.6. Tanto premesso, i primi quattro motivi sono inammissibili, in quanto chiedono palesemente una rivalutazione di merito dei fatti che hanno caratterizzato la vicenda, già compiutamente esaminati dai giudici d'appello che hanno reso una motivazione al di sopra della sufficienza costituzionale. La censura pertanto maschera la richiesta di un non consentito terzo grado di merito cfr. Cass. 8758/2017 Cass. 13721/2018 ed in termini Cass. SU 7931/2013 . 3. Il sesto motivo è infondato. Infatti, il terzo chiamato diviene a tutti gli effetti parte processuale della controversia, ragione per cui il soccombente, anche se non lo ha evocato in giudizio direttamente, è tenuto a pagare le spese anche nei suoi confronti cfr. ex multis Cass. 7674/2008 Cass. 2492/2016 , a nulla rilevando che le conclusioni fossero state formulate soltanto in via subordinata . In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. La natura della controversia, avuto riguardo alla giurisprudenza di legittimità da poco stabilizzata, rende opportuna la compensazione delle spese del presente giudizio. Ai sensi dell'articolo 13 co. 1 quater D.P.R. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto , a norma del comma Ibis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell'articolo 13 co. 1 quater D.P.R. 115/2002 da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto , a norma del comma Ibis dello stesso articolo 13, se dovuto.