La condotta imprudente del danneggiato può spezzare il nesso causale tra fatto ed evento dannoso

Può integrare ipotesi di caso fortuito la condotta del danneggiato connotata dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento, che deve essere valutata tenendo conto anche del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà.

Questo il principio contenuto nell’ordinanza n. 16149/19 della Corte di Cassazione, depositata il 17 giugno. Il fatto. Il Tribunale di Roma ribaltava la decisione emanata dal Giudice di Pace, che condannava il Comune di Roma e la società Edilstrade S.r.l. al risarcimento dei danni nei confronti di due soggetti danneggiati a seguito di un incidente stradale. Il Giudice di seconde cure, infatti, accoglieva l’appello proposto dai due soccombenti in primo grado, a cui si aggiungeva la società ATAC S.p.a A seguito di tale pronuncia, i due danneggiati propongono ricorso per cassazione, deducendo, tra i motivi di ricorso, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., poiché nonostante il Tribunale avesse riconosciuto i difetti inerenti alla situazione stradale, potenzialmente lesiva per gli utenti, aveva comunque escluso il nesso causale tra la res e l’evento, ritenendo che il sinistro fosse frutto di un caso fortuito riconducibile ad uno dei due ricorrenti. Il caso fortuito. La Corte di Cassazione respinge il ricorso. Per quanto riguarda la lamentata violazione dell’art. 2051 c.c., gli Ermellini ne constatano l’infondatezza, richiamando un principio in base al quale il caso fortuito è caratterizzato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso [] e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost. Pertanto, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale . Ribadito tale principio, la Corte ravvisa i connotati della imprudenza e della disattenzione alla guida da parte di uno dei ricorrenti, tale da poter integrare l’ipotesi di caso fortuito idonea a spezzare il nesso causale tra cosa e danno. Anche per questo motivo, la Suprema Corte non accoglie il ricorso dei danneggiati.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 20 dicembre 2018 – 17 giugno 2019, n. 16149 Presidente Frasca – Relatore Scrima Fatti di causa ATAC S.p.a. già TRAMBUS S.p.a. propose appello nei confronti di D.G.S. e D. , Roma Capitale, Edilstrade S.r.l. e Fondiaria Sai Assicurazioni S.p.a. e avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma n. 4303/2012, con la quale l’appellante, il Comune di Roma e Edilstrade S.r.l. erano stati condannati al risarcimento dei danni subiti da D.G.S. e D.G.D. a seguito di un sinistro stradale avvenuto in data 18 gennaio 2008 a Roma. Si costituirono i D.G. che chiesero il rigetto dell’impugnazione e proposero, a loro volta, appello incidentale. Roma Capitale già Comune di Roma nel costituirsi condivise le argomentazioni dell’appellante principale in tema di responsabilità del sinistro, da ascriversi esclusivamente a D.G.D. , e di quantificazione del danno propose, a sua volta, appello incidentale nei confronti di ATAC S.p.a., eccependo il suo difetto di legittimazione passiva, in quanto, in virtù del contratto di affidamento di gestione del servizi di trasporto pubblico locale, l’unica responsabile dell’obbligo di custodia e manutenzione degli impianti era da ritenersi la società appena indicata, e lamentando, altresì, l’omessa pronuncia del primo giudice sulla domanda di manleva avanzata da Roma Capitale nei confronti di ATAC S.p.a Si costituì anche Edilstrade S.r.l., che impugnò il motivo di gravame con cui ATAC S.p.a. aveva chiesto di accertare la legittimazione passiva di essa società appellata e propose appello incidentale avverso la sentenza di primo grado, sostenendo che il Giudice di pace aveva considerato responsabile Edilstrade senza tener conto che il sinistro non era stato causato da un difetto di sorveglianza e manutenzione, aveva ricostruito in modo erroneo il fatto e aveva omesso di considerare la sussistenza della polizza assicurazione stipulata con Fondiaria Sai S.p.a Si costituì anche tale società assicuratrice condividendo le argomentazioni dell’ATAC S.p.a. in tema di responsabilità del sinistro e dedusse l’inoperatività della polizza stipulata da Edilstrade che aveva, nel giudizio di primo grado, chiesto di essere manlevata da Fondiaria Sai S.p.a Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 14382/2016, pubblicata il 18 luglio 2017, accolse l’appello proposto da ATAC S.p.a., Roma Capitale ed Edilstrade S.r.l. per l’effetto, rigettò la domanda proposta da D.G.D. e D.G.S. avverso Roma Capitale, ATAC S.p.a. ed Edilstrade S.r.l. e regolò le spese del doppio grado di merito tra le parti. Avverso la sentenza del Tribunale D.G.D. e D.G.S. hanno proposto ricorso per cassazione basato su due motivi, cui hanno resistito, con distinti controricorsi, Roma Capitale e ATAC S.p.a Le intimate Edilstrade S.r.l. e UnipolSai S.p.a. già Fondiaria Sai S.p.a. non hanno svolto attività difensiva in questa sede. La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c I ricorrenti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., e dell’ art. 1226 c.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 . Sostengono i ricorrenti che il Tribunale avrebbe violato l’art. 2051 c.c., in quanto avrebbe riconosciuto i difetti della situazione stradale, quindi, potenzialmente lesiva per gli utenti che vi si trovano a passare di notte, poi però è venuto ad escludere il nesso avendo ritenuto un’ipotesi di caso fortuito . l’azione colpevole del danneggiato, e a suo dire interruttiva di tale nesso causale tra res e danno, considerazione tuttavia non supportata da dovuta e appropriata indagine, ed anzi in palese contrasto con il notorio e i dati di comune esperienza e avrebbe mancato di analizzare lo stesso espresso fatto del danneggiato, ai fini dell’effettiva interruzione del nesso di causalità in questione . Ad avviso dei ricorrenti, in base a quanto riscontrato ed evidenziato dal Tribunale in dipendenza dei semplici profili di colpa rilevati a carico del D.G. , non sarebbe stato del tutto interrotto il nesso causale tra la res e l’evento e, pertanto, avrebbe dovuto trovare applicazione, nella specie, l’art. 1227 c.c., comma 1. 1.1. Il motivo all’esame è, oltre che generico, nonostante la sua ampiezza, con riferimento al tenore della motivazione della sentenza del primo giudice condivisa dal giudice di appello arg. ex Cass., sez. un., 20/03/2017, n. 7074, che ribadisce il principio di diritto affermato da Cass. 4/03/2005, n. 4741 e successive conformi , anche infondato, alla luce del principio di diritto affermato da questa Corte con l’ordinanza n. 2481 pubblicata in data 1/02/2018. In particolare, al § 5.39, lett. d , della richiamata ordinanza, questa Corte ha affermato il principio, che va ribadito anche in questa sede, secondo cui Il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell’art. 1227 c.c., comma 1 e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost Pertanto, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale . Alla luce del principio di diritto appena richiamato, non è dato ravvisare alcuna delle violazioni dedotte con il ricorso, giacché il Tribunale ha valutato, sulla scorta di un giudizio in fatto, la condotta del danneggiato in base alle risultanze probatorie acquisite e l’ha ritenuta connotata da imprudenza o disattenzione nella guida , tale da integrare ipotesi di caso fortuito idoneo a recidere il nesso causale tra la cosa e il danno. A fronte della situazione della cosa così come accertata anche con riferimento all’ora notturna e alla scarsa visibilità, v. p. 6, 7 e 8 della sentenza impugnata , l’utente della strada era, infatti, tenuto ad un uso prudente e secondo le cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze che consentivano anche agevoli percorsi alternativi, procedendo mantenendo la destra trattavasi, peraltro, come evidenziato dal Tribunale, di piastre circolari poste, prima dell’inizio del cordolo, a delimitazione della corsia centrale, riservata ai mezzi pubblici dalla corsia di destra, riservata alla circolazione degli altri veicoli, in una strada ampia e rettilinea, ben conosciuta dall’attore comportamento, questo, che, invece, non è stato adottato dal conducente del motoveicolo. Pertanto, non avendo rilievo ai sensi dell’art. 2051 c.c., la condotta colposa del custode nel difetto di manutenzione della strada, che rileva, ove semmai sussistente, ex art. 2043 c.c., la delibazione del Tribunale vertente su quaestio facti, che avrebbe potuto essere censurata soltanto in base al vigente art. 360 c.c., comma 1, n. 5, si è risolta nell’individuare un’ipotesi di caso fortuito integrato dalla condotta di uno dei danneggiati, correttamente valutata in termini di elisione del nesso causale ex artt. 40 e 41 c.c., e in forza della norma di cui all’art. 1227 c.c., che regola positivamente l’incidenza del concorso, causale, del fatto del danneggiato. 1.2. Si rileva, infine, che il riferimento, in rubrica, all’art. 1226 c.c., deve ascriversi ad un mero errore materiale. 2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2734 c.c., e art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 . Sostengono i ricorrenti che il Tribunale avrebbe dato rilievo a quanto dichiarato da D.G.D. in sede di interrogatorio formale strada ampia e rettilinea, che il D.G. conosceva, come conosceva lo stato dei luoghi, essendo ivi transitato più volte ma non avrebbe tenuto in considerazione anche le altre dichiarazioni rese dal danneggiato a sé favorevoli insistenza sulla strada delle piastre e dei cordoli di separazione delle corsie, in assenza di illuminazione e di segnalazione mediante catarifrangenti, contro i quali era andato ad impattare con il motoveicolo da lui condotto e ciò in violazione del principio della cd. inscindibilità della confessione. 2.1. Il motivo è infondato, in quanto il Tribunale ha tenuto conto anche delle ulteriori dichiarazioni rese dall’interrogando v. p. 7 sentenza ma le ha evidentemente valutate unitamente alle altre risultanze istruttorie apprezzandone l’efficacia probatoria chiaramente in senso diverso da quello auspicato dai ricorrenti. Inoltre, si osserva che il mezzo all’esame è inammissibile con riferimento alle doglianze relative all’art. 116 c.p.c., veicolate con l’art. 360 c.p.c., n. 3, Cass. 30/11/2016, n. 24434/16 e Cass. 17/06/2013, n. 15107 . 3. Entrambi i motivi tendono, peraltro, in sostanza, inammissibilmente ad una rivalutazione del merito, non consentita in questa sede. 4. Il ricorso va, pertanto, rigettato. 5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere per dette spese nei confronti delle intimate, non avendo le stesse svolto attività difensiva in questa sede. 6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna controricorrente, in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.