La constatazione amichevole sottoscritta dalle parti assume rilevanza probatoria

In tema di incidenti stradali, il Giudice può desumere i fatti dalla circostanza che gli stessi non siano stati contestati dalle parti durante la compilazione del modulo di constatazione amichevole d’incidente.

Così si esprime la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21744/19, depositata il 27 agosto. Il fatto. Il Giudice di Pace di Trieste respingeva la domanda dell’attrice volta al risarcimento dei danni subiti dalla convenuta a seguito di incidente stradale, chiedendo l’accertamento della concorrente ed uguale responsabilità propria e della convenuta e, in subordine, la corresponsabilità di quest’ultima nella misura del 30%. A seguito di ricorso in appello, anche il Tribunale di Trieste respingeva le richieste dell’attrice, confermando la violazione dell’obbligo di dare precedenza a carico della conducente dell’autovettura e rilevando che nel modulo di constatazione amichevole di incidente” nessun rilievo era stato mosso a carico della convenuta nella causazione del sinistro. La stessa attrice propone ricorso per cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, la violazione e falsa applicazione di legge in relazione al fatto che la mancata espressa negazione di un fatto nel modulo Cai sopra menzionato non può essere assimilata ad una confessione. Il modulo di constatazione amichevole di incidente. La Suprema Corte dichiara inammissibile il motivo di ricorso, rilevandone in primo luogo la genericità, stante la mancata indicazione di una specifica norma di diritto di cui se ne assume la violazione. La Corte osserva, poi, che il Tribunale ha desunto che la velocità della controparte non fosse elevata dalla circostanza che la conducente del veicolo della ricorrente non avesse contestato tale dichiarazione in sede di constatazione amichevole. Preso atto di ciò, gli Ermellini precisano che comunque il motivo di ricorso sarebbe stato inammissibile, in quanto la ricorrente non fornisce l’indicazione specifica della constatazione amichevole in modo pieno, dunque, non essendosi ella astenuta dal riprodurne una parte, ha omesso di localizzarlo nel giudizio di legittimità, violando l’onere oggetto dell’art. 366, n. 6, c.p.c Anche per questo motivo, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 14 febbraio – 27 agosto 2019, n. 21744 Presidente Frasca – Relatore Pellecchia Rilevato che 1. Con atto di citazione del 27.04.2012 C.E. conveniva in giudizio R.I. e la sua compagnia assicurativa Generali s.p.a. per ottenere il parziale risarcimento dei danni riportati dalla propria autovettura contro la quale aveva urtato violentemente l’automobile della convenuta. L’attrice chiedeva in via principale accertarsi la concorrente ed eguale responsabilità propria e dell’altra conducente e in subordine la corresponsabilità di quest’ultima al 30%. Il Giudice di Pace di Trieste, con sentenza 316/2015, depositata il 21.05.2015, rigettava la domanda di parte attrice. 2. C.E. proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando che il GdP non avesse adeguatamente argomentato il perché dell’esclusione della corresponsabilità della R. almeno nella misura del 30%. Le appellate si costituivano insistendo sulla conferma della pronuncia di primo grado. Con sentenza 751/2017, pubblicata il 15.11.2017, il Tribunale di Trieste respingeva il gravame, confermando quanto già statuito in prime cure in ordine alla pacifica violazione dell’obbligo di dare precedenza da parte di M.G. , che si trovava alla guida della vettura di C.E. . In particolare, il Giudicante rilevava che per il tramite della constatazione amichevole di incidente M.G. aveva implicitamente riconosciuto che alcun rilievo potesse muoversi a carico della R. per la causazione del sinistro. 3. Avverso tale sentenza C.E. propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi. 3.1. Generali Italia s.p.a. resiste con controricorso. 4. È stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. Considerato che 5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore. 6.1. Con il primo motivo la ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti”, ossia la velocità mantenuta dalla R. al momento del sinistro, elemento decisivo ai fini della valutazione dell’esistenza o meno di un concorso di responsabilità nella determinazione del sinistro. Il motivo è inammissibile. Innanzitutto occorre rilevare che l’omesso esame del preteso fatto , cioè della velocità eccesiva tenuta dalla R. , è insussistente, in quanto, come dimostra il successivo motivo ed emerge dalla sentenza, esso è stata considerato ed apprezzato dal tribunale, che l’ha escluso sulla base di quanto dichiarato dalle conducenti nella costatazione amichevole sottoscritta. Pertanto, il fatto è stato esaminato e ne è stata esclusa l’esistenza sul piano probatorio. Ed in ogni caso è d’uopo rammentare che la valutazione delle prove è attività rimessa al discrezionale appezzamento del giudice di merito, il quale, nel decidere sui fatti di causa, è libero di attribuire rilevanza preminente ad un elemento probatorio piuttosto che ad un altro. In particolare, il giudicante può ritenere assorbente il valore di un determinato accertamento, omettendo di pronunciarsi su altre circostanze oggetto di causa, senza incorrere in violazione dell’art. 116 c.p.c Ne deriva che nulla può ragionevolmente eccepirsi al Giudice di merito, stante la logicità della conclusione cui è pervenuto. 6.2. Con il secondo mezzo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di norma di diritto . Sostiene che la sottoscrizione del modulo Cai da parte della M. avrebbe valore confessorio nei limiti di quanto affermato dalla R. relativamente al suo rallentamento, e non anche in ordine all’eccesso di velocità della controparte. In altri termini, la mancata espressa negazione di un fatto nemmeno da altri affermato non può essere assimilata alla confessione. Parimenti inammissibile è la seconda doglianza. Innanzitutto preme rilevarne l’evidente genericità, non essendo neppure dato comprendere quale sia effettivamente la norma ritenuta violata e falsamente applicata sia nella rubrica del motivo, che nel corpo della doglianza manca qualsiasi riferimento a norme giuridiche. E quando pure essa si volesse ritenere individuata indirettamente in quella sulla confessione, dato che nell’illustrazione si ragiona della dichiarazione della ricorrente come se fossero state apprezzate in quanto confessorie, si evidenzierebbe che il tribunale non ha affatto evocato la natura confessoria di quanto dichiarato, ma ha argomentato dal fatto che nelle sue dichiarazioni la ricorrente non avesse affermato che l’altra conducente viaggiava ad elevata velocità, là dove essa aveva dichiarato di essere in fase di rallentamento. In pratica il tribunale, peraltro, dopo avere condiviso la valutazione di inattendibilità di due testi, ha desunto che la velocità della R. non fosse elevata dalla circostanza che, di fronte alla dichiarazione della stessa, la conducente del veicolo della ricorrente non avesse contestato nella costatazione amichevole tale dichiarazione. Il motivo, dunque, imputa alla sentenza una ratio decidendi che non ha e per tale ragione, dovendosi il motivo di ricorso per cassazione correlarsi necessariamente alla motivazione, è inammissibile Cass. sez. un. 7074 del 2017, in motivazione In ogni caso il motivo sarebbe in via preliminare inammissibile perché non fornisce l’indicazione specifica della costatazione amichevole in modo pieno, giacché se non si astiene dal riprodurre in parte il suo contenuto in calce alla pagina 7 relativa all’esposizione del fatto , omette di localizzarlo in questo giudizio di legittimità a pag. 7 si dice che il documento era il n. 1 di citazione in primo grado, ma non si dice se e dove sia stato prodotto, eventualmente nel fascicolo di parte in questo giudizio di legittimità. In tal modo è violato anche l’art. 366, n. 6, che impone l’onere di localizzazione, ed il motivo è inammissibile. 1. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.