L’importanza dell’autenticità del contrassegno assicurativo per il risarcimento del terzo danneggiato

Con l’autenticità del contrassegno, l’obbligatorietà del contratto assicurativo e il peculiare effetto dell’affidamento su di esso del terzo danneggiato, il legislatore inserisce uno strumento volto alla protezione di tutte le persone coinvolte in un sinistro stradale.

Lo ha ribadito la sentenza n. 14891/19 depositata il 31 maggio della Corte di Cassazione, chiamata a decidere all’interno di una fattispecie di sinistro stradale che vedeva coinvolti una madre e un figlio minore, i quali avevano proposto in primo grado di giudizio domanda risarcitoria per i danni subiti nell’incidente stesso nei confronti del conducente dell’auto e della compagnia assicuratrice. In particolare, era successo che il conducente che aveva cagionato il sinistro si era rivolto ad una concessionaria per riparare la propria vettura e gli era stata data in sostituzione un’altra vettura con cui è avvenuto il sinistro stradale . Per questa aveva stipulato un contratto di assicurazione per 5 giorni, ma essendosi protratto il tempo per le riparazioni alla propria auto, la concessionaria aveva prorogato la stessa polizza per altri 5 giorni. In questo secondo periodo, però, nel contrassegno era stato scritto correttamente il nome della vettura ma era stata indicata una targa sbagliata. I motivi di ricorso. Con i motivi di ricorso si denuncia l’errore di diritto in cui sarebbe incorso il giudice d’appello escludendo la sussistenza di un rapporto assicurativo valido ed efficace in forza della polizza stipulata tra la concessionaria e la compagnia assicuratrice per la vettura coinvolta nel sinistro. Infatti, per la Corte territoriale la polizza in questione non poteva durare più di 5 giorni consecutivi. L’autenticità del contrassegno assicurativo. Al riguardo occorre partire da un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, il rilascio del contrassegno assicurativo da parte dell’assicuratore della RCA vincola questi a risarcire i danni causati dalla circolazione del veicolo, anche quando il premio assicurativo non sia stato pagato o il contratto non sia efficace, poiché, nei confronti del danneggiato, quello che rileva è l’autenticità del contrassegno, non la validità del rapporto assicurativo. L’obiettivo, dunque, è la tutela dell’affidamento del danneggiato non obbligato a fare accertamenti se sia stato pagato o meno il premio assicurativo o rilasciato solo il certificato ed il contrassegno potendo fare ragionevole affidamento sull’apparenza della situazione . Quindi, l’affidamento del terzo danneggiato è generato dall’autenticità del contrassegno. Ebbene, nel caso in esame, tale autenticità è indiscussa ed inoltre l’errore materiale, come quello relativo alla targa, non può automaticamente inficiare l’apparenza e l’affidamento, vista la sussistenza nel contrassegno di ulteriori segni distintivi, come la cilindrata e l’indicazione della compagnia assicuratrice. Ed essendo poi il numero di polizza praticamente lo stesso di quello relativo ai primi 5 giorni di copertura non si può non dare atto che emerge il comportamento colposo della compagnia assicurativa quando ha rilasciato il secondo contrassegno senza notare l’errore materiale in esso contenuto. In conclusione, il ricorso deve essere accolto con cassazione della sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 27 marzo – 31 maggio 2019, n. 14891 Presidente Vivaldi – Relatore Graziosi Fatti di causa 1. Con ricorso depositato in data 12 settembre 2006 al Tribunale di Treviso, sezione distaccata di Castelfranco, C.K.A. , in proprio e quale rappresentante legale del figlio minore M.V. , proponeva domanda risarcitoria dei danni subiti da lei e dal figlio per un sinistro stradale avvenuto il omissis nei confronti di M.B. padre del minore, il quale veniva convenuto in proprio come conducente dell’auto ove gli attori erano trasportati una Audi A8 - e nella qualità di erede del di lui padre M.V. , che era stato il proprietario di tale vettura , M.O. , M.S. e Z.B. quali ulteriori eredi di M.V. e Aurora Assicurazioni S.p.A Poco tempo prima del sinistro infatti M.B. aveva portato per riparazioni la propria automobile, una Audi A6, alla concessionaria B. S.r.l., la quale gli aveva dato intanto, perché la usasse in sostituzione, l’auto del padre M.V. , da poco deceduto e per tale Audi A8 la concessionaria aveva stipulato con Aurora Assicurazioni una polizza cinque giorni n. omissis per il periodo tra il omissis attestato di assicurazione n. omissis essendosi protratto il tempo necessario per le riparazioni, la concessionaria aveva poi attivato con Aurora Assicurazioni la stessa polizza n. omissis per altri cinque giorni - dal omissis - con attestato di assicurazione n. omissis . Si costituivano i M. -Z. , che invocavano l’operatività della polizza n. omissis per il periodo dal omissis . Rilevavano che in questo secondo periodo nel contrassegno assicurativo era stato scritto correttamente il tipo di vettura Audi A8 , ma era stata indicata erroneamente la targa, essendo stata scritta quella della Audi A6. Per tale erronea compilazione, a loro avviso, la concessionaria B. S.r.l. era stata contrattualmente inadempiente, e quindi chiedevano l’autorizzazione alla sua chiamata in causa, autorizzazione che il giudice concedeva. Si costituiva anche Aurora Assicurazioni, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva per non operatività della polizza chiedeva pure l’autorizzazione alla chiamata in causa della concessionaria B Sosteneva inoltre che M.B. era totalmente responsabile del sinistro, essendo stato alla guida in stato di ebbrezza, dichiarando pertanto di voler agire in rivalsa nei suoi confronti. Adduceva altresì un concorso di colpa della C. per la violazione delle norme relative alle modalità di trasporto del minore, chiedendo l’autorizzazione alla sua chiamata in causa. Chiedeva quindi la nomina di un rappresentante per il minore per sussistenza di un conflitto di interessi tra lui e la madre. B. S.r.l., chiamata in causa, si costituiva resistendo, e tra l’altro rilevava che non era stato chiamato in causa il FGVS. La C. poi, autorizzata, chiamava in causa la compagnia designata dal FGVS, cioè Generali Italia S.p.A., estendendo le proprie domande nei suoi confronti questa compagnia restava contumace. In seguito veniva nominato dal giudice tutelare un curatore speciale per il minore M.V. , curatore che si costituiva, insistendo in quanto già chiesto. Con sentenza del 27 febbraio 2014 il Tribunale condannava solidalmente Unipol Assicurazioni S.p.A. originariamente Aurora Assicurazioni S.p.A. , M.B. nonché nei limiti della quota ereditaria M.O. , M.S. e Z.B. a risarcire il minore nella misura di Euro 907.973,20 oltre interessi e la C. nella misura di Euro 60.164,23 oltre interessi dichiarava il diritto di rivalsa di Unipol nei confronti di M.B. e, nei limiti della quota ereditaria, verso gli altri eredi di M.V. rigettava ogni altra domanda. Avendo proposto appello principale Unipol e appello incidentale il minore M.V. , si costituiva B. chiedendo con appello incidentale che fosse dichiarato nullo il giudizio e che fossero rigettate le domande nei suoi confronti si costituiva pure la C. chiedendo il rigetto dell’appello e, in subordine, come appello incidentale, la condanna di M.B. , degli eredi di M.V. e di Generali Italia quest’ultima si costituiva chiedendo il rigetto dell’appello M.B. e gli altri eredi di M.V. restavano contumaci. Con sentenza del 28 marzo 2017 la Corte d’appello di Venezia accoglieva l’appello principale e parzialmente l’appello incidentale di M.V. , della C. e di B. S.r.l., e quindi dichiarava inoperativa la polizza n. omissis rigettando ogni domanda nei confronti di UnipolSai Assicurazioni S.p.A., già Unipol Assicurazioni S.p.A. , dichiarava responsabile del sinistro M.B. e condannava - tutti in solido - lui, in proprio e quale erede di vitto M. , gli altri eredi di quest’ultimo limitatamente alla quota di eredità nonché Generali Italia nei limiti di massimale a risarcire il minore M.V. nella misura di Euro 988.622 oltre interessi e la C. nella misura di Euro 60.164,23 oltre interessi. 2. Ha presentato ricorso Generali Italia sulla base di tre motivi. 2.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 7 e 18 corrispondenti al D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, artt. 127 e 144, Codice delle assicurazioni private . Adduce la ricorrente che la corte territoriale avrebbe escluso la sussistenza di un valido rapporto assicurativo, poiché la polizza n. omissis sarebbe stata illegittimamente attivata per l’Audi A8, in quanto M.B. ne avrebbe disposto al di fuori delle ipotesi previste nella polizza stessa ai fini di vendita, per prova di collaudo o dimostrazione e in quanto la copertura, secondo le clausole contrattuali, non poteva superare i cinque giorni. La corte territoriale avrebbe pertanto ritenuto il contratto assicurativo quantomeno inefficace. Si oppone che la L. n. 990 del 1969, art. 7 ora art. 127 cod. ass. stabilisce che il rilascio di contrassegno assicurativo da parte della compagnia RCA la vincola a risarcire i danni da circolazione del veicolo anche se il contratto assicurativo è inefficace, perché nei confronti del danneggiato rileva l’autenticità del contrassegno, non la validità del rapporto assicurativo, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità si citano Cass. 25130/2010 e Cass. 1676/2009 . Dunque l’invocato art. 7 sarebbe diretto a tutelare l’affidamento del danneggiato, con conseguente copertura anche dell’ipotesi di apparenza del diritto e l’apposizione del contrassegno sull’automobile servirebbe a comunicare ai terzi danneggiati che sussiste copertura assicurativa. 2.2 Il secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 denuncia violazione della L. n. 990 del 1969, art. 7, D.P.R. n. 973 del 1970, art. 14, comma 1, lett. c , e art. 1370 c.c La Corte d’appello aveva rilevato che il contrassegno riportava una targa diversa da quella dell’Audi A8, cioè la targa dell’Audi A6 che era in riparazione desumendone che sarebbe rimasto errato il più importante degli elementi identificativi del veicolo, per cui sarebbe mancata la copertura assicurativa dell’Audi A8. Obietta la ricorrente che l’esame dell’efficacia del contrassegno non potrebbe limitarsi ad uno solo dei dati identificativi del veicolo. Nel caso in esame vi sarebbe stato un errore materiale, e infatti sarebbe diverso il numero della polizza della Audi A6. L’allora vigente D.P.R. n. 973 del 1970, art. 14, comma 1, lett. c , avrebbe messo sul piano paritetico l’indicazione del contrassegno del tipo di veicolo e della targa. Nell’ottica dell’affidamento del terzo danneggiato non si potrebbe prescindere dall’indicazione dell’auto nel contrassegno come Audi A8, e non quindi come Audi A6. Gli elementi identificativi del veicolo, ai sensi dell’appena citato art. 14, sarebbero appunto collocati su un piano paritetico, per cui nel caso in esame sarebbe stato sufficiente per individuare la vettura il tipo - Audi A8 -, che già avrebbe impedito di confondere la copertura con quella di Audi A6. Inoltre sarebbero stati riportati correttamente la cilindrata e lo stesso numero omissis del contratto assicurativo della prima stipulazione. La L. n. 990 del 1969, art. 7 dovrebbe interpretarsi come finalizzato a tutelare l’affidamento del terzo, in una situazione di apparenza del diritto si richiama di nuovo Cass. 25130/2010 e nel caso in esame vi sarebbe stata un’apparenza oggettiva prescindente dal comportamento colposo del titolare del diritto , onde sarebbe insorto un ragionevole convincimento del terzo derivante da errore scusabile. A ciò dovrebbe aggiungersi che vi sarebbe stato un comportamento colposo dell’assicuratore tale da generare nel terzo un legittimo affidamento in buona fede nel senso che la situazione di fatto fosse conforme alla situazione di diritto rilasciando il contrassegno, la compagnia assicurativa avrebbe tenuto un comportamento colposo, generante il convincimento che la polizza riguardasse l’Audi A8. La compagnia invece avrebbe dovuto verificare i dati trasmessi e con normale diligenza accorgersi dell’errore relativo alla targa, dal momento che la riattivazione della stessa polizza riguardava la medesima vettura Audi A8. Avendo la condotta della compagnia generato l’affidamento di buona fede del terzo, a questo non sarebbe opponibile l’inoperatività della garanzia assicurativa. Tenuto conto poi di tutti i dati documentali, se vi fosse stato dubbio si sarebbe dovuto applicare l’art. 1370 c.c., ovvero si sarebbe dovuto effettuare una interpretazione favorevole al non predisponente la clausola, trattandosi di clausola delle condizioni generali di contratto predisposta dall’assicuratore. E questo sarebbe proprio il principio interpretativo usualmente applicato nei contratti di assicurazione per RCA obbligatoria. 2.3 Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo, motivo che dovrebbe essere vagliato nel caso in cui non fossero accolti i motivi precedenti. La Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare che la polizza indicata nei due contrassegni aveva sempre lo stesso numero omissis mentre il numero della polizza di Audi A6 sarebbe stato omissis . Inoltre non avrebbe esaminato che la cilindrata indicata nel contrassegno era 2500 c.c., mentre per l’Audi A6 era 2000 CC. Infine avrebbe omesso di esaminare che in entrambi contrassegni l’auto veniva indicata come Audi A8. 3. M.V. si è difeso con controricorso, condividendo il ricorso principale e proponendo pure ricorso incidentale articolato in sette motivi. 3.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione delle condizioni generali e speciali del contratto assicurativo in particolare, gli artt. 1 e 3.1 lettera a della polizza n. omissis in relazione alla L. 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 1, 7 e 18, D.P.R. 24 novembre 1970, n. 973, art. 9, artt. 1326, 1372 e 1917 c.c. e ciò in rapporto a esistenza, validità ed efficacia del rapporto assicurativo e in ogni caso alla inopponibilità al danneggiato della violazione delle clausole della polizza. Non sarebbero state contestate la validità e l’efficacia della stipulazione della polizza n. omissis tra la concessionaria B. e Aurora Assicurazioni, e per tale polizza sarebbe stato pagato il premio sarebbero state contestate soltanto le modalità di riattivazione della polizza per il secondo periodo di operatività. Comunque le condizioni generali e speciali della polizza avrebbero valenza ed efficacia soltanto tra i contraenti la compagnia e la concessionaria, quindi , e, pertanto, non sarebbero opponibili al terzo danneggiato. Infatti nel paragrafo Oggetto della garanzia si sarebbe, tra l’altro, prevista la rivalsa della compagnia nei confronti del contraente la concessionaria B. , dell’assicurato M.B. , del proprietario della vettura gli eredi di M.V. e del conducente M.B. per le somme che abbia dovuto pagare al terzo in conseguenza dell’inopponibilità di eccezioni previste dalla L. n. 990 del 1969, art. 18. La giurisprudenza di questa Suprema Corte Cass. 3378/2015 riconoscerebbe che, anche in caso di contratto d’assicurazione per cinque giorni per vendita, prova, collaudo dimostrazione, una volta che siano stati rilasciati certificato e contrassegno di assicurazione, ai fini della promuovibile azione diretta verso l’assicuratore varrebbe soltanto la loro autenticità, e non la validità del rapporto assicurativo. La corte territoriale avrebbe erroneamente interpretato anche l’art. 3.1, lettera a , delle condizioni speciali di polizza, per cui il contraente deve comunicare per ogni veicolo che entra in rischio la durata per la quale deve essere prestata l’assicurazione, durata che comunque non potrà essere superiore a cinque giorni consecutivi . A differenza di quanto ritenuto dal giudice d’appello, ciò non escluderebbe la riattivazione della polizza per i cinque giorni seguenti, purché sia pagato il relativo premio fatto qui non contestato , onde la copertura per cinque giorni a partire dal 19 novembre 2004 sarebbe stata valida ed efficace. Le violazioni degli artt. 1 e 3.1, lettera a , delle condizioni speciali denunciate da UnipolSai configurerebbero oggi un inadempimento contrattuale della concessionaria B. nei confronti della compagnia tale da giustificarne la rivalsa. Nei rapporti tra danneggiato e assicuratore il contratto sarebbe invece un mero presupposto, per cui sarebbe sufficiente l’esistenza della polizza avrebbe pertanto errato il giudice d’appello nel ritenere opponibile al terzo danneggiato la non operatività di quest’ultima. 3.2 Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione delle condizioni generali e speciali, in particolare delle clausole 1 e 3.1, lettera a , della polizza n. omissis in relazione alla L. n. 990 del 1969, artt. 1, 7 e 18, al D.P.R. n. 973 del 1970, art. 9 e agli artt. 1372, 1882, 1888 e 1917 c.c. ciò in riferimento alla inopponibilità al terzo danneggiato di invalidità, inefficacia, erroneità e falsità di polizza e contrassegno, nonché il riferimento ad autenticità di polizza e di contrassegno e alla tutela dell’affidamento del danneggiato. La corte territoriale avrebbe dato rilievo, ai fini dell’opponibilità al terzo, dell’asserita inefficace del contrassegno per erronea indicazione della targa senza tenerne in conto l’autenticità. Vengono citati la L. n. 990 del 1969, art. 18, comma 1, e art. 7 per sostenere che il contrassegno avrebbe funzione comunicativa della copertura assicurativa, nei suoi elementi di esistenza, individuazione della compagnia e individuazione del periodo assicurativo. Quel che rileverebbe per promuovere l’azione diretta del danneggiato verso la compagnia sarebbe l’autenticità del contrassegno, alla luce della giurisprudenza di questa Suprema Corte. Nel caso in esame il contrassegno avrebbe riportato un errore materiale ma non sarebbe stato falso. E nell’ipotesi in cui i documenti sono autentici dovrebbe prevalere l’apparenza sulla realtà. 3.3 Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione delle condizioni generali e speciali della polizza n. omissis art. 3, primo trattino in relazione al D.P.R. n. 973 del 1970, artt. 9 e 14 e agli artt. 1362, 1366, 1367 e 1369 c.c. ciò in riferimento all’efficacia del contrassegno e alla interpretazione dei dati riportati e del contrassegno. La corte territoriale avrebbe ritenuto che, essendo errata l’indicazione della targa, sarebbe stato errato il dato realmente determinante per individuare il mezzo assicurato ciò avrebbe reso inefficace il contrassegno perché questo non avrebbe svolto la sua funzione e non avrebbe potuto dunque creare alcun affidamento. In tal modo la corte avrebbe arbitrariamente attribuito rilevanza fondamentale al numero della targa per identificare il veicolo, non tenendo conto degli altri dati presenti nel contrassegno, indicati nel D.P.R. n. 973 del 1970, art. 14. La discrepanza tra targa e tipo di veicolo avrebbe potuto essere risolta dalla corte territoriale con la cilindrata del veicolo stesso. UnipolSai avrebbe eccepito soltanto nell’atto d’appello la violazione del D.P.R. n. 973 del 1970, art. 14, lett. c , che esige l’indicazione del tipo di veicolo, perché nello spazio per indicare il tipo di veicolo risulta scritto Audi A8 anziché autovettura, sulla scia del rilievo del Tribunale. Al riguardo la ricorrente ribadisce le confutazioni presentate sul punto nella propria comparsa di risposta del secondo grado, adducendo poi che quanto era stato comunque correttamente indicato sarebbe stato ancor più idoneo a individuare il veicolo. Tre dei quattro dati riportati nel contrassegno, infatti, lo avrebbero identificato la marca e il modello Audi A8 , la cilindrata 2500 CC e il numero di polizza omissis non il numero della polizza di Audi A6, dunque . Nell’interpretazione del D.P.R. n. 973 del 1970, art. 14, inoltre, il giudice d’appello non avrebbe correttamente applicato i principi generali dell’interpretazione l’art. 1362 c.c., comma 1 la volontà delle parti sarebbe stata assicurare Audi A8 , l’art. 1367 c.c. il principio della conservazione del contratto, qui violato e l’art. 1366 c.c. pure violato perché l’interpretazione non sarebbe stata effettuata in buona fede . 3.4 Il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo, relativo alla operatività ed efficacia della polizza n. omissis riguardante Audi A6 e relativa alla conseguente inutilità di attivazione per essa della polizza n. omissis per il periodo dei cinque giorni dal 19 novembre 2004 in poi. La Corte d’appello non avrebbe tenuto conto che nel ricorso introduttivo del primo grado si sarebbe affermata l’esistenza della polizza n. omissis per Audi A6, che il Tribunale avrebbe ritenuto non necessario attivare proprio perché ulteriore copertura assicurativa . Se la corte territoriale ne avesse tenuto conto, avrebbe dovuto concludere che con il contrassegno dei cinque giorni a partire dal 19 novembre 2004 si sarebbe inteso assicurare Audi A8, che altrimenti non avrebbe avuto assicurazione. 3.5 Il quinto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo in ordine al comportamento colposo di UnipolSai nel rilasciare la copertura per la polizza n. omissis per il periodo omissis e in ordine alla idoneità di tale comportamento a tutelare l’affidamento del terzo danneggiato. Il giudice d’appello non avrebbe applicato i principi di apparenza del diritto, pur sussistendo la buona fede del terzo e il comportamento colposo della compagnia per gli omessi controlli che avrebbero impedito l’errore materiale di compilazione del contrassegno. 3.6 Il sesto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e del procedimento per mancata ammissione delle prove orali dirette a dimostrare il comportamento colposo di B. e UnipolSai nell’attivazione e nella riattivazione della polizza n. omissis e nella compilazione del contrassegno n. omissis per i cinque giorni a partire dal omissis . La corte territoriale, a pagina 15 della sua sentenza, avrebbe disatteso tali prove con una affermazione volta più a non ammettere i capitoli di prova formulati da B., piuttosto che quelli formulati dal patrocinio del minore . 3.7 I settimo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 2043 e 2056 c.c. R.D. n. 1403 del 1922 e relative tabelle nella liquidazione del danno da perdita di capacità lavorativa generica e mancato riconoscimento della rivalutazione sul danno suddetto riconosciuto. La corte territoriale ha accolto l’appello incidentale laddove ha riconosciuto il maggior danno da perdita di capacità di lavoro generica e il danno patrimoniale per spese di assistenza medica, anche in futuro. Non sussistendo norme specifiche in ordine al danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa generica, la corte lo ha liquidato equitativamente ai sensi dell’art. 1226 c.c., ma non ha esplicitato il ragionamento sotteso , eseguendo soltanto un calcolo che porterebbe a risultati diversi rispetto a quelli proposti nell’appello incidentale. Sarebbe impossibile verificare la correttezza degli importi indicati. Sembrerebbe comunque che la corte abbia utilizzato la formula di prassi il triplo della pensione sociale per il coefficiente di età di cui al R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403 per la percentuale di invalidità, attualizzando il coefficiente di età tramite la non decurtazione dello scarto tra vita biologica e vita lavorativa. Il che non sarebbe corretto ed equo, in quanto si dovrebbe tenere conto anche dell’innalzamento progressivo dell’età lavorativa e valutare poi l’attuale difficile situazione economica. La giurisprudenza di questa Suprema Corte vengono citate le sentenze nn. 20615 e 16197 del 2015 avrebbe insegnato che i coefficienti del citato regio decreto non portano ad un totale risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1223 c.c., per cui non sarebbero utilizzabili neppure ai sensi dell’art. 1226 c.c., a causa dell’aumento della durata media della vita e dell’abbassamento dei saggi d’interesse. Nel primo grado di giudizio sarebbe stata chiesta la liquidazione del danno da perdita di capacità di lavoro generica con il coefficiente della Tabella di capitalizzazione delle tavole di mortalità dell’Istat del 2001 al tasso legale del 2,5% applicando tale coefficiente e lo scarto del 10% tra la vita biologica e quella lavorativa il risarcimento sarebbe stato superiore. Si chiede pertanto di cassare, per consentire l’applicazione di altri parametri/coefficienti rispetto a quelli delle tabelle del 1922 di cui si è avvalsa la corte territoriale si citano, ad esempio i coefficienti enunciati in un Incontro di Studio del CSM a Trevi dal 30 giugno al 1 luglio 1989, e i coefficienti delle Tavole di mortalità dell’Istat del 2004 al tasso legale del 2,5%. Si lamenta infine il ricorrente che il giudice d’appello, sull’importo del danno patrimoniale da perdita di capacità lavorativa, non avrebbe riconosciuto la rivalutazione, pur richiesta. Trattandosi di obbligazioni di valore sarebbe necessario applicarla automaticamente, oltre interessi compensativi dal fatto dannoso e interessi legali sulla somma liquidata a far data dalla Sentenza . 4. Contro entrambi i ricorsi si sono difesi con rispettivo controricorso B. e UnipolSai Assicurazioni. Hanno poi depositato memoria ex art. 378 c.p.c. sia M.V. sia B Ragioni della decisione 5. Il primo e il secondo motivo del ricorso principale nonché il primo, il secondo e il terzo motivo del ricorso incidentale devono essere congiuntamente vagliati in quanto, come si è visto riassumendone il contenuto, tutti attengono in sostanza al denunciato errore di diritto in cui sarebbe incorso il giudice d’appello escludendo la sussistenza di un rapporto assicurativo valido ed efficace in forza della polizza stipulata da B. S.r.l. con Aurora Assicurazioni S.p.A. ora UnipolSai Assicurazioni S.p.A. per la vettura coinvolta nel sinistro, l’Audi A8. 5.1 La corte territoriale, nelle pagg.15 ss. della sentenza impugnata, così si esprime in ordine alla questione del contrassegno per riformare la sentenza di primo grado non sussisteva un valido rapporto assicurativo perché la polizza n. omissis era stata illegittimamente attivata per l’autovettura A8 messa a disposizione di M.B. , il quale pertanto disponeva del mezzo al di fuori delle ipotesi consentite dalla polizza , cioè la circolazione ai fini della vendita, per prova collaudo o dimostrazione . Inoltre la copertura assicurativa, come stabilito dal punto 3.1, lettera a evidentemente della polizza , non poteva durare oltre cinque giorni consecutivi vale a dire la polizza attiva per il periodo dal omissis , costituendo un sostanziale prolungamento della copertura assicurativa della precedente polizza - avente, tra l’altro, lo stesso numero - n. omissis e sempre dei 5 giorni - relativa al periodo omissis era in contrasto con le previsioni contrattuali . E ancora, il contrassegno era inefficace perché il D.P.R. n. 973 del 1970, art. 14. 1, lett. c , vigente all’epoca del sinistro, prevedeva che contenesse l’indicazione di vari dati, tra cui la targa ma quella riportata era erronea, essendo della vettura A6. Mancava pertanto copertura assicurativa per l’auto coinvolta nel sinistro, del quale - in conclusione - doveva rispondere il FGVS tramite la compagnia designata, Generali Italia S.p.A. 5.2 Questi argomenti - che non investono la sussistenza o meno di affidamento del danneggiato in relazione alla copertura assicurativa - pretermettono totalmente il consolidato insegnamento giurisprudenziale sull’autenticità del contrassegno e, appunto, sull’affidamento del terzo danneggiato, esaminando invece la questione soltanto dal punto di vista del rapporto tra assicuratore e contraente. Richiamando, allora, gli arresti più recenti, è il caso di riportarne una breve rassegna che mette in luce la dirimente rilevanza dell’affidamento del danneggiato, che, nella considerazione degli interessi coinvolti, il legislatore ha scelto come precipuo oggetto di tutela. Da ultimo, invero, Cass. sez. 3, 13 luglio 2018 n. 18519 ha affermato che, per il combinato disposto della L. n. 990 del 1969, art. 7 ora art. 127 cod. ass. ed art. 1901 c.c. il rilascio del contrassegno assicurativo da parte dell’assicuratore della r.c.a. vincola quest’ultimo a risarcire i danni causati dalla circolazione del veicolo, quand’anche il premio assicurativo non sia stato pagato, ovvero il contratto di assicurazione non sia efficace, giacché, nei confronti del danneggiato, quel che rileva, ai fini della promovibilità dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile, è l’autenticità del contrassegno, non la validità del rapporto assicurativo. E il citato art. 7 mira alla tutela dell’affidamento del danneggiato , non obbligato, quindi, ad effettuare accertamenti se sia stato pagato il premio assicurativo o rilasciato solo il certificato ed il contrassegno, potendo fare ragionevole affidamento sull’apparenza della situazione ne deriva che l’assicuratore può svincolarsi dalla propria responsabilità in ipotesi di contrassegno contraffatto o falsificato soltanto se giunga a provare l’insussistenza di un proprio comportamento colposo, tale da ingenerare l’affidamento erroneo del danneggiato stesso principi, questi, già in precedenza affermati, tra gli altri, da Cass. sez. 3, 27 agosto 2014 n. 18307, Cass. sez. 3, 13 dicembre 2010 n. 25130 e Cass. sez. 3, 17 luglio 2009 n. 16726 e si vedano pure Cass. sez. L, 16 febbraio 2017 n. 4112 e Cass. sez.6-3, ord. 9 ottobre 2015 n. 20374, che ribadiscono l’obbligo dell’assicuratore a risarcire il terzo danneggiato per autenticità del contrassegno, anche se l’assicurazione è sospesa ex art. 1901, comma 1, c.c. a causa di omesso versamento del premio . Del tutto coerente a questa impostazione è Cass. sez. 3, 13 ottobre 2017 n. 24069, che valorizza proprio il rilascio del contrassegno quale fonte dell’affidamento del danneggiato, a ciò posponendo, dunque, la realtà giuridica - in termini di validità e di efficacia - del contratto assicurativo l’arresto riconosce infatti che, qualora non sussista una valida ed efficace polizza di assicurazione per la responsabilità civile da circolazione di veicoli e tuttavia l’affidamento sulla sua sussistenza sia stato ingenerato dal rilascio di di un certificato o di un contrassegno assicurativo , il danneggiato può agire L. n. 990 del 1969, ex art. 18 ora art. 144 cod. ass. nei confronti dell’assicuratore del responsabile, facendo valere la situazione di apparenza indotta dal rilascio del certificato o del contrassegno oppure, a sua scelta, nei confronti dell’impresa designata dal FVGS L. n. 990 del 1969, ex art. 19 ora art. 283 cod. ass. se intende far valere la situazione reale in ordine alla mancanza di copertura assicurativa . La tutela del danneggiato è dunque completa, la presenza di una criticità della copertura assicurativa originando, a ben guardare, addirittura un potenziamento della tutela stessa, conferendo al danneggiato una facoltà di scelta tra le compagnie assicurative. 5.3 L’affidamento del terzo danneggiato, come generato dall’autenticità del contrassegno, in ultima analisi incide radicalmente sull’efficacia del contratto assicurativo, in perfetta coerenza con l’obiettivo del sistema dell’assicurazione obbligatoria per la circolazione dei veicoli il legislatore, tramite l’obbligatorietà del contratto assicurativo e il peculiare effetto dell’affidamento su di esso del terzo danneggiato, inserisce una vera e propria endiadi strumentale orientata ad una protezione di massima ampiezza di tutte le persone coinvolte in un sinistro, riservando al FGVS - strumento invece di extrema ratio - un ambito il più possibile ristretto e, d’altronde, controbilanciando il vantaggio dell’incrementato percepimento di premi da parte delle compagnie assicurative - come conseguenza dell’obbligatorietà della stipulazione del contratto assicurativo per tutti i veicoli circolanti - con una evidente translatio del rischio rappresentato dal difetto , in termini di stipulazione o in termini di esecuzione, del contratto stipulato - a carico delle compagnie stesse, nei limiti evidenziati dalla giurisprudenza sopra riportata. 5.4 Nella vicenda in esame, poi, l’autenticità del contrassegno - naturale fonte dell’affidamento per il terzo danneggiato - è indiscussa e ictu oculi non è ragionevole, comunque, sostenere che un evidente errore materiale come quello concernente la targa possa automaticamente inficiare l’apparenza e, dunque, l’affidamento, considerata la sussistenza nel contrassegno di ulteriori dati identificativi come la cilindrata e l’indicazione della compagnia di assicurazione . Tra l’altro, essendo in questo caso il numero di polizza il medesimo di quello relativo ai primi cinque giorni di copertura si coglie qui l’occasione per rimarcare che la tipologia di contratto, destinata alla copertura di determinate utilizzazioni del veicolo, non rileva nei confronti del terzo danneggiato, perché non può incidere sull’apparenza del contrassegno e sul correlato affidamento del terzo , non si può non dare atto che emerge con evidenza il comportamento colposo tenuto dalla compagnia assicurativa quando ha rilasciato il secondo contrassegno senza avvedersi dell’errore materiale in esso presente. Dunque, tutto si risolve anche a prescindere dalle condizioni generali e speciali del contratto assicurativo, come già si accennava a proposito dei pattuiti generi di utilizzazione del veicolo con la normativa - come richiamata dagli arresti sopra citati - che consente l’azione diretta del terzo danneggiato nei confronti dell’assicuratore attuando, si ripete, una conclamata ratio di tutela del terzo danneggiato, superabile soltanto se sussiste un affidamento non riconducibile a buona fede, ovvero se è mancata l’apparenza della copertura assicurativa. Un limitato errore materiale infatti, in un contesto di certa lex in cui la giurisprudenza di questa Suprema Corte riconosce la tutela del terzo danneggiato persino in caso di contratto invalido, non può far venir meno automaticamente la tutela al terzo danneggiato si è dinanzi, appunto, ad una species di assicurazione obbligatoria, per cui il vantaggio della compagnia generato dall’obbligo del contraente a stipulare è controbilanciato dalla funzione di oggettiva tutela che la compagnia acquisisce, non essendo consentito abusare del FGVS. I motivi in esame, proposti in ordine alla sussistenza della copertura assicurativa nei confronti del danneggiato da entrambi i due ricorsi, risultano, in conclusione, fondati il che conduce all’assorbimento degli ulteriori motivi denuncianti vizio motivazionale al riguardo, ovvero il terzo motivo del ricorso principale e i motivi quarto, quinto e sesto del ricorso incidentale. 6. Rimane pertanto da esaminare l’ultimo motivo del ricorso incidentale. Anche a proposito di questa tematica la corte territoriale non ha tenuto in conto l’insegnamento nomofilattico. Accogliendo l’appello incidentale proposto da M.V. , la corte ha riconosciuto il maggior danno da perdita della capacità lavorativa generica dell’attuale ricorrente, all’esito di una consulenza tecnica d’ufficio disposta proprio nel secondo grado, quantificando la perdita suddetta nella misura del 65%. Per determinarne il relativo quantum risarcitorio spettante all’attuale ricorrente, tuttavia, la corte, senza spiegare in base a quale ragionamento giuridico ciò venga effettuato, calcola sulla base del triplo della pensione sociale, ora denominato assegno sociale - pari a Euro 17.492,28 - moltiplicato per il coefficiente 19,177 - ritenuto equo considerare che egli non intraprenderà un’attività lavorativa prima dei vent’anni ulteriormente moltiplicato per la percentuale del 65% così risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, a pagina 24 . È evidente, quindi, che, come lamenta la censura in esame, la corte territoriale ha adottato un sistema ormai riconosciuto come del tutto inadeguato, ovvero quello fondato sul risalente R.D. n. 1403 del 1922. Invero, allo stato dell’arte , il danno permanente da incapacità di guadagno non può più liquidarsi utilizzando i coefficienti di capitalizzazione approvati con R.D. n. 1403 del 1922 dal momento che questi, sia a causa dell’aumento della durata media della vita, sia a causa della diminuzione dei saggi d’interesse, non sono più idonei a garantire un effettivo corretto risarcimento del danno e, pertanto, a rispettare il dettato dell’art. 1223 c.c. così è stato affermato tra gli arresti massimati, da Cass. sez. 3, 4 ottobre 2015 n. 20615 e Cass. sez. 3, 12 aprile 2018 n. 9048, aggiungendo altresì che il giudice di merito è libero di adottare i coefficienti di capitalizzazione che ritiene preferibili si tratta, ovviamente, di una valutazione sostanzialmente di merito rispetto al caso concreto , purché si avvalga di coefficienti aggiornati e scientificamente corretti esempio fornito sono i coefficienti di capitalizzazione approvati con provvedimenti vigenti per la capitalizzazione di rendite assistenziali o previdenziali o i coefficienti elaborati in dottrina, come quelli dell’Incontro di Studio del CSM tenuto in data 30 giugno-1 luglio 1989 a Trevi, che infatti nel motivo sono stati invocati. Il motivo in ordine a questa tematica risulta dunque fondato, ictu oculi non essendo sufficiente a corrispondere all’insegnamento di questa Suprema Corte la decurtazione del periodo di vita non lavorativa effettuata dalla corte territoriale. Accogliendosi pertanto il motivo, il giudice di rinvio dovrà correggere il che assorbe pure ogni ulteriore censura sulla modalità di quantificazione l’importo risarcitorio di questa species di danno. 7. In conclusione, il ricorso principale deve essere accolto quanto al primo e al secondo dei suoi motivi, assorbito il terzo parimenti deve essere accolto il ricorso incidentale nei suoi motivi primo, secondo, terzo e settimo, assorbiti gli altri. Pertanto la sentenza deve essere cassata in relazione alle censure accolte, con conseguente rinvio, anche per le spese processuali, ad altra sezione della stessa corte territoriale. P.Q.M. Accoglie i motivi primo e secondo del ricorso principale, assorbito il terzo motivo, nonché i motivi primo, secondo, terzo e settimo del ricorso incidentale, assorbiti gli altri, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Venezia.