Dissuasore di parcheggio nel cortile, condomina finisce a terra: niente risarcimento

Nessun ristoro economico, contrariamente a quanto deciso in Tribunale. Per i Giudici sono evidenti le colpe della donna, poiché il dissuasore era ben visibile e lei, risiedendo da anni nello stabile, conosceva bene il cortile.

Niente risarcimento per la condomina che cade a causa del dissuasore di parcheggio presente nel cortile dello stabile. Evidente per i Giudici la colpa della donna, che conosceva bene quei luoghi, senza dimenticare, poi, che il dissuasore era ben visibile, anche perché il capitombolo si è verificato nel tardo pomeriggio – attorno alle ore 19 – di una giornata di agosto Cassazione, ordinanza n. 347/20, sez. VI Civile, depositata oggi . Caduta. Scenario della vicenda è la provincia di Sassari, meglio il cortile condominiale di uno stabile. Lì una donna, che vive da anni in quel palazzo, inciampa, nel tardo pomeriggio di una giornata di agosto, in un dissuasore di parcheggio e finisce rovinosamente a terra. Immaginabile la rabbia della donna, che punta ad un adeguato risarcimento. La richiesta viene ritenuta legittima in Tribunale i giudici le riconoscono circa 53mila euro. Di parere opposto, però, sono i giudici d’Appello, che ritengono la caduta addebitabile proprio al comportamento della donna, spiegando che il dissuasore non era un oggetto dotato di intrinseca pericolosità, ed era visibile, anche se non segnalato . Per chiudere il cerchio, infine, viene sottolineato che l’incidente si è verificato in orario di piena visibilità le ore 19 di una giornata del mese di agosto e che il luogo era ben noto alla donna, che risiedeva da molti anni in quello stabile condominiale . Comportamento. La linea tracciata in secondo grado viene condivisa anche dalla Cassazione. In sostanza, è sacrosanto respingere la richiesta di risarcimento avanzata dalla donna, poiché la caduta avrebbe potuto essere evitata se lei avesse prestato un’ordinaria cautela e diligenza nel transitare nei luoghi a lei non estranei , cioè il cortile dello stabile condominiale. Di conseguenza, si può affermare, secondo i magistrati del ‘Palazzaccio’, che il comportamento colposo della donna va considerato come unica causa efficiente nella determinazione dell’evento e del danno . Inutile il richiamo fatto dal legale della donna alla collocazione del dissuasore in una parte del cortile quasi sempre in ombra .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 11 luglio 2019 – 13 gennaio 2020, n. 347 Presidente Frasca – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. Al. Or. convenne in giudizio la Elle Nova società cooperativa a r.l. e la Società Cattolica di assicurazione cooperativa a r.l., davanti al Tribunale di Sassari, chiedendo il risarcimento dei danni da lei patiti in conseguenza della caduta, avvenuta nel cortile del condominio dove ella risiedeva, a causa della presenza di un dissuasore di parcheggi non visibile né segnalato. Si costituirono in giudizio entrambe le società convenute, chiedendo il rigetto della domanda. Espletata prova per testi, il Tribunale accolse la domanda nei confronti della sola società Elle Nova, che condannò al pagamento della somma di Euro 53.074,95 con il carico delle spese di giudizio, mentre dichiarò il difetto di legittimazione passiva della società assicuratrice, convenuta in giudizio in difetto di azione diretta del danneggiato. 2. La pronuncia è stata appellata dalla società Elle Nova e, ad adiuvandum, dalla società assicuratrice e la Corte d'appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, con sentenza del 31 gennaio 2018, ha accolto il gravame e, in riforma della sentenza impugnata, ha rigettato le domande proposte dalla Or. nei confronti delle due società ed ha condannato l'appellata alla restituzione delle somme a lei versate in esecuzione della prima sentenza ed al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Sassari ricorre Al. Or. con atto affidato a due motivi. La Elle Nova società cooperativa a r.l. e la Società Cattolica di assicurazione cooperativa a r.l. non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., e la ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 , cod. proc. civ., violazione dell'art. 2051 cod. civ., degli artt. 356 e 92 cod. proc. civ., nonché dell'art. 111 Cost. unitamente all'art. 6 della CEDU. Sostiene la ricorrente che l'ostacolo che aveva causato l'incidente era da ritenere di per sé insidioso in quanto sito in terra e non visibile, anche in considerazione della sua collocazione in una parte del cortile quasi sempre in ombra. Oltre a ciò, la ricorrente ricorda che l'art. 2051 cit. prevede una responsabilità oggettiva del custode, mentre la sentenza impugnata avrebbe finito col trasformare detta previsione in un'ipotesi di responsabilità per colpa. 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione degli artt. 2051, 2728, 2729 e 2697 del codice civile. Lamenta la ricorrente che la sentenza avrebbe violato il principio dispositivo in tema di prova, traendo indebite conclusioni dalle deposizioni dei testimoni, tanto più che non doveva essere la danneggiata a dimostrare la pericolosità dell'ostacolo, ma semmai la controparte era tenuta a dimostrarne l'innocuità. 3. I due motivi, da trattare congiuntamente, sono entrambi privi di fondamento. Le censure insistono, con varietà di accenti e formulazioni, sulla violazione delle regole in materia di custodia, sull'errata ricostruzione dei fatti e sull'applicazione di presunte novità nella giurisprudenza di legittimità in relazione all'art. 2051 cit., per cui la sentenza avrebbe trasformato una forma di responsabilità oggettiva in responsabilità colposa. 3.1. Occorre innanzitutto rilevare che la Corte d'appello, con un accertamento in fatto congruamente motivato e non suscettibile di ulteriore modifica in questa sede, ha affermato che il dissuasore di parcheggio causa dell'incidente non era un oggetto dotato di intrinseca pericolosità, che era visibile anche se non segnalato, che il sinistro si era verificato in orario di piena visibilità le ore 19 di una giornata del mese di agosto e che il luogo era ben noto alla Or., che risiedeva da molti anni in quello stabile condominiale. Dall'insieme di questi elementi la Corte sarda ha tratto la conclusione per cui la caduta avrebbe potuto essere evitata ove la danneggiata avesse prestato un'ordinaria cautela e diligenza nel transitare nei luoghi a lei non estranei con la conseguenza che il comportamento colposo della Or. è stato considerato unica causa efficiente nella determinazione dell'evento e del danno . 3.2. A fronte di simile ricostruzione, i motivi di ricorso contestano in modo generico la presunta errata applicazione delle regole sulla responsabilità del custode di cui all'art. 2051 cod. civ., ma tali censure sono prive di fondamento. Giova ricordare, al riguardo, che questa Corte, sottoponendo a revisione i principi sull'obbligo di obbligo di custodia, ha stabilito, con le ordinanze 1. febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell'art. 1227, primo comma, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 della Costituzione. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro. La sentenza impugnata si è correttamente attenuta a tali principi i quali, benché formulati in pronunce successive alla data di deposito della sentenza qui impugnata, erano già tutti presenti nei numerosi precedenti di questa Corte sull'argomento, per cui non è corretto sostenere che la Corte di merito abbia fatto applicazione di novità giurisprudenziali è da escludere, quindi, che vi sia overruling in tale materia . Né, d'altra parte, i rilievi critici contenuti nella memoria della ricorrente, che pure richiamano la citata ordinanza n. 2480 del 2018, adducono elementi significativi tali da determinare un mutamento della decisione rispetto alla proposta formulata dal Consigliere relatore. 4. Il ricorso, pertanto, è rigettato. Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte delle società intimate. Sussistono, tuttavia, le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.