Malpractice medica: la struttura risponde in via paritaria dell'operato del medico

In tema di danni derivanti da malpractice medica nel regime anteriore alla l. n. 24/2017, nel caso di colpa esclusiva del medico, la responsabilità deve essere ripartita in modo paritario tra la struttura sanitaria e il medico stesso, eccetto che nei casi eccezionali di inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza dal programma condiviso di tutela della salute , cui la struttura sanitaria risulti essere obbligata.

Così la sentenza della Corte di Cassazione n. 28987/19, depositata l’11 novembre. I fatti. L’attrice conveniva in giudizio il medico e la casa di cura presso cui era stata sottoposta ad un triplice intervento nel 1999, nel 2002 e poi nel 2004 di mastoplastica al seno erroneamente eseguito e non rimediato dalle successive operazioni alla prima. Il Tribunale accoglieva la domanda attorea e dichiarava la responsabilità solidale della struttura sanitaria e del medico. Anche la Corte d’Appello confermava la decisione di prime cure osservando che la responsabilità del medico si estende automaticamente ex art. 1228 c.c. anche alla struttura che se ne è avvalsa per i propri fini. Avverso tale pronuncia la casa di cura ricorre per cassazione denunciando violazione di legge per aver la Corte distrettuale errato nel non rilevare che, poiché non era stata addebitata alcuna condotta causativa alla struttura stessa, non poteva porsi la propria situazione sullo stesso piano di quella del medico chirurgo, ma si sarebbe dovuta affermare l’esclusiva responsabilità del medico. Ciò che manca, dunque, per parte ricorrente, è la graduazione differenziata delle colpe tra essa e il medico responsabile. La ripartizione paritaria della responsabilità. In tema di responsabilità medica possono essere prospettate, in astratto, tre diverse soluzioni per identificare i limiti quantitativi dell’azione di rivalsa che il danno da malpractice medica venga addebitato alla sola struttura, senza diritto di rivalsa nei confronti del medico, quando la condotta degli ausiliari si ritenga inserita nel percorso attuativo dell’obbligazione assunta, collocandosi nell’area del rischio dell’impresa sanitaria che il danno da malpractice sia addebitato, in sede di rivalsa, al solo medico nel caso di colpa esclusiva di quest’ultimo nella produzione dell’evento dannoso che, infine, il danno dal malpractice sia ripartito tra struttura e medico, anche in ipotesi di colpa esclusiva di quest’ultimo, salvo i casi eccezionali di grave, imprevedibile e improbabile devianza dal programma condiviso di tutela della salute. Per il Supremo Collegio l’ultima soluzione prospettata risulta essere la più conforme a diritto e può affermarsi il principio secondo cui, in tema di danni derivanti da malpractice medica nel regime anteriore alla l. n. 24/2017, nel caso di colpa esclusiva del medico, la responsabilità deve essere ripartita in modo paritario tra la struttura sanitaria e il medico stesso, eccetto che nei casi eccezionali di inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza dal programma condiviso di tutela della salute , cui la struttura sanitaria risulti essere obbligata. Sulla base di tale nuovo principio, i Giudici di legittimità rigettano il ricorso della casa di cura, poiché questa non deduce di aver provato l’imprevedibile e dissonante malpractice medica nei termini sopra detti.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 2 luglio – 11 novembre 2019n. 28987 Presidente Travaglino – Relatore Porreca Considerato che V.M. conveniva in giudizio, nel 2005, la casa di cura Villa Le Querce e il dottor G.M. , deducendo di aver subito danni anche non patrimoniali a seguito di un triplice intervento, nel [], poi nel [] e infine nel [] , di mastoplastica al seno, inizialmente riduttiva, poi additiva, e infine di revisione chirurgica delle connesse cicatrici, erroneamente eseguito e non rimediato dalle operazioni successive alla prima la casa di cura si costituiva chiamando in manleva assicurativa l’INA Assitalia e la Sompo Japan Insurance Company of Europe Limited il dottor G.M. si costituiva chiamando in analoga manleva le Assicurazioni Generali s.p.a. e Allianz s.p.a., già Lloyd Adriatico s.p.a. il Tribunale, per quanto qui ancora rileva, accoglieva la domanda per quanto di ragione, dichiarando la responsabilità solidale della struttura sanitaria e del medico condannava la Allianz in parziale manleva del dottor G. rigettava la domanda di garanzia dello stesso nei confronti delle Assicurazioni Generali, nonché quelle analoghe della casa di cura nei confronti dei propri assicuratori la Corte di appello confermava la decisione di prime cure osservando, in particolare, che la responsabilità del medico si estende automaticamente ex art. 1228 c.c., alla struttura che se ne è avvalsa per i propri fini permettendo l’espletamento della prestazione sanitaria, non potendo al contempo farsi alcuna differenza, quanto alla graduazione delle colpe, tra chi aveva male eseguito gli interventi e chi avrebbe dovuto assicurare un’esecuzione da parte di persona idonea avverso questa decisione ricorre per cassazione la Villa delle Querce s.p.a. formulando due motivi resistono con controricorso G.M. e Allianz s.p.a. il processo giunge a pubblica udienza a seguito di ordinanza interlocutoria 22 novembre 2018 n. 30317, evidenziando la natura nomofilattica della questione sul regime dell’azione di rivalsa, ovvero di regresso nelle obbligazioni solidali, riferibile al rapporto tra struttura sanitaria e medico ritenuti responsabili. Rilevato che con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., poiché la Corte di appello avrebbe motivato solo apparentemente sulla mancata graduazione differenziata delle colpe tra casa di cura e medico responsabile, oggetto di specifica domanda sin dal primo grado e poi con motivo di appello relativo all’omissione di pronuncia consumata in prime cure con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione artt. 1298, 1299 e 2055 c.c., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di rilevare che, poiché non era stata addebitata alcuna censurabile condotta causativa alla struttura, non poteva porsi tale posizione sullo stesso piano di quella, colposa ed eziologica, del chirurgo, sicché avrebbe dovuto affermarsi, ai fini interni del regresso, l’esclusiva responsabilità del medico. Rilevato che preliminarmente deve sottolinearsi, in relazione alle eccezioni sollevate in controricorso, che il gravame è rispettoso dei requisiti di ammissibilità di cui all’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, desumendosi per quanto di utilità la vicenda processuale ed essendo riportato quanto necessario alla specificità delle censure nel merito cassatorio, il primo motivo è infondato la Corte territoriale ha motivato sul punto in discussione, affermando che, quanto alla graduazione delle colpe, non poteva farsi differenza tra l’esecuzione causalmente rilevante e colposa del medico e la condotta della casa di cura che, in ragione del contratto di spedalità, era garante della prestazione e avrebbe dovuto fare sì che fosse eseguita da persona in grado di porla in essere il percorso logico e giuridico è quindi sussistente e decifrabile, sebbene da ricostruire diversamente secondo quanto si sta per spiegare scrutinando il secondo motivo il secondo motivo è infondato nei sensi di cui sotto 1. la corretta identificazione del contenuto e dei limiti dell’azione di rivalsa, piuttosto che di regresso, esercitata dalla struttura sanitaria nei confronti del medico in epoca antecedente all’entrata in vigore della L. n. 24 del 2017 non può prescindere da un preliminare quanto funzionale esame critico degli ordinari presupposti e della corretta qualificazione di tale rimedio nel diritto delle obbligazioni e dell’illecito 2. la rivalsa, anche in campo sanitario - a differenza del diritto di regresso, che propriamente presuppone la nascita di una obbligazione, avente il medesimo titolo, in capo ai condebitori solidali a seguito dell’integrale adempimento dell’obbligazione da parte di uno di essi - viene comunemente, sebbene non correttamente, ricondotta al presupposto di un’attribuzione ovvero ripartizione della responsabilità per inadempimento, imputata al debitore e al suo ausiliario, in via solidale 3. l’analisi dell’istituto prescinde, naturalmente, dalle ipotesi in cui sia ravvisabile, nel singolo caso di specie, una responsabilità autonoma e indipendente della struttura rispetto alla condotta colpevole del sanitario come accade, per fare un esempio, nell’ipotesi di infezioni nosocomiali contratte nel corso del ricovero dal paziente 4. la più frequente ricostruzione dell’istituto, oggi peraltro smentita testualmente dal disposto della L. n. 24 del 2007, art. 7, comma 1, - la struttura sanitaria che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera degli esercenti la professione sanitaria, risponde ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c. - sovrappone, erroneamente, una fattispecie di responsabilità diretta per fatto proprio ex art. 1228 c.c., dell’ente impersonale che si serve di ausiliari quale strumento di attuazione dell’obbligazione contrattuale verso il paziente pur sempre fondata sull’elemento soggettivo dell’ausiliario il che ne esclude la configurabilità in termini di responsabilità oggettiva se non è accertata la colpa dell’ausiliario, la domanda risarcitoria sarà rigettata salva, per quanto poc’anzi specificato, una autonoma responsabilità organizzativa della struttura stessa , con la responsabilità indiretta per fatto altrui concordemente ritenuta di tipo oggettivo dell’imprenditore per i fatti dei propri dipendenti, disciplinata dall’art. 2049 c.c. si tratta dunque di fattispecie astratte radicalmente differenti per morfologia ed effetti nel primo caso art. 1228 c.c. l’attività dell’ausiliario è incardinata nel programma obbligatorio originario che è diretto a realizzare, e per la cui realizzazione il debitore contrattuale si è necessariamente avvalso dell’incaricato, essendogli naturalisticamente preclusa, ipso facto, attesa la natura giuridica di ente, ogni possibilità di adempimento diretto ciò che esclude altresì la configurabilità, nella specie, dell’istituto dell’adempimento dell’obbligo altrui, da parte del sanitario, ex art. 1180 c.c. si se vuole, ma solo descrittivamente, si tratta dell’emersione di obblighi protettivi rispetto al contesto contrattuale - a prescindere, cioè, da una distinta responsabilità autonoma, anche aquiliana, dell’incaricato nel secondo caso art. 2049 c.c. , la condotta pregiudizievole non si traduce propriamente nella mancata o inesatta esecuzione in un contenuto obbligatorio del committente verso un creditore, quanto piuttosto nello svolgimento di mansioni dannose per un terzo privo di una pregressa relazione qualificata con il debitore, ferma la naturalistica alterità dei soggetti imputabili dell’illecito il preponente, il preposto e proprio per ciò si richiede la preposizione e l’occasionalità necessaria Cass., Sez. U., 16/05/2019, n. 13246 per la configurazione di una responsabilità concordemente ritenuta oggettiva del dominus come accennato nell’incipit di questo § 4, la sopravvenuta L. n. 24 del 2007, al di là dei peculiari contenuti delle singole disposizioni espressione della discrezionalità regolatoria del legislatore, costituisce, nella cornice della specialità della materia, indice ermeneutico d’indirizzo a supporto della ricostruzione qui esposta e che muove dalle appena indicate premesse 4.1. questa Corte ha chiarito Cass., 05/07/2017, n. 16512 che, poiché nella fattispecie di cui all’art. 2049 c.c. i due soggetti, il padrone ed il commesso, rispondono per titoli distinti ma uno solo di essi è l’autore del danno, non si verifica l’ipotesi del concorso nella produzione del fatto dannoso e la conseguente ripartizione dell’onere risarcitorio secondo i criteri fissati dall’art. 2055 c.c. Non essendo configurabile alcun apporto propriamente causale del preponente alla verificazione del danno, ferma la corresponsabilità solidale nei confronti del danneggiato, il preponente responsabile - in estensione della tutela del terzo - per il fatto altrui, può agire in regresso contro l’effettivo autore del fatto per l’intero e non pro quota è stato in particolare affermato che, sebbene la norma di cui all’art. 2055 c.c., comma 2, non detti alcuna disciplina del regresso nell’ipotesi di concorso tra responsabili senza colpa e colpevoli, deve riconoscersi che, dovendo escludersi in tal caso la possibilità di ripartire l’onere del risarcimento tra i coobbligati in proporzione a distinte colpe e quindi di attribuire al responsabile per fatto altrui come il committente , per definizione estraneo alla produzione dell’evento dannoso, una qualsiasi porzione dell’onere nei rapporti interni col responsabile diretto del fatto dannoso, il responsabile mediato o indiretto, che ha risarcito il danno in ragione della solidarietà verso il danneggiato, potrà logicamente esercitare l’azione di regresso, nei confronti dell’autore immediato del danno, per l’intera somma pagata Cass., 05/09/2005, n. 17763 conforme Cass., 01/12/2016, n. 24567 e Cass., 08/10/2008, n. 24802, ma già Cass. 12/02/1982, n. 856 nè in specie contraddice questa ricostruzione Cass. 27/07/2011, n. 16417, che si occupa del diverso caso dell’azione di regresso proposta dai corresponsabili solidali del commesso, nella misura determinata dalla gravità della colpa di quest’ultimo, nei confronti del committente quanto sopra spiega perché in questa ipotesi vi sia regresso per l’intero, e la necessità di differenziare la fattispecie di cui all’art. 1228 c.c. ciò proprio perché, in questo secondo e differente caso, la responsabilità di chi ha volontariamente incaricato l’ausiliario, e organizzato attraverso questo incarico l’esecuzione della propria obbligazione per i fini negoziali perseguiti, è, appunto, per fatto proprio, e non altrui 5. sulla base di tali premesse, in tema di responsabilità medica, appaiono prospettabili, in astratto, tre diverse soluzioni, al fine di identificare i limiti quantitativi dell’azione di rivalsa a danno da malpractice medica addebitato alla sola struttura, senza diritto di rivalsa nei confronti del medico, quando la condotta degli ausiliari si ritenga inserita, senza deviazioni, nel percorso attuativo dell’obbligazione assunta, collocandosi tout court nell’area del rischio dell’impresa sanitaria in proposito, sia pur senza esplorare il tema, Cass., 04/03/XXXX, n. 4400, discorre opportunamente d’immedesimazione organica del medico nella struttura ospedaliera, sia pure, nell’ipotesi, di natura pubblica . Tale soluzione, che troverebbe un suo giuridico fondamento nei sistemi di responsabilità cd. no cumul inammissibilità del cumulo tra responsabilità contrattuale e aquiliana, considerata quest’ultima assorbita nell’impegno contrattuale , non pare peraltro predicabile in un ordinamento che non esclude il cumulo, con conseguente possibilità di apprezzamento della condotta del medico come rilevante sul piano risarcitorio in quanto integrante, in tesi, un illecito extracontrattuale, se non autonomamente contrattuale, non assorbito dalla sua integrale riconducibilità nei confini del programma terapeutico obbligatorio assunto dalla struttura nei confronti del paziente. Infatti, quest’opzione è smentita, sia pur indirettamente, dalla novella del 2017, che disciplina in modo esplicito art. 9 la rivalsa della struttura nei confronti del sanitario responsabile a titolo aquiliano, sia pur entro ben precisi limiti al contempo come logico - non operanti, nel caso di struttura privata, per l’esercente la professione sanitaria che presti la sua opera all’interno della stessa in regime libero-professionale ovvero che si avvalga della stessa nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente art. 9, comma 6, ultimo periodo e art. 10, comma 2, della legge citata b danno da malpractice addebitata, in sede di rivalsa, al solo sanitario nel caso di colpa esclusiva di quest’ultimo nella produzione dell’evento di danno - soluzione oggi significativamente esclusa in modo testuale dalla menzionata riforma del 2017, che non prevede, peraltro, effetti retroattivi con diritto di rivalsa integrale per l’intero importo risarcitorio corrisposto al danneggiato dalla struttura, facendo così ricadere, sia pur indirettamente, l’intera obbligazione risarcitoria sull’operatore sanitario, al pari di quanto legittimamente predicabile in una corrispondente vicenda di corresponsabilità solidale di tipo contrattuale tra coobbligati c danno da malpratice ripartito tra struttura e sanitario, anche in ipotesi di colpa esclusiva di quest’ultimo, salvo i casi, del tutto eccezionali, di inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza da quel programma condiviso di tutela della salute si pensi al sanitario che esegua senza plausibile ragione un intervento di cardiochirurgia fuori della sala operatoria dell’ospedale per utili spunti in tal senso, sia pure in sicuramente diversa, la già citata Cass., Sez. U., 16/05/2019, n. 13246, in cui è affermato che lo Stato o l’ente pubblico risponde civilmente del danno cagionato a terzi dal fatto penalmente illecito del dipendente anche quando questi abbia approfittato delle sue attribuzioni e agito per finalità esclusivamente personali o egoistiche ed estranee a quelle della amministrazione di appartenenza, purché la sua condotta sia legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri che il dipendente esercita o di cui è titolare, nel senso che la condotta illecita dannosa - e, quale sua conseguenza, il danno ingiusto a terzi - non sarebbe stata possibile, in applicazione del principio di causalità adeguata e in base ad un giudizio controfattuale riferito al tempo della condotta, senza l’esercizio di quelle funzioni o poteri che, per quanto deviato o abusivo o illecito, non ne integrino uno sviluppo oggettivamente anomalo 6. è convincimento del Collegio che l’ultima delle soluzioni prospettate risulti la più conforme a diritto 7. dovendo escludersi l’ipotesi che il giudizio di rivalsa integri gli estremi di un’ordinaria azione da inadempimento del contratto che lega la struttura sanitaria al medico, posto che, come ricostruito, tale profilo contrattuale non risulta assorbente rispetto alle implicazioni della responsabilità medica verso terzi, i criteri generali della relativa quantificazione non possono che essere ricondotti, sia pure in modo complessivamente analogico, al portato degli artt. 1298 e 2055 c.c., a mente dei quali il condebitore in solido che adempia all’intera obbligazione vanta il diritto di rivalersi, con lo strumento del regresso, sugli altri corresponsabili, secondo la misura della rispettiva responsabilità In presenza di un unico evento dannoso astrattamente imputabile a più soggetti, sia in tema di responsabilità contrattuale che extracontrattuale, per ritenere tutti i soggetti tenuti ad adempiere all’obbligo risarcitorio è sufficiente, per costante giurisprudenza di questa Corte, in base ai principi sul concorso di concause nella produzione dell’evento, che le azioni od omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno da ultimo, Cass. 6 dicembre 2017, n. 29218 7.1. al riguardo va ulteriormente premesso che, secondo il costante orientamento di questa Corte in tema di responsabilità solidale dei danneggianti, l’art. 2055 c.c., comma 1, richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuna di tali persone e anche nel caso in cui siano configurabili titoli di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, atteso che l’unicità del fatto dannoso considerata dalla norma dev’essere riferita unicamente al danneggiato e non va intesa come - ovvero si astrae dalla - identità delle norme giuridiche da essi violate Cass., 1701/2019, n. 1070, Cass., 16/12/2005, n. 27713 per sovrapponibili ragioni è stato affermato che, quando un medesimo danno è provocato da più soggetti per inadempimenti di contratti diversi, intercorsi rispettivamente tra ciascuno di essi e il danneggiato, tali soggetti debbono essere considerati corresponsabili in solido, non tanto sulla base dell’estensione alla responsabilità contrattuale della norma dell’art. 2055 cod. civ., dettata per la responsabilità extracontrattuale, quanto perché, sia in tema di responsabilità contrattuale che di responsabilità aquiliana, se un unico evento dannoso è imputabile a più persone, al fine di ritenere la responsabilità di tutte nell’obbligo risarcitorio, è sufficiente - in base ai principi che regolano il nesso di causalità e il concorso di più cause efficienti nella produzione dell’evento, dei quali l’art. 2055, c.c., costituisce un’esplicitazione - che le azioni od omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrlo Cass., 30/03/2010, n. 7618, Cass., 09/11/2006, n. 23918 8. ciò posto, in linea di principio, la misura del regresso in parola varia a seconda della gravità della rispettiva colpa e dell’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Dell’art. 2055 c.c., il comma 3 detta, peraltro, una presunzione iuris tantum di pari contribuzione al danno da parte dei condebitori solidali, che impone al solvens di provare la diversa misura delle colpe e della derivazione causale del sinistro l’interesse sarà dell’attore se pretenda il rimborso di una somma superiore alla metà sarà del convenuto se intende opporsi ad una richiesta pari alla metà, opponendo la propria totale assenza di colpa ovvero il grado inferiore di questa, poiché trattasi di fatto impeditivo della presunzione di pari concorso di colpa Cass., 10/02/2017, n. 3626 9. dal suo canto, l’art. 1298 c.c., detta la regola secondo la quale l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori in parti che si presumono eguali, se non risulti diversamente 10. in questa cornice, e riprendendo le premesse poc’anzi poste, va rimarcato come il medico operi pur sempre nel contesto dei servizi resi dalla struttura presso cui svolge l’attività, che sia stabile o saltuaria, per cui la sua condotta negligente non può essere agevolmente isolata dal più ampio complesso delle scelte organizzative, di politica sanitaria e di razionalizzazione dei propri servizi operate dalla struttura, di cui il medico stesso è parte integrante, mentre il già citato art. 1228 c.c., fonda, a sua volta, l’imputazione al debitore degli illeciti commessi dai suoi ausiliari sulla libertà del titolare dell’obbligazione di decidere come provvedere all’adempimento, accettando il rischio connesso alle modalità prescelte, secondo la struttura di responsabilità da rischio d’impresa cuius commoda eius et incommoda ovvero, descrittivamente, secondo la responsabilità organizzativa nell’esecuzione di prestazioni complesse 11. ne consegue che, se la struttura si avvale della collaborazione dei sanitari persone fisiche utilità si trova del pari a dover rispondere dei pregiudizi da costoro eventualmente cagionati danno la responsabilità di chi si avvale dell’esplicazione dell’attività del terzo per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale trova radice non già in una colpa in eligendo degli ausiliari o in vigilando circa il loro operato, bensì nel rischio connaturato all’utilizzazione dei terzi nell’adempimento dell’obbligazione Cass., 27/03/2015, n. 6243 , realizzandosi, e non potendo obliterarsi, l’avvalimento dell’attività altrui per l’adempimento della propria obbligazione, comportante l’assunzione del rischio per i danni che al creditore ne derivino cfr. Cass., 06/06/ 2014, n. 12833 12. ne consegue, anche in questa chiave, l’impredicabilità di un diritto di rivalsa integrale della struttura nei confronti del medico, in quanto, diversamente opinando, l’assunzione del rischio d’impresa per la struttura si sostanzierebbe, in definitiva, nel solo rischio d’insolvibilità del medico così convenuto dalla stessa 13. tale soluzione deve incontrare un limite laddove si manifesti un evidente iato tra grave e straordinaria malpractice e fisiologica attività economica dell’impresa, che si risolva in vera e propria interruzione del nesso causale tra condotta del debitore in parola e danno lamentato dal paziente 14. per ritenere superata la presunzione di divisione paritaria pro quota dell’obbligazione solidale evincibile, quale principio generale, dagli artt. 1298 e 2055 c.c., non basta, pertanto, escludere la corresponsabilità della struttura sanitaria sulla base della considerazione che l’inadempimento fosse ascrivibile alla condotta del medico, ma occorre considerare il duplice titolo in ragione del quale la struttura risponde solidalmente del proprio operato, sicché sarà onere del solvens dimostrare non soltanto la colpa esclusiva del medico, ma la derivazione causale dell’evento dan. noso da una condotta del tutto dissonante rispetto al piano dell’ordinaria prestazione dei servizi di spedalità, in un’ottica di ragionevole bilanciamento del peso delle rispettive responsabilità sul piano dei rapporti interni 15. tale conclusione è stata di recente avvalorata, sia pure parte qua , da questa stessa Corte, la quale ha specificato che l’accertamento del fatto di inadempimento imputato al sanitario non fa venire meno i presupposti nè della responsabilità della struttura ai sensi dell’art. 1228 c.c. posto che l’illecito dell’ausiliario è requisito costitutivo della responsabilità del debitore , nè della responsabilità della stessa struttura ai sensi dell’art. 1218 c.c., spettando alla struttura l’onere di dimostrare l’avvenuto esatto adempimento, onere che va tenuto fermo anche in relazione ai rapporti interni tra condebitori solidali proprio al fine di verificare se la presunzione pro quota paritaria possa dirsi superata Cass. 05/07/2017, n. 16488 16. in assenza di prova il cui onere grava sulla struttura sanitaria adempiente in ordine all’assorbente responsabilità del medico intesa come grave, ma anche straordinaria, soggettivamente imprevedibile e oggettivamente improbabile malpractice , dovrà, pertanto, farsi applicazione del principio presuntivo di cui sono speculare espressione l’art. 1298 c.c., comma 2 e l’art. 2055 c.c., comma 3 17. infine va ribadito che, nel regime anteriore alla L. n. 24 del 2017, la graduazione delle colpe può essere domandata anche in vista della rivalsa seppure non ancora esercitata Cass., 20/12/2018, n. 32930, Cass., 25/07/2006, n. 16939, Cass., 05/10/2004, n. 19934 18. per completezza d’indagine, va infine osservato come la responsabilità della struttura sanitaria destinata a scaturire ex se da un’attività che impone - dovendo conformarsi a criteri di organizzazione e gestione certamente distinti da quelli che governano la condotta del singolo medico - l’adozione di uno stringente standard operativo, vada a modellarsi secondo criteri di natura oggettiva, a differenza di quanto invece predicabile con riferimento all’attività del singolo sanitario, ai sensi dell’espressa disposizione di cui alla L. n. 24 del 2017, art. 7, comma 1 ove si discorre di responsabilità scaturente dalle condotte dolose o colpose di quest’ultimo , in assenza delle quali e salvo quanto sopra evidenziato , nessun addebito potrà essere legittimamente mosso alla struttura, a conferma della bontà della ricostruzione teorica che la vede responsabile per fatto proprio dell’agire dei suoi dipendenti 19. Può formularsi il seguente principio di diritto in tema di danni da malpractice medica nel regime anteriore alla L. n. 24 del 2017, nell’ipotesi di colpa esclusiva del medico la responsabilità dev’essere paritariamente ripartita tra struttura e sanitario, nei conseguenti rapporti tra gli stessi, eccetto che negli eccezionali casi d’inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza dal programma condiviso di tutela della salute cui la struttura risulti essersi obbligata 20. nella fattispecie in scrutinio, la struttura sanitaria privata ricorrente, che ha pacificamente pagato la danneggiata in corso di giudizio, non deduce nè di aver provato ma neppure di aver allegato specificatamente l’imprevedibile e del tutto dissonante malpractice medica nei termini ricostruiti, sicché la censura va rigettata 21. spese compensate attesi i profili di novità delle ricostruzioni nomofilattiche esposte. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso. Spese compensate. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte dei ricorrenti in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.