Tardiva restituzione degli avvisi di ricevimento degli atti notificati a mezzo posta: nessun risarcimento

L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al Giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., presuppone che sia dimostrata l’esistenza di danni risarcibili e risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno medesimo nel suo preciso ammontare.

Ciò non esime, però, la parte interessata – per consentire al Giudice il concreto esercizio di tale potere, la cui sola funzione è di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso – dall’onere di dimostrare non solo l’ an debeatur del diritto al risarcimento, ove sia stato contestato o non debba ritenersi in re ipsa , ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui, nonostante la riconosciuta difficoltà, possa ragionevolmente disporre. La fattispecie. Un avvocato ha agito in giudizio nei confronti delle Poste Italiane per ottenere ii pagamento, a titolo di indennizzo o a titolo di risarcimento del danno, del costo sostenuto per la spedizione di alcuni atti giudiziari a mezzo del servizio postale, i cui avvisi di ricevimento gli erano stati restituiti oltre il decimo giorno lavorativo successivo alla data di spedizione. La domanda è stata accolta in primo grado dal Giudice di Pace adito e la sentenza è stata riformata dal Tribunale di Benevento in funzione di Giudice dell’appello. Senza allegazioni il Giudice non può procedere alla liquidazione del danno in via equitativa. Per quanto qui di interesse, la Corte di Cassazione, rigettando il ricorso promosso dal legale ricorrente, ha precisato che l’esclusione di un indennizzo per lo smarrimento e il ritardato recapito degli avvisi di ricevimento delle notificazioni degli atti giudiziari risulta del tutto giustificata, sotto il profilo della ragionevolezza, e non viola in alcun modo il principio dell’uguaglianza di trattamento di analoghe situazioni non si tratta, infatti, di una situazione che incide sul regolare svolgimento della spedizione dell’atto e del perfezionamento della relativa notificazione ed è comunque previsto, come noto, il rilascio in favore del mittente, senza spese, di un duplicato dell’avviso smarrito ovvero di altro documento comprovante il recapito del piego in formato cartaceo , rilascio che risulta pienamente idoneo a tutelare l’interesse del mittente stesso ed esclude, in linea generale quantomeno salva specifica prova contraria , che a questi possano residuare pregiudizi. Peraltro, con riferimento alla domanda di liquidazione dei danni in via equitativa, la Corte ha ravvisato l’insussistenza del benché minimo supporto, nemmeno indiziario, a fondamento della richiesta, mentre, come noto e come costantemente statuito dalla giurisprudenza di legittimità, l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al Giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., presuppone che sia dimostrata l’esistenza di danni risarcibili e risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno medesimo nel suo preciso ammontare. Ciò non esime, però, la parte interessata - per consentire al Giudice il concreto esercizio di tale potere, la cui sola funzione è di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso - dall’onere di dimostrare non solo l’ an debeatur del diritto al risarcimento, ove sia stato contestato o non debba ritenersi in re ipsa , ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui, nonostante la riconosciuta difficoltà, possa ragionevolmente disporre.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 28 marzo – 21 giugno 2019, n. 16787 Presidente Scoditti – Relatore Tatangelo Fatti di causa L’avvocato D.G.G. ha agito in giudizio nei confronti di Poste Italiane S.p.A. per ottenere il pagamento, a titolo di indennizzo o a titolo di risarcimento del danno, del costo sostenuto per la spedizione di alcuni atti giudiziari a mezzo del servizio postale, i cui avvisi di ricevimento gli erano stati restituiti oltre il decimo giorno lavorativo successivo alla data di spedizione. La domanda è stata accolta dal Giudice di Pace di Guardia Sanframondi con condanna della società convenuta al pagamento dell’importo di Euro 8,25 per ciascun atto spedito, per complessivi Euro 41,25 . Il Tribunale di Benevento, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato le domande proposte. Ricorre il Di Gioia, sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso Poste Italiane S.p.A È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato. È stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia nullità della sentenza o del procedimento - omessa pronuncia - ex art. 360 c.p.c., n. 4 . Il ricorrente deduce che il tribunale non avrebbe pronunciato sulla sua eccezione di nullità dell’appello della società convenuta, ai sensi dell’art. 342 c.p.c Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale non è suscettibile di dar luogo al vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito pur potendo configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c. se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte cfr. Cass., Sez. 6 - 2, Sentenza n. 321 del 12/01/2016, Rv. 638383 - 01 Sez. 1, Sentenza n. 22952 del 10/11/2015, Rv. 637622 - 01 Sez. 1, Sentenza n. 13425 del 30/06/2016, Rv. 640949 - 01 Sez. 1, Sentenza n. 15843 del 28/07/2015, Rv. 636550 - 01 Sez. 1, Sentenza n. 4191 del 24/02/2006, Rv. 590764 - 01 Sez. 5, Sentenza n. 22860 del 06/12/2004, Rv. 579389 - 01 . Il motivo di ricorso, per come prospettato, è dunque inammissibile. Esso è inoltre formulato in modo non sufficientemente specifico, non idoneo cioè a mettere la Corte in condizioni di verificare se effettivamente sussistesse il denunziato vizio del gravame avanzato dalla società convenuta di cui non è richiamato nell’ambito del motivo lo specifico contenuto, come imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, . Anche a scopo di completezza espositiva, si può peraltro osservare in proposito che, secondo le stesse indicazioni in ordine al contenuto del gravame di Poste Italiane S.p.A. riportate nell’esposizione dei fatti di causa di cui al ricorso oltre a quelle desumibili dalla sentenza impugnata , deve escludersi che potesse ricorrere l’invocata nullità, in base alla corretta individuazione dei requisiti di specificità dell’atto di appello, oggetto di recente chiarimento da parte di questa stessa Corte, a Sezioni Unite Cass., Sez. U, Sentenza n. 27199 del 16/11/2017 gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado in precedenza, nel medesimo senso, si vedano, ad es. Cass., Sez. L, Sentenza n. 17712 del 07/09/2016, Rv. 640991 - 01 Sez. 1, Sentenza n. 18932 del 27/09/2016, Rv. 641832 - 01 Sez. 3, Ordinanza n. 10916 del 05/05/2017, Rv. 644015 - 01 . 2. Con il secondo motivo si denunzia Violazione e falsa applicazione della L. 20 novembre 1982, n. 890, e della L. 04 agosto 2017, n. 124, art. 1, comma 57, nonché della L. del 21 gennaio 1994, n. 53 e succ. modifiche ed integrazioni in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 . Con il terzo motivo si denunzia Violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1226 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 . Il secondo e il terzo motivo sono intimamente connessi e quindi possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono manifestamente infondati. Il ricorrente sostiene che gli spetterebbe un indennizzo, pari al costo sostenuto per ciascuna spedizione a mezzo raccomandata di atti giudiziari, in conseguenza della tardiva restituzione oltre i dieci giorni lavorativi dalla data di spedizione dei relativi avvisi di ricevimento, in virtù delle previsioni della Carta della Qualità dei Servizi Postali, interpretate in base alle disposizioni normative richiamate, e/o il risarcimento del danno per l’inadempimento contrattuale. Orbene, è pacifico che gli avvisi di ricevimento tardivamente restituiti riguardavano atti giudiziari notificati a mezzo del servizio postale dallo stesso attore, quale avvocato abilitato ad effettuare in proprio le notificazioni ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53. A tali notificazioni si applicano le disposizioni della L. 20 novembre 1982, n. 890 che, all’art. 6, prevede espressamente che lo smarrimento dell’avviso di ricevimento non dà diritto ad alcuna indennità, essendo l’operatore postale incaricato tenuto semplicemente a rilasciare, senza spese, un duplicato o altro documento comprovante il recapito del piego in formato cartaceo e a farlo avere al mittente. È manifestamente infondata la tesi, esposta nel secondo motivo del ricorso, secondo cui in caso di notifica eseguita dall’avvocato in proprio, ai sensi della richiamata L. n. 53 del 1994, non si applicherebbero le norme sulla notificazione degli atti giudiziari di cui alla L. n. 890 del 1982. Lo stesso art. 1 della L. n. 53 del 1994, prevede, infatti, espressamente che le notificazioni degli avvocati o procuratori legali ivi regolate sono effettuate secondo le modalità previste dalla L. n. 890 del 1982. Ed è appena il caso di osservare che i precedenti richiamati in proposito dal ricorrente, a sostegno del suo contrario assunto, risultano del tutto inconferenti alcuni hanno riguardo alla diversa e speciale regolamentazione delle notificazioni di alcuni atti della procedura di riscossione esattoriale altri riguardano fattispecie del tutto estranee alle problematiche qui in esame . La espressa e inequivoca esclusione della possibilità di ottenere un indennizzo in caso di smarrimento dell’avviso di ricevimento, in relazione alle notificazioni degli atti giudiziari eseguite a mezzo del servizio postale, risulta dunque prevista da una specifica disposizione di legge. Tale disposizione è certamente suscettibile di comprendere, per la sua ratio e cioè la previsione di una forma di riparazione comunque idonea a tutelare pienamente l’interesse del mittente, con il rilascio di un duplicato dell’avviso smarrito, senza spese , anche l’ipotesi di ritardo nella restituzione dell’avviso stesso ipotesi che in definitiva si configura come uno smarrimento temporaneo . Ciò assorbe ogni altra questione prospettata e prospettabile, ivi incluse quelle esposte nel terzo motivo del ricorso, con riguardo all’interpretazione del contenuto della Carta di Qualità dei Servizi Postali la previsione di legge primaria certamente prevale, infatti, sia su quelle aventi natura regolamentare sia, a più forte ragione, su quelle configurabili esclusivamente come unilaterali promesse in ordine agli standard dei servizi offerti dall’operatore postale. D’altra parte, la Carta di Qualità in questione prevede anch’essa espressamente l’esclusione di qualunque indennizzo per lo smarrimento o il ritardato recapito degli avvisi di ricevimento degli atti giudiziari il relativo testo è riportato nel ricorso, a pag. 12 e ss. ed è evidente che non sarebbe possibile, come pretende lo stesso ricorrente, disapplicare tale previsione, in contrasto con una espressa e precisa disposizione di legge primaria. Può comunque - ad abundantiam - osservarsi che l’esclusione di un indennizzo per lo smarrimento e il ritardato recapito degli avvisi di ricevimento delle notificazioni degli atti giudiziari risulta del tutto giustificata, sotto il profilo della ragionevolezza, e non viola in alcun modo il principio dell’uguaglianza di trattamento di analoghe situazioni non si tratta infatti di una situazione che incide sul regolare svolgimento della spedizione dell’atto e del perfezionamento della relativa notificazione ed è comunque previsto, come già precisato in precedenza, il rilascio in favore del mittente, senza spese, di un duplicato dell’avviso smarrito o altro documento comprovante il recapito del piego in formato cartaceo , rilascio che risulta pienamente idoneo a tutelare l’interesse del mittente stesso ed esclude, in linea generale quanto meno salva specifica prova contraria , che a questi possano residuare pregiudizi. Per quanto poi attiene alla possibilità di ravvisare nella tardiva restituzione dell’avviso di ricevimento un inadempimento contrattuale dell’operatore postale idoneo a giustificare l’eventuale risarcimento del danno, è sufficiente rilevare che tale risarcimento presupporrebbe la specifica allegazione e la prova di un effettivo e concreto pregiudizio subito dal mittente in conseguenza del ritardo nella restituzione dell’avviso di ricevimento, il che, nella specie, non risulta avvenuto, come correttamente rilevato dal giudice del merito, con espressa affermazione che non trova adeguata smentita nel ricorso. Il ricorrente pretenderebbe la liquidazione equitativa del danno, ma è evidente che la disposizione di cui all’art. 1226 c.c., non è invocabile nella specie. Secondo il costante indirizzo di questa Corte, l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., presuppone che sia dimostrata l’esistenza di danni risarcibili e risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno nel suo preciso ammontare, ciò che non esime, però, la parte interessata - per consentire al giudice il concreto esercizio di tale potere, la cui sola funzione è di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso - dall’onere di dimostrare non solo ran debeatur del diritto al risarcimento, ove sia stato contestato o non debba ritenersi in re ipsa , ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui, nonostante la riconosciuta difficoltà, possa ragionevolmente disporre Cass., Sez. 3, Sentenza n. 20889 del 17/10/2016, Rv. 642928 - 01 conf. Sez. 2, Sentenza n. 4310 del 22/02/2018, Rv. 647811 - 01 Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 4534 del 22/02/2017, Rv. 643131 01 Sez. 3, Sentenza n. 127 del 08/01/2016, Rv. 638248 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 11968 del 16/05/2013, Rv. 626250 - 01 Sez. 6 - L, Ordinanza n. 27447 del 19/12/2011, Rv. 619916 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 20990 del 12/10/2011, Rv. 620130 - 01 . Nel ricorso è invero trascritta una parte dell’atto di citazione, contenente la richiesta risarcitoria avanzata in quella sede proprio dal contenuto del suddetto atto di citazione emerge che effettivamente l’attore non aveva affatto allegato ancor prima che dimostrato alcuno specifico pregiudizio in concreto riconducibile alla tardiva ricezione degli avvisi di ricevimento, e tanto meno aveva, evidentemente, fornito elementi utili per la eventuale liquidazione in via equitativa di un conseguente danno. 3. Il ricorso è rigettato. Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. P.Q.M. La Corte - rigetta il ricorso - condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 700,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 3, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto , a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.