L’auto finisce fuori strada: ghiaia e pietrisco “non colpevoli” perché troppo piccoli. Salva la Provincia

Esclusa la responsabilità della pubblica amministrazione. Respinta la richiesta di risarcimento avanzata dalla donna alla guida della vettura. Decisiva la constatazione che ghiaia e pietrisco erano confusi col manto stradale.

Ghiaia e pietrisco ‘confusi’ col manto stradale. Questo dato permette di desumere che ci si trova di fronte ad elementi di piccole dimensioni”, non sufficienti a causare la fuoriuscita di una vettura. Impossibile, quindi, checché ne dica l’automobilista, addebitare alla pubblica amministrazione la responsabilità per l’incidente subito Cassazione, sentenza n. 21753/19, sez. III Civile, depositata oggi . Dimensioni. Scenario dell’episodio è la zona di Campobasso. Lì una vettura – una Fiat Punto – fuoriesce da una strada provinciale finendo contro un muro . Per la donna alla guida la disavventura da lei vissuta è stata causata dal fondo sconnesso e dalla presenza di pietrisco e brecciame sulla sede stradale . Conseguenziale è il contenzioso con la Provincia. Obiettivo dell’automobilista è vedere riconosciuta la responsabilità della pubblica amministrazione e sancito il proprio diritto ad ottenere un adeguato risarcimento. Per i Giudici, però, la richiesta è assolutamente priva di fondamento. Su questa posizione si assestano prima il Giudice di pace, poi il giudice del Tribunale e infine i magistrati della Cassazione. Fondamentale la mancanza di una ‘prova provata’ del nesso tra le lamentate condizioni del manto stradale e l’uscita dell’auto . A questo proposito è stato invece osservato che la circostanza che la ghiaia ed il pietrisco fossero confusi con il manto stradale lascia ragionevolmente ritenere che si trattasse di elementi di ridotte dimensioni, tali da non essere in grado di causare l’uscita dell’auto dalla sede stradale .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 febbraio – 28 agosto 2019, n. 21753 Presidente Spirito – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 13/9/2016 il Tribunale di Campobasso ha respinto il gravame interposto dalla sig. Ma. Ca. Di Br. in relazione alla pronunzia G. di P. Campobasso n. 595 del 2014, di rigetto della domanda proposta nei confronti della Provincia di Campobasso di risarcimento dei danni subiti in conseguenza del sinistro avvenuto il 24/3/2012 in agro di omissis , allorquando mentre era alla guida dell'autovettura Fiat Punto tg. omissis di proprietà del sig. V. Di Br. usciva di strada finendo contro un muretto a causa del fondo stradale sconnesso e della presenza di pietrisco e brecciame sulla sede stradale”. Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell'appello la Di Br. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi. Resiste con controricorso la Provincia di Campobasso, che ha presentato anche memoria. Già chiamata all'udienza camerale del 22/2/2018, la causa è stata rinviata alla pubblica udienza. Motivi della decisione Con il 1. motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione” degli artt. 2051, 2697 c.c., in riferimento all'art. 360, 1. co. n. 3, c.p.c. Si duole che il giudice dell'appello le abbia erroneamente addossato l'onere della prova che lo stato dei luoghi fosse pericoloso”, a tale stregua disattendendo la norma che pone a carico del custode l'onere della prova liberatoria del fortuito. Lamenta come dopo aver affermato che la testimonianza del figlio è inidonea/inattendibile, il giudice dell'appello l'abbia sostanzialmente valutata per affermare che le condizioni della strada non erano tali da aver cagionato l'uscita di strada e che il sinistro è dipeso dalla negligenza e imprudenza della danneggiata, a tale stregua ravvisando integrata la prova liberatoria del fortuito consistito nel fatto dello stesso danneggiato. Con il 2. motivo denunzia violazione degli artt. 111 Cost., 132, 1. co. n. 4, c.p.c, in riferimento all'art. 360, 1. co. n. 4, c.p.c. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati. Va anzitutto osservato che essi risultano formulati in violazione dell'art. 366, 1. co. n. 6, c.p.c, atteso che la ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito [ in particolare, all' atto di citazione del 03.07.2013, regolarmente notificato”, alla documentazione depositata in atti”, all'ammessa ed espletata prova testimoniale”, alla sentenza del giudice di prime cure, all'atto di appello, alle risultanze istruttorie, alla prova testimoniale ] limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente per la parte strettamente d'interesse in questa sede riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l'esame v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220 , con precisazione anche dell'esatta collocazione nel fascicolo d'ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti anche in sede di giudizio di legittimità v. Cass., 23/3/2010, n. 6937 Cass., 12/6/2008, n. 15808 Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157 , la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 . A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento v. Cass., 18/4/2006, n. 8932 Cass., 20/1/2006, n. 1108 Cass., 8/11/2005, n. 21659 Cass., 2/81/2005, n. 16132 Cass., 25/2/2004, n. 3803 Cass., 28/10/2002, n. 15177 Cass., 12/5/1998 n. 4777 sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative v. Cass., 24/3/2003, n. 3158 Cass., 25/8/2003, n. 12444 Cass., l./2/1995, n. 1161 . Non sono infatti sufficienti affermazioni -come nel caso apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione v. Cass., 21/8/1997, n. 7851 . E' al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c. vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo. Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827 Cass., 18/3/2015, n. 5424 Cass., 12/11/2014, n. 24135 Cass., 18/10/2014, n. 21519 Cass., 30/9/2014, n. 20594 Cass., 5 19/6/2014, n. 13984 Cass., 20/1/2014, n. 987 Cass., 28/5/2013, n. 13190 Cass., 20/3/2013, n. 6990 Cass., 20/7/2012, n. 12664 Cass., 23/7/2009, n. 17253 Cass., 19/4/2006, n. 9076 Cass., 23/1/2006, n. 1221 . A tale stregua, l'accertamento in fatto e la decisione dalla corte di merito adottata nell'impugnata sentenza rimangono invero dall'odierna ricorrente non idoneamente censurati. Va per altro verso posto in rilievo come, al di là della formale intestazione dei motivi, la ricorrente deduca in realtà doglianze anche di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell'art. 360, 1. co. n. 5, c.p.c. v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053 , nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l'illogicità, l'incoerenza o la carenza pagg. 11 e 12 del ricorso della motivazione nonché l'omessa e a fortiori erronea valutazione di determinate emergenze probatorie cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312 . Senza sottacersi che la ratio deciderteli dell'impugnata sentenza relativa alla mancata prova nella specie da parte sua -pur avendone l'onere del nesso di causalità tra le lamentate condizioni del manto stradale e l'uscita dell'auto dalla sede stradale la circostanza che la ghiaia d il pietrisco fossero confusi con il manto stradale lascia ragionevolmente ritenere che si trattasse di elementi di ridotte dimensioni, tali da non essere in grado di causare l'uscita dall'auto dalla sede stradale” risulta dall'odierna ricorrente quantomeno non idoneamente censurata, essendosi invero limitata ad inammissibilmente in termini meramente apodittici contrapporre la propria non accolta tesi difensiva in ordine all'avere viceversa provato il nesso di causa tra la cosa in custodia ed il danno” ulteriormente aggiungendo che, a tale stregua, sarebbe stato conseguentemente onere della Provincia di Campobasso provare la colpa esclusiva o concorrente della vittima ovvero il caso fortuito, cosa però che non ha fatto” . Emerge evidente, a tale stregua, come la ricorrente inammissibilmente prospetti in realtà una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi. All'inammissibilità e infondatezza dei motivi nei suesposti termini, assorbita ogni altra e diversa questione, consegue il rigetto del ricorso. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente. Ai sensi dell'art. 13, co. 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.