Incidente stradale per un adolescente: la lesione della cenestesi lavorativa rientra nel danno alla salute

Tenendo conto della mera eventualità di una compressione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche dell’adolescente, la Cassazione conferma la liquidazione operata dai giudici di seconde cure che hanno escluso il danno da lesione della cenestesi lavorativa.

Danno biologico. Con la sentenza n. 17411/19, depositata il 28 giugno, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato avverso la sentenza della Corte d’Appello di Cagliari che, in parziale accoglimento del gravame, ha proceduto ad una diversa liquidazione del danno subito dal ricorrente, originario attore, a seguito di un incidente stradale nel quale aveva riportato postumi permanenti. Nel dettaglio, il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento del danno da lesione della cenestesi lavorativa, escluso dai giudici dell’appello in virtù della limitata percentuale di postumi permanenti subiti 20%, di cui il 6% per danno estetico e al fatto che all’epoca del sinistro il danneggiato era studente di ragioneria, circostanza dalla quale era stato dedotto che avrebbe in futuro prevedibilmente svolto attività impiegatizio-amministrativa nell’impresa di famiglia, in relazione alla quale non era emersa alcuna compromissione della capacità di lavoro. Liquidazione omnicomprensiva. Gli Ermellini, ritenendo infondato il ricorso, ha sottolineato come correttamente i giudici di merito abbiano provveduto alla massima personalizzazione del danno biologico complessivamente subito dalla persona tenendo conto della mera eventualità di un compressione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della persona in un soggetto adolescente. Viene dunque richiamato il principio secondo cui il danno da lesione della cenestesi lavorativa”, che consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell’attività lavorativa, non incidente neanche sotto il profilo delle opportunità sul reddito della persona offesa, si risolve in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo e va liquidato omnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrente ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto Cass. Civ. n. 20312/15 . In conclusione il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato alle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 marzo – 28 giugno 2019, n. 17411 Presidente Travaglino – Relatore Fiecconi Svolgimento in fatto 1. Con sentenza n. 541/2017, depositata in data 16/6/2017, la Corte d’Appello di Cagliari, in parziale accoglimento dell’appello proposto da P.D. , e in riforma della decisione di primo grado, ha proceduto a una diversa liquidazione del danno alla persona in favore del ricorrente, originario attore, e a carico dei convenuti B.G. , P.G. e Unipol Assicurazioni s.p.a., in relazione alle conseguenze dannose alla propria persona subite a seguito di un sinistro stradale, ove aveva riportato postumi permanenti nella misura del 20%, respingendo la domanda di riconoscimento del danno da lesione della cenestesi lavorativa. 2. La Corte d’Appello di Cagliari, nel respingere la pretesa, ha evidenziato come all’attore, che all’epoca era studente di ragioneria e aveva ricevuto postumi permanenti sulla sua persona pari al 20% di cui il 6% per danno estetico , non spettasse alcun importo ulteriore a titolo di risarcimento del danno da compromissione della capacità lavorativa, atteso che la riduzione della capacità di lavoro riscontrata in sede di consulenza tecnica doveva ritenersi limitata al solo espletamento di attività di manovalanza, laddove egli, tenuto anche conto del corso di studi intrapreso dopo l’incidente ragioneria , avrebbe in futuro prevedibilmente svolto attività lavorativa di carattere impiegatizio-amministrativo nell’impresa di famiglia, dedita all’attività di ristorazione, in relazione alla quale non era emersa alcuna compromissione della corrispondente capacità di lavoro. 3. Avverso tale sentenza P.D. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione in sostanza per dedurre che la lesione da perdita delle cenestesi lavorativa non è stata valutata in concreto, sulla base delle attitudini dimostrate prima dell’incidente e delle maggiori opportunità di lavoro di manovalanza presenti nella regione di appartenenza Sardegna , rispetto a quelle impiegatizie e amministrative. La UnipolSai Assicurazioni s.p.a. resiste con controricorso per rilevare l’inammissibilità delle deduzioni. Con ordinanza interlocutoria della sesta sezione civile il procedimento veniva rinviato a nuovo ruolo perchè ne fosse rimessa la discussione in pubblica udienza. Le parti hanno notificato controricorso. Il Pm concludeva come in atti. Motivi della decisione 1. Con un unico motivo di impugnazione, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 c.c. errore nell’applicazione della norma , nonchè per omesso esame di fatti decisivi per la controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 vizio di motivazione , per avere la Corte territoriale erroneamente escluso la responsabilità del danno patrimoniale conseguente alla compromissione della capacità di lavoro generica dell’attore, omettendo di considerare la complessiva esperienza lavorativa pregressa dello stesso che esprime un’ inclinazione attitudinale a svolgere attività di cuoco o di infornatore, nonchè le concrete prospettive di lavoro legate al territorio di residenza dello stesso, verosimilmente suscettibili di favorirne l’impiego in attività di manovalanza, con la conseguente sussistenza della riduzione della relativa capacità di lavoro, conformemente a quanto riscontrato in sede di CTU tecnica nel corso del giudizio. 1.1. Il motivo è infondato. 1.2. La Corte territoriale, ha ritenuto non essere oggetto di censura l’affermazione, resa dal giudice di primo grado, in ordine alla mancata prova che il cambio di ciclo di studi ragioneria in luogo del corso di studi per conseguire il diploma di operatore di ristorazione per esercitare l’attività di cuoco o di infornatore/pizzaiolo fosse stato necessitato dai postumi dell’incidente pertanto, tenuto conto della relativa formazione professionale e del corso di studi prescelto, pur convenendo che, in linea teorica e astratta, fosse compromessa l’attività lavorativa di manovalanza, ha escluso l’incidenza dei postumi sulla capacità lavorativa generica in considerazione della prevedibile attività lavorativa, di carattere impiegatizio-amministrativo, che avrebbe potuto svolgere il ricorrente nell’impresa familiare ove in precedenza aveva svolto attività di cuoco infornatore , avente ad oggetto l’attività di ristorazione, e in relazione alla quale non era emersa alcuna compromissione della corrispondente capacità di lavoro. 1 3. La Corte di merito ha quindi proceduto a una valutazione di c.d. personalizzazione massima del danno biologico complessivamente subito dalla persona che induce a considerare, sulla base di quanto in atti desumibile, che si è già tenuto conto della eventuale e non certa compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della persona, per come provate, in un soggetto adolescente in cui la compromissione totale è risultata pari al 20% di danno biologico di cui il 6% per danno estetico da cicatrice . In effetti la maggior pretesa prospettabile in tale caso riguarda il danno da lesione della cenestesi lavorativa danno non patrimoniale , e non da perdita della capacità lavorativa specifica danno patrimoniale che, in un soggetto non ancora in età lavorativa, si può presumere in termini di perdita di chances solo ove il danno biologico vada oltre una determinata soglia cfr. su questo punto Cass. sez. 3, sentenza n. 5880/2016 . 1.4. Pertanto, il principio di diritto richiamato dal ricorrente in merito alla perdita presunta di capacità lavorativa specifica, espresso in Cass. sez. 3, sentenza n. 5880/2016, non è pertinente in relazione al caso de quo, ove il danno biologico non supera la soglia del 30%, ritenuta a titolo orientativo idonea a far presumere una compromissione della capacità lavorativa specifica. 1.5. Ove invece la lesione risulti inferiore a detta percentuale vale certamente il principio da ultimo fatto proprio da Cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 12572 del 22/05/2018, in base al quale il danno da lesione della cenestesi lavorativa , che consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell’attività lavorativa, non incidente neanche sotto il profilo delle opportunità sul reddito della persona offesa, si risolve in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo e va liquidato omnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto cfr. anche Cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 20312 del 09/10/2015 . 1.6. Il giudice di merito, pertanto, sotto questo profilo nel decidere e liquidare il danno ha applicato corretti criteri di valutazione del danno da compromissione della cenestesi lavorativa, personalizzando al massimo il danno biologico, senza omettere alcuna circostanza di rilievo. 1.7. Conclusivamente, il ricorso va rigettato, con ogni conseguenza in relazione alle spese di giudizio. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 5.200,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.