Vietata l’applicazione stereotipata ed automatica delle tabelle milanesi se questo sacrifica i diritti personalissimi

Il giudice, nella liquidazione equitativa prevista dalle tabelle milanesi, può e deve superare i limiti degli ordinari parametri ivi previsti quando la specifica situazione di danno è caratterizzata dalla presenza di circostanze di cui il parametro tabellare non può aver già tenuto conto.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 32787/19, depositata il 13 dicembre. La vicenda. Ricorreva in giudizio presso la Suprema Corte un uomo il quale lamentava l'erroneità della sentenza della competente Corte d’Appello la quale aveva respinto il riesame avverso la pronuncia del tribunale che aveva condannato la propria controparte al pagamento di oltre € 20.000,00, quale ristoro del danno non patrimoniale dal medesimo subìto a causa di un morso di ‘selvaggia ferocia’ all'orecchio sinistro che anni addietro, nel corso di un diverbio accesosi durante una partita amatoriale di calcio, gli era stato dato dal convenuto, morso talmente violento da provocare al malcapitato il distacco parziale del lobo superiore sinistro. Il ricorso alla Suprema Corte avviene con deduzione di un unico motivo e, precisamente, del vizio di violazione di legge poiché i giudici di merito nel liquidare il danno alla persona -secondo la tesi del ricorrente - non avrebbero correttamente valutato il danno morale ed esistenziale che ne è conseguito, avendo valutato il danno biologico indicato nei baréme delle tabelle milanesi, le quali inglobano il danno morale entro una certa misura media, tenendo conto della media degli eventi che provocano le dette lesioni, mentre al contrario gli stessi avrebbero dovuto valutare il particolare disagio in termini di ansia, sofferenze psichiche e senso di prostrazione conseguenti all'aggressione ed alla mutilazione subìta in giovane età, che aveva cambiato profondamente la capacità del leso di relazionarsi con gli altri, tutti elementi provati mediante testimonianze rese in corso di giudizio. Liquidazione del danno non patrimoniale. La Suprema Corte in proposito conferma, prima di tutto, la bontà dell’orientamento che fino ad oggi ha ritenuto che nella liquidazione del danno non patrimoniale, in difetto di diverse previsioni normative, e salvo che ricorrano circostanze affatto peculiari, sia condivisibile il ricorso ai parametri tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano successivamente all'esito delle pronunce delle Sezioni Unite dell’anno 2008, in quanto determinano il valore finale del punto utile al calcolo del danno biologico da invalidità permanente, tenendo conto di tutte le componenti non patrimoniali, compresa quella già qualificata in termini di danno morale, la quale nei sistemi tabellari precedenti veniva invece liquidata separatamente mentre nella versione tabellare successiva all'anno 2011 viene inclusa nel punto base, così da operare non sulla percentuale di invalidità bensì con aumento equitativo della corrispondente quantificazione. Tuttavia - continuano gli Ermellini - è altresì condiviso il fatto che il giudice, in presenza di specifiche circostanze di fatto che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate nella liquidazione forfettaria assicurata dalle previsioni tabellari, può procedere alla personalizzazione del danno entro le percentuali massime di aumento previste nelle stesse tabelle, tenendo conto della percentuale media considerata di danno morale, dando adeguatamente conto nella motivazione della sussistenza delle peculiari ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in una differente rectius più ricca considerazione in termini monetari. Inoltre, la Suprema Corte osserva come - in linea con tale impostazione - anche in altre circostanze sia stato chiarito che qualora il giudice procede alla liquidazione equitativa, in applicazione delle tabelle predisposte al Tribunale di Milano, può superare i limiti minimi e massimi degli ordinari parametri solo quando la specifica situazione presa in considerazione si caratterizza per la presenza di circostanze di cui il parametro tabellare non possa aver già tenuto conto, in quanto elaborati in astratto in base alle oscillazioni ipotizzabili in ragione delle diverse situazioni ordinariamente configurabili secondo l' id quod plerumque accidit . Tutto ciò premesso, gli Ermellini osservano che nel caso di specie il tribunale - nell'applicare le tabelle milanesi - ha liquidato il danno alla persona con il metodo cd. tabellare in relazione a un baréme medico-legale del 10% che esprime in misura percentuale la sintesi di tutte le conseguenze ‘ordinarie’ che una determinata menomazione presumibilmente riverbera sullo svolgimento delle attività comuni ad ogni persona, sull'assunto che esso possa essere incrementato in via di personalizzazione in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali che, nel caso di specie, sono state tempestivamente allegate e provate dal danneggiato e che rendono evidente che il danno subìto sia più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti da lesioni personali dello stesso grado, sofferte da persone della stessa età e condizione di salute. Sul punto la parte ricorrente, infatti, ha insistito nell'assumere che il Tribunale, e la Corte d’Appello, avrebbero dovuto valutare l'obiettiva sofferenza e patemi d'animo e le difficoltà relazionali che un'altra persona, con la stessa menomazione fisica, non avrebbe in ipotesi parimenti sofferto e ciò proprio in virtù delle peculiarità del caso in contesa. Ed in argomento, la censura del ricorrente riporta una serie di circostanze integranti profili soggettivi di ansia, preoccupazione, turbamento e dispiacere, collegati al pregiudizio fisico e collegati al particolare fatto illecito subìto quali 1 la violenza inaudita di cui il danneggiato era stato vittima aggressione violenta con presa dalle spalle 2 la scena del volto sanguinante del malcapitato che disperatamente cercava di frenare il copioso flusso ematico, ricercando sul terreno di gioco il pezzo di orecchio staccato 3 la estenuante trafila di visite mediche e di interventi chirurgici nel vano tentativo di limitare il danno estetico 4 l’accertata incidenza della vicenda nella quotidianità. Il dictum della Corte di Cassazione. Sulla scorta di tutte queste osservazioni, effettivamente risultanti dal materiale probatorio, la Suprema Corte accoglie il ricorso, cassando la pronuncia della Corte d’Appello competente e rinviandola alla stessa, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del procedimento del giudizio di legittimità. Infatti, per gli Ermellini la valutazione della fattispecie realizzata dal Tribunale e condivisa dalla Corte territoriale, ai fini della commisurazione del danno secondo equità entro i parametri di una corretta valutazione equitativa, non risulta essere stata svolta con la necessaria accuratezza, soprattutto in riferimento alle circostanze e modalità con cui si è verificata la lesione volontaria che presenta particolarità tali da richiedere una separata, o comunque adeguata, valutazione del danno morale derivatone, riguardando un fatto di violenta aggressione fisica con correlata testimonianza di cambiamento dello stile di vita, psicologicamente rilevante, non comparabile alla sofferenza psicologica derivante - ad esempio - da un distacco dell'orecchio subìto a causa di uno scontro, di origine colposa e non dolosa, tra persone nel corso di una partita di calcio o di un'altra attività sportiva. Per questi motivi, per la Suprema Corte la valutazione è risultata stereotipata nonché frutto di un automatismo risarcitorio non voluto neanche dal legislatore che, pertanto, alla luce dei suddetti criteri deve essere diversamente svolta, dovendo risultare nella motivazione ‘se’ e ‘come’ il giudice abbia considerato tutte le circostanze del caso concreto per assicurare un integrale risarcimento del pregiudizio subito dal danneggiato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 9 ottobre – 13 dicembre 2019, n. 32787 Presidente Armano – Relatore Fiecconi Rilevato che 1. Con ricorso notificato il 6 aprile 2018 G.M. ricorre avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli, n. 1078/2017 del 9/3/2017, con la quale è stato respinto l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Avellino che aveva condannato F.S. al pagamento di Euro 23.952,00,quale ristoro del danno non patrimoniale 10% di danno biologico , da lui medesimo subito, determinato da un morso di selvaggia ferocia all’orecchio sinistro che in data 12 agosto 2003 gli aveva provocato il distacco parziale del lobo superiore sinistro, dato dal convenuto che lo aveva aggredito da dietro le spalle nel corso di un diverbio accesosi durante una partita amatoriale di calcio deduce con un unico motivo il vizio di violazione di legge poiché i giudici di merito, nel liquidare il danno alla persona, non avrebbero correttamente valutato il danno morale ed esistenziale che ne è conseguito indicato nella misura di Euro 15000 , avendo valutato il danno biologico indicato nei bareme delle tabelle milanesi, le quali inglobano il danno morale entro una certa misura media, tenendosi conto delle media degli eventi che provocano dette lesioni, dovendosi invece tener conto del particolare disagio, in termini di ansia, sofferenze psichiche, e senso di prostrazione, conseguenti all’aggressione e mutilazione subite all’età di 29 anni, che hanno minato profondamente la sua capacità di relazionarsi con gli altri, nonostante fossero tutti elementi provati mediante le testimonianze rese. 2. La parte intimata ha notificato controricorso nei termini indicati in epigrafe per dedurre l’inammissibilità del ricorso, palesemente infondato, essendo rimasta indimostrata, come statuito dalla Corte di merito, la sofferenza diversa e maggiore subita, e tendendo le considerazioni svolte a indurre la Corte di legittimità a rivalutare la fattispecie in concreto, e non potendosi neanche il motivo neanche riqualificare nella cornice della omissione motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5, per la presenza di una doppia sentenza conforme di rigetto di cui non viene riportata la diversa ratio rinvenibile nella decisione di primo grado. Considerato che 1. Con un unico motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 il ricorrente deduce la violazione dell’art. 2059 c.c. e/o 1226 c.c. perché la Corte distrettuale, omettendo di considerare le prove per testi che avrebbero confermato che il ricorrente era stato a casa per molto tempo perché depresso per la mutilazione ricevuta, ciò nondimeno era stata ritenuta, con riguardo alla lesione subita, non sufficientemente integrata o allegata la sussistenza di circostanze specifiche ed eccezionali, che rendessero più grave la lesione subita, dimostranti scelte di vita diverse o comunque uno sconvolgimento peculiare e maggiore della media. Viene in sintesi denunciato un vizio di sussunzione della fattispecie entro la corretta cornice normativa che regola le ipotesi di liquidazione del danno alla persona in senso personalizzato , qualora il danno morale meriti una opportuna e distinta valutazione in relazione al danno biologico. 2. Sul punto non occorre rivisitare il lungo percorso giurisprudenziale sin qui svolto, a partire dalle sentenze delle SSUU dell’11 novembre 2008, poiché è ormai sedimentato il concetto che il danno alla persona, pur dovendosi commisurare in relazione a specie o tipologie di danno ontologicamente differenti e ugualmente rilevanti quale il danno biologico e il danno morale , costituisce una voce di danno che merita un’unitaria e complessiva considerazione in riferimento alla persona che lo ha subito, senza che si possa giungere a pericolosi frazionamenti di voci di danno che permettano di deviare da una valutazione secondo l’id quod plerumque accidit, già diversamente valutabile all’interno dei singoli bareme medico legali, soprattutto allorché le lesioni non sono di un certo rilievo. 3. Allo stesso tempo la valutazione standardizzata, secondo l’id plerumque accidit, che si è diffusa nelle prassi con l’introduzione delle tabelle medico-legali, non deve condurre a un’applicazione stereotipata e automatica delle tabelle sì da sacrificare i diritti personalissimi sottesi, dovendo il giudice motivare la sua decisione in relazione alle circostanze del caso. Conseguentemente il giudice, in presenza di specifiche circostanze di fatto, che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate nella liquidazione forfettaria assicurata dalle previsioni tabellari, può procedere alla personalizzazione del danno entro le percentuali massime di aumento previste nelle stesse tabelle, dando adeguatamente conto nella motivazione della sussistenza di peculiari ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in una differente valutazione cfr. Cass.Sez. 3 -, Sentenza n. 11754 del 15/05/2018 . 4. Ed invero, le tabelle milanesi sono ancor oggi il parametro maggiormente utilizzato dalle Corti di merito per misurare , in termini equitativi che non sconfinino nell’arbitrarietà, il danno alla persona e, pertanto, sono state più volte accreditate dalla giurisprudenza di legittimità come regole integratrici del concetto di equità, atte quindi a circoscrivere la discrezionalità dell’organo giudicante, sino a farle divenire un criterio guida per la corretta valutazione equitativa del danno, non altrimenti valutabile con più certi parametri cfr. da ultimo, Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 1553 del 22/01/2019 . Conseguentemente, uno sconfinamento dalle tabelle milanesi potrebbe essere giustificato da una ragione superiore, rinvenibile nella necessità di soddisfare e reintegrare, almeno in parte, beni di rilievo costituzionale di particolare rilevanza mentre il carattere ingiustificato di una richiesta di sconfinamento dai parametri normalmente in uso, deve a sua volta essere valutato in relazione alle conseguenze obiettive che l’illecito ha in concreto causato alla persona, tenendo conto dell’id quod plerumque accidit incluso nelle tabelle applicate. 5. In proposito è certamente da confermare l’orientamento che sino ad oggi ha ritenuto che nella liquidazione del danno non patrimoniale, in difetto di diverse previsioni normative, e salvo che ricorrano circostanze affatto peculiari, sia condivisibile il ricorso ai parametri tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano successivamente all’esito delle pronunzie delle Sezioni Unite del 2008, in quanto determinano il valore finale del punto utile al calcolo del danno biologico da invalidità permanente, tenendo conto di tutte le componenti non patrimoniali, compresa quella già qualificata in termini di danno morale la quale, nei sistemi tabellari precedenti veniva invece liquidata separatamente, mentre nella versione tabellare successiva all’anno 2011 viene inclusa nel punto base, così da operare non sulla percentuale di invalidità, bensì con aumento equitativo della corrispondente quantificazione. Tuttavia il giudice, in presenza di specifiche circostanze di fatto, che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate nella liquidazione forfettaria assicurata dalle previsioni tabellari, può procedere alla personalizzazione del danno entro le percentuali massime di aumento previste nelle stesse tabelle, tenendo conto della percentuale media considerata di danno morale, dando adeguatamente conto nella motivazione della sussistenza di peculiari ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in una differente più ricca, e dunque, individualizzata considerazione in termini monetari. 6. In linea con tale impostazione, la Corte di legittimità ha da ultimo chiarito che qualora il giudice proceda alla liquidazione equitativa in applicazione delle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano, può superare i limiti minimi e massimi degli ordinari parametri previsti da dette tabelle solo quando la specifica situazione presa in considerazione si caratterizzi per la presenza di circostanze di cui il parametro tabellare non possa aver già tenuto conto, in quanto elaborato in astratto in base all’oscillazione ipotizzabile in ragione delle diverse situazioni ordinariamente configurabili secondo l’”id quod plerumque accidit Cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 14746 del 29/05/2019 . 7. Pertanto il giudice, in questa valutazione, pur sempre da effettuarsi tenendo conto dei parametri tabellari, non può procedere con discrezionalità libera, sino a realizzare una sostanziale discriminazione ontologica, ricorrendo a categorie di pensiero o valutazioni già ricomprese nel range tabellare ai fini della valutazione del danno alla persona cfr.Cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 14746 del 29/05/2019 . 8. Spetta quindi al giudice di merito far emergere e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione, in coerenza con le risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale, specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame, legate all’irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale in quanto caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore o all’uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sé tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 2788 del 31/01/2019 . 9. Orbene, ragionando nei termini sopra riferiti, nel caso in questione, nell’applicare le tabelle milanesi, il danno alla persona è stato liquidato con il metodo c.d. tabellare in relazione a un bareme medico legale 10% , qui non in contestazione, che esprime in misura percentuale la sintesi di tutte le conseguenze ordinarie che una determinata menomazione presumibilmente riverbera sullo svolgimento delle attività comuni ad ogni persona, sull’assunto pur condiviso dalla Corte di merito che esso possa essere incrementato in via di personalizzazione in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali , tempestivamente allegate e provate dal danneggiato, le quali rendano evidente che il danno subito sia più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti da lesioni personali dello stesso grado, sofferte da persone della stessa età e condizione di salute. Ed invero, la Corte di merito ha ritenuto, nel suo apprezzamento discrezionale, da un lato, che i fatti dedotti non abbiano comportato nel soggetto fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita ovvero scelte di vita diversa ovvero, in altre parole uno sconvolgimento dell’esistenza obiettivamente accertabile tali da giustificare detto sconfinamento ai fini di una personalizzazione dall’altro, ha ritenuto che la prospettazione del danno ulteriore da personalizzare fosse stata generica e difettasse di idonea allegazione, postulando meramente le sofferenze psichiche, le ansie, un patema d’animo conseguente alle lesioni, già ricomprese nei bareme. 10. Rileva osservare che la parte ricorrente, sul punto, insiste nell’assumere che occorre invece valutare l’obiettiva sofferenza, i patemi d’animo o le difficoltà relazionali che un’altra persona, con la stessa menomazione fisica, non avrebbe in ipotesi parimenti sofferto in tal senso parla di personalizzazione , di cui pertanto la Corte di merito non avrebbe tenuto conto, con riferimento alla peculiarità del caso , errando nello scegliere un diverso metro di misura , non avvedendosi però che quando si subisce un’aggressione da cui derivano lesioni fisiche e psicologiche, e per questo si rinuncia alle relazioni personali, già tale danno è indice di un inusuale turbamento e dispiacere collegato al pregiudizio nel suo insieme subito v. pp. 14-15 del ricorso . In proposito, la censura riporta una serie di circostanze integranti i profili soggettivi di ansia, preoccupazione, turbamento e dispiacere, collegati al pregiudizio fisico collegati al fatto illecito subito quali la i violenza inaudita di cui è stato vittima, ii la scena del volto sanguinante della vittima che disperatamente tentava di frenare il copioso flusso ematico, ricercando sul terreno di gioco il pezzo di orecchio staccato, iii la estenuante trafila di visite mediche e di interventi chirurgici nel vano tentativo di limitare il danno estetico, iv l’accertata incidenza della vicenda nella quotidianità. 11. La Corte d’appello, pertanto, ha orientato la propria ricerca non già a qualcosa di peculiare, ma a qualcosa di radicalmente stravolgente in riferimento all’entità degli esiti, non rilevando quindi tale vis prorompente nelle conseguenze pregiudizievoli pur sofferte dal ricorrente, ricercando quindi l’ eccesso , e non già la peculiarità e il non ordinario che avrebbe dovuto indurla a utilizzare le tabelle tenendo conto delle possibili e diverse valutazioni che esse pur ammettono in riferimento al danno morale, senza ricorrere ad automatismi applicativi. Soprattutto la Corte di merito non ha considerato se il fatto illecito violento, di natura dolosa, da cui è derivata la lesione alla persona, meriti una particolare e separata valutazione in termini di danno morale, e la fattispecie dunque integri le ipotesi particolari che giustificano, in ipotesi, anche uno sconfinamento dai parametri ordinari, utilizzati invece dal giudice del merito senza neanche dar conto del range minimo o massimo infra-tabellare applicato, quando comunque si chiedeva una personalizzazione del danno. 12. La valutazione della fattispecie, pertanto, ai fini della commisurazione del danno secondo equità entro i parametri di una corretta valutazione equitativa, richiesta dall’art. 1226 c.c., non è stata svolta con la necessaria accuratezza, soprattutto in riferimento alle circostanze e modalità con cui si è verificata la lesione volontaria in termini di aggressione fisica che presenta particolarità tali da richiedere una separata o comunque adeguata valutazione del danno morale derivatone, riguardando un fatto di violenta aggressione fisica, con correlata testimonianza di cambiamento dello stile di vita, psicologicamente rilevante, non comparabile alla sofferenza psicologica derivante, in ipotesi, da un distacco dell’orecchio subito a causa di uno scontro, di origine colposa, tra persone nel corso di una partita di calcio o di altra attività sportiva. La valutazione, che è risultata stereotipata e frutto di un automatismo risarcitorio non voluto neanche dal legislatore cfr. art. 138 Cod. Ass. , dovrà essere pertanto svolta alla luce dei suddetti criteri, dovendo risultare, nella motivazione, se e come il giudice abbia considerato tutte le circostanze del caso concreto per assicurare un risarcimento integrale del pregiudizio subito dal danneggiato. 13. Conclusivamente il ricorso viene accolto con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, perché decida anche con riferimento alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di questo procedimento.