Errata informazione in segreteria, risarcimento per lo studente decaduto

Riprende vigore la richiesta avanzata dall’oramai ex studente nei confronti dell’Università e del Ministero dell’Istruzione. Evidente per i Giudici come sia stata preclusa la possibilità di regolarizzare la posizione didattico-amministrativa a causa dell’erronea indicazione fornita da un dipendente dell’ateneo.

Errata informazione del dipendente dell’ateneo e lo studente – fuori corso da anni – deve dire addio alla possibilità di riprendere gli studi in Medicina. L’indicazione sbagliata ricevuta, difatti, lo fa presentare in ritardo per la regolarizzazione della propria posizione didattico-amministrativa, e ciò gli costa la decadenza. Evidente la responsabilità del dipendente dell’ateneo, evidente il danno subito dall’oramai ex studente, che può chiamare in causa Ministero dell’Istruzione e Università per chiedere un adeguato ristoro economico Cassazione, sentenza numero 17052/19, sez. III Civile, depositata oggi . Esame. Ricostruita la singolare vicenda, i dettagli e le date sono fondamentali. In sostanza, si è appurato che lo studente – che aveva sostenuto l’ultimo esame nel marzo 1975, cioè nel corso dell’anno accademico 1974/1075 – per evitare la decadenza «avrebbe dovuto e potuto chiedere e sostenere un esame – anche con esito negativo – entro l’ultima sessione utile dell’ottavo anno accademico successivo a quello in cui aveva sostenuto l’ultimo esame, e pertanto nell’anno accademico 1983/1984». Ma ciò non è avvenuto perché egli ha ricevuto da un dipendente dell’ateneo un’informazione clamorosamente sbagliata più precisamente, gli è stato detto, nel marzo del 1983, allo sportello della segreteria della Facoltà, che «aveva ancora un anno per evitare la decadenza», cioè aveva tempo ancora fino a marzo 1984, e che a tale scopo «avrebbe dovuto versare le tasse arretrate per gli anni fuori corso, e sostenere, sempre entro l’anno, un esame, seppure solo con esito negativo». Così lo studente si è presentato in ritardo a regolarizzare la propria posizione soltanto nell’aprile del 1984, e ciò ha comportato la sua decadenza dall’iscrizione universitaria e l’addio al corso in Medicina. Evidente, quindi, secondo i Giudici della Cassazione, come il comportamento tenuto dall’oramai ex studente sia addebitabile all’erra informazione ricevuta da un addetto dell’Università. Anche perché è evidente, osservano ancora i magistrati, che «se egli avesse ottenuto delle informazioni corrette, è altamente probabile che avrebbe potuto sostenere, anche se solo con esito negativo – il c.d. ‘esame suicida’, valido ai soli fini dell’interruzione della decadenza – una prova d’esame nel corso dell’anno accademico 1983/1984». Preso atto, quindi, delle «conseguenze negative derivanti dalla preclusione alla regolarizzazione» della propria posizione didattico-amministrativa, per i giudici è plausibile la richiesta di risarcimento avanzata dall’ex studente nei confronti dell’Università e del Ministero dell’Istruzione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 marzo – 26 giugno 2019, numero 17052 Presidente Travaglino – Relatore Valle Fatti di causa La Corte di Appello di Messina, nuovamente adita da Li. Ra. a seguito di cassazione con rinvio Cass. numero 08097 del 03/04/2013 , con sentenza numero 358 del 14/06/2016 ha rigettato la domanda di risarcimento danni formulata in primo grado dal Ra. ed originariamente accolta dal Tribunale della stessa sede in relazione ad errate informazioni fornitegli nel marzo dell'anno 1983 dalla segreteria dell'Università degli studi di Messina, Facoltà di Medicina e chirurgia, e specificamente dall'addetto allo sportello AN. Br., circa l'anno di scadenza dell'iscrizione universitaria e ha confermato la sentenza di condanna del Tribunale solo in relazione al rimborso delle somme di denaro relative ad alcune annualità di tasse universitarie indebitamente pagate dallo stesso Ra Ricorre per cassazione con quattro motivi il Ra Il primo mezzo censura la sentenza d'appello in sede di rinvio ai sensi dell'articolo 360, comma 1, articolo 2043 in relazione all'articolo 149, r. d. numero 1592 del 31/08/1933 testo unico sull'istruzione universitaria . Il secondo motivo è pure formulato ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3 cod. proc. civ. in relazione agli articolo 392, 393, 394 cod. proc. civ. ed alla statuizione di questa Corte con sentenza numero 08097del 03/04/2013. Il terzo motivo censura la pronuncia della Corte territoriale per violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli articolo 1223, 1226, 2056 cod. civ. Infine il quarto mezzo impugna la compensazione delle spese ai sensi dell'articolo 92 cod. proc. civ. Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e l'Università degli studi di Messina resistono con controricorso. Cl. Vi. Ca., Da. Gi. Br. e Lu. Br., quali eredi di AN. Br., resistono con controricorso contenente ricorso incidentale, con il quale chiedono la riforma della sentenza d'appello in forza dell'articolo 360, comma 1, nnumero 3 e 5, cod. proc. civ., in relazione agli articolo 22 e 23 D.P.R. numero 3 del 10/01/1957 e in relazione agli articolo 91 e 92 cod. proc. civ., laddove la pronuncia ha, almeno implicitamente, affermato esservi stata colpa grave del loro dante causa nel dare le informazioni allo sportello al Ra Li. Ra. ha depositato memoria per la discussione. Ragioni della decisione Il primo motivo del ricorso di Li. Ra. è fondato. La pronuncia di rinvio numero 08097 del 09/04/2013 ha ritenuto sussistente il danno. La Corte di Appello non tiene conto della pronuncia di cassazione, ricostruendo nuovamente la fattispecie concreta. La sentenza di questa Corte numero 08097 del 2013 ha ritenuto che erroneamente il giudice territoriale d'appello non avesse ritenuto credibili le dichiarazioni del teste Gi., che, nel corso dell'istruttoria testimoniale in primo grado, aveva risposto affermativamente alla domanda se Li. Ra. si era presentato nel marzo 1983allo sportello della segreteria universitaria della Facoltà di medicina e chirurgia dell'Università di Messina per ottenere informazioni sulla sua situazione didattico-amministrativa e che in detta occasione AN. Br. gli rispose che aveva ancora un anno per evitare la decadenza dall'immatricolazione e, quindi, fino a marzo 1984 e che a tal fine avrebbe dovuto versare le tasse arretrate per gli anni fuori corso e sostenere, sempre entro l'anno, un esame, seppure solo con esito negativo. Ugualmente la sentenza numero 08097 del 2013 di questa Corte ha ritenuto erronea la valutazione della prova testimoniale resa dal teste Ca., direttore amministrativo dell'Università, che aveva affermato che il Br. aveva ammesso, sebbene solo in una prima circostanza, negandolo sempre successivamente, di avere commesso un errore. La sentenza in scrutinio ha errato nel ritenere che comunque il Ra. non avrebbe potuto regolarizzare la sua posizione, chiedendo di sostenere un esame, in quanto anche se effettivamente egli avesse ricevuto delle informazioni esatte allo sportello universitario nel marzo del 1983 avrebbe dovuto procedere immediatamente alla sanatoria della propria posizione, pagando le tasse per gli anni fuori corso e sostenere un esame nell'anno accademico ancora in corso. L'affermazione è incongrua in quanto fondata sul presupposto che gli otto anni siano da computare quali solari e non quali accademici. L'ultimo esame sostenuto da Li. Ra., nel marzo 1975, si collocava pacificamente nell'anno accademico 1974-1975 pur trattandosi verosimilmente di sessione straordinaria dell'anno accademico 1973-1974 . Ne consegue che l'ultimo anno accademico utile per il Ra. era il 1983-1984 e in questo ambito l'ultima utile sessione di esame, che poteva cadere anche dopo il marzo 1983. Sul punto si richiama la giurisprudenza del giudice amministrativo più di recente Tar Abruzzo-L' Aquila numero 00750 del 05/11/2015 e in precedenza Tar Lazio Roma numero 09333 del 31/10/2002 e ancora in precedenza Consiglio di Stato numero 01498 del 24/11/1989 che afferma che ai fini del computo degli otto anni necessari al maturarsi della decadenza deve aversi riguardo agli anni accademici e non a quelli solari. È incontroverso che il Ra. aveva sostenuto l'ultimo esame universitario in forza dell'originaria iscrizione il 15 marzo 1975 e quindi nell'anno accademico 1974-1975 . Al fine di evitare la decadenza avrebbe dovuto e potuto chiedere e sostenere un esame, anche con esito negativo, entro l'ultima sessione utile dell'ottavo anno accademico successivo a quello in cui aveva sostenuto detto ultimo esame, e pertanto nell'arco dell'anno accademico 1983-1984. Con ragionamento controfattuale risulta pertanto che se effettivamente egli avesse ottenuto delle informazioni esatte nel marzo 1983, mese nel corso del quale egli incontrovertibilmente si recò allo sportello della segreteria universitaria della Facoltà di medicina, è altamente probabile che avrebbe potuto sostenere, anche se solo con esito negativo cd. esame suicida, valido ai soli fini dell'interruzione della decadenza nel corso dell'anno accademico 1983-1984, una prova d'esame. Viceversa, essendosi recato a regolarizzare la propria posizione amministrativa soltanto nell'aprile del 1984, a causa dell'errata informazione ricevuta allo sportello, da parte del Br., subi le conseguenze negative derivanti dalla preclusione alla regolarizzazione e la conclusione non muterebbe se si ipotizza che si fosse presentato per la regolarizzazione nel marzo 1984 . Il primo motivo del ricorso del Ra. è, quindi, accolto. L'accoglimento del primo motivo di ricorso rende assorbiti i restanti motivi secondo, terzo e quarto del ricorso principale. Il ricorso principale è, pertanto accolto. La sentenza impugnata è cassata e la causa rinviata per nuovo giudizio alla Corte di appello di Messina, in diversa composizione, che nel deciderla si atterrà quanto sopra rilevato. Al giudice del rinvio è demandato di provvedere anche sulle spese di questo giudizio di cassazione con riferimento al giudizio relativo al motivo devoluto. Il ricorso incidentale degli eredi di AN. Br. è infondato. Sull'insussistenza del fatto illecito del loro dante causa non si è formato giudicato in quanto la sentenza in scrutinio comunque afferma che le informazioni fornite da AN. Br. a Li. Ra. erano state errate e la questione, pertanto, è stata oggetto di cognizione e l'impugnazione incidentale non adduce alcuna effettiva ragione di dissenso rispetto al detto capo di sentenza. La Corte territoriale ha, infatti, ritenuto sussistente l'illecito del funzionario pag. 13 ritenendone solo insufficiente ma ingiustificatamente, giusta quanto sopra rilevato l'incidenza causale. Il ricorso incidentale è, pertanto, rigettato. Le spese di lite relative al ricorso incidentale sono poste a carico dei ricorrenti incidentali e sono liquidate in favore di Li. Ra. e della Pubblica Amministrazione come in dispositivo. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del D.P.R. numero 115 del 2002, deve darsi atto dell'insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13 e della sussistenza per il detto versamento da parte dei ricorrenti incidentali con riferimento all'importo dovuto per il ricorso incidentale. P.Q.M. accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte di Appello di Messina, in diversa composizione rigetta il ricorso incidentale e condanna i ricorrenti incidentali al pagamento delle spese di lite in favore di Ra. Li. e del Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, che liquida in Euro 2.250,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, per ciascuna parte, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA ed IVA per legge. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13 e dei presupposti del detto versamento da parte dei ricorrenti incidentali con riferimento all'importo dovuto per il ricorso incidentale.